Ruth Souza non ha avuto certo una
vita facile. La sua infanzia l’ha trascorsa in Spagna, a Madrid, dove è nata.
Figlia di un pilota di rally, quando suo padre perde la vita in un incidente,
sua madre, fidanzatasi con un messicano, porta lei e suo fratello a vivere nel
paese del patrigno. Sopportano tutti il caratteraccio dell’uomo e prima che sua
madre venga abbandonata, fa in tempo a mettere al mondo una terza figlia. Ma le
sue disgrazie purtroppo non sono finite. Suo fratello è diventato un poco di
buono e finisce anche lui per perdere la vita, mentre sua madre continuando
nella sua vita dissoluta, tra alcool e compagnie poco tranquille, la lascia a
soli vent’anni con una bimba da crescere. Purtroppo anche lei si avvia verso la
stessa vita che ha avuto davanti fino ad allora. Conosce un ragazzo, Julio
Cesar, un poco di buono. Scommettitore incallito nelle corse illegali, che non
perde occasione per farla partecipare a qualsiasi corsa, incurante della sua incolumità.
Ruth si rinsavisce e scappa con la sorella per cercare una vita migliore. Lei
non ha intenzione di morire e soprattutto non ha intenzione di lasciare Jenny
da sola. Attraversando il confine con il Messico conosce due ottime persone
Linda e George, che la prendono in simpatia e le fanno ottenere un permesso di
soggiorno per gli Stati Uniti, ma i suoi guai sono ancora in agguato. Si
accorge di essere incinta, e non di uno, ma di due gemelli. E’ così che la
ritroviamo qualche anno dopo, con la sorellina che ora ha dieci anni, e la
considera sua mamma a tutti gli effetti e i due gemelli di quattro; due
terremoti dai capelli rossi a cui si fa fatica a star dietro. Ad aiutarla ci
sono i coniugi David e Manuel, che li hanno praticamente adottati formando una
famiglia allargata. Durante una serata lavorativa, mentre fa servizio come
cameriera, Ruth si scontra, in senso non letterale, con uno degli uomini più
belli della serata. Lui l’aiuta con il suo capo, prendendosi la colpa
dell’accaduto, e lei, che ha rotto con
tutti gli uomini e li rifugge, nemmeno lo ringrazia. Tony Ferrasa, è un uomo bellissimo e influente, non è
abituato a vedersi rifiutare qualcosa da una donna, per giunta da una cameriera con i capelli
color arcobaleno. Lui è un compositore di successo ed ha avuto tutto dalla
vita, è una delle personalità più di spicco del panorama musicale latino
americano. Ha un padre che gli vuole bene, una matrigna che lo ha lasciato da
poco che è stata come una vera madre, due fratelli e due cognate, e una nipote
a cui vuole un bene dell’anima, ma in effetti qualcosa in fondo gli manca. Non
ha una donna … ne ha molte, ma nessuna con cui legarsi seriamente, come ha
fatto suo fratello con sua cognata Yanira. S’incontreranno spesso i due,
soprattutto perché Ruth, vista la sua situazione, è costretta a fare molti
lavori di servizio, e Tony frequenta gli stessi posti da cliente. Spinto un po’
da suo padre Anselmo, Tony accetta la sfida e inizierà un lento corteggiamento
di Ruth; ma i problemi ci sono e sono sempre in agguato, anche se ti chiami
Ferrasa. Anche se non ti dai mai per vinto e vorresti fare l’impossibile per
chi sei arrivato ad amare più di te stesso. Bello il personaggio di Ruth che
nonostante la sua situazione drammatica, non perde mai il sorriso e non
demorde, dimostrando di essere una donna di carattere. Tony, è invece il
classico principe azzurro. Bello, farfallone e ricco. Però ha anche un cuore. E
quando questo cuore batte per una persona, il principe azzurro si trasforma in
un difensore convinto, che farebbe di tutto per chi ama. Ammetto che all’inizio
pensavo di trovarmi di fronte alla classica storia di amore banale e non avevo
molte aspettative, anche se alcune cose non mi convincono ancora ora, però
andando avanti nella lettura mi sono un po’ ricreduta. La storia in sé merita,
se non fosse per le focose scene di sesso che ogni tanto disturbano e che
potevano essere più concise. Il lieto fine c’è, inutile dirlo, altrimenti non
sarebbe un romance, anche se un po’ diverso dal solito. Bella anche la storia
di sottofondo tra Omar, fratello di Tony e Tifany.Voto: 6,5
venerdì 19 febbraio 2016
mercoledì 17 febbraio 2016
RECENSIONE - Il gatto che aggiustava i cuori di Rachel Wells
Ho comprato questo libro perché
lo avevano pubblicizzato molto; ma non pubblicità fatta dell’editore, ma un
fine passaparola. Di quelli che pensi che se così tanta gente lo legge e lo
apprezza, deve per forza valere qualcosa. La trama, poi mi sembrava carina.
Così mi sono tuffata nelle avventure di Alfie. Alfie, come ogni gatto adora
passare le sue giornate sul suo divano preferito, o magari di fronte alla
finestra per vedere ciò che succede fuori. Al caldo e soprattutto con del cibo
sicuro e tante, tante coccole da parte della sua umana. Ma non sa che non è per sempre, soprattutto se
la tua padrona è una sola umana e per giunta anziana. Margaret la sua padrona
lo ha appena lasciato, è morta di vecchiaia. Oltre ad essere affranto Alfie ha
un grosso problema. I parenti di Margaret non lo vogliono e pensano di
lasciarlo in un “gattile”. Alfie sa che fine si fa nei gattili, molti altri
gatti del quartiere glielo hanno raccontato e lui non può immaginare una
semi-vita rinchiuso in una gabbia aspettando un’adozione che non avviene quasi
mai e per poi finire ucciso. Quindi scappa via, alla ricerca di una nuova
famiglia su cui contare. Alfie non sa come è la vita randagia, quindi si
ritroverà in pieno inverno a morire di freddo e di stenti, lui abituato a tutte
le comodità. Farà molta fatica ad accettare la sua condizione, anche se troverà
sulla sua strada altri gatti come lui che lo aiuteranno, lo consiglieranno e
gli daranno suggerimenti, e altri ancora che lo cacceranno in malo modo, lo
picchieranno e lo spaventeranno a morte. Di tutto questo Alfie farà esperienza
e questo farà sì che la sua voglia di trovare una casa e una nuova famiglia sia
una necessità. Lui non può proprio
essere un randagio. Dopo lunghe peripezie arriverà in Edgar Road, una via piena
di villette a schiera di diverse dimensioni. Con il suo istinto felino Alfie
capisce che lì c’è la sua opportunità di accasarsi, di trovare una nuova
sistemazione. Ma non tutti sono pronti ad accoglierlo. Su suggerimento di un
amico gatto decide quindi di non avere solo una famiglia, ma diverse; diventare
quindi un “gatto dei portoni”. La sua prima conoscenza è Claire, è una donna
sola, che sta appena uscendo da un divorzio. Piange e beve spesso. E’ magra
come un chiodo e molto sola e Alfie capisce che la sua presenza può essere solo
un bene per lei. Poi c’è Jonathan, che non può essere più diverso da Claire. E’
solo anche lui, ha una casa enorme, ma è cinico e disincantato e non gli
piacciono i gatti. Ma Alfie sa che non è veramente così. E’ troppo solo e ha
bisogno di qualcuno come lui che gli colori la vita. Poi ci sono Polly e Matt
con il piccolo Henry. Lui è sempre troppo occupato con il lavoro, lei ha
partorito da poco e ha una depressione post-partum e si sente decisamente sola
in una città nuova come Londra, per lei che ha lasciato la famiglia a
Manchester. E poi ci sono Francescka, Tomasz e i loro due figli Tomasz jr e
Aleksey. Loro sono polacchi, si sono trasferiti da poco per lavoro, e Francescka
conosce poco la lingua e sente la mancanza dei suoi genitori e del suo paese.
Cosa c’è di meglio che conoscere un gatto come Alfie? Alfie ha un dono
speciale, anche se non lo sa: è capace di aggiustare i cuori, di riaccendere in
ognuno di loro nuove speranze di una vita diversa e felice. Qualcuno di loro
farà ancora degli sbagli a cui Alfie dovrà rimediate con il suo intuito felino,
ci riuscirà? L’autrice fa parlare Alfie in prima persona, che ci racconta tutte
le sue peripezie. All’inizio l’idea sembra carina, ma nel proseguo del libro,
diventa un po’ stucchevole. Sembra più un libro per bambini che per adulti,
almeno per come è scritto, ma gli argomenti che tratta non sono certamente per
i più piccoli. Logicamente il finale risulta scontato. Certamente il libro non
è un capolavoro e dopo letto lo si dimenticherà facilmente, quindi se il
risultato era quello di farci riflettere sull’importanza dei nostri conviventi
animali, cani o gatti che siano, ha fallito miseramente. Forse quello che
ricorderemo di più sono i lauti pasti che Alfie, da furbetto, scroccherà a
destra e a manca, dalle sue quattro famiglie adottive. Voto: 6
lunedì 15 febbraio 2016
RECENSIONE - Un dono prezioso di Nora Roberts
Ennesimo
romance-crime della mia scrittrice preferita. Ennesima lettura che conferma il
mio pensiero: “Zia Nora” questo è il tuo genere! Andiamo alla storia. Cilla
(quella dei nomi è una battaglia persa, non sarò mai d’accordo con Zia Nora. Non
so dove li scovi dei nomi così assurdi!) è la nipote di una famosissima
cantante attrice degli anni cinquanta. E’ anche figlia di un’attrice
tormentata, costretta lei stessa a recitare e vivere nel mondo di paillettes di
Hollywood. Ma Cilla sa di non appartenere a quel mondo, e decide di crearsi una
nuova vita, lontano dalle luci della ribalta, che tanto non le arridevano più.
Non vuole certo finire come sua madre, con cinque mariti e flaconi di
antidepressivi sempre a portata di mano. Quindi con un colpo di mano, si fa
regalare la villa di campagna che era appartenuta a sua nonna, la famosissima
Janet Hardy. Ha un progetto, riportare il rudere alla sua antica bellezza,
trasformandola secondo i suoi gusti, ma senza cambiarla del tutto. D’altronde
lei non ha mai conosciuto sua nonna, anche se questa le viene in sogno molto
spesso e le racconta spezzoni della sua vita passata. Anche Janet Hardy non ha
avuto una vita tranquilla e rilassante. Prigioniera del suo successo e sempre
con la paura di rimanere da sola. Nel tempo le furono attribuite frequentazioni
assai famose, era considerata una mangiatrice di uomini, ma nessuno seppe il
motivo del suo suicidio. Chissà se era per quel figlio morto solo diciottenne.
Cilla sa che quella è la sua eredità, vuole conoscere come era sua nonna, e
ristrutturare qualcosa che era suo e a cui lei teneva molto, e che farlo possa
essere un modo per onorarla. Tornando nel paese sotto le Black Mountain, Cilla
fa diverse conoscenze tra cui lo scrittore di graphic novel, Ford Sawyer e del
suo buffo cane Spock, suoi vicini di casa e i vari restauratori che ha
ingaggiato per riportare la villa al suo antico splendore. Qualcuno di loro ha
anche conosciuto sua nonna, altri l’hanno solo sfiorata, ma era una stella, e
nel paese il nome di Janet Hardy fa ancora rumore, e Cilla le assomiglia anche
molto, tanto da alimentare strani voci su fantasmi e reincarnazioni. Cilla ha
modo anche di iniziare a frequentare suo padre, che, dopo il divorzio da sua
madre è ritornato a vivere nel suo paesino natale e ad insegnare nel liceo. Però
c’è qualcuno che non vuole che Cilla sia lì o che i lavori in qualche modo
proseguano. Infatti accadono una serie di incidenti misteriosi, piccoli e
grandi, che preoccupano Cilla e la spaventano. La polizia indaga, ma non ci
sono testimoni e nessuno sa chi possa avercela con Cilla. Chissà se è per colpa
di quelle lettere che lei stessa, svuotando la soffitta della casa, ha trovato
in un baule polveroso. Cosa contenevano quelle lettere di così pericoloso, da
agitare qualcuno talmente tanto da fargli quasi commettere un omicidio? Cilla
non ha intenzione di andarsene, e nemmeno Ford vuole che lei se ne vada, si è
innamorato di lei, e anche se è preoccupato di come le cose si stanno mettendo,
preferisce aiutarla a far luce sui misteri nella vita di sua nonna. Lei non è
certo l’eroina che sta disegnando, ma quasi: è forte, bella e saggia, come la
sua eroina, creata a sua immagine. Riusciranno i due a scoprire cosa è
veramente successo a Janet Hardy tanto tempo prima e a chiarire se sia stato
veramente un suicidio o un omicidio? Ma soprattutto riusciranno a capire chi c’è
dietro le lettere che Janet ha conservato gelosamente con il loro segreto fino
alla sua morte? La Roberts riesce come al solito ad intessere una bella storia
che ha la sua anima romance, ma anche il suo intreccio giallo, con maestria. Belli
i personaggi principali, ma anche i comprimari e questa volta devo dire che l’intreccio
era così ben congegnato che non sono riuscita ad individuare il colpevole fino
alla fine. Brava Zia Nora! Voto: 6,5
giovedì 11 febbraio 2016
RECENSIONE – Fahrenheit 451 di Ray Bradbury
Ray Bradbury scrive questo libro
negli anni ’50, in piena guerra fredda. Un periodo quello del totalitarismo
russo che poteva sicuramente far pensare che le libertà di pensiero fossero
sotto scacco, così anche la libertà di
leggere libri, al di fuori da quelli che il Partito metteva a disposizione. Da
questo, forse, l’idea di base per sviluppare la storia scritta in Fahrenheit
451. Siamo in un mondo futuro dove i libri non esistono più, sono vietati da
una sorta di governo. I cittadini vivono nella perfetta ignoranza, l’importante
è che chi comanda soddisfi i loro bisogni materiali. La pubblicità è
dappertutto; le tv, unico strumento per informare il popolo, trasmettono
ventiquattro ore su ventiquattro e occupano intere pareti delle case. In questo
tipo di mondo la cultura diventa un orpello inutile. L’obiettivo del governo è
tenere la gente nella più beata ignoranza garantendone, fino ad un certo punto,
il benessere, distruggendo però i libri, che potrebbero portare la gente a
pensare, risvegliando le coscienze sopite. Si studia quindi sempre di meno, i
libri sono quasi del tutto scomparsi. L’aspetto più orrido della storia è che
sono gli stessi cittadini a denunciare i pochi sovversivi rimasti, che
conservano ancora copia di grandi autori del passato. A pensare a loro sono i
militi del fuoco, una sorta di corpo dei pompieri al contrario. Loro appiccano
gli incendi alle case dei sovversivi e bruciano i libri in loro possesso. Guy
Montag fa parte di questo corpo con tutti i dubbi che comunque ha in sé. Non è
completamente convinto che quello che fa sia giusto, ma la sua è una sorta di
eredità, seppure non la condivide in pieno. Un giorno fa la conoscenza di una
ragazza stranissima che gli parla di cose che lui non avrebbe mai pensato che
fossero importanti, ma che riescono in qualche modo ad insinuarsi nella sua
mente. La ragazza parla della bellezza della pioggia, del vento, del sole e
parla di pensieri, di ragionamenti sugli argomenti più disparati. Con un gesto
istintivo, durante un intervento, Montag salva un libro, impedendo la sua
distruzione. Ha paura Montag, ma lo sfidare le istituzioni, di cui lui stesso
fa parte, gli fa riscoprire il piacere della libertà. Viene a sapere che la
stranissima vicina di casa è stata in qualche modo portata via, per le sue idee
progressiste e con lei tutta la sua famiglia e Montag comincia a pensare che
anche lui sia in qualche modo in pericolo, che il suo superiore abbia fiutato
il fatto che lui nasconda dei libri in casa. Non sa che sarà proprio qualcuno a
lui vicino a far scattare la trappola che lo renderà un fuggitivo. Durante la
sua fuga penserà che solo una persona, un vecchio professore delle vecchie università
di un tempo, conosciuto per caso, può aiutarlo e si dirige a casa sua. La sua
fuga diventa mediatica. Il governo vuole dargli una lezione, ma non solo a lui,
a tutti quelli che pensano di stravolgere le regole, soprattutto ora che la
guerra è così vicina e pericolosa. Ma Montag, con l’aiuto del professore,
scappa e si ritrova con delle persone che in un’epoca non tanto remota, erano
degli insegnanti, e ora vivono come dei reietti ai margini della città. Lì si
nasconde e riesce a trovare il suo posto. Scopre infatti che ognuna di quelle
persone ha imparato a memoria una parte di un libro importante, per impedire
che vada perso. Quegli uomini sono dei cavalieri della cultura in persona,
decisi a non lasciarsi schiacciare dal sistema, attraverso la loro capacità di
memorizzare i testi delle grandi opere letterarie, per consentirne la
sopravvivenza, contro la cieca distruzione attuata dalle autorità. Montag
scoprirà anche una cosa molto importante: che il fuoco oltre che distruggere,
serve anche a scaldare. Bellissimo libro sulle libertà di pensiero e azione.
Contro tutti i totalitarismi e le censure che al giorno d’oggi sono argomenti
più attuali che mai. Ma Bradbury ci lascia anche una speranza, quello di
considerare il progresso come una crescita per la società e che i libri sono
qualcosa da tramandare e custodire, come un bene molto prezioso, come la
propria libertà. Bellissimo ritratto di un futuro che spero di non vedere mai.
Questo romanzo dovrebbe essere una lettura obbligatoria nelle scuole superiori,
ma forse sarebbe un’imposizione dittatoriale anche questa! Voto: 9
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