martedì 31 dicembre 2013

RECENSIONE - VITA E AVVENTURE DI SYLVIA SCARLETT di COMPTON MacKENZIE

Il romanzo in questione è stato scritto da Compton MacKenzie nel 1918. Siamo alla fine dell'Ottocento, inizi del 1900. Sylvia Scarltett è una ragazza molto spregiudicata per quell'epoca. Concreta, atea, irregolare, libera, che sulla cattiva strada, quella considerata da lei "la più divertente", ci si mette da sola, al seguito dell'adorato (ma non troppo!) e mascalzonesco padre, in fuga dalla Francia, dopo averne combinate di cotte e di crude, verso l'Inghilterra sua patria natia.
Una Sylvia dodicenne arriva così in Inghilterra, che le sembra l'altra parte del mondo, ed è costretta dal padre e da un suo losco conoscente a travestirsi da uomo e a cambiare il suo nome in Sylvester, e cognome da Snow (quello vero) a Scarlett. Rimarrà costretta nei vestiti di un ragazzo finché questi non cominceranno a starle e stretti (nel vero senso della parola) e a diventare troppo logori.
Riprenderà le sue fattezze e a tredici anni si imbarcherà insieme a suo padre, all'amante di lui, ed al solito mascalzone al seguito di piccoli spettacoli di varietà, che altro non servono a coprire imbrogli e truffe, recuperando in status e denaro fino a che Sylvia non diventerà una vera attrice.
Sylvia avrà un solo amore nella sua vita, anche se si sposerà una volta molto giovane a 17 anni con Philip Irendale, ma capirà subito che quella vita, la vita che le vuole costruire addosso Philip non è la sua e un giorno se ne andrà di casa per non tornarne mai più. Preferisce la vita fatta di stenti e di piccoli spettacoli di varietà, di piccole parti in teatri sconosciuti, piuttosto che dipendere da qualcuno.
Si innamorerà di un solo uomo nella sua vita, Michael Fane, che preferirà a lei la sua compagna di stanza Lily, una sciocca e frivola ballerina di varietà che lo lascerà a pochi giorni dal matrimonio. Ma il rifiuto subìto da Sylvia, farà sì che lo rifiuti per sempre... (forse!).
Saranno pochi quelli che riusciranno ad aprire una breccia nel cuore di Sylvia e ad avere una parte attiva nella sua vita. Mrs. Gainsbrough, la "compagna" del capitano, che la seguirà in tutti i suoi più strambi viaggi, fino in Oriente. Olivia Fanshawe e Jack Airdale, suoi fidati amici, gli unici che le saranno in qualche modo sempre vicini, e Arthur Madden, l'uomo che alla fine decide di sposare dopo tanti rimuginii e ripensamenti, dopo tanto aspettare il successo, che finalmente arriva, dopo che la voglia di famiglia  finalmente giunge alla sua porta, lui la tradisce sposando un'altra e lasciandola sola e amareggiata per le scelte di vita fatte in gioventù.
E' l'amore l'ingrediente che fa esplodere l'allegro equilibrio e la libertà della vita di Sylvia, che fa virare la storia verso le lacrime, che la spinge ad una fuga continua, che svela la filosofia anti-sentimentale dell'autore, in un turbinio di incontri, di rovesciamenti di fronti, e di alleanze e successi, ed insuccessi della sua eroina.
Disegna un'età vittoriana divertita e divertente, carnale e impudica, molto diversa da quella tradizionale, e lui, si diverte a criticare, con le parole di Sylvia, le espressioni di un pensiero liberale, la critica verso l'istituzione matrimoniale, l'aspirazione ad una vita libera da legami e senza paura dell'aldilà, perdendosi ogni tanto, però, tra troppi fili narrativi, troppe storie, troppi nuovi inizi, a rischio di stancare con mille un'avventura i lettori impazienti.
La storia della nostra eroina non finisce con il libro in questione, che ci lascia con un finale con l'amaro in bocca. Avrà un seguito... "Sylvia e Michael" uscito nel 1919... riuscirò mai a trovarlo?
Voto: 7+

venerdì 27 dicembre 2013

RECENSIONE - COME PER MAGIA DI KIRSTY GREENWOOD

Un Harmony, niente più che un Harmony.
Delusa da questo romanzo che ho trovato anche abbastanza sconclusionato.
La protagonista è Nathalie Buttleworth, ventisettenne in procinto di sposarsi con Olly.
Nathalie sa benissimo che il matrimonio che sta per vivere non è certo quello da lei sognato. Sua madre e sua sorella stanno organizzando tutto, e molte cose non sono di suo gradimento, ma purtroppo lei è una persona che non sa dire di no. Pur di non scatenare litigi od incomprensioni preferisce accettare cose che non gli piacciono. Ha dovuto rinunciare a qualcuno dei suoi sogni, come quello di diventare chef e alla sua indipendenza.
Sua madre è una depressa cronica, d quando ha divorziato. Sua sorella è una pazza isterica, alle prese con un fidanzato che sembra il sosia di Al Capone. Il suo fidanzato è un  salutista palestrato che mangia solo macrobiotico e le chiede regolarmente la fatidica domanda: "Ti è piaciuto?", dopo ogni sessione di sesso e Olly non è questo campione di durata, ne un fine conoscitore del Kamasutra. Ma Nathalie tiene tutto per se, per compiacere gli altri e per quieto vivere.
Ma un bel giorno, insieme alla sua amica di sempre Meg, (l'unica a sembrare normale) va in un pub per assistere ad uno spettacolo di ipnotismo. Il Grande Brian ipnotizzerà Meg che sarà costretta a dire sempre la verità su ogni cosa che le verrà chiesta.
Ma le cose non vanno proprio così. A restare ipnotizzata sarà proprio Nathalie che se ne accorgerà la mattina dopo alla solita domanda del suo Olly a cui sarà costretta a rispondere con la verità facendolo offendere a morte.
Da qui una sequenza di peripezie per trovare il Grande Brian ed essere disipnotizzata con a fianco la sola Meg, che è l'unica a crederle e l'unica che la seguirà a Little Trooley, un paesino che sembra quello delle fiabe e dove dovrebbe vivere il Grande Brian. Qui conosceranno una dimensione diversa da quella della grande città, soprattutto gli abitanti del villaggio, una serie di persone incredibili, tra cui Riley, il padrone e gestore del Pub del paese "Il vecchio Ghiribizzo", aitante biondo non palestrato, che cerca di conquistare la gente con manicaretti impossibili e immangiabili, fidanzato con un'antipaticissima ragazza, che sembra più un adolescente che una trentenne.
Nathalie proverà a trovare l'irrintracciabile Brian facendo anche un annuncio ad una radio locale, ma il presentatore se ne approfitterà un po' cominciando a farle domande alle quali lei non può esentarsi dal rispondere, ma soprattutto a non dire la verità. Ciò le renderà la vita difficile anche a Little Trooley oltre che a Manchester. Qualcuno la crederà pazza, qualcuno drogata, qualcuno egoista, ma come per magia riuscirà a risolvere tutti i suoi problemi e a trovare il vero amore della sua vita. Forse il grande Brian alla fine non ha fatto così male....
Come ho già detto non più di un Harmony, quindi non vale certamente il costo di copertina così alto.
Voto: 4,5

giovedì 19 dicembre 2013

RECENSIONE - SEZIONE OMICIDI DI GIANNI SIMONI

Terzo episodio della serie sul Commissario Lucchesi. 
Lucchesi si ritrova a capo della sezione omicidi, dopo l'avventura dello scorso episodio del Commissariato San Sepolcro, a prendere il posto del Commissario Pellegrini, che si è trasferito a Varese. 
Il primo caso che si trova ad affrontare, è un delitto da manuale.
Una donna morta viene rinvenuta nuda in un parco.
Nessuna traccia di vestiti o documenti nelle vicinanze. 
Unici elementi per la soluzione del caso: un plaid molto costoso, e lo sperma trovato sul ventre della donna.
L'indagine è complessa e bisogna partire da quello che si ha a disposizione. Da qui all'elenco delle donne scomparse, il passo è breve.
Aiuta Lucchesi il Questore Alinovi, che oltre a concedergli il trasferimento di Serra e Minniti, gli mette a disposizione una quarantina di uomini, per battere a tappeto la zona intorno al parco dove è stato trovato il cadavere. 
Lucchesi ritroverà la sua collega Lucia Anticoli, con la quale ha avuto una storia sentimentale, che ha fatto domanda per entrare nella sua squadra.
Nel corso delle indagini risolverà per puro caso ed intuito un delitto che il suo predecessore aveva lasciato irrisolto, ed un altro legato alle indagini per l'identificazione della donna nel parco.
Come abbiamo già letto nel precedente episodio Lucchesi dopo l'infarto sta tentando un riavvicinamento con sua figlia Alice. Non vuole sbagliare, ma il suo tentativo di ricreare il rapporto tra loro rischia di sconfinare nella tragedia. I fantasmi del passato, carichi di dolore e di colpa, non lo abbandonano mai.
Le donne, giovani e meno giovani, del presente sembrano tutte incomprensibili e inafferrabili. La psicologa, la poliziotta...
La soluzione del caso è amara e dura da digerire. Al commissario restano solitudine e rabbia, e paura...
E' un po' troppo rinunciatario il nostro Lucchesi, ma ha anche un animo da Don Chisciotte che lo spinge a fare tutto e ad ogni costo, meno a voler rinunciare al suo sciocco egoismo. I suoi affetti, persino l'amore che ha per sua figlia, gli fanno paura, quasi come fossero una condanna da scontare. 
In ultimo è accompagnato da un malessere che lo porta a sprofondare nella malinconia, ed un Lucchesi malinconico è un pericolo per se stesso e per chi gli gira intorno.
Bello  anche questo nuovo episodio, anche se l'altro, forse venato da un certo ottimismo, da una sorta di rinascita, era meno cupo. Questo è venato da una sorta di malinconia sia delle vittime, che dei carnefici, che degli stessi investigatori, ma ha anche spunti di speranza.
Forse i prossimi giorni del nostro Commissario Lucchesi saranno ancora bui.
Speriamo che riesca a trovare una soluzione al suo pessimismo cosmico.
Alla prossima Lucchesi!
Voto: 7

martedì 17 dicembre 2013

RECENSIONE – GATTI, MERLETTI E CHICCHI DI CAFFE’ DI ANJALI BANERJEE

 La ragione per cui ho comprato questo libro è perché avevo letto il precedente, “La libreria dei nuovi inizi” che mi era piaciuto molto. Non una lettura di alto livello, intendiamoci, ma un ottimo libro di evasione. Quindi ho provato ad acquistare questo libro pensando di trovare una storia simile, ambientata come la precedente nella piccola isola di Shelter Island.
Ritroviamo anche qualcuno dei personaggi del libro precedente, anche se solo di sfuggita.
La protagonista è Lily, una giovane vedova di 39 anni. Ha perso il suo Josh da un anno, in un incidente stradale e ha deciso di mollare tutto, per vedere un po’ di mondo e cercare il posto dei suoi sogni. Sembra averlo trovato in un cottage giallo di Shelter Island, dove decide di spendere tutti i suoi risparmi acquistandolo,  per creare il suo negozio di abiti vintage.
E’ distrutta dal dolore Lily, ma cerca qualcosa che la faccia tornare alla vita, anche se sente costantemente la mancanza di Josh e lo vede presente in ogni cosa, in ogni suo pensiero.
Ma da aiutarla entra nella sua vita “Micina”, gattina bianca dal folto pelo, e con  una peculiarità, ha un occhio azzurro ed uno verde, non sembra una gatta normale ed infatti non lo è. Micina è in grado di vedere gli spiriti che vagano nel cottage e ci racconta le loro storie, così come è in grado di vedere la realtà delle cose, di sentire il dolore e la gioia degli umani che la circondano e di scegliere per loro l’abito giusto. La storia a questo punto si svolge in doppia voce. Quella di Lily e quella di Micina.
Nel frattempo Lily riesce a fare delle conoscenze, Paige, Ida, ma soprattutto il Dr. Cole e sua figlia Bish, adolescente complicata, dalla dura scorza e dalla studiata sfacciataggine, con un cuore d’oro sotto la sua corazza.
Non ho apprezzato questo libro come il precedente, i personaggi sono carini ed interessanti, ma ho trovato che mancasse un po’ di atmosfera. Non riesce a convincere pienamente.
L’idea di far parlare la gatta, nel suo insieme, non è male, ma forse non è sfruttata pienamente e  molte pagine della storia risultano piatte e senza verve.
Poi tira e molla nell’adottare la gattina o meno …. Io che sono una gattofila non l’ho proprio sopportato.
Il problema del libro è che si inoltra per oltre duecento pagine con scambi di ruoli tra gatta e padrona, vendita di vestiti e concorrenza sleale. Non succede nulla, se non qualche visita dal veterinario, che certamente non può far sfociare in un amore incredibile la storia tra Ben e Lily.
Eppure questo succede! Basta una gita, una cena, una ragazzina un po’ scorbutica (lo sarei anche io se mi chiamassero come la razza di un cane!), due ex a caccia di guai, una gita al cimitero dell’isola, che l’amore sbocci in maniera incredibile e Josh e Altona (i due ex) vengano immediatamente dimenticati.
E comunque voi ci andreste a Shelter Island? Io un pensierino ce lo farei è infestata di spiriti. Li ricordiamo anche nella libreria di Jasmine, nel primo episodio. Ci sono … sembrano sempre delle presenze negative, ma alla fine sono lì buoni buoni  a far da cornice e non fanno praticamente nulla.
La scrittura del libro è scorrevole, ma niente di eccezionale. Sono sicuramente un po’ delusa, mi aspettavo di meglio.
Voto: 6 - -



domenica 15 dicembre 2013

RECENSIONE - IL FILOSOFO DI VIA DEL BOLLO DI GIANNI SIMONI

Secondo episodio della serie del commissario di origine eritrea, Andrea Lucchesi. Si riparte da dove lo avevamo lasciato nel precedente romanzo "Piazza San Sepolcro", con Lucchesi che veniva colpito da un infarto. In questo nuovo romanzo lo troviamo alla fine della sua convalescenza, con un nuovo approccio alla vita, tipico di chi la vita l'ha quasi persa.
Ricomincia le sue indagini, portate avanti in sua assenza dal duo Serra e Minniti, che sono stati bene attenti e non si sono fatti sfuggire dei furti che sembrano commessi con gli stessi metodi di quelli dell'indagine del precedente romanzo. Stavolta non sono però dei quadri, ma delle incisioni cinquecentesche di maestri tedeschi. Andando avanti nell'indagine rispuntano fuori dei nomi già conosciuti come quello della contessa Elena Urbinati e del Prof. Niccodemi, vittime dei furti nell'episodio precedente.
Lucchesi, come solito fare, comincia ad indagare proprio tra i collezionisti di questo tipo di opere d'arte. Nel suo scorrazzare per la città, visto che i medici oltre a diminuirgli il numero di sigarette, a togliergli l'alcool, gli hanno consigliato di camminare, conosce Ambrogio. Un tipo abbastanza strano, che se ne sta tutto il giorno sotto i portici di Via del Bollo. Ambrogio è un filosofo, una persona molto colta, con un soprannome, Cartesio, che gli deriva dal suo continuo citare questo filosofo per ogni spiegazione sui fatti della vita.
Lucchesi ci fa amicizia, ed una sera a cena, mentre ascolta il suo amico filosofeggiare sulla verità vera, o una mera verità, fa una strana scoperta.
Pochi giorni da quella cena si troverà a dover togliere il suo amico dai guai, che si troverà invischiato in un omicidio di un testimone dell'indagine che sa conducendo.
Le persone che Lucchesi conosce sembrano sovvertire ogni sua aspettativa. Dalla contessa Urbinati, al commissario Pepe, dai collezionisti d'arte, alla sua collega Marchesi. Nessuno sembra quello che è, e Lucchesi dovrà accettare delle amare verità sull'apparenza delle persone.
Adoro Gianni Simoni. Se il primo romanzo di questa nuova serie mi aveva lasciata un po' freddina, posso dire che questo secondo episodio non mi ha affatto deluso. Anzi!
Ho imparato a conoscere meglio il personaggio del commissario Lucchesi, che sulle prime non aveva riscosso la mia stima, abituata com'ero alle vicende del giudice Petri e del commissario Miceli.
Donnaiolo come pochi, fumatore incallito, amante del buon cibo e del buon vino, ottimo lettore, ha un amore immenso per quella che sarà, forse, l'unica vera donna della sua vita, sua figlia Alice.
Scontroso e aggressivo, un uomo che, pur con tutte le sue debolezze non sa scendere a compromessi e per difendere il suo ideale di giustizia, non guarda in faccia nessuno. Nemmeno se, in nome di quella giustizia, deve giocarsi la carriera, o peggio, la vita.
Voto: 7/8

giovedì 12 dicembre 2013

RECENSIONE – INCANTESIMO TRA LE RIGHE di Jodi Picoult e Samantha Van Leer

Questo libro è nato dalla fantasia di una ragazzina, figlia d’arte, di una scrittrice non da poco, e che sicuramente ne ha ereditato i geni. Durante la lettura mi è capitato di soffermarmi a pensare all’idea che ha avuto per questo romanzo, molto nuova e molto vecchia al tempo stesso, quello di scrivere una favola. E’ una storia nella storia. E' un libro che parla di una favola, intitolata come il romanzo che abbiamo nelle nostre mani, “Incantesimo tra le righe” e del suo protagonista, il Principe Oliviero e dei suoi personaggi. Il suo fido cane Straccio, il suo cavallo Calzini, la sua mamma la Regina Maurina, la principessa sempre in pericolo Serafina, il mago buono e pasticcione Orvillo, il cattivo di turno Rapscullio, e orchi, fate, sirene, draghi e pirati. Tutti i personaggi classici di una fiaba a lieto fine. Ma, se mentre il libro fosse chiuso i personaggi avessero una loro vita? E se uno di loro, non uno qualunque, ma il protagonista si fosse stancato di ripetere all’infinito la stessa storia? E se riuscisse a contattare una persona che vive nell’Altromondo (quello dei lettori) e a comunicare con lei e ad esprimerle la sua infelicità? Il lettore è diviso tra la storia "ufficiale", le sofferenze di Oliviero che vuole di più della vita che gli è stata data dalla sua "Creatrice" e la storia di Delia una adolescente alla ricerca di affetto. Tutto ciò è condito dalla simpatia dei personaggi secondari che, come il principe, non appena il libro si chiude, smettono di recitare e fanno ciò che vogliono nel loro minuscolo mondo. C'è Straccio, il cane, che parla liberamente ed è innamorato della principessa che a sua volta è un po' sciocca e innamorata di Oliviero, c'è il cattivo che non è in realtà cattivo, insomma tanti personaggi che nascondono agli occhi del lettore le loro vere inclinazioni. Oliviero è molto più di un personaggio bidimensionale stampato su una pagina bianca. Come tutto gli altri personaggi, è reale, è vivo ed è consapevole della sua situazione di attore, costretto a ripetere sempre le stesse battute e le stesse azioni ogni qualvolta un Lettore decide di leggere il libro e sa di essere bloccato nella storia per sempre, quando questo viene chiuso.
Quindi leggiamo  due storie diverse. Continuiamo a leggere quella di Oliviero alternata a quella di Delia la lettrice di favole. Delia è una ragazzina di quindici anni, un po’ goffa e sfigata, la tipica adolescente disegnataci dall'immaginario collettivo che si ha delle scuole superiori americane, che prende in prestito il libro in biblioteca e ci racconta la favola. Pur vergognandosi di questa sua fissazione, il libro diventa  una fissazione, perché scopre di avere delle affinità con il protagonista della storia, che come lei non ha il papà (anche se per diversi motivi), che come lei non è coraggioso, ma è molto intelligente e arguto. Immaginate a questo punto i due che si parlano sempre dalla pagina 43 del libro. Solo Delia riesce a sentirlo e solo con Delia, Oliviero riesce a comunicare. Il desiderio del principe è quello di uscire dalla storia e di vivere nell'Altromondo e quello di Delia di aiutarlo nell'impresa.
Delia è un’ottima protagonista, nella quale ci si immedesima senza sforzo e con la quale ci si sente in sintonia fino alla fine. E’ una ragazza determinata, intraprendente, dolce e simpatica, con un’irrefrenabile passione per la lettura e una grande voglia di sognare. Ama la lettura come metodo per sfuggire ad una vita che le porta continue delusioni, ama aprire un libro e trovare al suo interno un rifugio sicuro e accogliente dove non ci sono bruschi cambiamenti di programma.
Lo stile dell’autrice è semplice e scorrevole e le pagine sono intervallate da fantastici disegni raffiguranti i protagonisti della “favola”. La storia in sé può non essere nulla di particolare, ma nel complesso si tratta di una meravigliosa dichiarazione d’amore alla libertà, alla possibilità di costruire il futuro con le nostre mani, al raggiungimento dei nostri obiettivi tramite la forza di volontà. E’ anche un’incantevole storia d’amore, dolcissima, romantica, innocente e, non meno importante, impossibile. Ma Oliviero e Delia credono nel lieto fine, ci credono fino alla fine, ed è questa loro ferma determinazione che riuscirà a sconvolgere una storia in apparenza già scritta.
E’ un libro ingenuo e brillante al tempo stesso, è romantico, divertente, è coraggioso e semplice. Nessuna pretesa, nessuna aspettativa: solo la voglia di raccontare una fiaba. E’ un libro di evasione per eccellenza, che ti conduce in un mondo dove i desideri si avverano e il lieto fine esiste per tutti.
Consiglio: adatto per un pubblico dai 13 ai 16 anni.
Voto: 7,5


lunedì 9 dicembre 2013

RECENSIONE – LETTO DI OSSA DI PATRICIA CORNWELL

Non vorrei mai stroncare un libro della Cornwell della serie della anatomopatologa Kay Scarpetta. Non lo vorrei fare perché mi ricordo ancora i primi libri, belli, appassionanti che non avresti mai voluto lasciare un attimo se non quando li avessi finiti. Ci ho passato nottate, insieme a Kay Scarpetta, a Pete Marino, ho visto crescere Lucy, ho visto l'evolversi dell’amore per Benton Wensley, che continua a non starmi per niente simpatico nonostante tutto … Eppure, eppure quando è troppo, è troppo.
E’ ormai troppo tempo che Patricia Cornwell “sforna” best seller giusto per accontentare il suo editore, senza tenere in nessun conto la qualità di ciò che si spaccia per un romanzo thriller e senza timore alcuno di poter deludere i suoi assidui lettori.
Libri come questo “Letto di ossa” con la Dottoressa Scarpetta che arranca e ci fa arrancare per stare dietro al filo del racconto, tra i soliti problemi di Marino, il tran tran familiare con il marito profiler dell’FBI e le vicende amorose della nipote Lucy, hacker che gira in elicottero. Non ci si meraviglia che in poco meno di trecento pagine di libro non si parli neppure una volta del serial killer, del quale ci si ricorderà giusto per due o tre frasi nelle pagine finali, dove si approfondiscono le motivazioni di tutta la storia.
Il confronto con le prime opere con protagonista l’intelligente coroner di origini italiane non regge nemmeno dopo un minuto. Pertanto ne sconsiglio la lettura, soprattutto ai fans della Cornwell che ne rimarrebbero delusi.
La storia è noiosa, macchinosa e a tratti insensata. Ci sono personaggi inutili, che distraggono, e non danno niente alla storia. Il recupero del cadavere in mare è la parte più interessante, anche se risulta essere inutilmente troppo lunga ai fini del racconto. Magari si poteva fare a meno della descrizione degli interminabili viaggi in macchina, andata e ritorno, con dialoghi ramanzina A e DA Marino.
Dico solo che dopo tutte le promesse di “sostanza” che fanno capolino nelle prime cinque pagine, la vicenda si risolve (senza capo ne coda) nell’ultima decina, perdendo di vista i canoni elementari di qualsiasi storia “gialla” e tirando fuori un assassino che più macchietta non si può. Si ha quasi la sensazione che l’autrice stanca anche lei del libro abbia voluto farci la grazia e abbia chiuso il tutto in fretta e furia.
Il personaggio più simpatico risulta essere il Capo Maximum di tutte le operazioni, il generale Briggs, che in una lunghissima riunione a detta di tutti importante, vede bene di alzarsi e andarsene.
E poi che dirvi … anche lo stesso personaggio di Kay … diventata così lamentosa, così insicura, così paranoica … Non mi piace proprio …. Lei nonostante tutte le cose brutte che vedeva ed era costretta a vedere, era una che infondeva coraggio … Così proprio no. Risulta piagnucolosa, se non addirittura noiosa, sempre con questa sensazione di essere accerchiata da persone che vogliono prevaricarla, farle del male, per il suo raggiunto successo. Alla fine un po’ stanca!

Voto: 5 (e sono buona!)

mercoledì 4 dicembre 2013

RECENSIONE – THE COUNSELOR, IL PROCURATORE DI CORMAC McCARTHY


Un altro capitolo della saga del Male di Cormac McCarthy, stavolta in forma di soggetto cinematografico sceneggiato, in omaggio a Tony Scott, per un film diretto dal fratello Ridley Scott (con un cast d'eccezione, da Michael Fassbender a Brad Pitt da Penélope Cruz ad Javier Bardem a Cameron Diaz, che arriverà a gennaio nei nostri cinema).
Logicamente non è un libro, ma una sceneggiatura, quindi lo scritto non sempre fa capire fino in fondo quello che si dice. Ci si sofferma molto più sulla spiegazione dei paesaggi come dovrebbero essere nel film, le pose delle persone. E’ scritto a forma di dialogo con le battute che dovrebbero essere quello del film stesso.
Gli episodi restano distaccati tra di loro, ma non troppo, non da non farci capire la trama del libro.
La vittima, il protagonista è “il procuratore” del titolo, un uomo capace di sedurre donne e fortuna, ma inetto e con poco coraggio, anche se ciò  non gli permette di fuggire alla cieca ambizione e dall’avidità. Eppure il suo socio in affari sporchi, Westray, con modi da filosofo cerca di metterlo in guardia sulla strada che vuole intraprendere e che dovrà percorrere poi, fino in fondo. Un affare multimilionario di spaccio di droga.
L’affare andrà in fumo per un sfortunata coincidenza e per uno strano collegamento. Il procuratore diventerà sospetto agli occhi della gente con cui è in affari, che di “quelle coincidenze hanno sentito parlare ma non ne hanno mai vista una”, come gli suggerisce Westray.
Così scatterà un meccanismo infernale che stritolerà vite e morti, speranze e peccati portando al centro del palco il vero protagonista, Malkina, una donna cacciatrice, che ama la caccia e i suoi due ghepardi, che sguinzaglia a caccia di conigli. Una dark lady dura e tosta a cui McCarthy concede l’onore di chiudere la narrazione con un monologo degno di un eroe antico e puro.

Voto: 7

martedì 3 dicembre 2013

RECENSIONE – IL BACIO RIVALE DI LARA ADRIAN


“Il bacio rivale” è l'undicesimo volume della saga di Lara Adrian: “La stirpe di mezzanotte”.
In questo volume ritroviamo i nostri eroi vent’anni dopo la Prima Alba, vent’anni dopo l’annuncio della loro esistenza al mondo. E’ quasi come se fosse un nuovo ciclo, e la storia è tutta nuova, tanto che si potrebbe leggere senza aver nemmeno letto gli altri dieci libri.
Lo stile della Adrian è sempre lo stesso, molto scorrevole, leggibile, per quello che deve essere un libro di intrattenimento.
Come ho già detto la storia prende avvio vent'anni dopo gli eventi letti ne "Il bacio ribelle" e troviamo umani e membri della stirpe che cercano di convivere pacificamente.
Ma la pace non sembra essere molto stabile, continui attacchi da parte di cittadini umani ai danni di membri della stirpe e manifestazioni più o meno pacifiche sembrano minare questa difficile alleanza.
I vertici del potere sono equamente divisi tra umani e vampiri e nella fazione dei vampiri troviamo al vertice Lucan Thorne, sostenuto da tutti i suoi ex compagni dell'Ordine.
L'Ordine che conoscevamo noi lettori non esiste più, ora tutti i membri incontrati in ognuno dei precedenti volumi sono a capo di una frazione degli Stati Uniti e Canada, non vivono più tutti insieme, ma non mancano comunque le occasioni per riunire la loro grande famiglia o per condurre indagini top secret.
Essendo trascorsi vent'anni troviamo moltissimi nuovi e giovani guerrieri, figli delle coppie conosciute nei precedenti romanzi. Ed è  appunto su di loro che si fonderà questa nuova era come sottolineerà più volte Lucan nel corso del romanzo. Quindi largo ai giovani!
Credo che piano piano i “vecchi” membri della stirpe verranno sempre più relegati ai margini della storia lasciando spazio agli eredi.
In questo volume i protagonisti sono Mira Nikolai e Kellan Archer. La ragazzina dal potere incredibile di far vedere il futuro nei suoi occhi specchiandosi e il ragazzino musone, che aveva perso tutta la sua famiglia nella battaglia precedente.
Mira e Kellan, due storie che si separano e tornano ad incontrarsi in un modo quasi del tutto casuale. Troveranno alla fine il modo di non separarsi mai più, il “per sempre” che caratterizza tutti questi romanzi della Adrian.
La stranezza è il trovarli cresciuti, avendoli letti bambini, ora sono una donna ed un uomo con tante amarezze e tanti interrogativi da risolvere.
Il personaggio di contorno,  già conosciuto anche lui bambino, salvato dal laboratorio dove era stato prodotto, sarà Nathan, il figlio della compagna del guerriero Hunter, e che sicuramente sarà il protagonista del prossimo romanzo.
Alla fine di tutto scopriremo che l’Ordine dovrà rimettersi in guardia. C’è un nuovo nemico da combattere, e non c’è tempo da perdere, e i nemici sono già molto più avanti a loro.
I romanzi della Adrian hanno il dono di essere dei piacevoli romanzi di intrattenimento, scritti bene, scorrevoli, da leggere tra un libro impegnativo e l’altro…

Voto: 6,5

lunedì 2 dicembre 2013

RECENSIONE – IL BIZZARRO INCIDENTE DEL TEMPO RUBATO DI RACHEL JOYCE


L’autrice di questo libro, Rachel Joyce, è una scrittrice le cui mani abili hanno saputo scrivere una storia che qualche tempo fa mi ha fatto emozionare dopo tanto tempo, facendomi piangere e ridere nello stesso tempo, lasciandomi un piacevole sorriso sul viso dall'inizio alla fine: "L'imprevedibile viaggio di Harold Fry”. E' bastato leggere questo suo romanzo, per farmi scattare la scintilla e farmi aspettare con il fiato sospeso la sua nuova opera. Non è un sequel, sia chiaro, ma io l'ho aspettato come se lo fosse, con lo stesso entusiasmo!
“Il bizzarro incidente del tempo rubato” inizia con la storia di Byron Hemmings, un bambino di dodici anni, precisamente nell’anno 1972. Anno bisestile.
Il mondo si accorge che proprio per questo la rotazione della terra non corrisponderà più al tempo indicato sugli orologi e che l’unica cosa da fare è quella di aggiungere al tempo 2 secondi in più.
Ma Byron non è convinto di questa cosa, gli sembra piuttosto pericolosa. In due secondi può succedere di tutto: “Puoi fare un passo in più e cadere in un burrone.” Byron non si spiega  come tutti possano rimanere tranquilli e che quei due secondi imprevedibili, significano un momento in più in cui può succedere qualsiasi cosa, mentre per lui inizia una continua ricerca, un'osservazione attenta di tutto quello che gli sta intorno per  carpire il momento esatto dell'aggiunta.
Mai si sarebbe potuto immaginare che proprio l’osservare tutto con occhio diverso avrebbe potuto cambiare per sempre la sua vita e quella della sua famiglia “quasi” perfetta.
La sua mamma, da sempre scrupolosa ed attenta, in una mattina in cui si è in ritardo, come se fosse una cosa impossibile per loro, prende una scorciatoia che non avrebbero mai dovuto prendere ed investe con la macchina una bambina con una bicicletta rossa.
Solo Byron però sembra essersi reso conto del dramma, nemmeno Lucy sua sorella che aveva gli occhi chiusi, nemmeno la sua mamma. Nessuno ha visto la ragazzina con la bicicletta rossa finire sotto la macchina. Ma Byron si fa prendere dal panico e vuole trovare un modo per rendere sua madre consapevole di quello che ha fatto, senza sapere che la sua buona azione scatenerà delle conseguenze terribili.
In parallelo alla storia di Byron, torniamo ai nostri tempi e leggiamo della vita di Jim, uomo con una strana vita, ricoverato più e più volte in gioventù in un ospedale psichiatrico, in preda a disturbi ossessivo-compulsivi, che lo portano ad eseguire dei rituali ogni giorno per essere sicuro che non accada niente di brutto. L'imprevisto che sconvolge le sue giornate così metodiche, si chiama Eileen, una donna tutt'altro che metodica e tranquilla e che, forse proprio per questo suo essere l'opposto di Jim, lo attrae a tal punto da accettare di avere qualcuno al suo fianco, vivendo una storia d'amore quasi adolescenziale, sia nei sentimenti che nelle problematiche. Le storie dei due protagonisti sono apparentemente distaccate ma si capisce immediatamente che c’è una connessione tra loro. Lo si scoprirà alla fine, ma lo si intuirà immediatamente.
Ma la morale del libro, non è ne la storia di Byron, né quella di Jim. Quello che il libro ci vuol far capire è che siamo schiavi di qualcosa che solo un insieme di regole fissate da qualcuno. Se una cosa si chiama come si chiama e non con un altro nome, se ci svegliamo alle 6 e 30, se si va a scuola alle 8 e 30 e in ufficio alle 9, e si pranza in un determinato orario è perché se non lo facessimo ci sarebbe il caos. Ci sarebbe gente che va al lavoro e gente che pranza e gente che va a letto. Nessuno capirebbe più cosa è giusto e cosa non lo è. “A volte è stupefacente guardare una cosa e sapere che, se solo si cambia punto di vista, potrebbe significare altro.”
Ci troviamo davanti ad una storia diversa da quella raccontata ne "L'imprevedibile viaggio di Harold Fry" eppure, la Joyce assolutamente non ha perso il suo tocco magico che sa rendere tutto quasi ovattato, pur essendo estremamente schietta nella scrittura. Non so spiegarlo ma, ancora una volta, nel leggere una sua opera, mi sono sentita come sprofondare in un mare di cuscini morbidi, cullata come in un abbraccio, in una tenerezza senza fine. Ecco, questo è l'effetto che mi fa Rachel Joyce. E' una carezza, anche quando tratta argomenti difficili, è sempre e comunque una carezza.

Voto: 8,5

martedì 26 novembre 2013

RECENSIONE - LE OSSA DEI PERDUTI DI KATHY REICHS

Siamo a Charlotte. La polizia, su segnalazione di un'insegnante di passaggio, ritrova il corpo di una ragazzina sul ciglio di una strada di periferia poco frequentata. Ad occuparsi delle indagini la Dottoressa Temperance Brennan e l'agente della omicidi Slidell. Non una coppia ben assortita. 
A prima vista sembrerebbe una prostituta sudamericana, immigrata clandestinamente, investita da un'auto pirata. 
Ma non per Temperance, lei non è convinta, e pensa soprattutto alla famiglia della ragazzina, che non ne sa niente e non può neanche piangerla. Non riesce a pensare con lucidità, è preoccupata per sua figlia Kathy, lontana in Afghanistan, che non da notizie da giorni.
Nella borsetta rosa a forma di gatto della ragazzina viene ritrovato un documento appartenente ad un uomo d'affari morto mesi prima nell'incendio del suo negozio.
Chi è questa ragazzina? Che ci faceva a quell'ora di notte su quella strada poco frequentata?
Tempe vuole a tutti i costi scoprire qualcosa per dare una giustizia, seppur post-mortem, a questa vittima, forse di un complotto più vasto di quello che si pensi.
Ma ad un certo punto sarà costretta da abbandonare il caso per recarsi proprio in Afghanistan, dove avrà modo di rivedere Kathy, ma soprattutto dovrà indagare sulla morte sospetta di due civili afghani causata da un militare americano.
In un intreccio ben riuscito Kathy Reichs ci regala un'altra storia verosimile, che affronta un argomento di grande attualità.
Un difetto che imputo a questa scrittrice, che ripete ad ogni libro, è l'uso di un gergo troppo tecnico utilizzato per le spiegazioni scientifiche. Ma non è un fattore importante per la storia in se.
Nonostante gli argomenti trattati il romanzo è ben scritto e molto scorrevole. Ben strutturato l'intreccio della trama del giallo.
Voto: 7/8

lunedì 25 novembre 2013

RECENSIONE – BRIDGET JONES. UN AMORE DI RAGAZZO DI HELEN FIELDING

L’avevamo lasciata a sposarsi con Mark, il sogno della sua vita. Il sogno di ogni Cenerentola moderna. Trovare l’uomo della sua vita, un po’ Mark Darcy un po’ Fitzwilliam Darcy. Ed eravamo felici che ce l’avesse fatta.
Questa recensione vorrei non farla, ma purtroppo devo, nonostante l’affetto che provo per la vecchia Bridget. Quella dei due libri precedenti. Quella che abbiamo conosciuta al buffet freddo a base di tacchino di Una, nel primo libro, quando c’era anche Mark…
Mark… la sua presenza/assenza aleggia su tutto il libro… e pesa moltissimo.
Cominciamo dunque ad analizzare il libro… Bridget è invecchiata, e fin qui è normale. Si è sposata con Mark, hanno avuto due figli, Billy e Mabel. Tutto bene finché lui non è morto. Helen Fielding ha fatto morire Mark dalle prime pagine del libro, ci ha tolto il sogno del lieto fine, venando il libro di una sorta di triste déjà vù.
E’ strano vedere Bridget di nuovo sola, a gestire la sua famiglia a brandelli e il suo corpo che ha superato abbondantemente gli anta.
Ma Bridget ce la fa benissimo. Nessuno di noi avrebbe voluto una eroina in preda ai fumi dell’alcool (quello non manca mai comunque!), agli psicofarmaci o perennemente in seduta dallo psicologo. Però ci aspettavamo sicuramente più casino, soprattutto organizzativo, visto che l’ordine Bridget non sapeva nemmeno cos’era.
Ora è una madre di famiglia, non è più una trent’enne confusa. Ha sempre i vestiti macchiati (anche se troppo poco), e invece delle inseparabili sigarette, mastica gomme Nicorette. Non ci sono più i mutandoni contenitivi, ma diete ipocaloriche in cliniche dell’obesità e vestiti di seta blu.
Le situazioni comiche, che negli altri libri ci hanno fatto ridere fino alle lacrime, ora si portano dietro un velo di impalpabile tristezza impossibile da cancellare. E’ come guardare una fotografia divertente che vi ritrae con un caro amico col quale, però, vi siete persi di vista, sorridete, sì, ma il crampetto allo stomaco lo avvertite lo stesso, e ignorarlo è pressoché impossibile.
Ci sono ancora i vecchi amici di Bridget, Tom e Jude, il vecchio Daniel (che è diventato la sua Baby Sitter preferita), sua madre e Una. Ci sono le tipiche situazioni tragicomiche fatte di cerette inguinali, frasi sconclusionate o comunque dette nei momenti meno opportuni. E poi c’è il suo toy boy, che nonostante tutto, riesce anche a farsi voler bene.
E Bridget? Sempre lei, sempre a dieta, sempre a scrivere ogni cosa che le passa per la mente, più che mai modernizzata, oltre al solito diario, proverà la gioia di Twitter e dei  follower perché si è messa al passo con i tempi.
C’è ancora la sua spontaneità che la contraddistingue, quella che la fa piombare in circostanze impensabili o che le fa dire cose che le donne, nessuna esclusa, pensano ma non hanno mai il coraggio di ammettere. Insomma è invecchiata, è vero, ma è sempre lei. E se da un lato ci viene un po’ di nostalgia a trovarla così, forse era anche giusto. Bridget è cresciuta!
Comunque dispiace dirlo, ma il libro non è un granché … Non si possono eguagliare i primi due … Io Bridget la continuerò a ricordare insieme a Mark Darcy mentre cucina una minestra blu...

Voto: 5

mercoledì 20 novembre 2013

RECENSIONE – IL RICHIAMO DEL CUCULO DI J.K. ROWLING

 Premessa: se non me lo avessero dato da recensire non lo avrei mai comprato, a meno che, con il solito passa parola dei lettori di tutto il mondo, si fosse venuto a sapere che il libro era un bellissimo libro anche se il suo scrittore si chiama Robert Gilbraith e non J. K. Rowling. Il perché la Rowling abbia voluto scriverlo sotto pseudonimo per me rimane oscuro.
Lei è la sola e unica mamma di Harry Potter, e di generazioni di lettori ormai cresciuti, ma sempre affezionati, come se il tempo non fosse mai passato. Questa donna che riuscirebbe a rendere avvincente anche un elenco del telefono; la sola che farebbe un best-seller anche della sua lista della spesa, come se fosse ad acquistare gli ingredienti di un accattivante mistero grande quanto il mondo.
Dopo la prova, ben riuscita de “Il seggio vacante”, in “Il richiamo del cuculo” fonde insieme, con la sua maestria senza uguali, la magia del racconto e l’arte dell’indagine. Torna con un intrigante pseudonimo maschile e con un giallo con la lettera maiuscola: struttura dalle linee che più classiche non si può, stile impeccabile, intreccio sinuoso, personaggi credibili ed incredibili al tempo stesso. Pieno di autentica bellezza, limpida grazia e fumoso charme anche nella tragedia, anche nella morte.
Non c’è sangue, non ci sono sudate corse a perdifiato o sparatorie da gangster, non ci sono figure che rinunciano facilmente al loro aplomb – nemmeno in caso di omicidio doloso.
Lula Landry, ventitré anni, vissuti da bellissimo angelo dalla pelle color cappuccino, finisce i suoi giorni sulla terra perdendo la sua polvere fatata e schiantandosi al suolo, senza più le sue ali di seta pregiata a mantenerla a una spanna dal suolo, lontana da fan asfissianti, paparazzi inopportuni, parenti serpenti e viscidi opportunisti.
Cade dal cielo e, leggera come una piuma, non fa rumore: un tappeto di neve attutisce il rumore, ma non l’impatto. Muore sul colpo, con addosso il suo vestito nuovo. I flash, per l’ultima volta, le illuminano il viso: Lula non sorride.
Con una magia l’autrice ci conduce alla scena successiva, ricordando a tutti che, anche se nascosta sotto falso nome, lei è ovunque. “Il richiamo del cuculo” ha, infatti, un fascino tutto femminile; un ritmo che sembra una danza. Ci sono sfilze di particolari a cui gli uomini non farebbero mai caso, e tutti prendono magicamente vita sotto i nostri occhi. Una ricchezza di particolari, come i salotti lussuosi, gli antichi palazzi, le strade buie, il gossip che uccide. L’autrice porta sul banco degli imputati il mondo intero, oscuro per quanto sfavillante e mette alla berlina un sistema che ispirerà insieme fascino e repulsione.
Riempie di una sottile tristezza, anche se non ha una sua voce, il grande personaggio assente, Lula Landry, riportato in vita dai racconti e dai rumors più disparati, e sembra condurre lei le indagini camminando, sui suoi invisibili tacchi alti, accanto agli altri straordinari protagonisti: per vedere le lacrime macchiate di rimmel del suo sregolato e fragile fidanzato – un riuscito incrocio tra Kurt Cobain e Jim Morrison; per sentire ancora l’adorazione nelle parole di un fratello adottivo in cerca di giustizia e di un simpatico amico stilista; per cercare le sue radici perdute.
Tutti sono colpevoli, tutti sono innocenti. Le tante, ma impercettibili sfumature tra innocenza e colpa sono difficili da cogliere, mai come in questo caso. Si potrebbe riassumere la trama, che si dipana in cinquecento pagine di libro in pochissime righe, senza neanche troppo sforzo, ma sarebbe un errore mortale ritenere questo romanzo un giallo come tanti. Eppure, saltando le sontuose descrizioni e i dialoghi, vi perdereste tutto il resto. Un resto frastagliato, dinamico, palpitante, irriverente e mordace. Favoloso. L’esperienza più bella in assoluto è stata conoscere Cormoran Strike: la sgraziata, ingombrante, incredibile e impresentabile nemesi della Signora in giallo, di Sherlock Holmes e Poirot.
Non ha le caratteristiche dei classici detective americani, bellocci,  tutti stirati e pettinati a puntino. Anzi… Lui è come un bozzetto di Picasso. Non ha le pareti piene di foto con cadaveri sanguinanti, il suo piccolo studio profuma disgustosamente di deodorante al lime. Ci sono un sacco a pelo, un bollitore, un set di tazzine spaiate, uno zaino, che vomita vecchie cravatte, camicie sporche e posacenere traboccanti di cicche di sigaretta. Ha la sua personalità, è la sua casa improvvisata. Con il suo brutto nome e il suo brutto aspetto, Strike è uno dei personaggi più belli e completi incontrati. Ogni Sherlock ha il suo Watson, poi; e Strike ha Robin: adorabile, gentile, trasognata e piena di risorse un po’ una Mary Poppins degli investigatori. Con un brillante all’anulare, coraggio da vendere e un lavoro precario come segretaria, che la spaventa e la esalta in egual misura. Questa strana coppia ci regala costantemente sorrisi, dal momento del loro imbarazzante primo incontro fino al toccante e delicato congedo: complici, professionali, rispettosi. Quasi amici, quasi.
“Il richiamo del cuculo” ha scorrevolezza e leggiadria, lo svolgimento perfetto di un giallo in piena regola, personaggi che impari a chiamare per nome come fossero tuoi amici, o nemici, di sempre. E’ grande e funzionale in tutto, senza mezze misure. La prova “inchiodante” è contenuta alla fine, come accade per ogni mistero che si rispetti. Te lo suggerisce il sorriso vagamente ebete che ti è spuntato in faccia nel frattempo e vorresti egoisticamente che questo ambiguo e imperdibile viaggio per Londra ricominciasse da capo. Aspetto un altro caso. Aspetto un’altra avventura di Cormoran Strike.
Consigliatissimo.

Voto: 9

venerdì 15 novembre 2013

RECENSIONE – L’UOMO DELLA SABBIA DI LARS KEPLER

Mikael Reider,  figlio di un importante scrittore svedese,  svanito nel nulla dodici anni prima insieme alla sorellina, riappare nei sobborghi di Stoccolma in una notte nevosa.
È in evidente stato confusionale, molto provato e denutrito, affetto da legionella e con un braccio sanguinante.
Racconta di essere stato tenuto prigioniero dall'uomo della sabbia, quello che, secondo un’antica leggenda, passa ogni sera nelle camere dei bambini tintinnando le dita di porcellana per controllare che tutti si addormentino dopo avergli  sparso sabbia sugli occhi. Ma Mikael dice anche qualcos'altro: sua sorella Felicia, è ancora viva, ed è tenuta prigioniera dallo stesso uomo della sabbia e lui deve tornare per proteggerla.
Il commissario Joona Linna è convinto che il giovane sia stato rapito da Jurek Walter, un serial killer da lui catturato esattamente dieci anni prima, all'epoca della scomparsa di Mikael.
Rinchiuso da dodici anni in isolamento nell'ospedale psichiatrico di massima sicurezza Lowenstromska (istituto simile ad un carcere), Jurek Walter è stato condannato al trattamento sanitario obbligatorio. Due omicidi gravano sulle sue spalle, ma almeno diciannove persone si teme siano scomparse per causa sua.
Una personalità destabilizzante quella di Jurek Walter, tanto che l'equipe dell'ospedale è invitata a non scambiare nemmeno una parola con il paziente, per via della sua capacità di influenzare gli interlocutori.
A stretto contatto con Jurek ci sarà Anders Ronn, nuovo responsabile del reparto dell'ospedale psichiatrico, personaggio abbastanza meschino, libidinoso e frustrato, che sottovaluterà molto Jurek.
Joona ha sempre sospettato che Jurek avesse un complice, visti i fatti successi in seguito alla sua cattura, ma non ha mai avuto modo di provarlo. In questo volume riusciremo a capire il motivo della finta scomparsa della moglie Summa e della figlia Lumi, dopo averne rivelato qualche particolare nel precedente volume “La testimone del fuoco”.
Dove è stato Mikael in questi anni? Ne aveva dodici anni quando è scomparso e ne sono passati altri dieci. E sua sorella? Riusciranno a trovarla e a riportarla alla vita normale prima che muoia di stenti o di legionella?
Per scoprirlo è necessario conquistarsi la fiducia dello stesso Jurek, sospettato di aver rapito ed ucciso altre persone. Il tempo stringe e bisogna anche ricostruire la vera identità del killer scavando nel suo passato.
Oltre al commissario Joona Linna, ritroviamo coinvolta in prima persona, Saga Bauer, bellissimo personaggio femminile un po’ complesso. Psicologicamente forte e fragile al tempo stesso, Saga viene infiltrata nel manicomio criminale dove Jurek è rinchiuso per cercare di capire dove possa essere Felicia Reider. Dovrà con le sue doti riuscire a coinvolgere Jurek e a farsi aiutare direttamente da lui. Ma riuscirà a coprire il suo passato doloroso e il suo incerto presente ad un tipo machiavellico come Jurek Walter?
Quarta avventura per il commissario di origine finlandese uscito fuori dalle pagine de “L’ipnotista”. Cinquecento pagine a ritmo serrato dove non mancano i colpi di scena. L'uomo della sabbia va dunque immaginato come un romanzo orbitale, in cui molti personaggi ruotano intorno al cattivo della situazione. Prede e cacciatori dovranno contrastare lo strapotere e il fascino di Jurek Walter, un serial killer davvero ben costruito da Lars Kepler.
Sono gli stessi autori a dettare il ritmo della lettura. Capitoli brevi, brevissimi che si divorano, leggendoli, e chiusure ad effetto per accrescerne la suspense con frasi altrettanto brevi. Grazie a questa strategia il lettore si ritrova catturato nella spirale di mistero e di pericolo.
Il lettore, come i personaggi, resta avvinto in un cerchio di vendetta e di sangue. E’ un romanzo avvincente, trascinante, agghiacciante e terribile, che fa leva sulla nostra paura più recondita, quella di perdere chi amiamo. Una delle qualità che apprezzo in maniera particolare di questo duo di scrittori svedesi è la capacità di non dipendere dal protagonista principale. Joona Linna sebbene risulti sempre uno dei pilastri dei loro thriller, in questo racconto, come accade ne “L'ipnotista”, non occupa tutte le pagine del romanzo, nonostante ci sia anche un approfondimento relativo al suo passato.
Ottime inoltre le atmosfere gelide e oscure che rendono L'uomo della sabbia, un thriller all'altezza dei precedenti romanzi dello stesso autore.
Voto: 8

lunedì 11 novembre 2013

RECENSIONE – UNA PARTICOLARE SPECIE DI ATTRAZIONE di SAVANNA FOX

Vi ricordate il libro “Una particolare specie di tentazione”? Anche se non era un libro dalla grande attrattiva spero che vi ricordiate almeno la mia recensione. Beh … siamo al secondo capitolo della serie “Una particolare specie di attrazione”. Ritornano le quattro amiche del club del libro e come l’altra volta una emerge e le altre fanno da sfondo alla storia. Più originale del primo, ma come sempre si può parlare di cose già viste e lette. Una scrittura semplice e a tratti ben fatta.
Come già detto nella scorsa recensione la protagonista di questo romanzo è Kim, cinese di Hong Kong, che dovrà entro un paio di mesi tornare a casa dai suoi genitori (che palle!) e prendere in mano la loro azienda, cosa che lei non avrebbe nessuna intenzione di fare, o quanto meno presentargli un piano aziendale di un progetto tutto suo da realizzare.
Nel mezzo di tutto questo c’è il club del libro. Stavolta il libro da leggere è di nuovo un libro erotico (le ragazze ci hanno preso gusto) e a scegliere è di nuovo Marielle. Il libro parlerà di aitanti cowboy, con un titolo molto, molto esplicito “Cavalcala cowboy”.
Per entrare nel merito del libro Marielle propone una gita fuori porta per andare a vedere un rodeo ed entrare nell’atmosfera. Con un po’ di ritrosia anche Kim, cittadina a tutti gli effetti accetta di partecipare.
Alla fine del rodeo Kim, Marielle, Lily e Georgia faranno la conoscenza dei due grandi campioni del rodeo in un pub. E li la serata si svolgerà tra balli, canzoni country e birre a volontà (la nostra Kim non regge l’alcool ricordiamocelo!).
E da qui inizia la vera storia. Kim che aveva visto Ty durante le sue performance lo vede dal vivo e scopre che non è niente male. Lasciata sola dalle sue amiche, leggermente alticcia, alla fine avrà anche lei la sua nottata di sesso alla grande, tranne poi pentirsene, e tanto la mattina dopo. Infatti lei e Ty non hanno assolutamente niente in comune. Lui è un cowboy fatto e finito, campione di rodei, possiede un ranch e adora la vita di campagna. Lei è una studentessa d’arte, cittadina fino al midollo, a cui piace la città e adora tutte le sue comodità e dovrà tornare per forza ad Hong Kong. (Questa tiritera ci verrà ripetuta ad ogni pagina di libro).
E’ una classica storia tra opposti ed entrambi i protagonisti hanno un buon potenziale ma la parte femminile risulta purtroppo pedante e decisamente immatura. L’attrazione tra i due inizia sopra le righe e solo poi si sviluppa descrivendo i retroscena e le storie individuali, un amore intenso con un finale romantico ma un po’ affrettato. La passione, è senza dubbio la protagonista della storia, più di Kim che per quanto abbia dei lati originali, artistici e con tanto potenziale non coinvolge, perché sembra una bambina petulante e le manca solo di battere i piedi per terra. (Questa storia della famiglia, di non deluderla, del fatto che deve tornare a tutti i costi ad Hong Kong e sposare un cinese, che deve fare per forza quello che le dicono i genitori, alla lunga può anche sembrare inverosimile! Anzi lo è! Tant’è che la trattano da cretina anche le sue amiche!)
Un romanzo veloce e una lettura leggera ma la mia impressione è che l’autrice abbia voluto inserire passione, sentimento, personaggi complessi e qualche bella lezione di vita ma in modo un po’ sbilanciato dando risalto prevalentemente alla parte erotica e descrivendo in modo superficiale altri elementi che avrebbero reso il libro ben più valido. Con un mix di dolcezza e sensualità la storia prosegue in modo semplice, una perfetta lettura di evasione con l’innegabile aggiunta del fascino dei cowboy e del mondo dei rodei, un’ambientazione decisamente diversa che dona un carattere in più alla trama e con qualche spunto di riflessione molto valido sulle scelte e sulla famiglia.

Voto: 6-------- (due meno in più dell’altra volta!).

venerdì 8 novembre 2013

RECENSIONE – IL DIARIO DI MR. DARCY DI AMANDA GRANGE

E’ l’anno del bicentenario di “Orgoglio e Pregiudizio”, quindi ci saranno sicuramente molti scrittori e scrittrici che si cimenteranno nel farci rivivere in qualche modo le gesta di Elizabeth e Darcy, di Jane e Bingley, di Mrs. Bennet e delle sue figlie, di Longbourne, Netherfield e Pemberley. Molti scritti sono riusciti, altri meno.
Questo romanzo di Amanda Grange lo possiamo annettere tra quelli riusciti.
Ci ritroviamo di nuovo ai tempi della reggenza, con i nostri eroi. La storia, questa volta, è raccontata dal punto di vista di Mr. Darcy, sotto forma di un diario, che mi è sembrata un’idea azzeccata visto il personaggio metodico e sempre sotto controllo che è il nostro eroe.
Per chi ama la Austen e avrebbe voluto sapere cosa effettivamente pensava Mr. Darcy mentre era lontano da Elizabeth, come se ne fosse innamorato, cosa pensava dei suoi sentimenti, cos’era a turbarlo fino nel profondo, questo è il romanzo giusto.
Come tutti ben sappiamo Mr. Darcy ci è stato disegnato dalla Austen come un essere caparbio, testardo, cocciuto ed orgoglioso, tranne poi consegnarcelo sotto una luce diversa, cambiato in meglio da Elizabeth e dal suo amore per lei. E così ci appare anche in questo romanzo. La stessa cocciutaggine, la stessa testardaggine … Bellissimo il momento della richiesta di matrimonio e del rifiuto di Elizabeth. Lui non riesce a capacitarsi cosa c’era di sbagliato in quello che ha detto e fatto, ma i suoi amici e parenti, Bingley e il colonnello Fitzwilliam gli faranno notare i suoi errori, le sue mancanze e scopre di non essere poi quel gentiluomo che credeva.
In questo romanzo, a differenza di quello della Austen, siamo molto più a contatto con la vita che avrebbe vissuto qualsiasi gentiluomo dell’epoca, facoltoso come Mr. Darcy. Di tutti i balli a cui era quasi costretto a partecipare, di tutte le gentildonne che gli venivano proposte come probabili mogli, molte somiglianti a Caroline Bingley. Notiamo anche molto di più il ruolo voluto in quel tempo dalla donna. La donna non doveva essere intelligente, ma raffinata. Doveva saper ricamare, cantare, suonare, disegnare, qualche parola di francese, avere una bella scrittura e forse leggere qualche libro, ma l’intelligenza era una cosa superflua. Ed ecco perché Elizabeth, seppur nella sua poca raffinatezza, risulta diversa agli occhi di Darcy. Elizabeth mostra di essere intelligente e di saperlo contrastare nei discorsi, quando un’altra dama (nel romanzo ne avremo un assaggio!) avrebbe risposto a malapena e a monosillabi.
Viene particolareggiato il personaggio di Caroline Bingley. Il suo pensiero più recondito viene messo a nudo. La speranza che la sua famiglia si unisca a quella dei Darcy con un doppio matrimonio, quello suo con Darcy e quello di suo fratello con Georgiana. Tocchiamo con mano la sua gelosia e la sua spocchiosità.
Mi sarebbe piaciuto che il personaggio di Anne, trattato solo alla fine, fosse più sviluppato. L’autrice ci porta a pensare ad una storia con il colonnello Fitzwilliam e con un’uscita di scena della zia Catherine piena di stizza.
Lo scritto è scorrevole e di facile lettura. La scrittrice ha saputo ricreare la storia attraverso gli occhi di Darcy con una minuziosa ricerca delle date per stilare al meglio il diario.
Bello anche il tormento di Darcy, che non si capacita come possa essersi innamorato di Elizabeth, una persona così inferiore a lui, il suo combattere questo sentimento quasi con ferocia. Ma è una guerra contro se stesso che ingaggia, perdendola. Bellissima la frase: “Oggi non ho pensato quasi per niente ad Elizabeth. Soltanto una dozzina di volte”.
Mi è piaciuta l’accortezza nei dettagli e lo spirito aggressivo e temerario nel raccontare la storia da un punto di vista diverso.
Voto: 7,5


mercoledì 6 novembre 2013

RECENSIONE - IL FERRO DA STIRO DI GIANNI SIMONI

Inizio con il dire che questo libro mi ha lasciata un po’ perplessa. Il motivo è semplice: nelle prime 130 pagine di indagini non se ne parla. Troviamo Il commissario Miceli alle prese con l’impatto emotivo causato dall'avvicinarsi della pensione, che scopre che a succedergli sarà Grazia Bruni. Quest’ultima suscita la gelosia delle mogli di Petri e dello stesso Miceli che complottano per renderle la vita più semplice. Così fra scaramucce familiari, notti passate sul divano e tentativi di riconciliazione, scopriamo un Petri inedito e molto disinibito. Nello stesso tempo, il commissario Miceli accusa un fastidio alla prostata che lo costringe a peregrinare fra ospedali e farmacie, accompagnato dell’ex magistrato a cui prende paura e si converte di nuovo all'uso della pipa e all'acqua naturale. Ormai in odor di pensione, il commissario Miceli, che, sarebbe felice di chiudere la carriera in tutta calma e serenità, l’ultima cosa che si aspetta a due settimane dal meritato riposo è che proprio il suo più caro amico, Petri, gli piombi in ufficio con una rogna.
Ma Petri, al contrario di Miceli, non perde occasione per inseguire il colpevole di turno, e questa volta il pretesto gli giunge davvero per caso: un ferro da stiro preso in prestito presso un elettricista, in sostituzione di quello guasto di Anna, sul quale spiccano alcune piccole macchioline rosse. Ruggine o sangue? Un indizio assai labile, forse anche trascurabile, ma i due non aspettano tempo e attraverso una rapida analisi della Scientifica, non è difficile avere la risposta: con quel ferro da stiro è stato colpito qualcuno, forse ucciso. Da qui prende l’avvio una complicata indagine per ricostruire a ritroso la strana storia di quel ferro da stiro e, soprattutto, dei suoi proprietari. E’ un caso di omicidio? Riusciranno i due a chiarire tutti gli aspetti di una vicenda intricata e dolorosa, prima che Miceli debba passare il testimone?
I dialoghi e le atmosfere cui l’autore ci ha abituato li ritroviamo anche in questo romanzo. Miceli e Petri formano la solita coppia ben affiatata, ognuno preso dalle proprie preoccupazioni, ma entrambi disposti ad andare fino in fondo per scoprire la verità. L’ex giudice non perde ancora una volta occasione per dare sfogo al suo anticlericalismo, almeno nell'occasione specifica fondato. Inoltre i suoi battibecchi con la domestica Assunta, schierata dalla parte della moglie Anna, sono delle gemme di pura comicità.
Le lettura si dimostra quindi piacevole come sempre, ma resta quella parte iniziale di cui, francamente, mi è sfuggito il senso.

Voto: 7,5

domenica 3 novembre 2013

RECENSIONE - UNA SERA A PARIGI di NICOLAS BARREAU

La romantica Parigi fa da sottofondo alla storia dei due protagonisti. Alain, che nel romanzo è la voce narrante della storia, proprietario di un piccolo cinema d'essai, dove non si vendono i popcorn e vengono riproposti vecchi film d'autore e dove, soprattutto il mercoledì la fanno da padrone i film d'amore. E lei, che all'inizio la conosciamo come la ragazza col cappotto rosso, che si siede sempre alla fila 17, e frequenta sempre il secondo spettacolo del mercoledì.
Finalmente una sera, dopo le insistenze del suo amico Robert, un astrofisico sciupa-femmine, Alain si decide ad avvicinarla e ad invitarla a bere qualcosa. Lei timidamente accetta. Passano una bellissima serata, si raccontano tante cose e finiscono a baciarsi sotto casa di lei, sotto un albero di castagne. Sono di già innamorati. Lei però deve assentarsi per una settimana, deve andare a trovare sua zia in Britannia, ma gli da appuntamento per il mercoledì successivo al cinema. Gli lascia una lettera dove gli dice tutto ciò. Lettera che Alain conserverà con molta cura e che leggerà almeno un centinaio di volte. Lui almeno, è già innamorato.
Tutto sembra girare per il verso giusto, perché la sera dopo Alain ha la fortuna di incontrare il famoso regista americano Allan Wood e la famosa attrice francese, trasferitasi in America, Solene Avril. Gli fanno una proposta a cui non può dire di no. Utilizzare il suo cinema per delle riprese di un film "Ricordando Parigi", dietro lauto compenso e con una pubblicità gratuita che gli consentirà di riempire il cinema, dapprima di curiosi e poi di veri cultori del genere.
Se la mattina precedente si era svegliato felicissimo dopo la serata con Melanie e soprattutto dopo aver ricevuto la sua lettera,  con la consapevolezza che le riprese del film avrebbero portato qualcosa di buono, il nostro eroe, una settimana dopo è uno straccio d'uomo.
Melanie è scomparsa non si è presentata all'appuntamento fissato. Non ha più notizie di lei e non sa nemmeno come rintracciarla. Non ha un telefono, un indizio, nemmeno il suo cognome.
Comincia così una sorta di caccia al tesoro per Parigi, descritta magistralmente da Nicolas Barreau, tant'è che sembra di essere lì presenti e girare per le sue strade insieme ad Alain.
Si fanno strada una serie di supposizioni, mentre Alain si strugge per la mancanza di notizie.
Alain è un bel personaggio. Non è il classico uomo piacente e tutto muscoli. Soprattutto è un insicuro, un imbranato, ma molto dolce. Si prepara i discorsi ma inevitabilmente li dimentica, è un imperfetto, ma fa di tutto per dare il massimo.
Melanie mi è sembrata un po' vuota. Troppo sensibile, un po' retrò. Barreau nonostante tutto sa darle un tocco di credibilità.
Alla fine si scoprirà che Melanie non si è presentata al famoso appuntamento con Alain per qualcosa che gravita attorno alle riprese del film. Ma tutto si sistemerà con il solito tocco magico offertoci da Barreau.
E' un libro molto aulico, leggero e dolce. E' forse una storia improbabile, ma non impossibile e i personaggi potrebbero essere veri.
Inoltre ho apprezzato i toni di questo romanzo. Un grande amore, ma senza accenni a passioni travolgenti. Solo sentimenti.
Voto: 8

RECENSIONE - CENTO SFACCETTATURE DI MR. DIAMONDS. SMAGLIANTE vol. 2 di EMMA GREEN

Il bellissimo Gabriel Diamonds ha trascinato la giovane e graziosa Amandine nel suo mondo voluttuoso, fatto di lusso e di piacere. Ma anche di dubbi, d'impazienza e di paura di perdere l'altro.
Perché non bisogna mai dare nulla per scontato con l'enigmatico Mr. Diamonds.
Fino a dove sarà pronta a spingersi Amandine?
Il rischio è quello di perdere Gabriel o di perdere se stessa?
Visto e rivisto...
Voto: 3

RECENSIONE - CENTO SFACCETTATURE DI MR. DIAMONDS. LUMINOSO vol. 1 di EMMA GREEN

Amandine è una giovane giornalista che lavora per una rivista di enologia. Per sua fortuna o sfortuna il suo capo la manda ad intervistare una "Primula Rossa" del settore, Mr. Gabriel Diamonds. Famoso enologo che possiede una bellissima proprietà ad Angouleme, dove sta per dare una festa per pubblicizzare i suoi vini. Solo pochi eletti sono scelti per questa specie di festa e Amandine è una di loro, solo perché il suo capo non può andare. 
Durante il viaggio in treno cerca notizie sul personaggio in modo da buttare giù qualche domanda, ma appena vede la sua foto Amandine pensa che sia proprio un bell'uomo, ma molto, molto discreto, visto che nessun sito di gossip parla di lui. 
Complice il dondolio del treno Amandine si addormenta e sogna un Mr. Diamonds in versione cavaliere. 
Appena arriva nella proprietà viene notata subito da Mr. Diamonds, che non perde tempo e la guida alla scoperta di un mondo fatto di lusso, di piaceri e soprattutto di rapporti carnali e voluttuosi e insaziabili. 
Per Amandine si aprono le porte del desiderio. Resta da vedere dove la condurranno.
Voto: 4

RECENSIONE - CONTRATTO DI PASSIONE di JENNIFER PROBST (Vol. 3)

Serie dei "Contratti" parte 3ª.
Questa volta la storia è incentrata sul rapporto tra Maximus Gray e Carolina Conte, la piccola di casa.
Alla fine del secondo romanzo, l'avevamo lasciata con il Libro di Magia di Alexa e il suoi incantesimo pronto. Stavolta non è una lista di tutte le cose che vorrebbe che un uomo avesse, che Carolina presenterà a Madre Terra, ma non darà altra scelta, scriverà il nome dell'uomo che ama da sempre, quello di Max.
Da allora sono passati tre anni. Carolina è una donna fatta, va  verso i trent'anni (ne ha 26!), ma viene ancora trattata come un'idiota!
Io non riesco a capire questa autrice come faccia a descrivere Bergamo come fosse un paese del sud del 1800!
Così retrogradi, dove una a 26 anni non può scegliere da sola quello che cavolo fare nella vita, perché il paese sparla, mi sembra un tantino esagerato!
Va bene il "Libro di Magia", ma perché l'autrice non si informa un attimo su com'è Bergamo nel 2013?
La storia: Carolina è cotta da sempre di Maximus, detto Max (anche questo essere italiani e poi avere i nomi e cognomi americani o anglosassoni non l'ho capita!), ma lui l'ha sempre trattata come la sorellina minore, con rispetto e come un esserino da difendere, perché anche se non fa parte della famiglia Conte legalmente, lui si sente uno di loro. Soprattutto con Michael che per lui è un fratello, e quello che Michael dice è Vangelo. Quindi, quando quest'ultimo gli impone di svezzare Carolina e di farla diventare una grande manager, storce un po' il naso per il ruolo di balia, ma poi accetta; un po' perché deve, un po' perché pensa che ne potrebbe trarne un vantaggio, prima o poi.
Quando Carolina arriva, Max scopre che le cose potrebbero andare differentemente da come le aveva programmate. Carolina non è più la bambolina sottomessa che ricordava a Bergamo, ma una donna decisa a prendere in mano la sua vita.
Tra un battibecco e l'altro i due opposti si attraggono.
Carolina sfida Max e Max cerca di rintuzzare come può, spesso nascondendosi nel "volere" di Michael.
Carolina vuole di più e non stenta a chiedere a Max quello che vuole. Lui rifiuta più e più volte. Dice a se stesso che non è l'uomo giusto per lei, ma il vero problema è che lui non sa tenersi un rapporto perché pensa di essere come suo padre. Un uomo che ha avuto una relazione con sua madre e che l'ha abbandonata appena dopo la sua nascita disobbligandosi con del denaro, non pensando di rovinare la vita di quella donna, guardata male da tutto il paese. (Mah!)
Causa viaggio di lavoro a Las Vegas i nostri eroi vengono a un compromesso, una sola notte di gran sesso e poi amici come prima.
Ma... C'è sempre un ma. Ci si mette contro la sorte nella persona della Gran Matrona Conte, che chissà come, riesce ad entrare nella camera d'albergo della figlia e ci scopre Max in mutande e sua figlia nuda nel letto.
E qui siamo all'inverosimile... al matrimonio riparatore... Cavolo... una a 26 anni non può farsi una trombata che arriva la mamma con l'indice puntato?
Beh che dire... Maximus combattuto ma con la paura che la sua mammina lo venga a sapere e si dispiaccia tanto del suo comportamento che ricalca quello paterno, accetta e Carolina??? Beh è una brava figliola e fa quello che la mamma le dice... quindi si sposa! D'altronde è a Las Vegas!!!
Ma al ritorno Carolina non è contenta, d'altronde Max l'ha sposata solo perché costretto e non perché  è innamorato di lei.
Tra un tira e molla di qua, una colomba ferita di là, lei che lascia lui, lascia il lavoro e riprende a dipingere, tra qualche seduta di sesso spinto, le cose tra i due si rinsalderanno, i dubbi si chiariranno e tutti vivranno felici e contenti!
A proposito... ci sono altre due sorelle Conte da sistemare, Giulia e Valeria. Quindi altri due volumi.
La prossima sarà Giulia, perché se ne parla già alla fine di questo volume e l'uomo, anche se in secondo piano, potremmo averlo già incontrato in questo terzo capitolo della saga.
Voto: 3

mercoledì 30 ottobre 2013

RECENSIONE – NEL PROFONDO DI TE DI SYLVIA DAY

Siamo di nuovo qui a raccontarvi il seguito delle avventure di Eva “sono bella, ricca e tormentata” Tramell e Gideon “ce l’ho lungo e sono più bello, ricco e tormentato di te” Cross. Il terzo volume della trilogia Crossfire, Nel profondo di te ha un’attrattiva pressoché nulla. Se nel secondo c’era una venatura di thriller a rendere interessante la seconda parte del romanzo, qui praticamente è solo un continuo patema d’animo, o di uno o dell’altra, (che palle … altro che psicologo, questi hanno bisogno di una camicia di forza!).
Ritroviamo i nostri eroi che agli occhi del mondo si sono lasciati … anzi no, non solo agli occhi del mondo, anche per Eva, Gideon l’ha mollata per ritornare dalla sua ex fiamma Corinne Giroux; ma scopriremo senza nemmeno tanta suspense, praticamente dopo cinque pagine, che il finto allontanamento di Gideon è solo per distogliere l’attenzione della polizia da Eva. Lui vuole proteggerla in caso dovessero scoprire il suo coinvolgimento nella morte di Nathan Barker. Incredibilmente la nostra Eva accetta con gioia, a parte qualche “leggero” nervosismo, che il suo uomo abbia ucciso un’altra persona, seppur un mostro, anzi ne è fiera che lui abbia fatto questa cosa per lei. (Mah!).
I nostri due eroi sono sempre travolti dalla reciproca attrazione sessuale, tormentati dalla gelosia e inseguiti dai fantasmi del loro oscuro passato di abusi. Ed è esattamente dove li ritroviamo e dove resteranno stanziali per tutto il romanzo. (Se avessi copiato di sana pianta la recensione del secondo romanzo non ci avreste fatto caso … praticamente non c’è quasi nulla di nuovo da dire!).
Le cose nuove? Finalmente riusciamo a capire da chi è stato abusato Gideon, ma non era una sorpresona incredibile … ci si arrivava tranquillamente da soli.
Riappare Brett, che è sempre più innamorato di Eva (perché l’abbia lasciata non si sa … ora che è occupata le rompe le scatole … questi uomini!), che deve promuove il video della famosa canzone dedicata a lei. Si scoprirà in seguito che quello che si pensava fossero immagini false, e create apposta per promuovere la canzone, sono immagini vere rubate dai vecchi backstage della band, e quindi anche le scene di sesso intraviste nel video, tra Brett e una bionda che non si vede mai in faccia, sono vere. E ce ne sono molte altre, che potrebbero essere date in pasto alla stampa, quindi il solito Gideon deve correre ai ripari con soldoni sonanti. (Pensate il povero Gideon gelosissimo a vedere quelle scene!)
Scopriamo che i genitori di Eva ancora si amano alla follia e fanno anche sesso (uffa! Anche loro?), ma che sua madre è talmente avida e attaccata al denaro da non voler tornare con lui. Nel corso di un pranzo ci dirà che non può rivelare il perché di questa cosa perché sua figlia è arrabbiata, ma che lo farà … aspettiamo con impazienza (Ugh!).
E così via, tra stoviglie volanti e faraonici viaggi riconciliatori, con le solite acrobazie sessuali su cui altre parole non spendo. (Ho scopiazzato dalla precedente recensione …  mi piaceva come frase!) ,ci mettiamo le cimici, una giornalista rompiscatole (ma guarda un po’ era una ex di Gideon!), un’altra ex di Gideon con istinti suicidi, il marito di lei geloso che ce l’ha a morte con lui, Cary che vive la sua doppia relazione con Trev e Tracy (che è incinta e pure antipatica!) … insomma … non poteva certo finire qui! No ci subiremo anche il quarto volume (speriamo l’ultimo) della storia dei belli e tormentatissimi Eva e Gideon … ah, si sono sposati durante un week end ai Caraibi … quindi ora lei è la signora Cross … Me ne dovrò ricordare quando la cito all’inizio della prossima recensione (Oooppss, era un segreto!). Ah … altra cosa … il titolo è azzeccatissimo, meriterebbe un bel 10.
Voto: 2