lunedì 23 luglio 2018

RECENSIONE – La figlia del boia e il monaco nero di Oliver Potzsch



Altenstadt, 1660. In una notte fredda e nevosa di gennaio, il parroco  della piccola chiesa di San Lorenzo, Andreas Koppmeyer, sta controllando, spiato, che tutto sia a posto nella cripta, dove ha appena murato una parete. La sua scoperta deve rimanere segreta, non se la sente di raccontarla, se non a sua sorella Benedikta, lei saprà consigliarlo al meglio, come sempre. Nessuno poteva sapere che di lì a poco, quel segreto lo avrebbe ucciso, attraverso la sua golosità. Un piatto di frittelle condite con del miele avvelenato, gli furono fatali. Andreas Koppmeyer morì tra atroci sofferenze, lasciando però un indizio a chi avrebbe scoperto il suo cadavere, una parte di una frase di un’iscrizione tombale cerchiata nella polvere. Ad intervenire sul posto è Simon Fronwieser chiamato dalla perpetua del parroco. Pensava di doverlo curare invece lo trova morto stecchito e congelato e non sicuro che la sua morte sia naturale, fa chiamare il boia di Shongau, Jakob Kuisl. Nessuno dei due sa che sono osservati da chi ha ucciso il povero Koppmeyer. Da qui parte la storia che impegnerà Simon, alla luce dell’indizio lasciato dal parroco, in una spasmodica ricerca di un tesoro lasciato dai templari, aiutato da Benedikta Koppmeyer, sorella del defunto; donna molto avvenente e decisa che desta la gelosia di Magdalena, la figlia del boia. Jakob Kuisl viene nel frattempo impegnato nella ricerca di una banda di criminali che assale i commercianti nei loro viaggi e sta rendendo dura la vita a Shongau. Tra tesori templari, che non sono quello si spera, tombe e reliquie di santi, organizzazioni religiose segrete, enigmi da risolvere, bande di criminali e manie di grandezza, si snoda la storia del boia di Shongau e dei suoi comprimari. Sua figlia Magdalena, il medico Simon Fronwieser e altri, come il personaggio di Benedikta Koppmeyer. Romanzo ben fatto, con una trama intrecciata perfettamente tra storia e realtà. Ricordo infatti, che il personaggio del boia è esistito veramente a Shongau e ad Altenstadt e che l’autore è un suo discendente. Particolare e carina l’idea di inserire alla fine una piccola guida dei luoghi menzionati nel racconto, tra l’altro tutti molto vicini tra loro e visitabili in una giornata, per chi avesse la voglia di andare in Baviera nella regione del Pfaffenwinkel. Voto: 7+

lunedì 16 luglio 2018

RECENSIONE – Il morso della reclusa di Fred Vargas



Nuovo romanzo della serie del Commissario Adamsberg, lo “spalatore di nuvole”, come di solito viene chiamato. Jean-Baptiste rimasto in Islanda dal precedente episodio, non ha nessuna voglia di tornare a casa. Si trova benissimo in quell’isola piena di nebbia lavorando come pescatore, ma il dovere lo richiama a Parigi, nel commissariato del XIII Arrondissement. C’è da risolvere l’omicidio di una donna. Il caso è presto risolto, ma è lo stesso Adamsberg, frugando per caso nel computer dell’agente Voisnet l’animalista, a crearsene uno davvero spinoso. Sembrerebbe che nel sud della Francia ci sia un ragno, ragno violino o loxosceles rufescens o semplicemente reclusa, sia diventato particolarmente pericoloso, tanto da causare la morte di tre ottuagenari. Chi conosce bene Adamsberg, sa che ha il potere di guardare attraverso le nebbie, e a lui quelle tre morti sembrano molto sospette. Inizia così una sua indagine personale, perché le suddette morti sono considerate degli incidenti naturali. Non è con lui il comandante Danglard, che considera i ragionamenti di Adamsberg, appena tornato dall’Islanda, ancora più strampalati del solito.  “Non ci posso credere, non ci voglio credere. Torni fra noi, commissario. Ma in quali nebbie ha perso la vista, porca miseria?”Nemmeno la squadra è completamente con lui e appoggiano il comandante Danglard. Aiutato dai fidi Vyrenc, Retancourt e Froissy, il Commissario Adamsberg comincia a diradare le nebbie del caso. L’aggiunta dell’aiuto di Mathias, archeologo protagonista dei Tre Evangelisti, che sono stata contentissima di aver ritrovato, poterà l’indagine ad una svolta inaspettata. Tra ricordi sepolti nei meandri della memoria, arzille vecchiette studiose di ragni, piatti di garbure e bicchieri di madrian, ce la farà anche stavolta Jean-Baptiste Adamsberg a dissolvere la nebbia? E il comandante Danglard riuscirà a farlo desistere o anche lui si ricongiungerà alla “ciurma della nave di Magellano in rotta verso lo stretto”? Come al solito la Vargas non mi ha deluso, anche se il colpevole si scopre con facilità. Ma la bellezza del libro non sta tanto nel trovare il colpevole, ma negli intrecci creati dall’autrice per risolvere il caso, per trovare le prove della definitiva colpevolezza. I dialoghi, a volte sconclusionati, tra Adamsberg e i suoi collaboratori, strappano più di qualche sorriso. Gli incastri, gli intrecci e le semplici parole che la Vargas usa sono tutti elementi che convergono per la creazione di una storia che spinge il lettore a lasciarsi conquistare da ciò che Adamsberg e i suoi collaboratori ci vogliono raccontare. Voto: 7,5

mercoledì 4 luglio 2018

RECENSIONE – La vera storia di Long John Silver di Björn Larsson



Parto col dire che l’idea di Björn Larsson è geniale, non è facile entrare in un personaggio non tuo, quindi deve essere stato un grande lettore di Stevenson e della sua Isola del Tesoro. Ma sembrerebbe non sia nuovo a questo tipo di esperienze. Ne esce un romanzo molto bello crudo e realistico. É lo stesso protagonista a raccontare se stesso. La sua storia vera dice lui, non quello che viene strombazzato e raccontato da altri. La storia della sua vita da pirata: di come è nata, di chi ha conosciuto durante la sua vita in mare, di come ha perso la gamba e perfino il perché del suo soprannome Barbecue. Il tutto narrato con molti particolari. I  difficili viaggi in mare. Del suo ingaggio su una nave negriera con le torture agli schiavi. Le impiccagioni frequenti della gente di mare, le burrasche e tanto, tantissimo rum. I personaggi che John Silver nel ripercorrere la  sua vita, così come gli viene, sembrano reali. I suoi racconti allo scrittore Defoe, a cui appunta gli errori che questo ha fatto nella sua Storia dei Pirati. Fino a ritrovarlo vecchio e pensieroso, che sta scrivendo le sue memorie, la sua vera storia in isola del Madagascar. Long John Silver decide di imbarcarsi perché la sua vita non lo entusiasmava sufficientemente, la vita che gli avevano ritagliato intorno, a leggere la bibbia in latino, non faceva sicuramente per lui. Quindi scappa quindicenne e s’imbarca, credendo che gli basti la sua parlantina e la sua prontezza a raccontare storie a salvarlo dai pericoli. Ma quello che trova è una vita dura, cinica e maligna. Le sue vicissitudini lo trasformeranno per sempre in un pirata sempre in fuga dalla forca. Avrà il carisma di un capitano, ma si rifiuterà sempre di farlo. Verrà ridotto in schiavitù e venduto come schiavo a contratto. Come lui ci racconta, è spesso costretto ad uccidere, perché il suo scopo non è solo quello di diventare ricco, ma quello di preservare la sua stessa vita. É uno dei pochi pirati che non si ubriaca o che abbia le mani segnate, le porta sempre coperte da un paio di guanti. Il suo motto è: vivere ed essere libero anche a costo di barattare la propria moralità. É un antirazzista, non fa nessuna differenza tra bianchi neri e indiani. Un pirata che è si cattivo, ma che per noi che ne leggiamo la storia desta simpatia. Un pirata che è destinato a restare cattivo per la storia, ma che non si può fare a meno di ammirare quando ci racconta la sua verità. Larsson ha avuto la capacità di restituirci un personaggio forte e solido, avvincente che appassiona, ma allo stesso tempo ci fa riflettere sul concetto di bene e male, compagnia e solitudine. «Ho vissuto a lungo. Questo non me lo può togliere nessuno. Tutti quelli che ho conosciuto sono morti. Alcuni li ho mandati io stesso all'altro mondo, se poi esiste. Ma perché dovrebbe? In ogni caso, spero con tutta l'anima che non esista, perché all'inferno ce li ritroverei tutti, Pew il cieco, Israel Hands, Billy Bones, quell'idiota di Morgan che osò passarmi il bollo nero, e gli altri, Flint compreso, che dio l'abbia in gloria, se un dio esiste. Mi accoglierebbero a braccia aperte, con salamelecchi e inchini, sostenendo che è tornato tutto come ai vecchi tempi.» Voto: 8