martedì 21 settembre 2021

RECENSIONE - I guardiani del Faro di Emma Stonex

 

Il teatro del romanzo I guardiani del Faro di Emma Stonex è la Cornovaglia alla fine del 1972, in un paesino con un nome che è tutto un programma: Mortehaven.
La barca di Jory Martin accosta il Faro sullo Scoglio della Fanciulla per dare il cambio ai custodi. Ma nessuno si vede, nessuno risponde ai richiami, nessuno è alla porta ad attendere la barca come dovrebbe essere.
Il primo guardiano Arthur Black, il primo assistente William “Bill” Walker e il secondo assistente Vincent Bourne, non ci sono.
Di loro non vi è nessuna traccia, sono svaniti nel nulla.

Sono pochi gli indizi per chi avrà il compito di appurare cosa sia veramente successo ai tre dispersi. Gli orologi, in cucina e in soggiorno, sono entrambi fermi alle 8,45. La tavola è pronta per un pasto che non è mai stato consumato. La torre è vuota e il registro, dove il capo dei guardiani riporta le previsioni del tempo, parla di una forte tempesta che ha investito il faro. Ma contrariamente a quanto scritto, non c’è stato cattivo tempo da almeno una settimana.
Cosa è successo ai tre uomini?
Si scatenano pettegolezzi di ogni genere, illazioni, voci. Ma nessuno sa realmente cosa sia successo in quel faro che ancora si erge solitario nel mare di fronte a Mortehaven.
Vent’anni dopo Helen moglie di Arthur, Jenny moglie di Bill e Michelle fidanzata di Vince, vivono una vita diversa da quella che molti si sarebbero aspettati.

La tragedia comune, che avrebbe dovuto unirle, le ha invece allontanate ancora di più. Le tre sono diversissime tra loro per età e carattere. Non è stata la tragedia a dividerle, ma qualcosa di antecedente, e il tempo e la tragedia hanno fatto il resto. Fino a che uno scrittore, Dan Sharp, le contatta per scrivere un libro sul mistero della scomparsa dei loro uomini. Vuole che le tre donne raccontino la loro versione di quello che pensano sia successo ai loro mariti e compagni, affrontando finalmente le proprie paure e i segreti mai rivelati, e forse una sorta di verità potrà finalmente emergere dalle onde di quel mare che circonda lo Scoglio della Fanciulla.
Scopriamo che ogni persona che ha avuto un coinvolgimento anche minimo con il faro ha una storia diversa da raccontare e che tutti ritengono di aver avuto un ruolo importante in quello che è successo.

Tramite l’utilizzo dei flashback, l’autrice riporterà le voci dei guardiani e li farà raccontare la propria storia in prima persona. Poi, tramite le interviste alle tre donne, le loro vite, quelle all’esterno del faro, verranno messe a nudo.
Ogni persona, uomo o donna, di questo romanzo, nasconde un segreto. Segreti che hanno, alla lunga, avvelenato le loro vite.
Ognuna delle tre donne riuscirà a liberarsi confessando a Dan il proprio segreto.
La Stonex, oltre al romanzo in sé, ci offre uno spaccato di vita che i guardiani dei fari, soprattutto quelli lontani dalla terraferma, conducevano realmente.
La convivenza forzata, la mancanza di spazio, la noia di un lavoro praticamente ripetitivo, la mancanza di luce, dei conforti minimi, la sensazione claustrofobica degli spazi ristretti, tutto poteva diventare disturbante e portare dalla frustrazione alla follia, fino a vedere cose che non esistono.
Fantasmi reali e fantasmi “mentali” hanno portato alla sparizione dei tre uomini? Con un crescendo di misteri e ossessioni, la realtà si mescola all’immaginazione, addirittura sfiorando l’occultismo, l’inquietudine e lo straniamento.
Il romanzo si può tranquillamente definire un giallo psicologico, dove la mente e i suoi capricci sono elementi fondamentali nello svolgimento della trama.
I personaggi sono ben delineati anche a livello psicologico.

La narrazione è scorrevole e ritmata. Buona la suddivisione tra passato e presente e il cambio di voci tra mariti e mogli.
Sappiamo inoltre che la Stonex è stata ispirata nella scrittura di questo romanzo da un fatto vero accaduto nel dicembre del 1900. Tre guardiani del faro di Eilan Mòr sparirono nel nulla. Ma questo è tutto ciò che accomuna il romanzo e la tragedia vera e propria. La sua, ha ribadito, è un’opera di finzione e non ha nulla a che vedere con quello che è realmente accaduto a Thomas Marshall, James Ducat e Donald MacArthur.
Consiglio la lettura di questo romanzo agli amanti del mare. Non del mare estivo vissuto sotto un ombrellone, no. Ma il mare al tramonto delle spiagge vuote d’inverno o il mare arrabbiato e in tempesta, quello che spazza tutto.

Silvia Marcaurelio