venerdì 2 dicembre 2022

RECENSIONE - Il turno di notte di Alex Finlay

Linden, New Jersey, 31 dicembre 1999.
Siamo alla soglia del Millenium Bug. È quasi il nuovo millennio, ma tutti hanno una paura fottuta di quello che succederà appena il nuovo anno, con tre zeri, arriverà. I computer impazziranno? La borsa americana crollerà? Gli ascensori nei grattacieli si fermeranno? E l’illuminazione resisterà o l’America sarà completamene al buio con orde di persone per le strade a creare disordini? Ma tutti questi orrori previsti non si materializzano e invece a Linden tutto questo non ha nessuna importanza, perché sta per verificarsi un altro tipo di orrore. Stevie e le ragazze, Mandy, Candy, Ella e Katie, stanno per chiudere il Blockbuster dove lavorano. Sono tutti adolescenti. Stevie con i suoi diciotto anni è l’unico maggiorenne, e infatti è il direttore del videonoleggio. Gli ultimi clienti si apprestano a restituire i VHS per non pagare la penale e altri per affittare un film per la serata. Ma i quattro non sanno che non potranno tornare a casa mai più, che non potranno festeggiare quel cambio di secolo. Verranno trovati trucidati nello stesso Blockbuster, solo una di loro si è salvata, Ella Monroe.
L’assassino, Vince Whitaker, viene subito catturato. Ma le prove non convincono la procura e viene rilasciato. Ma subito dopo fugge via, e nessuno riuscirà mai a ritrovarlo.

Linden, New Jersey, esattamente quindici anni dopo.
In una gelateria, la Dairy Creamery, vengono uccise tre adolescenti, Beth Ann, Madison e Hannah e una viene lasciata viva Jessica Marie Duvall.
Le coincidenze sembrano troppo strane per non tornare indietro a quella tragedia del 1999. E tutti pensano che il killer sia ritornato a casa.
Lo pensa la polizia e la procura della contea con l’agente Joe Arpeggio e il procuratore Hal Kowalsky, lo pensa Ella Monroe, sopravvissuta all’attacco del Blockbuster ed ora psicologa terapeuta, lo pensa anche Chris Ford, alias Chris Whitaker, il fratellino minore di quel Vince Whitaker accusato degli omicidi del Blockbuster, lo pensa Atticus agente della procura che ha studiato a fondo il cold case del 1999 e lo pensa anche l’agente dell’FBI Sarah Keller, chiamata a dar manforte alla polizia locale.

La storia si svolge ad una velocità eccezionale. L’autore sembra sfidare i lettori a lasciarlo andare. I lettori che amano i thriller veloci con protagonisti agenti dell’FBI divoreranno il libro, vista la scrittura altamente coinvolgente dell’autore.
Bello anche il ricordo degli anni novanta, il Blockbuster, i VHS da riavvolgere, sarà come essere trasportati all’indietro nel tempo. Tutti i personaggi che Finlay fa ruotare nel racconto, hanno una storia da raccontare a partire da Ella e Chris, che sono gli unici due “sopravvissuti” all’evento del Blockbuster del 1999.
Ella va in soccorso di Jesse Duvall, che come lei è sopravvissuta a un massacro, ma sa che la cosa per lei, non è per niente superata, e riviverla le crea angoscia. Ma il preside Steadman, quel professore che all’epoca le è stato tanto vicino e l’ha aiutata, ora sembra sconvolto e in preda al panico.
Chris Whitaker, ora Chris Ford, dopo l’adozione, ha seguito i consigli del fratello Vince. É diventato un avvocato, un difensore d’ufficio per l’esattezza. Suo fratello, quando era a casa gli diceva sempre di studiare, di prendere ottimi voti, perché sarebbe stata l’unica cosa che avrebbe potuto fargli cambiare vita.
Come può Chris non pensare a Vince? Soprattutto ora che Mr Nirvana, il videoblogger che segue su YouTube è tornato a New York? Nessuno sa che Chris Ford è Chris Whitaker, non sul lavoro e nemmeno la sua fidanzata, ma il pensiero è costantemente fisso su quel capodanno del 1999. E come può non pensare di difendere chi è accusato della nuova strage anche se potrebbe esserci un conflitto di interesse?
E poi c’è Sarah Keller, agente dell’FBI all’ottavo mese di gravidanza, in attesa di due gemelli. Viene chiamata per aiutare la procura di Union, che si occupa anche della cittadina di Linden.

Ci saranno segreti da scoprire, legami da decifrare e motivazioni da capire.
Finlay è bravo a sviluppare sapientemente le prospettive e le caratteristiche dei tre personaggi principali, incaricandoli in prima persona di risolvere i misteri in questione e intrecciando le loro storie in modo avvincente.
Sono molte le qualità che ho apprezzato di questo romanzo. Il rimando agli anni novanta, il modo in cui l’autore intreccia passato e presente per bocca dei suoi protagonisti, la trama originale e per niente scontata. Fin dalla prima pagina, il libro si rivela coinvolgente e cattura tutta l’attenzione del lettore. Ed è un thriller talmente studiato bene che alla fine di ogni capitolo, si ha come una sorta di sospensione dei fatti. Una suspense in più su quello che sta succedendo.
Studiato alla perfezione anche il finale ad effetto, che se ci si pensa un po’ su, è anche molto realistico, anche se forse un po’ esagerato, ma molto, molto cinematografico.
Se siete alla ricerca di un libro adrenalinico e che vi tenga incollate alle sue pagine, questo è il libro per voi. Uno dei libri migliori letti quest’anno. Complimenti all’autore!

Silvia Marcaurelio


 

lunedì 7 novembre 2022

RECENSIONE - L'angelo custode. Un'indagine di Woodstock di Leo Giorda


Protagonista di questo libro è Adriano Scala detto “Woodstock”. Il nomignolo gli deriva dal fatto che lui è un investigatore “sui generis”… Deve farsi una o più canne per usare i superpoteri intellettivi per arrivare a deduzioni logiche che gli fanno risolvere i suoi “casi”.

Woodstock si muove tra Testaccio e San Lorenzo, tra i bar e le piazze della movida giovanile della Roma attuale, quartieri che si trovano vicino al centro e all’Università più antica di Roma.
Il tutto ha inizio con il ritrovamento del cadavere di un bimbo in un cassonetto nel quartiere di San Lorenzo, esattamente in via degli Equi. Guarda caso, proprio lì, vi abita Claudio Gatto, musicista di piano bar, che vittima in passato di un’accusa infamante che ne aveva distrutto la promettente carriera, viene accusato del terribile omicidio.
Visti i precedenti di Gatto, il vicequestore di zona, Giacomo Chiesa, uomo tutto d’un pezzo, fa uno più uno e lo accusa di aver ucciso il bambino, anche se il povero Gatto ha un alibi che viene confermato da più persone. Ma non sempre uno più uno fa due. Gatto, attraverso un amico comune, contatta Woodstock per farsi aiutare a trovare il vero assassino, visto che la polizia, non sta cercando nessun altro e lui è il principale indiziato del vicequestore Chiesa.
Woodstock/Adriano, nonostante sembri tutt’altro, è un maestro elementare; è stato sposato, ha una figlia piccola e vive ancora a casa con la mamma Rita. Ha un fratello che ritiene insopportabile. Mostra di avere doti sorprendenti, malgrado la sua vita non sia proprio lineare.

Come in ogni giallo che conta, se si svolge a Roma c’è sempre il Vaticano di mezzo, con i suoi segreti, rinchiusi tra le mura del piccolo Stato.
Fortunatamente per Woodstock e Chiesa, non tutti sono propensi a tenersi segreti così importanti e qualche coraggioso capisce che collaborare è meglio che stare in silenzio e sottostare ai potenti.
Anche Chiesa e Woodstock capiscono che, anche se formano un duo alquanto improbabile, alla fin fine dovranno per forza lavorare assieme. Uno per risolvere il caso, l’altro per salvare un innocente.

Buona la prima, Leo!
Come romanzo d’esordio questo autore mi ha convinta molto. Il libro fila che è una meraviglia e per di più delle volte usa il gergo romanesco che mi piace tanto, visto che è quello della mia città. Meno, i riferimenti alla squadra di calcio giallorossa, visto che io tengo per la sponda biancoceleste del Tevere, però mica si può avere tutto!
Bella la trama, mi è veramente piaciuta. La storia si dipana veloce come una volante della polizia a sirene spiegate. Tra le indagini intersecate di Woodstock e Chiesa. Tra poteri forti e voglia di verità a tutti i costi. Tra i flashback del passato di Adriano e il presente. Tra segreti trattenuti e la voglia di parlare.
Leo Giorda rimesta con maestria nel torbido dei misteri di Roma. Nei comportamenti violenti delle forze dell’ordine, delle mele marce presenti sia nella magistratura che nelle alte gerarchie vaticane, come nella stessa polizia, senza fare sconti a nessuno.
Credo che questo libro sia il primo di una serie e che la collaborazione tra Woodstock e il vicequestore Chiesa non sia finita qui. Spero di rincontrarli presto!

Silvia Marcaurelio


martedì 18 ottobre 2022

RECENSIONE - Omicidio a cap Canaille di Christophe Gavat

In un assolato aprile a Marsiglia il comandante della Polizia Giudiziaria, Henri Saint-Donat, si trova a fare i conti con il ritrovamento di un corpo bruciato in un’autovettura, quello che nel gergo della mala marsigliese viene chiamato “barbecue”, un regolamento di conti abbastanza brutale.
Ad aiutarlo nelle indagini, la comandate della BRI, Lucie Clert, figlia di sbirro e come il padre capace, tenace e soprattutto testarda e irriverente. Insomma per niente facile.
A contrapporsi alla Clert, il giovane tenente Basile Urteguy, che fresco vincitore di un premio per la sua performance al pianoforte decide, nonostante i contrasti e le ire dei suoi genitori, di prendere pistola e distintivo. Di carattere calmo, riflessivo, dolce e timido, molti suoi commilitoni lo prendono in giro e lo considerano una mammoletta. È segretamente innamorato della Clert. Lo sanno tutti, tranne lei.

In un’altra città, Parigi, gli ex colleghi di Henri Saint-Donat sono alle prese con delle rapine a furgoni portavalori e sulla scena di una di queste, viene rinvenuto il DNA di un pregiudicato di Marsiglia.
Henri e il suo comandante Larrivée, nonostante il contrasto con Lucie Clert, pensano che le coincidenze non esistano e che i due casi siano collegati.
Droga e soldi, rapine a furgoni blindati, codici criptati, la Fournier, il DNA del malvivente marsigliese, tutto è racchiuso lì. Ma è una matassa bella intricata quella che si trovano davanti Henri e la sua squadra, più i rinforzi parigini.
Trovano un bandolo, ma ne perdono un altro. Capiscono qualcosa, ma quel qualcosa porta a strade senza uscita.

Mentre tentano l’impossibile, riusciamo a conoscere i nostri protagonisti, che hanno delle loro storie e dei loro segreti. Sono un’umanità varia. Henri con i suoi silenzi, i suoi blocchi, che sembra in dei momenti fosse come se si assenti dal mondo presente, come se fosse in colloquio con un altro mondo a parte. Lucie e i suoi scoppi d’ira, gli stessi per cui era famoso suo padre. Ma i suoi sono diversi. Lei non vorrebbe certo essere così, è solo che non riesce a trovare qualcuno che le ispiri un comportamento diverso… O forse ce l’ha così vicino e non riesce a vederlo.
E poi Urteguy, il giovane tenente bello e sapiente a cui i commilitoni non sprecano commenti mortificanti. Ma lui è così. Dolce, timido, tutto d’un pezzo, un musicista con pistola e distintivo, ma con la poesia nella testa. E anche l’amore per qualcuno che probabilmente è inavvicinabile.
I tre, più i parigini, devono però agire in fretta, e dimenticare se possibile i loro affanni, perché c’è una grossa operazione in corso, i rapinatori sono al lavoro, e qualcuno cerca anche vendetta.

Marsiglia è la protagonista perfetta, il posto magico, ma anche selvaggio. Dove l’oro del sole si mischia alla violenza delle gang marsigliesi. Dove la malavita domina sui pochi poliziotti che cercano di mantenere l’ordine. Dove una scogliera di selvaggia bellezza come Cap Canaille può essere uno spettacolo perfetto per storie d’amore ma anche di morte, con la scogliera a picco: trecentonovanta metri di altezza prima di arrivare al mare blu.
Bel libro, veramente ben articolato in tutto. Dettagli, trama, luoghi e personaggi. Sono tutti intercalati perfettamente nell’opera che con una scrittura a volte leggera, a volte commovente e a volte cruda, ci porta a leggere un libro complessivamente perfetto sia nella trama gialla, sia nella storia dei suoi personaggi più carismatici.
Sarebbe carino che l’autore potesse sviluppare, in un romanzo a parte, la storia di Nathalie Fournier, personaggio che in questo romanzo vediamo idealizzato sullo sfondo, ma che sarebbe interessante poter approfondire.
Libro consigliatissimo.

Silvia Marcaurelio


 

giovedì 29 settembre 2022

RECENSIONE - O TU O LUI DI GIUSEPPE DI PIAZZA


 Giuseppe di Piazza con questo nuovo libro ci riporta nel finale del precedente episodio, Un uomo molto cattivo, dove si raccontava la storia di Rosario “Sari” De Luca, imprenditore bresciano, ma siciliano di origine. E proprio questa sua origine lo aveva invischiato in una serie di strani giochi di società fittizie, tutte con la mafia siciliana a far da sfondo. Lo avevamo lasciato riverso in una pozza di sangue, in un ristorante giapponese, dopo aver sparato a Mommo Spadaro, quel “cugino” che non sapeva di avere e che lo aveva coinvolto in questi loschi affari, ricattandolo con il rapimento dell’amata Valeria. Ma Sari, dopo la morte di Valeria per mano di Mommo e dei suoi scagnozzi, aveva bisogno di vendetta. Una vendetta consumata per puro caso, perché anche Mommo voleva sbarazzarsi di lui, ma il suo proiettile lo ha soltanto ferito gravemente, non ucciso, mentre quello di Sari ha fatto bene il suo lavoro.
In ospedale carcerario, Sari è avvicinato dal Sostituto Procuratore Sangermano, e diventa collaboratore di giustizia. Vuole far arrestare i suoi aguzzini e soprattutto chi ha ucciso Valeria. Ma così facendo si mette sulla strada della famiglia Spadaro, e del fratello di Mommo, Aspano, che medita vendetta per la morte di suo fratello.

Sari non la pensa certamente così. Per lui i giochi sono chiusi. È uno pari. Mommo per Valeria o Valeria per Mommo. Lo fa girando un video con suo figlio Alessio alla regia.
Sari ha perso tutto, i suoi soldi, la sua casa editrice, le sue case, tutto. Gli è rimasto solo il figlio, che ama come non mai. E questa voglia di pace. Questa voglia di un nuovo inizio, nonostante sa benissimo che, la morte di Valeria è quasi un peso insostenibile da avere sulla coscienza.
Il suo intento è andare a Palermo e parlare con Aspano Spadaro per fermare questa scia di sangue. Ma Sari non sa di essere carne da macello, e non solo lui, ma anche la sua famiglia, soprattutto suo figlio.
A Palermo incontrerà amici e nemici, alleati e doppiogiochisti. E il romanzo diventerà adrenalinico tra viaggi a New York e rientri veloci, tra mafia americana e agenti dell’Fbi, tra servizi segreti e polizia italiana. Tra collusi, mandanti e partecipanti per caso.

“O tu o lui” è la domanda che viene posta a un certo punto a Sari De Luca. Ma nemmeno in questo momento, però Sari è disposto a piegarsi, e cerca con l’aiuto di Stella, un bellissimo personaggio, di tirare fuori sé stesso e la sua famiglia da questa faida che lo coinvolge, ma che non ha certamente voluto e cercato.
Per Sari, questa storia, è anche il modo di approfondire la sua “eredità” o retaggio che dir si voglia. Quelle che erano le origini della sua famiglia siciliana, fino ad arrivare addirittura a Ellis Island, New York, con le prime navi che portavano gli immigrati sulle sponde dell’oceano.
È stato veramente una bella scoperta questo autore, che parla di mafia senza peli sulla lingua. Che parla di corruzione ad alti livelli dello stato e di chi, anche se nel piccolo, è onesto e lavora per lasciare un Paese in pace e senza questa ruota di scorta un po’ sgonfia che lo fa arrancare.
Molto belli i personaggi. Stella su tutti, e poi Andrea Colicchia, capo della sezione omicidi di Milano, e il giornalista ducatista di Reporter, Francesco De Stefanis.
Ci si fa anche qualche risata, in questo romanzo. Soprattutto quando a parlare sono le teste vuote dei “picciotti” di Aspano, che il loro massimo è dire: “Sì, boss!”
Ma Aspano è un personaggio veramente costruito a regola d’arte. Sembra un mafioso di Sergio Leone, direttamente arrivato da C’era una volta in America. Uno duro, smargiasso, e vendicativo.

Belli i paesaggi di Palermo e New York, anche se visti con l’adrenalina di un film di azione e passano veloci attraverso i finestrini di un aereo o di una macchina su una Highway.
La scrittura è perfetta. Di facile lettura e coinvolgente, fino a diventare adrenalinica nel finale, dove scorri le pagine alla velocità della luce, per vedere la fine della storia e dei suoi personaggi.
Spero di ritrovare Sari De Luca. Magari con la vita un po’ più quieta, con la compagnia di Alessio. Anche se dovranno leccarsi un po’ di ferite insieme. Ma l’unità è quello che conta.
Consigliato!

Silvia Marcaurelio

venerdì 16 settembre 2022

RECENSIONE - La stagione dei ragni di Barbara Baraldi

È una notte d’estate del 1988 quando, a Torino, la città italiana più esoterica, un ragazzo fotografa il ponte Vittorio Emanuele I completamente invaso da colonie di ragni. È un evento insolito e inquietante, quasi un prodigio, che attira molti curiosi. Nella stessa notte, il sostituto procuratore Francesco Scalviati, che sta per diventare padre, si trova dalle parti del Pian del Lot, sulla scena di un crimine: una coppia di fidanzati uccisi mentre si erano appartati in macchina in un luogo solitario. Il duplice omicidio si collega ad altri due commessi a Torino (ma anche a San Francisco e a Londra).
Tra i presenti sulla scena del crimine, ci sono un giovane e arrogante agente dell’FBI, Isaak Stoner, che propone nuovi strumenti come l’identikit psicologico dell’omicida e la teoria degli omicidi seriali, e la giornalista investigativa Leda De Almeida, rimasta ferita in Libano, in un primo momento ostile all’operato di Scalviati. Intanto, si avvicina la data del parto: sarà una femmina, ma i due genitori ancora non hanno deciso il nome. E il mostro colpisce ancora…
Come i ragni, il mostro tesse la tela in cui cadono le sue vittime, costruendo una rete di complicità e spargendo il male in tutte le città in cui opera.
Siamo alla fine degli anni ’80, un passato che sembra lontanissimo eppure così vicino, un’epoca di grandi cambiamenti in cui convivono innovazioni, i primi computer e i compact disk, e tradizioni, come lo sviluppo dei rullini nella camera oscura. Tutto sulle note dei Simple Minds, dei Duran Duran, dei Litfiba, di Raf.
Accanto al protagonista, il sostituto procuratore Scalviati, presentato in tutte le sue sfumature, dalla più intransigente a quella più emotiva, ruotano tanti personaggi minori ma fondamentali per la risoluzione del mistero: lo scrupoloso e arrogante analista dell’FBI Isaak Stoner, la giornalista Leda De Almeida, coraggiosa ma anche fragile, la moglie del magistrato, forte ma bisognosa delle attenzioni del marito, il distratto e volenteroso Loiacono.
La stagione dei ragni è un romanzo dalla trama avvincente e ben costruita, dalla tensione sempre alta che cattura il lettore. La scrittura è semplice e fluida, scorre veloce come gli eventi raccontati. Consigliatissimo!
Maria Lombardi
 

lunedì 22 agosto 2022

RECENSIONE - 1795 di Niklas Natt Och Dag

Bentornati nella Città tra i Ponti, bentornati nella fetida Stoccolma. Un altro anno è passato, siamo nel 1795, ma nulla è cambiato o quasi. Reuterholm tiene la Svezia sotto scacco, uccidendo tutti i simpatizzanti del vecchio e morto Re Gustavo, ma comunque la povertà uccide più del boia. Il popolo è in fermento, la nobiltà è in fermento, la Svezia è in fermento. Avevamo lasciato i nostri protagonisti in mezzo a un grosso incendio.
Jean Michael “Mickel” Cardell ne è uscito malconcio. Ora, oltre che a mancargli un braccio, ha metà faccia ustionata dopo il tentativo di salvare i gemelli di Anna Stina Knapp, Maja e Karl. E un rimorso grande come un macigno sul cuore. La colpa è sua di quello che è successo. Anna Stina è scomparsa. Non si sa dove sia. In molti la cercano. Soprattutto le due fazioni politiche: quella contro la congiura alla reggenza facente capo a Reuterholm e la fazione fedele al vecchio re. Anna Stina dovrebbe avere una lettera di Magdalena Rudenschöld che contiene una lista dei fedeli gustaviani che fa gola a tutti.
E poi c’è Emil Winge, sempre alle prese con i suoi fantasmi, anzi, con un fantasma. Quello di suo fratello Cecil.

Ma Jean Michael e Emil hanno stretto un patto: nonostante i loro problemi, devono acchiappare Tycho Ceton, il male in persona, e consegnarlo nelle mani del boia.
Tycho Ceton è ancora sporco della fuliggine dell’orfanotrofio di Hornsberget, del sangue di Erik Tre Rosor e di sua moglie e di molti altri che non abbiamo conosciuto. Gode nel vedere la morte degli altri, l’ultimo sospiro prima di lasciare la vita. Ora è nascosto. È un paria anche tra gli Eumenidi, ma non è un tipo che sa stare fermo, qualcosa si inventerà per rinascere dalle ceneri come un’araba fenice.
Emil e Jean Michael prendono due direzioni di indagini che convergono comunque tra loro. Emil cerca Tycho, Jean Michael cerca Anna e tutte le strade portano agli Eumenidi, scellerata società segreta composta da uomini viziosi che venderebbe l’anima al diavolo pur di non annoiarsi. Ciò che è nuovo è buono, ciò che è vecchio annoia, e se un povero muore per divertire i viziosi ricchi a chi importa?
A Cardell e Emil, importa e saranno proprio loro a dover fermare questa inutile carneficina.

È stato di nuovo bello passeggiare per i vicoli di Stoccolma, seppur fetidi, e caldissimi e freddissimi, a seconda della stagione. Stoccolma, prima protagonista della trilogia creata da Niklas Natt Och Dag. Una trilogia di un mondo duro e severo, dove il popolino fatica a vivere giorno dopo giorno. Dove gli intrighi tra gli uomini di potere possono essere letali, e gli incubi reali.
Ancora una volta ad emergere è Cardell, presente in tutti e tre i romanzi della saga. L’uomo grosso con un braccio solo. E in questo romanzo appesantito da una metà divenuta mostruosa quasi a pegno della morte dei bimbi della sua amata Anna.
Si fanno sempre contrapposizioni in questo libro, il mondo delle vittime, dei soprusi, di quelli che subiscono inutili cattiverie, con Cardell e Winge che fanno da paladini della giustizia. Ma come sempre ciò che conta sono gli interessi, soprattutto quelli dei ricchi, quelli che sono uomini che hanno a cuore solo sé stessi.
Rimane facile schierarsi con alcuni personaggi e odiarne immancabilmente altri. Ma nessuno ha l’animo puro, e come ci fa notare l’autore: “l’Uomo ha sempre un cuore di tenebra”.

Mi mancheranno Jean Michael, Emil e Anna, e anche Cecil, anche se solo sotto forma di fastidioso fantasma. Il finale aspettato, qualcosa si è sistemato, qualcosa si è definito, tutto si è concluso. Il nuovo anno è vicino. Il nuovo re sta per prendere possesso del suo regno. Formidabile Niklas Natt Och Dag. Ha scritto una meravigliosa trilogia storica di un paese di cui non si conosceva veramente nulla. A meno di non essere degli storici che abbiano approfondito il mondo svedese.
Bella l’immagine di Stoccolma, anche se paragonandola a quella di adesso, potrebbe risultarci strana, almeno a me che l’ho vista qualche anno fa.
La scrittura dell’autore ha uno stile tale che permette di farsi un’idea quasi visiva di quello che ci racconta oltre che ad aver studiato una trama intricata e perfetta che in questo ultimo volume metterà in ordine gli ultimi pezzi del puzzle.
Bello, bello, bello! Lo consiglio, anche se consiglio di leggere i libri in sequenza partendo da 1793 e 1794.

Silvia Marcaurelio


 

venerdì 5 agosto 2022

RECENSIONE - L'agguato di Adrian McKinty

Tom Baxter si sente finalmente libero. Libero di essere quello che è. Una persona di successo, un ortopedico di fama, con una bellissima famiglia, composta dai suoi due figli Olivia e Owen e dalla sua nuova e giovanissima e bellissima moglie Heather.
Ha l’occasione di unire ancora di più la sua famiglia in uno splendido viaggio in Australia, e il convegno è un’opportunità sia lavorativa sia vacanziera. Lui è convinto che i suoi figli ed Heather si divertiranno, e lui potrà portare un altro po’ di fama a sé stesso.
Heather non è dello stesso parere, ma fa buon viso a cattivo gioco. Lei, Owen e Olivia non è che vadano poi così d’accordo. La vedono ancora come un’usurpatrice. In effetti è passato soltanto un anno da quando la loro madre è morta, quindi è più che lecito che i due non siano grandemente d’accordo con il fatto che il padre abbia voluto risposarsi così presto. Ma Heather ama Tom, e per ora questo le basta.

Il viaggio non è che cominci con i migliori auspici, Tom pensa a sé stesso, i ragazzi sono sempre attaccati ai loro smartphone e l’unica che cerca di orientarsi è proprio Heather.
Owen e Olivia sono annoiati da subito, il caldo è tanto e il fatto che il wi-fi vada e venga non contribuisce a metterli di buonumore, anche se impasticcati a dovere dal loro paparino, cosa che Heather non concepisce; ma non sono i suoi figli.
Durante una gita alla ricerca di qualcosa di speciale soprattutto per lenire la noia dei ragazzi, i Baxter incontrano un’altra coppia di stranieri; sono Olandesi e si chiamano Petra e Hans. Mentre sono in un chiosco per un veloce pranzo e una bibita fresca, i ragazzi si lamentano di non aver visto nemmeno un animale selvaggio. Sentendo i loro discorsi una coppia di uomini appena arrivati al chiosco propongono alla famiglia una gita a Dutch Island, dove non va nessun turista, ma ci sono un sacco di animali selvaggi.

Ai Baxter si uniscono gli olandesi, che prendono la palla al balzo, pagando per un passaggio in traghetto per scendere sull’isola. I due uomini, Matt e Jacko, e un terzo Ivan, che porta il traghetto, li mettono sul chi vive. Gli elencano le rigidissime regole da seguire sull’isola se non vogliono morire. Prima di tutto non avvicinarsi alla fattoria di Ma’, secondo non addentrarsi troppo nel folto della foresta, potrebbero perdersi, massimo possono rimanere per quarantacinque minuti, non di più. Il traghetto partirà comunque senza di loro.
Ma il destino è strano a volte e i Baxter non riusciranno ad arrivare all’appuntamento con il traghetto per un tragico e fortuito incidente e di conseguenza, Tom, Heather e i ragazzi si ritroveranno in balia di persone orrende, la famiglia O’Neill, che non faranno altro che spaventarli a morte e non solo. Tenderanno agguati e tenteranno di uccidere, perché a Dutch Island la legge la fa la famiglia O’Neill e non la polizia e sono irremovibili nel voler punire gli estranei che hanno incrinato il loro equilibrio.

Il thriller di McKinty parte molto lentamente, quasi a farci assaporare la bella famigliola, anche se non è così perfetta. Ma, mano a mano che ci si addentra nella storia, come nella foresta, andiamo dietro ai Baxter con un ritmo in crescendo che diventa serrato e adrenalinico. I capitoli sono brevi e i dialoghi taglienti, proprio ad assumere il tono del thriller vero e proprio.
Infatti ci immaginiamo Heather, che avrà un ruolo magnifico nella storia, che è la vera protagonista, insieme ai ragazzi che corrono nel fitto della boscaglia per salvarsi la vita. L’umidità, il caldo, gli insetti, gli animali selvatici a cui i due ragazzi, molto viziati, non sono certo abituati. Ma tutti dovranno collaborare, se vogliono vivere. E il romanzo è anche la storia della nascita di una collaborazione, una vita nuova, che dopo tutto non sarà mai la stessa.

È una storia sulla fiducia, sulla protezione della vita, propria e di chi si ama. Sulla rinuncia. Non esiste la tranquillità in questa storia, è disorientante, truculenta, claustrofobica, come l’isola, che sembra non dare nessuna via di fuga, che sembra viva.
È bravo McKinty a tenerci con il fiato sospeso. La sua è una scrittura “scattante”. Inizia lento per finire a perdifiato, con tantissimi colpi di scena, tra cui il finale.
Consigliato per chi ama i thriller e i romanzi che non lasciano respirare. E mi raccomando … Non accettate i consigli degli sconosciuti!

Silvia Marcaurelio

 

martedì 19 luglio 2022

RECENSIONE - Una giornata cominciata male di Michele Navarra

Ritorna l’Avvocato in Vespa, Alessandro Gordiani, anche se non è più la vecchia Arcobaleno, ormai relegata in garage, ma una nuova quattro tempi, sempre bianca. Torna per occuparsi di una vecchia volpe dell’imprenditoria romana, Federico Santini il quale, a dispetto del nome, è tutto fuorché un santo.
Le regole non sa cosa siano, forse sono fatte per gli altri, ma non per lui. Ed è per questo che, mentre sta raggiungendo la sua amante, per il week end di Ferragosto a Porto Santo Stefano, aumenta a dismisura la velocità della sua macchina, anche se c’è un nubifragio e non si vede a un dito. Ma il botto lo sente!

Santini ha già tante rogne in ballo, e questa è solo un’altra delle rogne di quella giornata cominciata proprio male.
La ex moglie l’ha portato in tribunale accusandolo di pedofilia, la sua amante, Claudia, fa le bizze … e ora questo. Un incidente stradale causato da un vecchio ciclista scimunito, che ha pensato bene di fare una manovra allucinante finendo sotto le sue ruote.
Santini, si crede non visto, quindi dopo aver constatato che la sua macchina non ha subito danni, pensa bene di andarsene, la colpa mica è sua e il vecchio sarà sicuramente morto.
La mattina di Ferragosto, Santini si risveglia semi-incosciente in una rimessa di barche, non ha il portafogli, non ha il telefono. Non riesce a capacitarsi come sia finito lì. Ma non è tutto. Rientrando nell’appartamento dell’amante, scopre che è morta in un lago di sangue e lui non ricorda nulla.

A questo punto entrano in campo l’avvocato Gordiani e l’avvocatessa Mori, che il Santini incarica di difenderlo dall’accusa di omicidio.
Alessandro è sempre un po’ restio ad occuparsi di determinati casi. Lui è uno ligio alle regole, e per lui la giustizia conta davvero. Non gli è mai piaciuto difendere le persone per il solo motivo che secondo la legge sono innocenti, magari per qualche cavillo. Lui deve essere convinto che il suo assistito lo sia per davvero. Come per il suo personaggio preferito nel film “… giustizia per tutti”, quell’Arthur Kirkland interpretato da Al Pacino, che è onesto e idealista come lui e pensa che il lavoro dell’avvocato difensore è proteggere i diritti del suo assistito, mentre quello del pubblico ministero è quello di difendere le leggi dello Stato e che quindi la giustizia vera non esista, ma è un’utopia, perché tutti alla fine, vogliono solo vincere.
Navarra come al solito, con scioltezza e classe, ci porta all’interno del sistema giudiziario italiano. Ci fa conoscere procedure legali che magari più di qualcuno di noi non conosce, ci fa capire facilmente come funziona il sistema giustizia, e che soprattutto, questo stesso sistema è fallibile, perché a farlo sono gli stessi uomini.

Navarra ha anche il merito di creare delle situazioni avvincenti, e dei personaggi perfetti. Polara è quello che dovrebbe essere il nemico giurato di Gordiani, un pubblico ministero. Ma in fondo è come lui. Un uomo con il senso di giustizia insito dentro, che fa fatica ad accusare le persone a meno che non siano per davvero colpevoli. E Santini, che è veramente la macchietta del classico romano che dice agli altri: “Io so’ io e voi nun se un …!” Un simpatico antipatico allo stesso tempo. Una mistura tra Verdone di Bianco Rosso e Verdone e Il Freddo di Romanzo Criminale.
Bella l’ambientazione, che si vede benissimo, è conosciuta a menadito dall’autore: Monte Argentario, Porto Santo Stefano, Orbetello, Porto Ercole. Lo ringraziamo anche per qualche informazione ristorativa, sperando che siano vere e non romanzate!
Bello l’intreccio giallo, che mano a mano si dipana nella storia, e che ci porterà a scoprire i vari indizi che alla fine porteranno alla soluzione.

Bella la storia interiore dell’avvocato Gordiani che è in un momento di crisi esistenziale, il suo matrimonio è a rotoli, si sente che sta invecchiando, e sente di avere fallito. Che i sogni che faceva da ragazzo, non si sono esattamente esauditi, ma hanno avuto una data di scadenza. Questo suo voler essere così ligio, così perfetto, lo rendono ancora più affascinante. Come al solito, la scrittura di Navarra è molto semplice ed elegante, le sue spiegazioni sono chiare anche per chi non è un esperto di legge, anzi aiuta molto a capire come funziona il nostro sistema giudiziario. Altamente consigliato!

 

martedì 28 giugno 2022

RECENSIONE - Dalle nove a mezzanotte. Brisa la Stria vol. 2 di Paola Rambaldi


Secondo episodio della Serie della “Stria” Brisa, che in dialetto emiliano-romagnolo significa “Non farlo” la quale, con il suo particolare potere divinatorio, continua a scoprire dove la gente scompare o come finiranno matrimoni e fidanzamenti, solo passando la sua lunga treccia sulle foto delle persone in questione.

In questo nuovo episodio si ha un salto temporale, passiamo dagli anni ’50 del primo volume, al 1963 di questo secondo volume, ma ripartiamo da dove avevamo lasciato la Brisa; con il suo addio a Gorino e la scomparsa del nipote Lucianino.

Brisa è particolare per il suo tempo. È una rock ‘n’roll woman. È alta un metro e settantacinque, capelli lunghi e nerissimi, ma quello che colpisce di più, è la sua eterocromia, una pupilla nera e una bianca in contrasto tra loro e in più quel potere divinatorio che possiede, che non fa altro che “accertare” il suo essere una strega, malvista, malvoluta, che “porta male”, ma che tutti cercano.
La ritroviamo al Borgo, che abita con la famiglia della zia Lina, i Corpodicristo; la zia è una eccellentissima “cagacazzi” (parole sue), le due cugine “stronze” Sara e Cheti e i due cugini “scimuniti” Azzo e Cino. Brisa è già storta di per sé per aver mollato Primino che le manca, ma non vuole ammetterlo, in più ha questi parenti serpenti che non fanno altro che spennarla, schiavizzarla, vessarla e prenderla per il culo. Ma un tetto sulla testa lo deve pur avere visto che a trent’anni suonati è ancora single.

Il romanzo parte con un “quasi” omicidio che Brisa sventa senza volere. Don Celso ha organizzato una gita per i giovani di Serravalle e del Borgo all’isola d’Elba. L’Antonio Ciacci, chiamato da tutti Little Tony per la somiglianza della sua “banana” a quella del divo, ha una discussione con Jolanda, la figlia del maresciallo Bellugi, che guarda caso, dopo un po’ viene ripescata in acqua, solo perché Brisa se ne accorge.
Ma non è tutto qui… dopo poco tempo, scompare la vicina di casa della famiglia della zia Lina, l’Avemaria. È andata al cimitero tutta ingioiellata come sempre e non ha più fatto ritorno. Fatto sta che Brisa, il giorno della sua scomparsa, ha avvistato un tizio con una vanga al di fuori del cimitero.
Ma la successione di eventi continua in maniera costante, tra Il Borgo, Bologna, Serravalle, Minerbio e Gorino. Colpi di scena, personaggi che lì per lì non sembrano avere verve né senso, all’improvviso assurgono al ruolo di protagonisti con azioni che non consentono al lettore nessuna distrazione.

Diciamo che il libro è anche un po’ un “on the road”, tra canzoni di Elvis e quelle di Gino Paoli, tra ironia tutta emiliano romagnola, un linguaggio a dir poco popolare e non ci si annoia mai. Brisa passa anche in secondo piano, più e più volte, anche se ha sempre un gancio con quelli che svolgono in un modo o nell’altro l’azione anche lontano da lei.
La Rambaldi è brava a trattare argomenti anche delicati con ironia e leggerezza, soprattutto quando parla di bambini. Belli anche i frammenti del passato che ritroviamo nelle tradizioni popolari e nelle atmosfere che ci riportano veramente in quegli anni, che ancora chiamiamo meravigliosi, ma che forse, per chi li ha vissuti, non era proprio così.
Il romanzo della Rambaldi è al di fuori di tutti i canoni, non gli si può dare una collocazione definitiva, è magia, verità, mistero, adrenalina; il tutto condensato in poche pagine.

È l’umanità della gente vera, e non dei soliti protagonisti tutti scienza e muscoli, è la protagonista che è una donna normale, che si strugge per amore, e per l’indipendenza. È la parlata del volgo, i pettegolezzi di paese e le credenze popolari. È una foto spaccata di un mondo che non esiste più e che forse qualcuno rimpiange davvero.

Silvia Marcaurelio


sabato 11 giugno 2022

RECENSIONE - Delitti a Fleat House di Lucinda Riley

Norfolk, giorni nostri.

In un collegio inglese in stile vittoriano, precisamente nel dormitorio di Fleat House, muore uno studente, Charlie Cavendish, per quello che dapprima il Preside e la polizia locale poi, considerano come un incidente casuale.
Ma l’autopsia rivelerà che il ragazzo è morto per uno shock anafilattico causato dall’assunzione di aspirina a cui il ragazzo era allergico.
Charlie, soffriva di epilessia e l’attacco allergico era stato scambiato per un attacco epilettico.
Vista l’importanza della famiglia, appartenente a una nobiltà di vecchio stampo che ancora attecchisce in Inghilterra, per far luce sull’accaduto viene chiamata a indagare la polizia della capitale, sicuramente più preparata della polizia del piccolo paese.
A occuparsi dell’indagine sarà l’ispettrice Jazmine “Jazz” Hunter.

Jazz si è appena trasferita nel Norfolk, in un cottage delizioso in mezzo alla campagna inglese e ancora non sa se vuole tornare a vestire i panni della poliziotta. L’anno sabbatico passato in Italia tra arte e cibo non le hanno fatto ancora dimenticare il perché della sua fuga: la fine disastrosa del suo matrimonio con un collega.
Ma il suo capo pensa che questa possa essere l’indagine giusta per lei, quella che la possa far tornare sul campo. Jazz, solo per fare un favore al capo Norton, accetta di seguire l’indagine, coadiuvata dal suo compagno di sempre, il sergente Alistair Miles e dalla psicologa criminale Isabelle “Issy” Sheriff.

Come già indicato all’inizio, il caso sembra un semplice errore di scambio. Charlie prendeva abitualmente delle pillole per l’epilessia che potevano essere facilmente confuse con quelle dell’aspirina. Ma la domanda che si fa Jazz, dopo aver scoperto anche il suicidio dello stimatissimo professore di latino della scuola, è se lo scambio sia stato effettuato per caso o era tutto già premeditato. Jazz si troverà impelagata in vecchie storie e oscuri segreti che sono stati racchiusi per molto tempo tra le mura di Fleat House, a che ora stanno prepotentemente tornando a galla.

Dietro a tutto questo, si dipanano altre storie, di altri personaggi che sono legati comunque a Fleat House. La storia disgraziata di David Millar che è passato da essere un uomo di successo, con una bellissima famiglia e una bellissima casa, a un beone, quasi un clochard.
Alla sua ex moglie, un’arrampicatrice sociale, che dopo aver spennato il suddetto, pensa bene di fidanzarsi con il suo avvocato divorzista e di rendere la vita all’ex marito un inferno.bA farne le spese di tutto ciò, è il loro figlio tredicenne, Rory. Un’anima candida che ha un segreto più grande di lui e pensa bene di sparire.
É chiaro che la vicenda è molto più complicata di quanto potesse sembrare all’inizio e non sarà facile per Jazz venirne a capo e soprattutto separare la vita personale da quella lavorativa.

Questo romanzo è l’unico giallo tra la grande produzione letteraria di Lucinda Riley. Anche in questo libro l’autrice ha dato prova della grande tecnica che la portava a spaziare in generi diversi con grande capacità narrante e con la creazione di trame e protagonisti carismatici e ambientazioni da sogno come nelle migliori tradizioni dei libri gialli.
Peccato che Lucinda non ci sia più, perché leggendo il libro, soprattutto nel finale, si capisce che questa avrebbe potuto essere una nuova saga letteraria e con nuove storie da raccontare. Chissà che la storia di Jazz non venga proseguita dal figlio di Lucinda, Harry Whittaker, che ha curato la rilettura di questo libro scritto dall’autrice nel 2006.


 

martedì 7 giugno 2022

RECENSIONE - M Sul bordo dell'abisso di Bernard Minier

Il romanzo di Minier si annuncia in questo modo:
“AVVERTENZA
Tutte le tecnologie descritte in questo romanzo esistono o sono in fase di sviluppo. Le applicazioni e i dispositivi che scoprirete qui sono già stati implementati in diversi Paesi, in modo quasi identico a quello narrato in questa storia. Perché non si svolge nel futuro, bensì adesso.”
Hong Kong, anno di grazia 2019.
Moira è una giovane donna che arriva ad Hong Kong dalla Francia, per lavorare presso la compagnia Ming Inc. che si occupa dell’ambizioso progetto di creare e immettere sul mercato un chatbot dal nome quasi troppo pretenzioso di DEUS. Moira dovrà aiutare DEUS a diventare più umano, ad assumere una propria personalità e ad avere delle vere emozioni. DEUS dovrà essere la forma elettronica di Intelligenza Artificiale che permetterà all’uomo di non dover più decidere nulla, sarà lui a pensarci.

Appena arriva viene avvicinata dalla polizia di Hong Kong, la mettono subito in guardia su Ming Jianfeng, il proprietario della Ming Inc., non è un uomo pulito, la voglio convincere a fargli da talpa, ma lei non sa nemmeno di quello che parlano.
Mano a mano che Moira si inserisce nel nuovo ambiente di lavoro scopriamo insieme a lei il mondo delle Intelligenze artificiali, dei dati che elaborano e vengono elaborati dai Big Data e da tutte le possibili cause e complicazioni che queste macchine potrebbero creare una volta preso il sopravvento e tolto il libero arbitrio all’umanità. Si può rinunciare alle proprie libertà per un mondo più “sicuro”?
Come se tutto questo non sia già inquietante di per sé, Moira si accorge che qualcuno all’interno della Ming, sta creando delle “distorsioni” nell’apprendimento di DEUS, facendolo divenire molto cupo e oscuro, con pensieri non proprio cristiani (non nel senso di religiosi), verso il mondo intero.

In più, perché nonostante tutto, questo è un romanzo giallo, un sadico e spietato killer, sottopone le sue vittime ad atroci e raccapriccianti torture. É un uomo sadico e crudele che uccide senza provare nessuna emozione se non attraverso il dolore degli altri e per questo è stato soprannominato L’oscuro principe del dolore. Le donne uccise lavoravano o hanno lavorato per la Ming Inc. e Moira rientra perfettamente nel cliché del killer.
Sullo sfondo di una Hong Kong illuminata all’apparenza, ma che nasconde moltissime ombre, quella di una società piena di contraddizioni, da una parte avanzata tecnologicamente, ma sudicia, esotica e putrida, dai mille lussi ma anche dalle povertà più misere si svolgeranno le azioni dei nostri protagonisti.
Moira avverte la necessità e la consapevolezza di essere sola in quel marasma che pullula di vita e di morte. Al suo fianco due poliziotti che più diversi non potrebbero essere: Chan, il giovane. Ancora illuso che il suo lavoro possa cambiare il mondo e la città. Elijah, il vecchio. Disilluso, disamorato, disperato.

Il finale è tutto adrenalina. Ma è tra le pagine del romanzo che ti viene voglia di gridare: “Oh, mamma mia!”
È angosciante, illuminante, claustrofobico, scritto meravigliosamente. Fino al finale, dove non mancano i colpi di scena. Bellissimi i personaggi creati da Minier. Bella Moira, che sembra la francesina spaesata con il naso all’insù, ma che nelle pagine del libro e soprattutto nel finale si rivelerà, intelligente e forte. Bello il personaggio di Chan, il poliziotto giovane. Sembra un chierichetto. Un ingenuo, un don Chisciotte prestato a Hong Kong, che combatte contro molti mulini a vento.
Bello il personaggio di Elijah, il poliziotto vecchio. Che è deprimente solo a vederlo. Dai vestiti alla faccia. È uno zombie che cammina, ma che alla fine ha un moto di orgoglio per il lavoro che fa e per la città in cui vive.
Bello il personaggio di Ming Jianfeng, Ma non vi dico niente, ve lo dovete scoprire da soli.
Belli i comprimari che girano intorno, e perfettamente incastrati, a questi tre personaggi chiave.

L’angoscia alla fine rimane. La voglia di gettare tutti gli apparecchi elettronici che avevo a portata di mano è rimasta. Ma alla fine questa recensione finirà comunque su internet, su un blog o su un social network. Il mondo è questo!
“M. Sul bordo dell’abisso” è il romanzo migliore finora letto in questo anno, imperdibile.

Silvia Marcaurelio

 

venerdì 3 giugno 2022

RECENSIONE - La moglie di Dante di Marina Marrazza


Mentre di Dante e Beatrice si è scritto tanto, della moglie del sommo poeta si sa poco o quasi nulla. Marina Marrazza, per celebrare i 700 anni dalla morte di Dante e il centenario della nascita del padre, anche lui di nome Dante, dà vita e parola a questa donna oscurata dalla fama del marito e della donna da lui cantata. Gemma Donati, figlia di Ser Manetto e di Maria, intorno al 1285 sposa Dante, un uomo non ricco e potente, e gli dà quattro figli: Giovanni, Pietro, Jacopo e Antonia, detta Nina. Il matrimonio era stato concordato anni prima, con una dote di 200 fiorini piccoli, ma Gemma subisce il fascino del cugino Corso, condottiero e politico, tra i personaggi storici principali e più ammirati della Firenze medievale. Gemma, chiamata “testa di ruggine” da Corso, è passionale e concreta (è lei a prendere l’iniziativa con Dante), ha sentimenti forti e buon senso, amministra e regge la casa. Diventa la “vedova bianca” di Dante prima dei trent’anni, in una Firenze lacerata dalle lotte tra guelfi e ghibellini e tra le due fazioni guelfe, bianca e nera, che distruggeranno vite e patrimoni. Quando prevalgono i neri, Dante viene accusato di aver abusato del suo ufficio e di aver tradito la città e, di conseguenza, condannato al rogo; da questo momento sarà esule. Passeranno molti anni prima che la coppia possa riunirsi e Gemma deve portare avanti la famiglia da sola, con l’aiuto economico della sua famiglia di origine. Attraverso gli occhi di Gemma, scopriamo aspetti inediti del sommo poeta. Dante è testardo e un po’ presuntuoso: per ben due volte, gli viene offerta la possibilità di rientrare a Firenze ma non accetta di pagare delle ammende e di chiedere scusa pubblicamente, costringendo così alla sua stessa sorte i figli maschi al compimento del quattordicesimo anno di età. Oltre a Dante, abbiamo modo di conoscere meglio personaggi oggetto dei nostri studi come Guido Cavalcanti, Giotto, Brunetto Latini, e altri legati alla vita familiare di Gemma come lo spavaldo cugino Corso Donati, la fedele Gilla e la pia Piccarda. Il romanzo è avvincente e scorrevole, una giusta combinazione di storia, linguistica (l’autrice ringrazia chi l’ha aiutata a sciacquare “i panni nell’Arno del Trecento”), biografia, fiction, poesia, letteratura, tutto in uno stile impeccabile. Consigliatissimo!

mercoledì 11 maggio 2022

RECENSIONE - Loch Down Abbey di Beth Cowan-Erskine

Scozia, anni trenta del novecento.
Una misteriosa malattia si sta diffondendo in tutto il paese, ma la famiglia che abita la tenuta di Loch Down Abbey da oltre seicento anni, gli Ogilvy-Sinclair, sono molto più preoccupati dalle mancanze sulla loro tavola, per quella della carta igienica e della morte della Tata. Non perché siano affranti dalla scomparsa della donna, ma per il problema di chi si prenderà cura dei pestiferi rampolli.
La morte improvvisa di Lord Hamish Inverkillen viene quasi ignorata dalla famiglia. L’unica a preoccuparsene sembra essere la governante della casa, Alice MacBain.
La famiglia fa parte di un’antica nobile casata, abituata ad enormi privilegi che la pandemia di Malaperniciosa virulenta sta mettendo in dubbio.

La situazione è ogni giorno più difficile, soprattutto per la servitù, che deve far fronte alle esigenze abbastanza superflue della famiglia, e sopperire alla cronica mancanza del personale decimato dal contagio.
La famiglia non è affatto convinta dell’esistenza di questa malattia, anche se ha provocato la morte di centinaia di persone, ma visto che erano soprattutto inglesi, perché preoccuparsene?
Soprattutto, i Sinclair-Ogilvy, sono una famiglia a cui piace stare a casa. Non escono mai, non vanno al villaggio, e non ricevono ospiti, nonostante le 150 stanze a loro disposizione.
All’apertura del testamento del defunto Lord Inverkillen, la famiglia comincerà a scricchiolare, e con nessun aplomb, si faranno prendere dall’ira e inizieranno a urlarsi contro per ogni tipo di sciocchezza.

Gli unici che sembrano voler fare qualcosa di concreto sono la signora MacBain, che non è sicura che la morte di Lord Hamish sia stato un incidente e quindi comincia ad investigare, e il figlio minore del Lord, Fergus, che si prende in carico sulle spalle la sorte della tenuta e della famiglia, visto che suo fratello Angus, il nuovo Lord, non fa che nascondersi con suo cognato Hugh nel padiglione del tennis.
La signora MacBain da una parte e Fergus dall’altra, con metodologie completamente diverse, metteranno a nudo i segreti di Hamish, scoperchiando, inconsapevoli, un immenso vaso di Pandora. Il tutto mentre il personale è ridotto al lumicino e i nobili personaggi sono costretti (anche) a rifarsi i letti da soli o ad accendersi il fuoco nelle stanze.
Memorabili le scappatelle dei viziatissimi rampolli, che porteranno alla scoperta dei numerosissimi passaggi segreti della magione.

Molto Downton Abbey in questo primo romanzo della Cowan-Erskine anche se, a quanto si dice, abbia ripreso la storia della famiglia di suo marito. Oltre a trovare molte caratteristiche della famosa serie tv, l’autrice è riuscita ad inserire nel contesto anche un periodo infausto come quello della pandemia, rendendo però il tutto un’allegra parodia piena di humor britannico.
Ritrovare negli scritti della Erskine anche un’altra vecchia serie tv come “Su e giù per le scale” dove si raccontavano i fatti della servitù che pianificava pranzi e cene con pasti elaborati, balli e gala mentre i loro padroni discutevano e pianificavano matrimoni di convenienza e litigavano sui titoli nobiliari e sui privilegi ad essi legati, è stata una piacevole sorpresa.

Insomma, divertente e ironico quanto basta, con un pizzico di mistero che non guasta e tanti, tantissimi personaggi al di sopra delle righe per il loro savoir-faire o per la loro incredibile petulanza.
Dall’impassibile Hudson, il maggiordomo di famiglia, ad Iris studiosa protetta della famiglia. A lady Elspeth, sorella di Hamish, donna dalle vedute molto aperte. A Constance, Eva e Bella, tre antipatiche create ad arte. A lady Georgina, vecchio generale al comando. E anche ad alcuni personaggi, che vengono solo nominati, ma che non prenderanno mai parte a una riga di romanzo, ma in qualche modo un ruolo lo svolgono ugualmente. Al povero avvocato Lawlis e alla sua bella segretaria Imogen, che si dannano l’anima per aiutare quella sciocca nobile famiglia cercando di portarla con i piedi nella modernità, fino ai miei due, anzi tre preferiti …
La signora MacBain, capace di mandare avanti, nonostante tutto, una famiglia di invasati.
Fergus, che è l’unico della famiglia a rimboccarsi le maniche e a voler fare qualcosa.
E … August Comtois, figlio di Elspeth, che parla pochissimo, ma le sue parole pesano come macigni. Leggetelo, vi divertirete un sacco!

Silvia Marcaurelio

venerdì 22 aprile 2022

RECENSIONE - Grado nella tempesta. Un nuovo caso per Maddalena Degrassi di Andrea Nagele


Quarto romanzo della saga della commissaria Maddalena Degrassi e dei 

fenomeni climatici di Grado. Già, perché anche da quelli l’autrice prende 

spunto per scrivere le sue storie.

Questa in particolare fa riferimento a un fatto veramente accaduto nell’agosto del 2008, precisamente l’8 agosto. Su Grado si scatenò un tornado, che abbatté alberi, pali dell’alta tensione, lasciando la città al buio, successero incidenti, il litorale fu selvaggiamente colpito e squassato e ci furono anche morti e feriti.
Grado – Agosto, 2008.
C’è un’afa tremenda che incolla i vestiti alla pelle e non fa nemmeno respirare. Ogni movimento costa fatica e fa stillare sudore. Ma sembra che qualcosa a breve possa cambiare, perché il cielo comincia ad accumulare nuvoloni neri e minacciosi e tanta elettricità nell’aria.
Emmanuele, un ragazzino di quattordici anni che abita in un campo nomadi, mentre pensa ai suoi problemi di cuore, si trova in un supermercato per fare la spesa e c’è un blackout, nessuno può uscire perché le porte automatiche sono chiuse. Col favore del buio, Emmanuele, pensa di rubare un paio di sneakers che sogna da tempo, ma che non avrà mai, e mentre le indossa è testimone uditivo di una minaccia di morte da parte di un uomo ad un’altra persona. Emmanuele ha paura, ma vuole fare la cosa giusta, e va in commissariato a denunciare la cosa. Solo che al suo arrivo, trova un poliziotto con ben poca voglia di ascoltarlo, che lo fa fuggire a gambe levate. Ma il problema è che poco dopo il ragazzino scompare e la Degrassi si trova ad affrontare il caso con poche prove nelle sue mani.

Mentre le indagini per ritrovare Emmanuele vengono attivate, succedono altre cose, come se andassero in concomitanza con il peggioramento del tempo, che sembra inquietante.
Christopher, facoltoso uomo d’affari, si incontra con il vecchio amico di liceo per una rimpatriata e per rivivere un po’ i vecchi tempi. Ha organizzato tutto in una lussuosa struttura alberghiera per lui e il suo vecchio compagno Johannes. Ma Johannes è spesso distratto dal suo cellulare e dal suo pc che nasconde sempre a Christopher. Non accetta i regali dell’amico di buon grado, ma con un certo astio. Cosa nasconde Johannes? Perché è sempre al cellulare?
Nella stessa zona prende il via la vacanza di Henriette e Frederick con le due figlie Leonie e Katharina. I due sono già ai ferri corti per il comportamento poco veritiero di Frederick. Il campeggio promesso, non è quello dei sogni e adattarsi è un grosso peso, sia per Henriette che per le due bimbe. L’elettricità tra i due è nell’aria, come quella dei lampi che cominciano a saettare tra le nubi.
Poi c’è la storia di Beatrice, infermiera all’ospedale di Monfalcone, con la sindrome da crocerossina. Ma nessuno sa che nel suo passato c’è un oscuro segreto che non riesce a dimenticare.
E poi c’è Villa Esperanza e i suoi due proprietari, Loredana e Alonso; un luogo con un bel giardino e tantissimi gatti. Sembra piacevole, ma il tempo la rende inquietante, e anche il passato e suoi due abitanti non fanno altro che litigare tra loro per quell’eredità particolarmente misteriosa.
E come se non bastasse, la Degrassi si trova in ambasce, perché il suo capo Scaramuzza, di cui non è abbia molta stima, le ha chiesto la mano di sua madre.

Questo della Nagele è un giallo molto particolare, fatto di tante storie, con al centro come protagonista la tempesta perfetta che avvenne davvero l’8 agosto del 2008. Infatti, i casi in essere si risolveranno tutti con lo scoppio della tempesta, come se fosse quello il punto culminante di tutto.
Se la parte del libro che racconta le storie che effettivamente la Degrassi dovrà sbrogliare, sono molto lente e riflessive, quasi che la scrittrice ci voglia far immergere nella psiche dei personaggi, di scavarli a fondo, nel loro intimo, per farci cogliere tutte le loro sfaccettature, la seconda parte, quella che racconta della tempesta è concitata, piena di suspense, adrenalinica. Corre ingovernabile come il vento che soffia forte, come gli scrosci violenti di pioggia e grandine e come il rombo dei tuoni e il saettare dei lampi.
È un crescendo perfetto che il lettore potrà gustare pagina dopo pagina. È una storia dove non ci sono né vinti né vincitori, ma solo la contrapposizione tra uomo e natura. E la scoperta che l’uomo, nonostante tutte le sue scoperte scientifiche, non può governare la natura, quando questa è fuori controllo.
Bel giallo con una trama intricatissima. Molto curata la parte psicologica dei personaggi, meno quella delle mere caratteristiche fisiche, a parte quella di pochi personaggi. Più adrenalinica e scorrevole la seconda parte del romanzo, dove praticamente si definiscono tutte le storie.

Silvia Marcaurelio

mercoledì 13 aprile 2022

RECENSIONE - Lo strano delitto delle sorelle Bedin. La prima indagine di Gaetano Ravidà di Chicca Maralfa


Gaetano Ravidà, luogotenente dell’Arma dei Carabinieri, è un “nuovo” investigatore nato dalla penna di Chicca Maralfa. Nuovo, perché questa è la sua prima indagine ma, nonostante tutto, è un investigatore navigato con una storia alle spalle.

Infatti, Gaetano detto Ninni, si è da poco trasferito ad Asiago, dopo aver lasciato la Puglia per fuggire dai dolorosi ricordi del suo matrimonio ormai finito.
Oltre ad aver lasciato la famiglia a Bari, ha lasciato un incarico di tutto rispetto, anche se ora si ritrova a essere il comandante della stazione dei Carabinieri di Asiago.
Certo tra Bari ed Asiago in fatto di delinquenza c’è una certa differenza, quindi Ravidà si ritrova un po’ con le mani in mano e non gli rimane che seguire quello che ha: un cold case di sette anni prima e uno scavo riguardante una delle più sanguinose battaglie della Grande Guerra avvenute nell’altopiano vicentino che potrebbe riguardarlo da vicino, in quanto suo nonno, che portava il suo stesso nome, fu soldato in quell’epoca, combattente proprio sull’altopiano, e non fece mai ritorno, nemmeno da morto, visto che il suo corpo non fu mai trovato.

Ninni Ravidà è un po’ alla ricerca di sé stesso, e forse trovare il corpo di suo nonno potrebbe far crepare quella corazza che, dopo il tradimento di sua moglie, si è fatto crescere addosso e che gli pesa sempre di più, minacciando di farlo morire sotto il suo stesso peso. Un po’ come le corazze che portavano i poveri soldati, mandati a morire contro gli austriaci, che pesavano tantissimo, e servirono solo a farli diventare rallentati nei movimenti e a morire prima.
Il vecchio caso delle sorelle Bedin è ormai stato chiuso dalla procura. Tracce non ne sono mai state trovate, testimoni idem, e anche le due persone indagate all’inizio del caso, i due vicini di casa, sembrano essere stati scagionati in quanto in possesso di valido alibi.
Però, la noia è tanta e Ravidà, con i suoi fidi Casarotto e Strazzabosco, comincia a seguire in segreto una indagine tutta sua, visto che in paese qualcuno sta tappezzando i muri con enigmatiche poesie che sembrano però sollecitare la riapertura del caso.

Tutto questo nel periodo più sacro per il comune di Asiago, visto che la Grande Rogazione, una processione sacra che si snoda per trentatré chilometri attraverso sentieri di montagna e che coinvolge tutta la popolazione il sabato prima dell’Ascensione, è vicina.
Ravidà è entusiasta all’idea di risolvere un caso a cui nessuno è riuscito a dare un colpevole e che sull’altopiano ha lasciato tracce indelebili come il ciclone Vaia. Ma mentre è alla ricerca del colpevole del vecchio delitto, il sospettato si suicida lasciando una comunicazione inattesa, e durante l’attesa Grande Rogazione, ne viene commesso un altro. Una donna, è stata brutalmente assassinata e due giovani ne hanno trovato il corpo in un bosco proprio sulla strada dei sentieri della processione.
Riuscirà Ravidà, con il suo acume, aiutato dai fidi Casarotto e Strazzabosco, dalla sua amica e medico legale pugliese Maria Antonietta Melerba, anche lei in trasferta sull’altopiano, a risolvere il vecchio cold case e il nuovo omicidio che sembra strettamente connesso al primo? L’indagine non è per niente facile. Molte persone sono coinvolte, episodi diversi che si ingarbugliano tra loro e i sospettati diventano vittime, i colpevoli diventano innocenti e i bugiardi dicono la verità.

Belli i personaggi che contornano le vicende del luogotenente Ravidà. I due fidi co-protagonisti nelle indagini che risultano simpatici e competenti, un valido aiuto per il protagonista della vicenda, che risulta dapprima molto scosso per i suoi “guai” sentimentali e familiari, e dopo un po’ più in vita per l’adrenalina data dalla scoperta della verità. Belli anche i personaggi comprimari, come la signora Lilli Pertile, una ottantenne in gambissima e la ‘campionessa’ Claude Spiller.
Brava la Maralfa a farci ricordare un bruttissimo pezzo della nostra storia, ma che va comunque ricordato, per la memoria delle persone, soprattutto dei giovani uomini che morirono, per la patria. Mandati al macello senza nessuna protezione o preparazione. Contadini fatti soldati, e mandati alla guerra senza più fare ritorno, nemmeno da morti.
Belli i panorami che ci racconta tanto da trametterceli come immagini ben visibili nelle nostre menti.
Indagine intrigata ma ben scritta, che all’inizio non sembra trovare mai una fine, una matassa talmente ingarbugliata che non se ne vede mai l’inizio o la fine, ma che piano piano verrà sciolta con un linguaggio garbato e ironico, proprio dalla bocca del nostro luogotenente Ravidà. Bell’inizio comandante… ci vediamo alla prossima!

Silvia Marcaurelio

venerdì 18 marzo 2022

RECENSIONE - Pandora di Susan Stokes-Chapman

Londra, 1799 in piena epoca Georgiana. La storia si apre con il recupero da parte di un palombaro di una cassa finita in fondo al mare dopo una tempesta. Ci riesce per un pelo, ferendosi ad un braccio con la corda per issarlo.
Hezezkiah Blake, è alquanto nervoso. Sono giorni che aspetta la “sua” nave, ma soprattutto il contenuto. E non disdegna di passare per vicoli oltremodo puzzolenti fino ai docks dove scaricano il letame prodotto dalla città. D’altronde è il suo modo di lavorare. Quale doganiere avrebbe il piacere di controllare il contenuto delle merci che una nave scarica in mezzo a quell’olezzo?
Hezekiah Blake è il padrone dell’Emporio Blake, un tempo rinomato, finché suo fratello Elijah e sua moglie Helen erano in vita. Dopo la loro morte, avvenuta in un incidente in uno scavo in Grecia, l’Emporio passando nelle sue mani, è poco a poco degradato e non vende altro che ninnoli privi di valore, finti vasi della dinastia Ming, e altre amenità contraffatte nemmeno tanto abilmente.

Nell’incidente occorso ai suoi genitori, si è salvata miracolosamente Pandora, detta Dora, nipote di Hezekiah, che odia ciò che è diventato il negozio un tempo rinomato. Dora è convinta che suo zio stia nascondendo qualcosa di losco, ma non sa veramente cosa fare.
Ora Dora è cresciuta, e ha delle ambizioni, una su tutte quella di svincolarsi da suo zio, diventare indipendente. Ma per fare questo deve riuscire nei suoi propositi: diventare una maestra orafa. Dora, è bravissima a disegnare gioielli, ma finora i tentativi di vendere i suoi disegni sono andati tutti a vuoto, nonostante Clements sia un vecchio amico di sua madre.
Dall’altra parte di Londra, Edward Lawrence sta aspettando il giudizio da parte della Società degli Antiquari. Il suo Studio sullo Shepherd Monument di Shugborough Hall, gli è sembrato più che buono, quindi è ottimista. Dopo la terza volta che prova, spera che l’accettino. Ma la faccia del suo amico Cornelius Ashmole, che gli si presenta davanti, lo fa crollare, di fronte alla sua incapacità.
D’altronde lui non è un vero studioso. Non ha potuto frequentare Oxford come Cornelius, lui non è ricco, è un povero legatore di libri, e se non avesse Cornelius a fargli da mentore, o a “mantenerlo”, lui non potrebbe permettersi di assentarsi dal suo lavoro a suo piacimento.
Le vite di Dora e Edward si incroceranno a breve e il carico atteso dal viscido Hezekiah sarà nel loro destino.

Un giorno Dora, uscita per provare a presentare altri disegni al signor Clements, trova uno spettacolo orribile di fronte alla porta dell’Emporio. Un carro si è ribaltato, il cavallo è sdraiato su un fianco e sotto di esso vi è intrappolato suo zio Hezekiah. Tre uomini cenciosi con l’odore del mare addosso, e il terrore negli occhi lo stanno aiutando, ma soprattutto armeggiano con una cassa incrostata di molluschi, riversa sul selciato, senza nemmeno un graffio.
Nei giorni che seguiranno Hezekiah assumerà un comportamento sospettoso, e chiuderà la cassa nello scantinato, dove a Dora non è permesso di entrare da quando era una bambina.
Cosa ci sarà mai in quella cassa? Perché suo zio ha avuto una reazione alquanto strana, quando Dora glielo ha domandato?

Il romanzo prende spunto dalla storia mitologica di Pandora e del suo vaso. Pandora, secondo la mitologia, fu la prima donna ad essere creata da Zeus come vendetta per il furto del fuoco da parte di Prometeo. Vi fu mandata con un vaso da custodire e da non aprire mai. Ma sappiamo come andò a finire, la curiosità vinse sul divieto e dal vaso uscirono tutte le disgrazie che ancora oggi imperversano nel mondo.
Anche qui c’è una Pandora, e anche qui c’è un vaso. C’è il mistero e la scoperta. Ma c’è anche amicizia e amore che il vaso non contiene, ma che appartengono ai personaggi intessuti dall’autrice.
Dora ed Edward si fanno subito voler bene. Sono due sopravvissuti, entrambi per motivi diversi, ed entrambi tentano di migliorare le loro esistenze. Sono malinconici, ma anche coraggiosi, intraprendenti e fiduciosi.
Molto belle le descrizioni degli ambienti cittadini divisi tra i fasti luccicanti dell’aristocrazia e le strade dei quartieri meno abbienti. Le strade acciottolate, le pozzanghere, il fango, gli olezzi, tutto per riportare il lettore a sentirsi dentro la storia, nelle pagine del romanzo.
Molto belli anche i co-protagonisti, dal viscido Hezekiah, alla sua compagna Lottie che alla fine avrà una piccola rivalsa, dalla stravagante Lady Latimer, all’amico di Edward, Cornelius Ashmole, ai fratelli marinai Coombe e al povero Tibbs.

Con una prosa molto ricercata, ma anche di facile lettura, la Stokes-Champman intreccia le vite dei suoi personaggi, riuscendo a scrivere una storia avvincente anche se non si tratta di un giallo vero e proprio. E non manca certamente l’accenno alla maledizione, altrimenti che vaso di Pandora sarebbe?
Libro di puro svago, che può regalare qualche ora di relax a lettori e lettrici.


 

venerdì 11 marzo 2022

RECENSIONE - Quella notte di ottobre. La verità trent'anni dopo di Volker Backert

Repubblica Democratica Tedesca (DDR), 3 ottobre 1990.
Le macchine strombazzano i clacson e la gente è festante, gridano per la libertà trovata e all’unità tedesca dopo più di un anno di manifestazioni e sollevazioni popolari. Sono tutti con una bandiera in mano, senza lo stemma del regime, alcuni lo hanno semplicemente tagliato via.
Ed è proprio in questo giorno di festa che viene compiuto un crimine efferato. Tutta la famiglia Borkow, Rolf-Peter sua moglie Monika agenti della Stasi e il figlioletto Stefan, vengono trucidati in una piccola fattoria a Rottenbach, vicino Coburgo.
Trent’anni dopo la Germania si prepara alla festa per la Riunificazione e la candidata a condurre il talk show, proprio il 3 ottobre, è Hannah Steiner, una giornalista d’avanguardia, fresca vincitrice del premio IANSA per la sua lotta contro le piccole armi da fuoco.

David Rosinsky è un giornalista austriaco freelance, collabora con l’ORF di Vienna e il suo pallino è una certa Rudolfine Steindling. David è certo che la signora, ormai passata a miglior vita, sia stata in qualche modo la fonte di un furto nei confronti della Repubblica Federale Tedesca di ben 130 milioni di marchi, passati dalle sue mani alla vecchia nomenklatura della Stasi proprio nel periodo dei primi approcci per la riunificazione.
Le due storie, quella di Hannah e del giornalista Rosinsky si intrecciano tra loro in un modo quasi impensabile. Quella notte del 3 ottobre, l’assassino della famiglia Borkow ha dimenticato un membro della famiglia. Una bambina piccola di solo due anni. Non si sa se il boia abbia avuto pietà di lei, o se fosse nascosta alla sua vista in qualche modo. Fatto sta che Jana Borkow è viva e altri non è che Hannah Steiner, adottata nel 1990 dai coniugi Steiner.
Quindi i due inizieranno a collaborare tra loro per scoprire effettivamente cosa sia successo quel 3 ottobre, perché sembrerebbe che i Borkow fossero a conoscenza di chi aveva effettivamente preso il denaro scomparso e per questo uccisi.

Il romanzo è molto adrenalinico e ci immette nel mondo della comunicazione, sia scritta che televisiva. Il racconto presenta due piani di scrittura, il racconto al presente, la ricerca dei due giornalisti, le notizie, le lotte interne, le invidie, anche ricatti e prestazioni sessuali per cercare di accaparrarsi posti elevati. E un piano dove si racconta la vecchia storia di quello che successe nella DDR da un anno prima che avvenisse la caduta del Muro di Berlino e l’unificazione della Germania.
Bella la parte psicologica che deriva dai dilemmi di Hannah Steiner/Jana Borkow. Una persona che non riesce più a capire chi è e che si ritrova a dover condurre uno show con almeno trenta milioni di spettori. Lei che si considera una giornalista della Germania Ovest si ritrova ad essere una creatura dell’Est, la cosiddetta parte fallata.
Perché anche di questo parla il romanzo. Dopo trent’anni c’è ancora chi fa la differenza tra cittadini dell’Ovest e cittadini dell’Est, nonostante la riunificazione.
Non mancherà un finale col botto, di quello che certamente non ti aspetti … almeno io non me lo sarei aspettato.

Un thriller politico, con una scrittura scattante e sincopata, con co-protagonisti scomodi e cattivi, che fanno veramente il loro mestiere e ci rendono più chiara la svolta storica, non così facile e non così scontata, che segnò il passaggio dalle Due Germanie ad un unico paese unito, malgrado le grandi differenze economiche e sociali.
Complimenti all’autore anche per il piccolo riassunto all’inizio del romanzo dove ci rammenta passo passo tutti gli accadimenti di quell’anno particolare.
Consigliato ai nostalgici e agli amanti del “giornalismo di assalto”.

giovedì 24 febbraio 2022

RECENSIONE - Una trappola d'aria di Giuseppe Festa


 Isole Lofoten, 1995

L’ispettore Marcus Morgen si sente un fallito!
Ha perso sua madre quando aveva solo dieci anni. Ha perso suo padre, che non lo riconosce nemmeno più. Ha perso una gamba e per questo il suo lavoro, e ha perso Hanne, sua moglie che lo ha tradito. E dopo tutto questo ha perso anche la voglia di vivere.
Quando il suo collega Ailo lo chiama, è a pochi passi da compiere il gesto estremo, quello di uccidersi, di farla finita, con la sua pistola di ordinanza in bocca. Ma c’è stato un omicidio e sulle isole non è una cosa normale e nessuno sa dove mettere le mani.
Dall’alto, dalla capitale, vogliono che sia lui a condurre le indagini, l’unico in grado perché ha fatto parte della squadra omicidi di Oslo e per questo viene reintegrato con effetto immediato, anche se il suo capo, il commissario Knut non è proprio d’accordo.

Tutto inizia con il ritrovamento di una gamba, con un tatuaggio con le lettere H. M. Ma si fa presto a ritrovare il corpo che gli appartiene. É quello del capitano di una baleniera, ucciso in una maniera molto crudele. Gli hanno dapprima amputato la gamba con l’arpione di bordo e poi lo hanno lasciato a morire dissanguato senza dargli il colpo di grazia.
Purtroppo la vittima racconta poco. Non ci sono tracce lasciate dall’assassino a parte una fibra di lana bianca e blu. All’ispettore Morgen non resta che scavare nella vita della vittima e tenere d’occhio un gruppo di ambientalisti che sono arrivati da poco sulle isole.
Marcus è schematico, quindi si fa un’infinità di elenchi, prende qualsiasi appunto possa farlo arrivare alla soluzione. Ma mentre lui scava nel buio, l’assassino colpisce ancora, ancora e ancora.
Marcus ha solo pochi elementi a cui far capo, e gli viene anche messa una certa fretta. Le sue intuizioni non piacciono al suo capo, quanto è lui stesso a non piacergli.
Tra le brutture, Marcus ha il modo di intravedere un raggio di sole, Valentina Santi, una ricercatrice italiana alle Lofonten per uno studio sulle megattere.
Tra Marcus, musone, introverso e come già abbiamo detto, vicinissimo a togliersi la vita e la solare, determinata, caparbia e quasi invadente Valentina, si instaura un bellissimo rapporto, che porta i due a confrontarsi più e più volte sulla vita. Ma il tempo stringe e il killer è sempre più pericoloso e fuori di sé.

Il romanzo è una vera e propria caccia, che risulta ricca di colpi di scena e tensione, a mano a mano che si scoprono gli indizi. Oltre a Marcus, classico nordico dagli occhi di ghiaccio e a Valentina, classica italiana dagli occhi scuri, ci sono gli altri componenti della squadra della polizia. Ailo, l’amico di Marcus, gioviale e solare quanto un italiano, un omone gigante quanto il suo stomaco. Finn e Dag, gli altri due agenti, che sembrano molto “Gianni e Pinotto” e il comandante Knut, che ti dà sui nervi appena pronuncia le sue prime parole, un antipatico ben costruito. E poi i due della scientifica, la dottoressa Kosič, sguardo di una persona che ha già visto tutto e di più, ma che non rimane mai indifferente alla morte, con le sue palle di neve da collezione, e il fido Bjarne, sempre alla ricerca di un minuscolo indizio che possa aiutare a risolvere il caso.

Il romanzo si volge su due piani a capitoli intervallati. Due storie contrapposte. Presente e passato che viaggiano su due binari paralleli che finiranno per convergere.
Il primo è il romanzo al presente, il secondo è un diario del passato, scritto infatti in corsivo. Logicamente il lettore capirà da subito che i personaggi del diario hanno sicuramente a che fare con gli omicidi. Ma non il perché e non chi.
Comunque l’autore è stato bravo a calarsi nella parte dello scrittore nordico. Si vede la conoscenza dei posti di cui parla, il modo in cui lo fa, la loro descrizione.
Costruisce un thriller che oltre alla trama gialla è quasi un thriller psicologico, anzi, nel finale a sorpresa, lo diventa. Ma è veramente tutto finito?
Ci è piaciuto questo esordio di Giuseppe Festa e dell’ispettore Marcus, e speriamo di ritrovarlo presto insieme alla sua Valentina. Scritto molto bene, con una scrittura ritmata che da la suspense necessaria al tipo di romanzo. É un libro di morte e rinascita, di espiazione, di confronto e conforto e verità da raccontare.
Consigliato!