domenica 30 dicembre 2018

RECENSIONE – Tempo da Elfi di F. Guccini e L. Macchiavelli



Sono appena tornata da una bella passeggiata nei boschi insieme all’ispettore della Forestale Marco Gherardini detto Poiana per Casedisopra, sull’Appennino tosco-emiliano. Sento ancora il fruscio delle foglie, il rumore di qualche ruscello nascosto e gli occhi puntati di qualche animale, forse una volpe o un lupo. Mi sono tuffata volentieri nella lettura di questo romanzo, che si  accosta un po’ al fantasy. Adoro il mondo degli Elfi, soprattutto quello Tolkeniano, anche se questo raccontato dal duo Guccini e Macchiavelli è un po’ diverso. A Casedisopra, il tempo sembra non passare mai, e tutto sembra restare fermo e immutabile. Da un po’ nel paese si è instaurata una comunità di Elfi, gente che vive senza gli agi di una vita normale: senza elettricità, nessuna comodità, mangiano i prodotti della natura e praticano il baratto. Non sono molto benvisti dalla comunità locale, che hanno per loro una certa sopportazione. A pochi giorni dal grande evento che si svolgerà proprio lì a Casedisopra, la Festa dell’Arcobaleno, la tranquillità del paese è turbata dal ritrovamento del cadavere di un giovane elfo da parte di Paolino dei Campetti, che in cerca della sua capra tibetana Cornetta, si imbatte nel corpo del giovane. Nessuno sa chi sia, si dice sia un Ramingo. Nessuno ha parlato con lui, nessuno lo ha mai visto. In assenza del maresciallo dei carabinieri Barnaba, che si sarebbe dovuto occupare del caso, toccherà all’ispettore della Forestale Marco Gherardini, detto Poiana seguire le indagini. Il forestale non avrà vita facile. Gli Elfi sono persone poco inclini a parlare, soprattutto con chi porta una divisa. Gli verrà comunque in aiuto, Elena un’elfa degli Stabbi, un aiuto non proprio disinteressato. Nonostante i vari indizi accumulati l’ispettore non riesce a far luce sul caso,  potrebbe trattarsi di morte naturale, oppure no. Arriverà a sospettare anche del suo più caro amico Adùnas e di Paolino dei Campetti. Ma nonostante i suoi superiori gli impediscano di andare oltre e di chiudere il caso e lo costringano a ferie forzate, Marco Gherardini continuerà a pensarci. Lo farà passeggiando per i suoi boschi, con gli splendidi paesaggi a fargli da cornice nelle notti stellati o nelle albe montane, con i misteri e gli animali che li popolano. Dove è possibile incrociare volpi o lupi, che raramente un essere umano può incontrare. Non proprio libero nell’animo, ma cullato dai suoi boschi riuscirà a far incastrare i pezzi di un puzzle non proprio facile da ricostruire, in barba ai superiori e alle istituzioni. Oltre al personaggio di Marco Gherardini, ci sono dei co-protagonisti che saltano agli occhi, come lo scorbutico Adùmas, lo sfuggente Elfo Giacomo, i caratteristici Paolino dei Campetti e Berto delle Vinacce, Benito ovvero Quintiliano Giusti il titolare un po’ pettegolo della trattoria del paese, il paterno Farinon sovraintendente della Forestale, ma soprattutto, i veri protagonisti sono i boschi e le montagne che circondano Casedisopra, con i loro paesaggi mozzafiato. Voto: 7+

giovedì 27 dicembre 2018

Recensione – Prima persona di Richard Flanagan



Kif è il protagonista del romanzo Prima Persona di Richard Flanagan. É un ragazzo originario della Tasmania, che ha il sogno di diventare scrittore ma, che spesso deve mettere da parte per le sue croniche difficoltà ecoomiche. Ha un amico di vecchia data Ray, scapestrato come lo è stato lui un tempo, che fa da guardia del corpo ad un famoso truffatore Sigfried Heidl, che sta per essere arrestato. Lui non ha idee per il suo libro, quello che da sempre vorrebbe scrivere e Ray gli propone di fare da ghost writer al suo capo. Hanno già un editore, ma il libro deve essere scritto da qualcuno che lo sappia fare e che sappia anche sopportare la personalità narcisistica di Heidl. Sigfried “Ziggy” Heidl ha il bisogno viscerale di possedere tutti quelli che incontra. Ha la capacità di insinunarsi nella vita di chi frequenta, anche in quella di Kif. Kif ne è spaventato, ma allo stesso tempo prova una certa dose di ammirazione per quel tipo che è riuscito a truffare le banche di tutto il paese rubando, con scatole vuote, 700 milioni di dollari. Ma quando Heidl gli nomina sua moglie Suzy e sembra saperne molto della sua vita, di sua figlia Bo e dei gemelli in arrivo, kif arriva ad odiarlo. Heidl per contro non ha nessuna voglia di parlare di sé e della sua vita. Semina indizi qua è là, spesso contraddittori. Kif e Heidl, Heidl e Kif. É un continuo scontro tra due uomini; quello che cerca di mettere insieme una storia decente e quello che si diverte a depistare e a spaventare il suo interlocutore. Kif ha la sensazione che non riuscirà mai a togliere la presenza malefica di Heidl su di lui. E sarà costretto a scegliere delle strade che lo porteranno altrove, lontano da Heidl, lontano dalla sua isola natale diventata per lui una gabbia, ma anche lontano da quello che per lui era stata la sua vita precedente. Il romanzo, raccontato da Kif in prima persona, è composto dalle domande che lui stesso si fa sulle sue motivazioni, sul rapporto falsato con la realtà, su ciò che lo ha fatto diventare la fascinazione verso il personaggio di Heidl, cosa che lo ha costretto a separarsi dagli altri. L’aspirante scrittore, alla fine, capirà la lezione di vita del malfattore di cui ha avuto modo di scrivere: “Dovresti fare più attenzione a quello che dico, Kif. Il mondo è buono, secondo te? Quella là fuori secondo te è brava gente, e il mondo diventa un posto migliore grazie a questa brava gente e alle loro buone azioni? É così? ... La bontà è come Dio, Kif. La bugia peggiore di tutte ... Il mondo è la dimostrazione che il mondo è il regno del male. A vincere sono i truffatori e i bugiardi, Kif. Sono i soldi a trionfare. É la violenza a trionfare. É il male a trionfare.” Voto: 7

lunedì 17 dicembre 2018

RECENSIONE - La pallina assassina di Olséni e Hansen


DIVERTENTISSIMO, SPASSOSO. Ho adorato Egon e Ragnar, Elizabeth e Martha, Fredrick, Lisa e Marten. Leggetelo! Riderete di gusto, non sembra scritto da autori svedesi. E' un giallo, ma è anche un libro umoristico. La trama gialla è intervallata, anzi molto di più, da sprazzi di pura comicità, ma non ne è per niente preclusa, anzi... gli autori riescono così a confondere al lettore, fino alla fine, il colpevole, a cui non si arriverà mai, ma solo quando gli autori lo racconteranno. E ora sotto col secondo delitto... ehm, volume!

giovedì 29 novembre 2018

Recensione – Ink di Alice Broadway



Quando ho preso questo romanzo, attratta dalla copertina, non sapevo, ahimè, che facesse parte di una trilogia, ma tant’è … Vi avverto immediatamente che è un libro adatto a ragazzi/e adolescenti, ma anche noi, cosiddetti adulti, lo possiamo tranquillamente leggere, soprattutto se si amano i mondi distopici e i tatuaggi. Siamo in un mondo e in un’epoca indefinita, l’autrice non ne fa menzione. Leora, la nostra protagonista ha sedici anni, è molto bella, anche se lei si considera soprattutto goffa. Ma quale adolescente è contento di sé? Vive in una società che basa tutta la sua esistenza e il suo credo, su una vecchia storia, un’antichissima fiaba: quella della Strega Bianca e di sua sorella Moriah la buona. Moriah la buona divenuta principessa, ad ogni cambiamento importante le spunta sulla sua pelle un marchio, mentre sua sorella, già poco considerata prima, viene “dimenticata”. Da questa storia il mondo viene diviso in Marchiati e Intonsi. I Marchiati sono i buoni, quelli che non hanno nessuna paura a mostrare al mondo i passi fatti nella vita, marchiati sulla loro pelle, in modo che chiunque, soprattutto i più dotati possano leggerli, anzi ne vanno assolutamente fieri. Gli Intonsi, le persone senza tatuaggi, vengono considerati un popolo violento, misterioso, che ha sicuramente qualcosa da nascondere e per questo non vogliono essere marchiati e quindi vivono esiliati, da reietti. All’inizio della storia, Leora, ha appena perso suo padre e la morte del genitore ci introduce nei riti previsti per i defunti in questo particolare mondo. Ogni volta che una persona muore, la sua pelle viene trattenuta e ne viene conciato un libro. Se la persona è stata “un giusto” nella vita, tramite il rito della “pesatura dell’anima” trattenuta dalla sua pelle, verrà valutato e avrà o meno l’anima salva. Se qualcosa va storto, se la persona in questione ha combinato qualcosa di sbagliato, non ha diritto a nessun perdono, a nessuna redenzione, il suo libro verrà bruciato, il suo nome dimenticato, di lui sarà eliminata ogni  traccia della sua esistenza, nessuno più potrà nominarlo. L’attesa per la pesatura dell’anima di suo padre, Joel Flint porterà Leora a scoprire delle cose di suo padre che non conosceva. Lei ha sempre pensato fosse un uomo buono, coscienzioso, innamorato di sua madre, e dedito al suo lavoro, ma qualcosa è andato sicuramente storto. Il suo libro è sotto revisione del governo, c’è qualcosa che non va. Nel frattempo Leora, nonostante la sua tristezza e il senso di inadeguatezza, riesce brillantemente a passare gli esami di scuola e a diventare tatuatrice tirocinante ed inizia a lavorare presso lo studio di Obel, considerato un grandissimo maestro tatuatore. Nel suo mondo qualcosa sta cambiando, infatti assiste ad una marchiatura pubblica, reintrodotta dal nuovo sindaco Longsight. É una sorte di condanna a morte, ad un uomo verrà impresso un marchio, un corvo, che all’atto della pesatura della sua anima, non gli darà scampo, sarà un dimenticato e il suo libro bruciato. L’uomo è accusato di aver rubato parte di libri di altre persone per nasconderne qualcosa. Leora capisce che la cosa è legata al libro di suo padre e comincia a ricordare che anche lui aveva un piccolo corvo tatuato alla radice dei capelli, ma che un giorno, dopo una ferita, era sparito sotto i punti di sutura. Comincia così ad avere dubbi e paure che aumentano o diminuiscono a seconda dei personaggi che le girano intorno. Sophia, sua madre, con la quale ha spesso un rapporto burrascoso, ma che è anche il suo rifugio. Verity la sua migliore amica, quella su cui può sempre contare. Oscar, il figlio dell’uomo marchiato pubblicamente, che le piace, ma le mostra anche la sua doppiezza. Obel, il suo Maestro Tatuatore, che la introdurrà, suo malgrado, nel mondo degli Intonsi. Mel la racconta-storie, che è stata designata come sua Mentore. Karl, il suo compagno di scuola e di apprendistato, noioso e cattivo almeno all’apparenza. Jack Minnow, uomo del governo, crudele e spietato. Il sindaco Longsight, fautore di un ritorno alle tradizioni originali, quando i marchi contavano veramente qualcosa. Un mondo ed una situazione ancora tutta da scoprire che sicuramente verrà basato sulle scelte che Leora sarà costretta a prendere. Lo stile è semplice, il libro scorre bene ed è adatto allo scopo che si prefigge. Nascosto tra le righe c’è il messaggio che l’autrice ci lascia: ma è proprio vero che tutto quello che mostriamo di noi sia proprio vero, buono e giusto? La storia, logicamente, non si conclude con questo primo capitolo, anzi ci lascia veramente con tante domande e questioni irrisolte. Per vederne la completezza bisognerà attendere gli altri due. Questo è solo un’anteprima, anche se buona. Voto: 7

martedì 13 novembre 2018

RECENSIONE – Il mago e la figlia del boia di Oliver Pötzsch



Quarto volume della saga del boia di Schongau, Jakob Kuisl e di sua figlia Magdalena. Siamo in Baviera nel 1666 e ritroviamo Magdalena finalmente sposata con il suo Simon Fronwieser, divenuto ora balneatore della città. É anche madre di due bimbi, Peter e Paul. Proprio per la salvezza da una febbre patita dai due, Magdalena e Simon si apprestano, insieme ad altre rappresentanze e pellegrini di Schongau, ad un pellegrinaggio presso il Sacro Monte e il monastero di Andechs, molto frequentato dai pellegrini per le sue santissime reliquie. Manca ancora una settimana alla festa delle Tre Ostie, ma il l’abate, Maurus Rambeck ha chiamato a raccolta i pellegrini: servono soldi e maestranze per risanare il campanile colpito da un fulmine. Ma mentre è in cammino Magdalena sembra scorgere, proprio sul campanile, una strana luce, come se ci fosse qualcuno sulla sua sommità. La curiosità in Magdalena, come in tutta la sua famiglia, è di carattere, e non ci mette molto a voler vederci chiaro. Quindi appena ha un minuto non esita a raggiungere la vetta del campanile; ma una figura nero vestita le taglia la strada e tenta di ucciderla facendola precipitare nel vuoto. Magdalena riesce a salvarsi per un pelo. Intanto Simon si trova ad assistere molti dei pellegrini presenti per una strana malattia e a far luce sulla morte di due giovani novizi: frate Coelestin, garzone del farmacista e Vitalis, garzone dell’orologiaio e con la scomparsa di quest’ultimo. A farne le spese è proprio il farmacista frate Johannes, un tempo Nepomuk, che altri non è che un compagno d’armi di Jakob Kuisl. Viene accusato di stregoneria e arrestato dai soldati e portato dal boia locale, sarà brutalmente torturato per poi essere ucciso sul rogo. Parlando però con lui Magadalena e Simon si convincono che quest’ultimo sia innocente e saputo che è un amico del boia di Schoungau lo mandano a chiamare. Jakob parte da Schongau portandosi dietro i suoi due nipotini, ha l’impossibilità di lasciarli a casa. Sono in pericolo per via dei figli di un proprietario terriero, i Berchtholdt che ce l’hanno con lui e con Magdalena per averli sorpresi a rubare il grano cittadino; ma soprattutto non può lasciarli a sua moglie Anna Maria ammalata con la febbre e costretta a letto da una forte tosse. Quando Jakob arriverà ad Adenchs sarà costretto, per poter indagare, ad indossare i falsi panni di un frate francescano, ma saranno molte le cose su cui dover indagare. Cosa collega le morti misteriose, la scomparsa del frate orologiaio e la sinistra luce che ogni notte illumina il campanile? E chi è il pazzo che si cela sotto una tonaca nera da monaco? Chi ha rubato le reliquie sacre? E soprattutto chi è che avvelena i pellegrini? Sempre belle le storie di Jakob e Magdalena Kuisl che hanno un fondo di verità, perché Oliver Potzsch è un loro discendente; ben scritte e coinvolgenti, piene di colpi di scena. Una trama ben congegnata a tratti anche divertente, soprattutto nei dialoghi tra Jakob e Simon, suocero e genero. Molto belli i paesaggi bavaresi che Potzsch ci illustrerà ulteriormente in una piccola guida alla fine della storia e che, in questo capitolo, ci regalerà anche una piccolo Almanacco del monastero di Andechs per darci un’idea più ampia di quello che è stato e che è tutt’ora questo luogo sacro in Baviera. Voto: 7

RECENSIONE – Assassinio sull’Orient-Express di Agatha Christie



Questo è forse il romanzo più famoso di Agatha Christie insieme a “Dieci piccoli indiani”. Letto tanto tempo fa, da ragazzina a scuola, riletto adesso mi ha dato un piacere diverso da allora: quello di essere riuscita a cogliere diverse sfumature e tanti piccoli indizi disseminati qua e là nella storia, cosa che non mi era accaduta alla prima lettura. I passeggeri del famoso Orient-Express rimangono bloccati, durante una tempesta di neve, in mezzo al nulla, nell’allora Jugoslavia. Un uomo di affari americano, il signor Ratchett, viene trovato morto nel suo scompartimento sul vagone Istanbul-Calais. Assassinato con dodici coltellate. Tra i passeggeri dello stesso vagone viaggia il noto investigatore Hercule Poirot che viene incaricato dal signor Bouc, dirigente della Compagnia dei Vagoni-letto, ad indagare per scoprire l’assassino. Verrà coadiuvato nelle indagini dallo stesso Bouc e dal dottor Constantine, un medico passeggero del vagone proveniente da Atene. Poirot comincerà la sua indagine certosina interrogando ad uno ad uno i passeggeri del vagone Istanbul-Calais. Attraverso gli interrogatori scopriremo le vite e le caratteristiche dei viaggiatori dell’Orient-Express. Non sarà facile scoprire l’assassino di un uomo che non era chi diceva di essere e soprattutto quando tutti i passeggeri avevano un buon motivo per assassinarlo. Voto: 7,5

sabato 20 ottobre 2018

Recensione – Il tulipano nero di Alexander Dumas (padre)



Fuorviata dal ricordo del cartone animato, ho iniziato il romanzo pensando fosse una storia di cappa e spada. Poi se pensiamo all’autore ... lo si pensa ancora di più, ma non è proprio così. Certo avventure, lotte, invidie, violenza ci sono, ma il tutto per un fiore: il tulipano nero per l’appunto. Siamo in Olanda, nel 1672. Siamo in un periodo d’oro da una parte e di lotte interne dall’altra. Lo Statolder, il principer Guglielmo d’Orange, combatte contro il Gran Pensionario d’Olanda Giovanni de Witt. Siamo anche in periodo di grandi scoperte e gli olandesi furono i primi importatori, dai paesi orientali, del tulipano, da loro poi reso famoso in tutto il mondo. Ma torniamo ai de Witt. Il romanzo inizia infatti con i due fratelli de Witt in gravi ambasce. Uno in prigione Cornelius e l’altro Giovanni, Gran Pensionario accusati di complottare e svendere il paese ai francesi. Giovanni e Cornelius verranno fatti uccidere da Guglielmo d’Orange, che sobillerà la folla che, inferocita li ucciderà, trucidandoli. Prima di morire, Cornelius de Witt, riuscirà a mandare il suo servo con un messaggio per il suo figlioccio, Cornelio van Baerle, quello di bruciare un pacchetto di documenti che gli aveva consegnato tempo prima. Cornelio, a differenza dei due de Witt, non è per niente un uomo politico, non se ne intende proprio. E’ uno studioso, e la sua ricchezza, gli ha permesso di poter vivere nel modo da lui ritenuto il migliore: quello di cercare e creare nuove specie di tulipano. Il sogno è di riuscire prima o poi a creare il famoso tulipano nero, e di intascare il premio di centomila fiorini messi a disposizione dalla città di Haarlem. Cornelius è molto vicino alla creazione del fiore, anzi sa che i bulbi che ha nelle mani saranno proprio del tulipano nero. Ma Cornelio, oltre a non intendersi di politica non si intende nemmeno di vicinato e nemmeno di invidia. Infatti non sa di essere spiato dal suo vicino, Isaac Boxtel, anche lui creatore di tulipani ma molto modesto e molto meno capace di Cornelio. Farebbe di tutto per rubargli i bulbi del tulipano nero, anche accusarlo di complotto contro Guglielmo d’Orange. Cornelio, dopo la soffiata di Boxtel, verrà arrestato e codotto in carcere, dapprima messo a morte e poi graziato con la prigione a vita dallo Statolder. Proprio il famoso pacchetto di documenti, che Cornelio aveva dimenticato in fondo ad un cassetto, provano l’accusa di Boxtel. Ma sarà Rosa, la figlia del suo carceriere, Grifo, ad avere la possibilità di salvare colui che le è entrato nel cuore. Scorrevole e avvincente, come solo uno scritto di Dumas può essere. Nonostante è il cattivo della storia, forse il personaggio di Isaac Boxtel è il più riuscito di tutti, e la sua cattiveria è veramente rappresentata in modo perfetto. Voto: 6,5