martedì 7 luglio 2020

Recensione – Un cuore arido di Carlo Cassola


Ambientato negli anni ’30 in Maremma, e precisamente a Marina di Cecina, nei luoghi sempre cari e narrati dell’autore, il romanzo racconta l’educazione sentimentale della diciottenne Anna Cavorzio, una ragazza orfana di estrazione popolare, che vive con la sorella Bice e la zia sarta. L’ambiente in cui vive non consente alle ragazze, tentate dai villeggianti della stagione estiva e dai soldati della vicina caserma, di cadere in tentazione. C’è una sospensione del giudizio solo nel periodo estivo, visto che la sera si può uscire o andare a ballare. Anna è apparentemente fredda, arida, poco espansiva e si paragona ai gatti, che si affezionano ai luoghi e non alle persone, mentre è solo un’introversa che vive a pieno i sentimenti e le passioni.  La sua esistenza è piatta e grigia, ma ogni tanto qualche piccolo sussulto la scuote: l’amore per Mario, il fidanzato della sorella, poi il rapporto solo fisico per lei (per cancellare il ricordo della perduta passione) con un vitellone di provincia, Marcello, che lei lascia alla signorina Soleri, poi di nuovo il ritorno di Mario e la scelta della solitudine. L’amore clandestino per Mario è breve, impossibile, intenso, travolgente e termina quando il soldato finisce il servizio di leva e poi parte per l’America richiamato dal padre emigrato. Anna, molto pratica e realista, rinuncia all’amore perché sa di aver provato un sentimento unico e irripetibile; decide, quindi, lucida e consapevole, di non provare più un sentimento così forte nei confronti di nessun altro e sceglie la solitudine. Scritta in uno stile semplice e lineare, è una storia di denuncia di un mondo bigotto, sempre molto attuale.
(a cura di Maria Lombardi)