Altenstadt, 1660. In una notte
fredda e nevosa di gennaio, il parroco della piccola chiesa di San Lorenzo, Andreas
Koppmeyer, sta controllando, spiato, che tutto sia a posto nella cripta, dove
ha appena murato una parete. La sua scoperta deve rimanere segreta, non se la
sente di raccontarla, se non a sua sorella Benedikta, lei saprà consigliarlo al
meglio, come sempre. Nessuno poteva sapere che di lì a poco, quel segreto lo
avrebbe ucciso, attraverso la sua golosità. Un piatto di frittelle condite con
del miele avvelenato, gli furono fatali. Andreas Koppmeyer morì tra atroci
sofferenze, lasciando però un indizio a chi avrebbe scoperto il suo cadavere,
una parte di una frase di un’iscrizione tombale cerchiata nella polvere. Ad
intervenire sul posto è Simon Fronwieser chiamato dalla perpetua del parroco.
Pensava di doverlo curare invece lo trova morto stecchito e congelato e non
sicuro che la sua morte sia naturale, fa chiamare il boia di Shongau, Jakob
Kuisl. Nessuno dei due sa che sono osservati da chi ha ucciso il povero
Koppmeyer. Da qui parte la storia che impegnerà Simon, alla luce dell’indizio
lasciato dal parroco, in una spasmodica ricerca di un tesoro lasciato dai
templari, aiutato da Benedikta Koppmeyer, sorella del defunto; donna molto
avvenente e decisa che desta la gelosia di Magdalena, la figlia del boia. Jakob
Kuisl viene nel frattempo impegnato nella ricerca di una banda di criminali che
assale i commercianti nei loro viaggi e sta rendendo dura la vita a Shongau.
Tra tesori templari, che non sono quello si spera, tombe e reliquie di santi,
organizzazioni religiose segrete, enigmi da risolvere, bande di criminali e
manie di grandezza, si snoda la storia del boia di Shongau e dei suoi
comprimari. Sua figlia Magdalena, il medico Simon Fronwieser e altri, come il
personaggio di Benedikta Koppmeyer. Romanzo ben fatto, con una trama
intrecciata perfettamente tra storia e realtà. Ricordo infatti, che il
personaggio del boia è esistito veramente a Shongau e ad Altenstadt e che l’autore
è un suo discendente. Particolare e carina l’idea di inserire alla fine una
piccola guida dei luoghi menzionati nel racconto, tra l’altro tutti molto
vicini tra loro e visitabili in una giornata, per chi avesse la voglia di
andare in Baviera nella regione del Pfaffenwinkel. Voto: 7+
lunedì 23 luglio 2018
lunedì 16 luglio 2018
RECENSIONE – Il morso della reclusa di Fred Vargas
Nuovo romanzo
della serie del Commissario Adamsberg, lo “spalatore di nuvole”, come di solito
viene chiamato. Jean-Baptiste rimasto in Islanda dal precedente episodio, non
ha nessuna voglia di tornare a casa. Si trova benissimo in quell’isola piena di
nebbia lavorando come pescatore, ma il dovere lo richiama a Parigi, nel
commissariato del XIII Arrondissement. C’è da risolvere l’omicidio di una
donna. Il caso è presto risolto, ma è lo stesso Adamsberg, frugando per caso
nel computer dell’agente Voisnet l’animalista, a crearsene uno davvero spinoso.
Sembrerebbe che nel sud della Francia ci sia un ragno, ragno violino o
loxosceles rufescens o semplicemente reclusa, sia diventato particolarmente
pericoloso, tanto da causare la morte di tre ottuagenari. Chi conosce bene
Adamsberg, sa che ha il potere di guardare attraverso le nebbie, e a lui quelle
tre morti sembrano molto sospette. Inizia così una sua indagine personale,
perché le suddette morti sono considerate degli incidenti naturali. Non è con
lui il comandante Danglard, che considera i ragionamenti di Adamsberg, appena
tornato dall’Islanda, ancora più strampalati del solito. “Non ci posso
credere, non ci voglio credere. Torni fra noi, commissario. Ma in quali nebbie
ha perso la vista, porca miseria?”. Nemmeno
la squadra è completamente con lui e appoggiano il comandante Danglard. Aiutato
dai fidi Vyrenc, Retancourt e Froissy, il Commissario Adamsberg comincia a
diradare le nebbie del caso. L’aggiunta dell’aiuto di Mathias, archeologo
protagonista dei Tre Evangelisti, che sono stata contentissima di aver
ritrovato, poterà l’indagine ad una svolta inaspettata. Tra ricordi sepolti nei
meandri della memoria, arzille vecchiette studiose di ragni, piatti di garbure
e bicchieri di madrian, ce la farà anche stavolta Jean-Baptiste Adamsberg a
dissolvere la nebbia? E il comandante Danglard riuscirà a farlo desistere o
anche lui si ricongiungerà alla “ciurma
della nave di Magellano in rotta verso lo stretto”? Come al solito la
Vargas non mi ha deluso, anche se il colpevole si scopre con facilità. Ma la
bellezza del libro non sta tanto nel trovare il colpevole, ma negli intrecci
creati dall’autrice per risolvere il caso, per trovare le prove della
definitiva colpevolezza. I dialoghi, a volte sconclusionati, tra Adamsberg e i
suoi collaboratori, strappano più di qualche sorriso. Gli incastri, gli
intrecci e le semplici parole che la Vargas usa sono tutti elementi che
convergono per la creazione di una storia che spinge il lettore a lasciarsi
conquistare da ciò che Adamsberg e i suoi collaboratori ci vogliono raccontare.
Voto: 7,5
mercoledì 4 luglio 2018
RECENSIONE – La vera storia di Long John Silver di Björn Larsson
Parto col
dire che l’idea di Björn Larsson è geniale, non è facile entrare in un
personaggio non tuo, quindi deve essere stato un grande lettore di Stevenson e
della sua Isola del Tesoro. Ma sembrerebbe non sia nuovo a questo tipo di
esperienze. Ne esce un romanzo molto bello crudo e realistico. É lo stesso
protagonista a raccontare se stesso. La sua storia vera dice lui, non quello
che viene strombazzato e raccontato da altri. La storia della sua vita da
pirata: di come è nata, di chi ha conosciuto durante la sua vita in mare, di
come ha perso la gamba e perfino il perché del suo soprannome Barbecue. Il tutto
narrato con molti particolari. I
difficili viaggi in mare. Del suo ingaggio su una nave negriera con le
torture agli schiavi. Le impiccagioni frequenti della gente di mare, le
burrasche e tanto, tantissimo rum. I personaggi che John Silver nel
ripercorrere la sua vita, così come gli
viene, sembrano reali. I suoi racconti allo scrittore Defoe, a cui appunta gli
errori che questo ha fatto nella sua Storia dei Pirati. Fino a ritrovarlo
vecchio e pensieroso, che sta scrivendo le sue memorie, la sua vera storia in
isola del Madagascar. Long John Silver decide di imbarcarsi perché la sua vita
non lo entusiasmava sufficientemente, la vita che gli avevano ritagliato
intorno, a leggere la bibbia in latino, non faceva sicuramente per lui. Quindi
scappa quindicenne e s’imbarca, credendo che gli basti la sua parlantina e la
sua prontezza a raccontare storie a salvarlo dai pericoli. Ma quello che trova
è una vita dura, cinica e maligna. Le sue vicissitudini lo trasformeranno per
sempre in un pirata sempre in fuga dalla forca. Avrà il carisma di un capitano,
ma si rifiuterà sempre di farlo. Verrà ridotto in schiavitù e venduto come
schiavo a contratto. Come lui ci racconta, è spesso costretto ad uccidere,
perché il suo scopo non è solo quello di diventare ricco, ma quello di
preservare la sua stessa vita. É uno dei pochi pirati che non si ubriaca o che
abbia le mani segnate, le porta sempre coperte da un paio di guanti. Il suo
motto è: vivere ed essere libero anche a costo di barattare la propria
moralità. É un antirazzista, non fa nessuna differenza tra bianchi neri e
indiani. Un pirata che è si cattivo, ma che per noi che ne leggiamo la storia desta
simpatia. Un pirata che è destinato a restare cattivo per la storia, ma che non
si può fare a meno di ammirare quando ci racconta la sua verità. Larsson ha
avuto la capacità di restituirci un personaggio forte e solido, avvincente che
appassiona, ma allo stesso tempo ci fa riflettere sul concetto di bene e male,
compagnia e solitudine. «Ho vissuto a lungo. Questo non me lo può
togliere nessuno. Tutti quelli che ho conosciuto sono morti. Alcuni li ho
mandati io stesso all'altro mondo, se poi esiste. Ma perché dovrebbe? In ogni
caso, spero con tutta l'anima che non esista, perché all'inferno ce li
ritroverei tutti, Pew il cieco, Israel Hands, Billy Bones, quell'idiota di
Morgan che osò passarmi il bollo nero, e gli altri, Flint compreso, che dio
l'abbia in gloria, se un dio esiste. Mi accoglierebbero a braccia aperte, con
salamelecchi e inchini, sostenendo che è tornato tutto come ai vecchi tempi.»
Voto: 8
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