venerdì 19 febbraio 2016

RECENSIONE - Il mio destino sei tu di Megan Maxwell

Ruth Souza non ha avuto certo una vita facile. La sua infanzia l’ha trascorsa in Spagna, a Madrid, dove è nata. Figlia di un pilota di rally, quando suo padre perde la vita in un incidente, sua madre, fidanzatasi con un messicano, porta lei e suo fratello a vivere nel paese del patrigno. Sopportano tutti il caratteraccio dell’uomo e prima che sua madre venga abbandonata, fa in tempo a mettere al mondo una terza figlia. Ma le sue disgrazie purtroppo non sono finite. Suo fratello è diventato un poco di buono e finisce anche lui per perdere la vita, mentre sua madre continuando nella sua vita dissoluta, tra alcool e compagnie poco tranquille, la lascia a soli vent’anni con una bimba da crescere. Purtroppo anche lei si avvia verso la stessa vita che ha avuto davanti fino ad allora. Conosce un ragazzo, Julio Cesar, un poco di buono. Scommettitore incallito nelle corse illegali, che non perde occasione per farla partecipare a qualsiasi corsa, incurante della sua incolumità. Ruth si rinsavisce e scappa con la sorella per cercare una vita migliore. Lei non ha intenzione di morire e soprattutto non ha intenzione di lasciare Jenny da sola. Attraversando il confine con il Messico conosce due ottime persone Linda e George, che la prendono in simpatia e le fanno ottenere un permesso di soggiorno per gli Stati Uniti, ma i suoi guai sono ancora in agguato. Si accorge di essere incinta, e non di uno, ma di due gemelli. E’ così che la ritroviamo qualche anno dopo, con la sorellina che ora ha dieci anni, e la considera sua mamma a tutti gli effetti e i due gemelli di quattro; due terremoti dai capelli rossi a cui si fa fatica a star dietro. Ad aiutarla ci sono i coniugi David e Manuel, che li hanno praticamente adottati formando una famiglia allargata. Durante una serata lavorativa, mentre fa servizio come cameriera, Ruth si scontra, in senso non letterale, con uno degli uomini più belli della serata. Lui l’aiuta con il suo capo, prendendosi la colpa dell’accaduto, e lei, che ha rotto  con tutti gli uomini e li rifugge, nemmeno lo ringrazia. Tony Ferrasa,  è un uomo bellissimo e influente, non è abituato a vedersi rifiutare qualcosa da una donna,  per giunta da una cameriera con i capelli color arcobaleno. Lui è un compositore di successo ed ha avuto tutto dalla vita, è una delle personalità più di spicco del panorama musicale latino americano. Ha un padre che gli vuole bene, una matrigna che lo ha lasciato da poco che è stata come una vera madre, due fratelli e due cognate, e una nipote a cui vuole un bene dell’anima, ma in effetti qualcosa in fondo gli manca. Non ha una donna … ne ha molte, ma nessuna con cui legarsi seriamente, come ha fatto suo fratello con sua cognata Yanira. S’incontreranno spesso i due, soprattutto perché Ruth, vista la sua situazione, è costretta a fare molti lavori di servizio, e Tony frequenta gli stessi posti da cliente. Spinto un po’ da suo padre Anselmo, Tony accetta la sfida e inizierà un lento corteggiamento di Ruth; ma i problemi ci sono e sono sempre in agguato, anche se ti chiami Ferrasa. Anche se non ti dai mai per vinto e vorresti fare l’impossibile per chi sei arrivato ad amare più di te stesso. Bello il personaggio di Ruth che nonostante la sua situazione drammatica, non perde mai il sorriso e non demorde, dimostrando di essere una donna di carattere. Tony, è invece il classico principe azzurro. Bello, farfallone e ricco. Però ha anche un cuore. E quando questo cuore batte per una persona, il principe azzurro si trasforma in un difensore convinto, che farebbe di tutto per chi ama. Ammetto che all’inizio pensavo di trovarmi di fronte alla classica storia di amore banale e non avevo molte aspettative, anche se alcune cose non mi convincono ancora ora, però andando avanti nella lettura mi sono un po’ ricreduta. La storia in sé merita, se non fosse per le focose scene di sesso che ogni tanto disturbano e che potevano essere più concise. Il lieto fine c’è, inutile dirlo, altrimenti non sarebbe un romance, anche se un po’ diverso dal solito. Bella anche la storia di sottofondo tra Omar, fratello di Tony e Tifany.Voto: 6,5

mercoledì 17 febbraio 2016

RECENSIONE - Il gatto che aggiustava i cuori di Rachel Wells

Ho comprato questo libro perché lo avevano pubblicizzato molto; ma non pubblicità fatta dell’editore, ma un fine passaparola. Di quelli che pensi che se così tanta gente lo legge e lo apprezza, deve per forza valere qualcosa. La trama, poi mi sembrava carina. Così mi sono tuffata nelle avventure di Alfie. Alfie, come ogni gatto adora passare le sue giornate sul suo divano preferito, o magari di fronte alla finestra per vedere ciò che succede fuori. Al caldo e soprattutto con del cibo sicuro e tante, tante coccole da parte della sua umana. Ma  non sa che non è per sempre, soprattutto se la tua padrona è una sola umana e per giunta anziana. Margaret la sua padrona lo ha appena lasciato, è morta di vecchiaia. Oltre ad essere affranto Alfie ha un grosso problema. I parenti di Margaret non lo vogliono e pensano di lasciarlo in un “gattile”. Alfie sa che fine si fa nei gattili, molti altri gatti del quartiere glielo hanno raccontato e lui non può immaginare una semi-vita rinchiuso in una gabbia aspettando un’adozione che non avviene quasi mai e per poi finire ucciso. Quindi scappa via, alla ricerca di una nuova famiglia su cui contare. Alfie non sa come è la vita randagia, quindi si ritroverà in pieno inverno a morire di freddo e di stenti, lui abituato a tutte le comodità. Farà molta fatica ad accettare la sua condizione, anche se troverà sulla sua strada altri gatti come lui che lo aiuteranno, lo consiglieranno e gli daranno suggerimenti, e altri ancora che lo cacceranno in malo modo, lo picchieranno e lo spaventeranno a morte. Di tutto questo Alfie farà esperienza e questo farà sì che la sua voglia di trovare una casa e una nuova famiglia sia  una necessità. Lui non può proprio essere un randagio. Dopo lunghe peripezie arriverà in Edgar Road, una via piena di villette a schiera di diverse dimensioni. Con il suo istinto felino Alfie capisce che lì c’è la sua opportunità di accasarsi, di trovare una nuova sistemazione. Ma non tutti sono pronti ad accoglierlo. Su suggerimento di un amico gatto decide quindi di non avere solo una famiglia, ma diverse; diventare quindi un “gatto dei portoni”. La sua prima conoscenza è Claire, è una donna sola, che sta appena uscendo da un divorzio. Piange e beve spesso. E’ magra come un chiodo e molto sola e Alfie capisce che la sua presenza può essere solo un bene per lei. Poi c’è Jonathan, che non può essere più diverso da Claire. E’ solo anche lui, ha una casa enorme, ma è cinico e disincantato e non gli piacciono i gatti. Ma Alfie sa che non è veramente così. E’ troppo solo e ha bisogno di qualcuno come lui che gli colori la vita. Poi ci sono Polly e Matt con il piccolo Henry. Lui è sempre troppo occupato con il lavoro, lei ha partorito da poco e ha una depressione post-partum e si sente decisamente sola in una città nuova come Londra, per lei che ha lasciato la famiglia a Manchester. E poi ci sono Francescka, Tomasz e i loro due figli Tomasz jr e Aleksey. Loro sono polacchi, si sono trasferiti da poco per lavoro, e Francescka conosce poco la lingua e sente la mancanza dei suoi genitori e del suo paese. Cosa c’è di meglio che conoscere un gatto come Alfie? Alfie ha un dono speciale, anche se non lo sa: è capace di aggiustare i cuori, di riaccendere in ognuno di loro nuove speranze di una vita diversa e felice. Qualcuno di loro farà ancora degli sbagli a cui Alfie dovrà rimediate con il suo intuito felino, ci riuscirà? L’autrice fa parlare Alfie in prima persona, che ci racconta tutte le sue peripezie. All’inizio l’idea sembra carina, ma nel proseguo del libro, diventa un po’ stucchevole. Sembra più un libro per bambini che per adulti, almeno per come è scritto, ma gli argomenti che tratta non sono certamente per i più piccoli. Logicamente il finale risulta scontato. Certamente il libro non è un capolavoro e dopo letto lo si dimenticherà facilmente, quindi se il risultato era quello di farci riflettere sull’importanza dei nostri conviventi animali, cani o gatti che siano, ha fallito miseramente. Forse quello che ricorderemo di più sono i lauti pasti che Alfie, da furbetto, scroccherà a destra e a manca, dalle sue quattro famiglie adottive. Voto: 6

lunedì 15 febbraio 2016

RECENSIONE - Un dono prezioso di Nora Roberts

Ennesimo romance-crime della mia scrittrice preferita. Ennesima lettura che conferma il mio pensiero: “Zia Nora” questo è il tuo genere! Andiamo alla storia. Cilla (quella dei nomi è una battaglia persa, non sarò mai d’accordo con Zia Nora. Non so dove li scovi dei nomi così assurdi!) è la nipote di una famosissima cantante attrice degli anni cinquanta. E’ anche figlia di un’attrice tormentata, costretta lei stessa a recitare e vivere nel mondo di paillettes di Hollywood. Ma Cilla sa di non appartenere a quel mondo, e decide di crearsi una nuova vita, lontano dalle luci della ribalta, che tanto non le arridevano più. Non vuole certo finire come sua madre, con cinque mariti e flaconi di antidepressivi sempre a portata di mano. Quindi con un colpo di mano, si fa regalare la villa di campagna che era appartenuta a sua nonna, la famosissima Janet Hardy. Ha un progetto, riportare il rudere alla sua antica bellezza, trasformandola secondo i suoi gusti, ma senza cambiarla del tutto. D’altronde lei non ha mai conosciuto sua nonna, anche se questa le viene in sogno molto spesso e le racconta spezzoni della sua vita passata. Anche Janet Hardy non ha avuto una vita tranquilla e rilassante. Prigioniera del suo successo e sempre con la paura di rimanere da sola. Nel tempo le furono attribuite frequentazioni assai famose, era considerata una mangiatrice di uomini, ma nessuno seppe il motivo del suo suicidio. Chissà se era per quel figlio morto solo diciottenne. Cilla sa che quella è la sua eredità, vuole conoscere come era sua nonna, e ristrutturare qualcosa che era suo e a cui lei teneva molto, e che farlo possa essere un modo per onorarla. Tornando nel paese sotto le Black Mountain, Cilla fa diverse conoscenze tra cui lo scrittore di graphic novel, Ford Sawyer e del suo buffo cane Spock, suoi vicini di casa e i vari restauratori che ha ingaggiato per riportare la villa al suo antico splendore. Qualcuno di loro ha anche conosciuto sua nonna, altri l’hanno solo sfiorata, ma era una stella, e nel paese il nome di Janet Hardy fa ancora rumore, e Cilla le assomiglia anche molto, tanto da alimentare strani voci su fantasmi e reincarnazioni. Cilla ha modo anche di iniziare a frequentare suo padre, che, dopo il divorzio da sua madre è ritornato a vivere nel suo paesino natale e ad insegnare nel liceo. Però c’è qualcuno che non vuole che Cilla sia lì o che i lavori in qualche modo proseguano. Infatti accadono una serie di incidenti misteriosi, piccoli e grandi, che preoccupano Cilla e la spaventano. La polizia indaga, ma non ci sono testimoni e nessuno sa chi possa avercela con Cilla. Chissà se è per colpa di quelle lettere che lei stessa, svuotando la soffitta della casa, ha trovato in un baule polveroso. Cosa contenevano quelle lettere di così pericoloso, da agitare qualcuno talmente tanto da fargli quasi commettere un omicidio? Cilla non ha intenzione di andarsene, e nemmeno Ford vuole che lei se ne vada, si è innamorato di lei, e anche se è preoccupato di come le cose si stanno mettendo, preferisce aiutarla a far luce sui misteri nella vita di sua nonna. Lei non è certo l’eroina che sta disegnando, ma quasi: è forte, bella e saggia, come la sua eroina, creata a sua immagine. Riusciranno i due a scoprire cosa è veramente successo a Janet Hardy tanto tempo prima e a chiarire se sia stato veramente un suicidio o un omicidio? Ma soprattutto riusciranno a capire chi c’è dietro le lettere che Janet ha conservato gelosamente con il loro segreto fino alla sua morte? La Roberts riesce come al solito ad intessere una bella storia che ha la sua anima romance, ma anche il suo intreccio giallo, con maestria. Belli i personaggi principali, ma anche i comprimari e questa volta devo dire che l’intreccio era così ben congegnato che non sono riuscita ad individuare il colpevole fino alla fine. Brava Zia Nora! Voto: 6,5

giovedì 11 febbraio 2016

RECENSIONE – Fahrenheit 451 di Ray Bradbury



Ray Bradbury scrive questo libro negli anni ’50, in piena guerra fredda. Un periodo quello del totalitarismo russo che poteva sicuramente far pensare che le libertà di pensiero fossero sotto scacco, così  anche la libertà di leggere libri, al di fuori da quelli che il Partito metteva a disposizione. Da questo, forse, l’idea di base per sviluppare la storia scritta in Fahrenheit 451. Siamo in un mondo futuro dove i libri non esistono più, sono vietati da una sorta di governo. I cittadini vivono nella perfetta ignoranza, l’importante è che chi comanda soddisfi i loro bisogni materiali. La pubblicità è dappertutto; le tv, unico strumento per informare il popolo, trasmettono ventiquattro ore su ventiquattro e occupano intere pareti delle case. In questo tipo di mondo la cultura diventa un orpello inutile. L’obiettivo del governo è tenere la gente nella più beata ignoranza garantendone, fino ad un certo punto, il benessere, distruggendo però i libri, che potrebbero portare la gente a pensare, risvegliando le coscienze sopite. Si studia quindi sempre di meno, i libri sono quasi del tutto scomparsi. L’aspetto più orrido della storia è che sono gli stessi cittadini a denunciare i pochi sovversivi rimasti, che conservano ancora copia di grandi autori del passato. A pensare a loro sono i militi del fuoco, una sorta di corpo dei pompieri al contrario. Loro appiccano gli incendi alle case dei sovversivi e bruciano i libri in loro possesso. Guy Montag fa parte di questo corpo con tutti i dubbi che comunque ha in sé. Non è completamente convinto che quello che fa sia giusto, ma la sua è una sorta di eredità, seppure non la condivide in pieno. Un giorno fa la conoscenza di una ragazza stranissima che gli parla di cose che lui non avrebbe mai pensato che fossero importanti, ma che riescono in qualche modo ad insinuarsi nella sua mente. La ragazza parla della bellezza della pioggia, del vento, del sole e parla di pensieri, di ragionamenti sugli argomenti più disparati. Con un gesto istintivo, durante un intervento, Montag salva un libro, impedendo la sua distruzione. Ha paura Montag, ma lo sfidare le istituzioni, di cui lui stesso fa parte, gli fa riscoprire il piacere della libertà. Viene a sapere che la stranissima vicina di casa è stata in qualche modo portata via, per le sue idee progressiste e con lei tutta la sua famiglia e Montag comincia a pensare che anche lui sia in qualche modo in pericolo, che il suo superiore abbia fiutato il fatto che lui nasconda dei libri in casa. Non sa che sarà proprio qualcuno a lui vicino a far scattare la trappola che lo renderà un fuggitivo. Durante la sua fuga penserà che solo una persona, un vecchio professore delle vecchie università di un tempo, conosciuto per caso, può aiutarlo e si dirige a casa sua. La sua fuga diventa mediatica. Il governo vuole dargli una lezione, ma non solo a lui, a tutti quelli che pensano di stravolgere le regole, soprattutto ora che la guerra è così vicina e pericolosa. Ma Montag, con l’aiuto del professore, scappa e si ritrova con delle persone che in un’epoca non tanto remota, erano degli insegnanti, e ora vivono come dei reietti ai margini della città. Lì si nasconde e riesce a trovare il suo posto. Scopre infatti che ognuna di quelle persone ha imparato a memoria una parte di un libro importante, per impedire che vada perso. Quegli uomini sono dei cavalieri della cultura in persona, decisi a non lasciarsi schiacciare dal sistema, attraverso la loro capacità di memorizzare i testi delle grandi opere letterarie, per consentirne la sopravvivenza, contro la cieca distruzione attuata dalle autorità. Montag scoprirà anche una cosa molto importante: che il fuoco oltre che distruggere, serve anche a scaldare. Bellissimo libro sulle libertà di pensiero e azione. Contro tutti i totalitarismi e le censure che al giorno d’oggi sono argomenti più attuali che mai. Ma Bradbury ci lascia anche una speranza, quello di considerare il progresso come una crescita per la società e che i libri sono qualcosa da tramandare e custodire, come un bene molto prezioso, come la propria libertà. Bellissimo ritratto di un futuro che spero di non vedere mai. Questo romanzo dovrebbe essere una lettura obbligatoria nelle scuole superiori, ma forse sarebbe un’imposizione dittatoriale anche questa! Voto: 9