Cosa può succedere nella vita di
una persona normale trovandosi, per caso o per fortuna, protagonista di un romanzo che è diventato un best-seller
mondiale, da cui poi è stato tratto un film con attori del calibro di Julia
Roberts e Javier Bardem? Questo romanzo è la storia di quello che è successo
dopo l’uscita del libro Mangia, prega, ama di Elizabeth Gilbert, dove Luca
Spaghetti, personaggio che ai più sembrava irreale visto il cognome, ma che
invece era una persona normalissima, viva e vegeta. Luca è un commercialista
romano e ha avuto la fortuna di incontrare e diventare amico di Elizabeth
Gilbert. La storia quasi tutti la conoscono, ma il breve riassunto è questo.
Luca ed Elizabeth vengono messi in contatto da un comune amico. Lei ha bisogno
di riprendersi da un brutto divorzio e ha deciso di fare un lungo viaggio e
Roma sarà una delle sue mete. Luca è quel contatto ed all’inizio pensa di
trovarsi davanti ad una persona barbosa che alla prima difficoltà scapperà a
gambe levate. Ma non è così, con Elizabeth ci sarà subito un feeling che si
trasformerà in una grande amicizia che dura tutt’ora. Luca subisce gli
sconvolgimenti che provoca balzare agli onori della cronaca, soprattutto con
l’uscita del film, dove alcuni elementi per lui importanti vengono stravolti.
Lui lazialissimo è diventato romanista e da alto e magro, è diventato un uomo
basso, grassottello e con la barba. “Non
avevo sinceramente vanità da fotomodello, ma lo scoprirmi in pochi minuti grasso,
calvo e persino romanista mi ha provocato indubbiamente qualche capogiro e
penso che tutto ciò avrebbe scosso anche il più equilibrato tra dei monaci
tibetani.” A questo punto a Luca non rimane che scrivere una sua versione
della storia “Un romano per amico. Mangia, prega, ama a Roma”, dove rimettere
in ordine almeno alcune delle cose e raccontarne altre secondo il suo punto di
vista. Questa storia che abbiamo tra le mani, è la storia nella storia di tutto
ciò accadrà a Luca Spaghetti mentre scriverà il suo primo libro. Faremo un giro
guidato nelle meraviglie di Roma, a cui Luca è particolarmente legato, e che fa
venire voglia di prendere una cartina tra le mani e seguire i suoi percorsi e
perché no? Anche il “Sentiero degli Imperatori” percorso dai piccoli Spaghetti
nelle estate roventi di Roma. Ci racconta anche un po’ di se Luca. Del piccolo
diavolo che sarebbe stato severamente punito da tutti gli animalisti mondiali…
e penso al povero Zum Zum ed alla povera Ida… (spero ce l’abbiano fatta lontano
da te Luca!). Oppure alle sue partite di calcio nella parrocchia. Tutto quello
che è servito a creare e modellare il Luca odierno. E poi… poi la voglia di
fare qualcosa di importante e Mangia, prega e ama di Elizabeth Gilbert è stata
per lui la molla per emergere. Luca Spaghetti ci racconta che diventare
scrittori non è poi così facile, ci si scontra con certezze ed incertezze, con
pro e contro. Con ansia, voglia e passioni. Ci racconta di come è nato
finalmente il libro. Le poche persone che sapevano che lo stava scrivendo. Ma
come tutto questo è stato qualcosa di fantastico che ha concatenato una serie
di eventi, uno più bello dell’altro che sono successi durante la stesura del
libro e anche dopo a libro finito. Dove sembra che “Tutto è possibile”, anche
che una persona normale riesca a conoscere l’umanissimo capitano della sua
squadra del cuore, che il suo libro possa essere tradotto in svariate lingue e
che, visto il suo cognome, possa essere nominato Ambasciatore della Carbonara
negli Stati Uniti. Il libro ci sprona ad affrontare la vita, a provare a
realizzare i sogni che sono la nostra linfa vitale, e Luca con la sua
semplicità, e con la sua “purezza” ci trasporta nel suo di sogno divenuto
realtà. Voto: 7
sabato 24 ottobre 2015
mercoledì 21 ottobre 2015
RECENSIONE - Borgo Propizio di Loredana Limone
Come spesso dico, ogni libro ha
il suo tempo … nel senso che prima o poi il tempo di leggerlo arriva. Può
passare un giorno dall’acquisto, può passare un mese, ma delle volte anche
anni. Come è successo a me con questo libro. In lista dei desideri da un sacco
di tempo, c’era sempre qualcos’altro che gli passava avanti. Mi dicevo: “Prima
o poi lo compro. Prima o poi lo leggo.” Ecco il momento è finalmente arrivato e
non mi sono per niente pentita. Il libro è una passeggiata tra gli scorci di un
paesino in collina chiamato Borgo Propizio, anche se così proprio non è. Non so
per quale motivo ma l’ho immaginato come il paesino di mia madre, appollaiato
su un cucuzzolo, con le case una addossata alle altre, strade in salita, scale
su scale, vecchie case con i vasi pieni di fiori su balconi e terrazze. E ho
provato a dare una faccia ai paesani di Borgo Propizio, pensando chi nel paese
di mia madre avrebbe potuto essere Mariolina, chi Marietta, chi Belinda, chi
Ornella, chi l’avvocato Cesare, la moglie Claudia o l’avvenente Ruggero. Devo
dire che non per tutti sono riuscita a trovare una persona vera che potesse
prenderne il ruolo, però è stata una cosa divertente immaginarmeli in quei
panni, perché in effetti sono un po’ così veramente. La storia è questa. A
Borgo Propizio non succede mai nulla, ma finalmente in quel nulla qualcosa si
sta muovendo. Le due sorelle Mariolina e Marietta, completamente diverse tra
loro, vergini zitelle e ultra quarantacinquenni che hanno sempre vissuto
insieme da quando il padre le ha abbandonate da piccole e la loro mamma è morta
vengono a sapere, dai pettegolezzi del paesino, che il famoso negozio del
centro, quello che era del falegname e poi del ciabattino, quello abitato dal
famoso fantasma del Borgo, sta per riaprire; diventerà una latteria. A fare i
lavori per rimetterlo in sesto è stato Ruggero, aitante trentacinquenne con un
grande cervello per le opere di muratura, meno per i congiuntivi, dongiovanni
incallito con la voglia però di sistemarsi, soprattutto per cercare qualcuno
che si occupi dei suoi anziani genitori, che passano da una badante all’altra. La
nuova proprietaria è Belinda, che sta finalmente coronando il sogno di tutta la
vita, quella di avere a che fare con tutto ciò che riguarda il latte. Ci sono
Cesare e Claudia, i genitori di Belinda, che stanno attraversando un momento di
crisi del loro matrimonio. Lei vuole qualcosa di nuovo, suo marito l’ha
completamente delusa non occupandosi mai di lei, lei che pure gli aveva dato
tutto, invece lui era solo lavoro. Lui, Cesare è pentito e da quanto la moglie
se n’è andata di casa soffre di nostalgia e
vorrebbe solo che lei tornasse. E poi c’è la zia, perché una zia c’è
sempre in un paese. Qui al Borgo c’è zia Letizia da sempre innamorata di Gianni
Morandi, passione trasmessa alle sue nipoti Claudia e Belinda. Dal ritrovamento
di una scarpa con il doppio tacco con dentro una mappa del tesoro ed un anello,
e la scomparsa delle mattonelle con le mucche che servivano come greca nel
soffitto della nuova latteria, parte tutta la storia che tra ambiguità,
confusione, congetture, pettegolezzi, scambi di persone e altro porta i
personaggi principali a vivere una storia allegra, divertente e alquanto
accattivante. Tutti i protagonisti vivranno una storia che li farà crescere e
cambiare. Belinda con la sua latteria. Mariolina e Marietta che si
allontaneranno dopo anni e anni di convivenza forzata. Ruggero che si innamora
e trova finalmente quella giusta e Claudia e Cesare che sapranno ritrovarsi
dopo essersi persi. Vecchi amori, nuove amicizie e altre che tornano. Come
quella con Ornella, che ritorna al Borgo dopo il naufragio del suo matrimonio,
ma che non si perderà d’animo e s’inventerà una nuova vita. Non ti stacchi dal
Borgo, perché ti piacerebbe essere lì con loro a vivere la storia, magari in
disparte, per sorridere con loro. E’ un libro piacevole e divertente che scorre
via veloce, e ti da il buon umore, perché in effetti tutto si risolve quasi in
maniera immediata. E la zia Letizia con il suo G.M.? Be’ se lo volete sapere
leggetevi il libro. Voto: 7,5
lunedì 19 ottobre 2015
RECENSIONE – Imprimatur di Rita Monaldi e Francesco Sorti
Questo libro è stato un caso per moltissimo tempo. E’ stato
dato alle stampe molto tempo fa, nel 2002 dalla Mondadori, ma non ha avuto
nessuna promozione. Anzi, sembrerebbe che, nonostante le molte vendite, alla
casa editrice, sia stata imposta una sorta di ordine di non parlare di
Imprimatur. Le recensioni sono state poche e addirittura Il Giornale lo stroncò
in pieno, più per le accuse contro Papa Innocenzo XI, che per la storia in sé.
Poi non se ne è saputo più nulla, nonostante le molte copie vendute
richiedessero una ristampa. Insomma sparisce dal catalogo dei libri. Nel
frattempo va a ruba anche all’estero, dove la Mondadori non ha i diritti, e
diventa un successo in tutto il mondo, facendo man bassa di premi. Nel 2003 la
Mondadori restituisce i diritti agli autori, ma sino ad oggi i due non avevano
trovato una casa editrice che li volesse pubblicare. Fino allo sdoganamento
avvenuto quest’anno da parte della Baldini & Castoldi, che pubblicherà anche
gli altri due titoli della saga. Cosa sia successo questo non lo si sa, l’unica
cosa probabile è che i due autori, nella loro ricerca, si siano imbattuti in
documenti, sepolti da secoli, che non avrebbero dovuto poter consultare. Se sia stato l’argomento trattato nel testo a
farne una sorta di libro vietato non ci è dato sapere, anche perché è un libro
storico e parla di fatti accaduti nel 1661-1670, quindi parecchio tempo fa, e
anche se il protagonista nascosto è un Papa, Innocenzo XI e la sua contrastata
beatificazione, non mi sembrano essere motivi così forti per vietarne la
pubblicazione in Italia. Sì, solo in Italia. Perché all’estero i due autori
hanno preso premi a mani basse e sono stati invitati a destra e manca, e
addirittura paragonati a scrittori del calibro di Umberto Eco. Io dico solo,
che il libro, è un buon libro, ma non so se questa sorta di censura abbia fatto
si che oggi, sia uno dei più venduti in Italia, anche se non è certo al livello
de “Il nome della Rosa” di Eco, a cui alcuni lo hanno accostato. Tutto il libro
si svolge nell’ambiente chiuso della locanda del Donzello, a Roma, nell’arco di
10 giorni nel settembre del 1683. E’ un periodo decisivo, è il momento in cui
si combatte la battaglia per la cristianità. Infatti i Turchi-ottomani
assediano la città di Vienna. La Vienna imperiale cattolica, e a Roma la vita è
in sospeso per l’esito di questa battaglia. Nella locanda muore improvvisamente
il gentiluomo francese Di Mourai. Si sospetta un contagio per peste, per questo
la locanda viene messa in quarantena. Si ritrovano chiusi dentro la locanda
dieci persone. Tra di loro c’è il famosissimo castrato Atto Melani, il quale
sospetta che l’anziano Di Mourai è stato avvelenato. Con l’aiuto del garzone
della locanda tenterà di scoprire l’assassino. Da questo antefatto nasce la
straordinaria avventura che porterà i due a scoprire diverse macchinazioni,
tutte rivolte all’esito vittorioso o meno della guerra in corso, sullo sfondo
della lotta tra il Papato e il Re Sole, per la supremazia in Europa. Atto e il
garzone (di cui non sapremo mai il nome), raccolgono indizi, e indagano sulla
vita degli altri ospiti del Donzello, e si immergono nei sotterranei di Roma
(trovando un passaggio in uno stanzino segreto della locanda), e in quelli
della politica, cercando la verità. Ognuno degli ospiti sembra avere un segreto
da nascondere, anche Atto Melani, anzi lui forse più degli altri; tant’è che il
nostro garzone, il vero eroe, si fa parecchie domande tra sé e sé. Tra gli
ospiti troviamo un famoso chitarrista, Roberto Devizé, che suona un misterioso
rondò che ammalia le persone. Il gesuita padre Robleda, con pensieri non
proprio limpidissimi. Il marchigiano Pompeo Dulcibeni, che accompagnava la
vittima, insieme al chitarrista francese. Il napoletano Priàso, l’inglese
Bedfordi, il veneziano Brazzani, il locandiere Pellegrino, la cortigiana
Cloridia che vive nel torrino della locanda e il dottore Cristofano, completano
la compagnia. Diverse verità si affacciano nell’arco della storia mano a mano
che alcuni segreti vengono svelati, ma fino in fondo non si saprà mai quale
sarà la verità vera, come dice lo stesso Atto Melani nelle prime righe della
storia. La storia è un ottimo giallo, ambizioso e ben costruito, anche se
qualche volta gli inserimenti di parti latine o francesi senza una sorta di
traduzione possono infastidire il lettore che non è pratico di codeste lingue
(anche se google traduttore può aiutare!). L’opera non presenta solo una trama
avvincente, ma anche un affresco della vita della Roma barocca, di cui gli
autori ci danno anche un assaggio, e ci restituiscono anche gli odori. Ritornando
al tema della censura possiamo dire che la locanda del Donzello è veramente
esistita, e anche i personaggi citati sono tutti esistiti e hanno tutti una fonte
documentabile, della loro esistenza. Boicottaggio della Santa Sede? Altro? Non
lo sapremo mai. Possiamo solo dire, per ora, che questo primo romanzo dei due
autori non ci è affatto dispiaciuto. Ora vedremo se gli altri due della serie,
molto più corposi a quanto sembra, siano dello stesso livello. Voto: 7,5/8
martedì 13 ottobre 2015
RECENSIONE – La scomparsa di De Paoli di Gianni Simoni
Nuova avventura per il duo Petri
e Miceli in quel di Brescia. I due entrambi stanchi, anziani ed irritabili si
ritrovano a dover indagare sulla scomparsa di un amico, il Dottor De Paoli.
Soprattutto Petri, sembra essere sulle spine e sempre di umor nero e questa novità,
non certo buona, lo fa immusonire sempre più. In un fossato della strada
provinciale di Brescia, un cittadino ritrova un cadavere immerso in una pozza,
e chiama la Polizia. Il tipo è reso irriconoscibile, sia dall’immersione per
tanto tempo in acqua, che per l’azione dei ratti. Chi è quell’uomo? Chi l’ha
ucciso? Perché di omicidio si tratta, anche se il primo rapporto del sostituto
del Dottor Gentilini parla di un incidente stradale. Vista la zona del
ritrovamento, un luogo dove si riuniscono le prostitute, all’inizio gli agenti
pensano che possa trattarsi di un magnaccia o di un rapinatore inesperto. Già
il fatto è di per se scandaloso, per la provincia, figuriamoci poi quando si
viene a scoprire che il morto è proprio il Dottor De Paoli, l’amico intimo del
giudice Petri. Il giudice è sconvolto, e
pensa bene di aiutare il commissario Miceli e il commissario Grazia Bruni a far
luce sull’omicidio. Miceli d’altronde sembra non avere più lo smalto di un
tempo, e che non abbia proprio voglia di mettere le mani in una faccenda così
delicata. La Bruni sempre super avvenente, sarà coadiuvata nelle indagini dal
nuovo vice commissario Armiento, a cui non disdegna di fare gli occhi dolci,
visto il non proprio allegro periodo che sta vivendo con l’agente Maccari. L’intelligentissimo
Esposito, su cui si può sempre fare affidamento, avrà una parte importante
nella storia. E faranno la loro figura anche il duo inseparabile Grasso e Tondelli, e
perfino il procuratore Martinelli. Gli elementi portano ad indagare sul giro di
prostituzione, perché il buon Dottor De Paoli, era a contatto spesso e
volentieri con le prostitute, ma per fini tutt’altro che pessimi. Aveva salvato
la sua cameriera Roberta dal giro, ed ora stava aiutando la Luciana, col figlio
handicappato. Chi ha dunque ucciso il medico? Quale movente ha mosso l’assassino?
Le piste da seguire sono tante, ma quale sarà quella giusta? Il lettore verrà
trasportato piano piano, verso la verità, che non sarà proprio quello che ci si
attendeva e lascerà un po’ con l’amaro in bocca, sia noi, sia il giudice Petri.
La storia è ben costruita e Simoni, come al solito riesce a coinvolgere il
lettore in prima persona, nelle indagini. Quello che mi ha disturbato è forse
riconoscere che ormai Petri è diventato anziano, anche se la sua intelligenza
rimane intatta. Bellissimi i siparietti con sua moglie Anna, che denotano quanto
i due si vogliano bene. Bene come al solito i comprimari, che entrano nella
storia con i loro ruoli ben definiti,
per nulla sprovveduti e dotati di grande abilità, e di una discreta simpatia
che non fa mai male. Anche i comprimari di questo episodio, come la cameriera
Roberta, che grazie al morto ha cambiato praticamente vita, oppure alla
segretaria dello stesso, che all’apparenza sembra essere solo una svampita, ma
che cela una grande personalità, oppure la famiglia Bertelli, colpita da una
disgrazia difficile da affrontare, rendono la storia interessante. Carini i
riferimenti ai libri che i protagonisti leggono come “La verità sul caso Harry
Quebert” o “I fratelli Ashkenazi”. Lo stile è come al solito scorrevole e di
semplice lettura, anche se questo episodio, secondo me è un po’ meno
trascinante di altri. Voto: 6,5/7
RECENSIONE – Il bambino che trovò il sole di notte di Luca Di Fulvio
Mai consiglio fu più felice di questo. Non conoscevo questo
autore, me ne hanno parlato e ho deciso di acquistare la sua ultima fatica “Il
bambino che trovò il sole di notte”. Scrittore già conosciuto sia in Italia che
all’estero per il suo precedente romanzo “La ragazza che toccava il cielo” (che
ho comprato sulla scia del gradimento che ho avuto nel leggere l’ultimo). E’
l’anno del Signore 1407. Siamo in una terra in parte sconosciuta. Una terra dal
nome che non dirà nulla, Rauhnvahl, che si trova nella parte orientale
dell’arco alpino, separata da tutto il resto d’Europa. E’ una piccola valle,
ricca e tranquilla e il suo Signore è Marcus I di Saxia. Il piccolo principe
ereditario, Marcus II, ha nove anni, gli occhi verdi e i capelli biondi. Come
tutti i bambini, figli di nobili, è un po’ pigro, ha la pelle liscia liscia
come quella di una bambina ed in quella mattina, in cui tutto ha inizio, è
contento perché fuori sta nevicando. Eilika, la sua balia è sempre con lui,
notte e giorno, e cerca di insegnargli le buone maniere, quelle che dovrebbe
avere un principe, mentre si appresta a fare colazione con i suoi regali
genitori. Suo padre è un uomo grande e grosso, pieno di cicatrici e gli dice
che dovrà diventare un guerriero perché il suo principato, e il mondo degli
uomini navigano da sempre nel sangue, e lui dovrà essere un lupo che faccia da
capobranco e sottometta gli altri. Nessuno al castello si aspettava, quella
mattina, che la loro vita subisse un cambiamento così repentino. Ognuno preso
dalle sue incombenze, non si accorge che una terribile vibrazione scuote il
terreno intorno al castello; sono una ventina di cavalli da guerra lanciati al
galoppo. Un gruppo di soldati mercenari attacca il castello e il piccolo
Marcus, dapprima preso a giocare con la balia a nascondino, vede con i suoi
occhi uccidere tutti gli abitanti del castello, compresi i suoi genitori e la
sua sorellina. Quel giorno Marcus lo avrebbe ricordato con il sangue che tingeva
la neve di rosso. Da qui inizia per Marcus un’altra vita. Marcus II di Saxia
non esiste più e viene sostituito da Mikael Veendon, servo della gleba, grazie
al salvataggio di Eloisa Veendon e di sua madre Agneta. Per il piccolo
principe, inizia una vita diversa, fatta di stenti e rinunce. A differenza dei
suoi coetanei abituati al lavoro, è debole e viene preso in giro dagli altri
ragazzi del villaggio, ma con il passare del tempo, e con l’aiuto del
misterioso Raphael, impara il mestiere di contadino, irrobustendosi. Il
Principe Ojsterning, l’assassino dei suoi genitori, prenderà il suo posto
regnando con violenza inaudita sul villaggio di Raunvhall e sullo stesso
Mikael, con cui sembra avere un’affinità particolare. Gode in ogni modo a farlo
soffrire, ma Mikael è l’unico che riesce in qualche modo a tenergli testa, a
guardarlo negli occhi. Le condizioni degli abitanti del villaggio si fanno
sempre più misere, sotto il peso delle nuove imposte dovute al nuovo padrone
che si dimostra veramente crudele dividendo una coppia appena sposata solo per
il gusto di farlo. Emoke, la ragazza viene portata come prostituta al castello
e suo marito Gregor, in colpa per non essersi imposto con coraggio, verrà
trovato impiccato. Ojsterning è il classico principe crudele, che gode nel
vedere la sofferenza degli altri, ma anche lui in qualche modo soffre. Odiato
dai suoi genitori proprio per la sua crudeltà, si è sempre sentito non
accettato e ora sfoga la sua indole sui suoi sudditi, e su sua figlia alla
quale usa violenza da quando era una bambinetta. Ojsterning rifiuta il fatto
che il suo regno, Darconvick, sia stato consumato dagli agi e dai vizi dei suoi
parenti e che lui non abbia mai potuto godere dei loro privilegi, quindi si
sfoga sul popolo e sui suoi sottoposti. Finché non incontrerà Mikael. Luca Di
Fulvio crea una storia con una trama coinvolgente, con al centro della stessa
un piccolo principe che tutti credono morto, ma che ha solo celato la sua
identità per non essere assassinato dai sicari del cattivo. Bellissimi i
personaggi principali, Mikael il ragazzino che diventerà uomo, con la sola idea
di cambiare il mondo, la testarda e coraggiosa Eloisa, la buberbera levartrice Agnete,
donna tutta d’un pezzo dal cuore d’oro e il saggio e misterioso Raphael, tra i
buoni, lo spietato Ojsterning divorato dall’odio e apparentemente incapace di
amare, Agomar e Eberwolf tra i cattivi. E poi Emoke la donna dalla voce
angelica, che dopo la sua cattura verrà conosciuta dapprima come la Pazza,
perché scoperta spesso a parlare da sola, mentre lei parla con l’anima di suo
marito, e poi conosciuta come la Santa, perché capace con il suo canto di
toccare l’animo degli uomini, e delle volte detta anche Strega perché capace di
fare delle terribili profezie. Il tempo passa e Mikael a sedici anni è un uomo
forte e innamorato della sua Eloisa, ma una circostanza li dividerà per un
lasso di tempo in cui Mikael si unirà ad
una banda di ribelli il cui capo, Volod
il nero, in una fuga precipitosa porta nella città tedesca di Costanza dove è
imminente un famoso concilio. Mikael è pronto a riprendersi quello che è suo di
diritto, Eloisa e il suo principato. Luca Di Fulvio trascina il lettore in
pieno Medioevo, dove il sistema feudale divideva la società in servi della
gleba e padroni. Contesto storico descritto con cura e attenzione dei
particolari, creando un personaggio, un po’ un anti-eroe che nonostante abbia
perso tutto (famiglia, amore, potere e identità), riesce, nonostante tutto ad
essere un personaggio, che affronta la vita con coraggio e desiderio di
libertà, aiutato in questo dai personaggi secondari e ispirato dalle idee
liberali del teologo Jan Hus, con cui Mikael avrà un brevissimo incontro, prima
che quest’ultimo venga bruciato sul rogo a Costanza nel 1415. Il tomo è lungo,
ma la lettura è scorrevole, quindi non fatevi intimidire dalla mole, perché è
un libro che coinvolge ed emoziona. Voto: 8,5
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