giovedì 17 giugno 2021

RECENSIONE - Nella tana del serpente di Michele Navarra


L’autore di “Solo Dio è innocente” torna in libreria con un nuovo legal-thriller con protagonista l’avvocato Alessandro Gordiani. Questa volta il romanzo è ambientato a Roma, la sua città.
All’epoca della sua costruzione e nella mente dell’architetto Mario Fiorentino, suo progettista, il mostruoso serpentone di cemento, lungo poco meno di un chilometro, di Corviale doveva essere un luogo di inclusione, un modello abitativo alternativo; un netto distacco dallo sviluppo urbanistico iniziato a Roma negli anni sessanta, in pieno boom economico, che aveva portato alla costruzione di interi “quartieri dormitorio”, privi di qualsiasi servizio.
L’idea innovativa era quella di modificare la concezione delle periferie come erano state progettate fino allora, proponendo un nuovo modello che integrasse spazi privati con attività collettive, residenze con servizi, rifiutando il concetto di quartiere dormitorio e privilegiando la ricchezza e la complessità di funzioni tipiche della città storica.
Ma Corviale è tutto al di fuori di quello che era nei pensieri di Fiorentino. Corviale è un serpente che si mangia le persone, dove la vita è grigia come grigio è il cemento che ricopre i palazzi.

Aveva una bella vita Elia Desideri, quando ha sposato la sua Antonella. Molto, molto giovani entrambi e con entrambe le famiglie contro. Ma avevano avuto ragione loro, la vita era bella lì a Corviale. Non avevano bisogno di molto. Una casetta piccola ma ben messa, il negozio di abbigliamento tenuto con tanto amore, il primo figlio, luce dei loro occhi, poi il secondo a tenere ancora più unita nell’amore quella famiglia, che aveva fatto cambiare idea anche a chi aveva pensato che non potesse funzionare. Poi la tragedia. Antonella era volata via. Un male incurabile di punto in bianco se l’era portava via e con lei la bella vita di Elia Desideri e della sua famiglia, che a poco a poco, era caduta nella spirale del dolore.
Elia Desideri ora è un uomo arrabbiato col mondo, un piccolo commerciante che tenta di andare avanti come può, per non far fallire quel sogno che era stato anche di sua moglie.
Amareggiato e scontroso, si scaglia spesso contro gli immigrati che vivono nel quartiere e anche sul suo stesso pianerottolo, cose che si sentono ogni giorno: “Ci rubano il lavoro, è colpa loro”.

Quando il figlio del suo vicino di casa, Nadir Bayazid, rifugiato siriano, viene trovato morto accoltellato e lasciato a dissanguare in un garage, il primo ad essere sospettato è proprio Elia Desideri, visto che pochi minuti prima era stato visto discutere e venire alle mani con lo stesso Bayazid.
Desideri viene rinchiuso a Regina Coeli, e per sua difesa chiama l’avvocato Alessandro Gordiani, che aveva già difeso, tempo prima, suo figlio Luca per una faccenda di spaccio di stupefacenti.
Le indagini si rivelano subito complicate, sia per i carabinieri che ne hanno carico, sia per gli avvocati difensori, che in mano non hanno veramente nulla, anzi, quello che hanno parrebbe colpevolizzare di più il loro assistito.
Eppure l’uomo dichiara spassionatamente la sua innocenza. Lui, a quel ragazzo, ha solo rifilato un pugno, niente di più.
Comincia così il filone d’indagine che coinvolge da una parte il gruppo dei difensori Alessandro, Patrizia e l’investigatore privato Tuminelli, e le forze dell’ordine nelle persone del Maggiore Gavazzo e del maresciallo Cipriani che coadiuvano le indagini della Procura e precisamente del Dr. Lizzardi, uomo tutto d’un pezzo, che quando pensa di aver trovato un filo logico nelle indagini, non si sposta di una virgola, dall’altra.
Per Lizzardi, infatti, il colpevole è Desideri e non ha niente da discutere, mentre per i due carabinieri c’è sicuramente qualcosa che non torna, e senza parlarne col procuratore, tentano strade diverse da quella già intrapresa.

Oltre al caso molto difficile, troveremo un Gordiani alle prese con problemi di cuore, ma non di salute, quelli d’amore.
Sta passando un periodo non certo felice del suo matrimonio, dove lui vorrebbe che la moglie avesse dei comportamenti diversi, meno di routine; il suo matrimonio sembra diventato piatto e Alessandro ne soffre e Chiara sembra non accorgersene. A complicare tutto c’è la sua collega e molto più che amica Patrizia, che in un momento difficile gli rivela quello che mai aveva immaginato di dirgli, che lo manda ancora più in confusione.
Gordiani è una persona integerrima, e anche il solo pensiero di comportarsi al di fuori delle righe lo fa stare male, figuriamoci un bacio all’improvviso (nemmeno poi tanto!).
Sia i carabinieri che gli avvocati avranno modo di destreggiarsi fra bande di microcriminali dedite allo spaccio, procuratori inflessibili (ma nemmeno tanto), amori che amori non sono in una incalzante lotta contro il tempo, in una situazione più complicata del previsto, dove la verità si nasconde nel degrado e nelle abitudini di un quartiere pieno di rancore e voglia di vendetta, dove le persone perbene si nascondono per non essere sopraffatte, nonostante siano la maggioranza degli abitanti del quartiere.
Sempre in giro sulla sua Vespa bianca, Alessandro Gordiani avrà il compito di convincere carabinieri e Procura ad allargare lo spettro delle indagini su un caso all’apparenza molto semplice ma che semplice non è affatto.
Tra le solite mangiate luculliane, le battute dei colleghi Paolo e Filippo, lo spirito combattivo dei due carabinieri Gavazzo e Cipriani, Gordiani aiutato dalla fida Patrizia e dall’investigatore Tuminelli, dovrà sbrogliare una bella matassa intricata, che lo poterà a scoprire che quello che sembrava essere successo, era molto distante da ciò che era veramente accaduto. E scoprirà che qualche volta l’amore ci rende particolarmente “stupidi” e “incauti”.

Il romanzo si legge con estrema facilità, nonostante la trama sia complessa e articolata. Ma l’autore è bravo a rendere la lettura facile usando un linguaggio semplice e con l’utilizzo di poche forme legali. Come sempre, riesce a spiegare benissimo il ruolo fondamentale che hanno gli avvocati e i procuratori e tutti gli organi che si muovono quando succedono fatti così inquietanti come può essere l’omicidio di un giovane uomo. Bella la trama gialla e anche quella introspettiva del protagonista. Bella l’ambientazione, anche se io sono di parte, visto che è anche la mia città. Ottimi i co-protagonisti come il Maggiore Gavazzo e il maresciallo Cipriani che spero di rivedere in altre avventure. Ottime anche le indicazioni su ristoranti e bar pasticceria che servono sempre!
Consigliatissimo.


 

martedì 8 giugno 2021

RECENSIONE - Il diritto dei Lupi di Stefano De Bellis & Edgardo Fiorillo


Anno 673, ab Urbe condita (80 a.C.), è così che si aprono tutti i capitoli del libro che dà inizio alla storia, cioè dal 3 al 24 gennaio. È un esordio col botto, questo del duo De Bellis e Fiorillo che scrivono una storia affascinante dove ricreano una Roma in perenne crescita, dove violenza e vizio si intrecciano col potere e la politica, che muovono a loro volta il denaro. Due diverse vicende si dipanano nel corso della lettura del romanzo, apparentemente distanti tra loro, ma profondamente collegate. Molti sono i personaggi coinvolti, e alcuni di questi hanno scritto la storia romana.

La sera del 3 gennaio, un gruppo di uomini, tra cui un trace guercio che affila le sue siche, un iberico, un germanico e il giovane Puer (l’unico di cui conosceremo il nome), colpiranno il Fodero del Gladio, un lupanare non ancora in attività, ma che in quel momento ospita una riunione speciale, con clienti facoltosi e bellissime lupe. Dalla strage di quella sera si salva soltanto il lenone, Marco Garrulo detto Mezzo Asse (chiamato così perché avrebbe venduto anche la madre per quella somma visto la sua avidità), che si getta dalla finestra slogandosi una caviglia.
A rimettergliela in sesto è Lucio Titinio detto “Astragalo”, ex legionario di Silla.
A morire quella notte sono Marco Villio Cincio, un commerciante di stoffe, in odore di senato e Elicone Attico, un commerciante di schiavi greco detto il “Piccolo Alessandro” per la somiglianza con Alessandro Magno.

Tutti a Roma, e nella Suburra, cercano Mezzo Asse e Marco Licinio Crasso, padrone di quasi tutta la città, lo cerca anche lui e affida questo compito al suo uomo migliore: il Molosso, Tito Annio Tuscolano, ex centurione al suo soldo, che ha combattuto la guerra civile dalla parte del Dictator Lucio Cornelio Silla, contro Caio Mario.
Crasso, che era stato il supporter dell’ascesa al senato di Cincio, ha i suoi motivi per voler conoscere l’assassino: influente e ambizioso, aveva visto nella sponsorizzazione di Cincio l’espandersi del suo potere e con la sua morte la creazione di un vuoto politico non da poco.
Da un’altra parte della città, Marco Tullio Cicerone avvocato del Foro, viene chiamato e fatto scortare nella casa di Cecilia Metella Balearica Maggiore, la sacerdotessa di Giunone, che tutti a Roma conoscono e venerano.
Cecilia, con suo fratello Quinto Cecilio Metello, e i giovani Marco Valerio Messalla detto “Il Corvino”, Publio Cornelio Scipione detto “Nasica”, lo hanno cercato per difendere Sesto Roscio d’Ameria, accusato di parricidio. I suoi accusatori sono i due cugini Tito Roscio Capitone e Tito Roscio Magno, che nel frattempo lo hanno privato di tutte le sue proprietà. Sarà questa la causa che porterà alla celebrità Cicerone con la celebre Oratio pro Sexto Roscio Amerino.
Cicerone scoprirà quasi subito che dietro a questo orrendo delitto altri non c’è che il liberto di Silla, il potentissimo Lucio Cornelio Crisogono. Le due storie viaggiano parallele per tutta la durata del romanzo, che ci rivela la vita di Roma dell’epoca, regalandoci un affresco quanto mai realistico, fino a confluire in un’unica trama nel processo a Sesto Roscio.
Tito Annio da una parte e Marco Tullio Cicerone dall’altra, con le loro indagini, scopriranno tassello dopo tassello che dietro a tutto quello che hanno visto c’è un disegno politico pericoloso, dove i testimoni, e loro stessi non sono altro che marionette, manovrate da sapienti mani. Ma in fondo chi ha ucciso Cincio e perché? Chi ha ucciso il padre di Sesto e lo accusa della sua morte? Qual è il collegamento tra le due morti e la sopravvivenza stessa della Repubblica?

Il romanzo “Il diritto dei lupi” è una vera fusione di generi, dal noir al legal thriller, dal classico giallo al romanzo storico, con una sfumatura anche di umorismo, che non guasta di certo. L’ambientazione è ben studiata e catapulta il lettore nel mondo affascinante della città eterna. Lo stile della scrittura dei due autori è accattivante. La descrizione dei personaggi e degli ambienti è minuziosa, nonostante la mole delle persone e dei luoghi coinvolti nella storia. Lo stile linguistico rimane scorrevole, i dialoghi sono ben congegnati.
Bellissimi e divertenti i dialoghi macchietta tra Astragalo, Tito e Gabello e i dialoghi interiori e ansiosi di Cicerone, due parti integranti della storia. L’armata Brancaleone da una parte e la serietà, l’amara verità dall’altra. Romanzo ricco di colpi di scena, che nonostante la lunghezza, porta il lettore a leggere pagina dopo pagina, dopo pagina. Si vuole capire, si vuole sapere e difficilmente ci si può staccare dalla storia.
È visibile la ricerca e lo studio che i due autori hanno effettuato per inserire nel romanzo, personaggi storici e fatti veramente accaduti, con la trama romanzata vera e propria, frutto di una conoscenza sicuramente ottima del periodo storico.
Credo che questo romanzo farà molto parlare di sé e dei suoi autori.
Consigliatissimo!

Silvia Marcaurelio