lunedì 29 luglio 2013

RECENSIONE – La verità sul caso Harry Quebert di Joël Dicker


Ho letto la trama e mi sembrava il romanzo perfetto per l’estate. Quando l’ho iniziato a leggere ha destato da subito la mia attenzione, già dalle prime pagine. Il ritmo del linguaggio e l’incedere dei fatti, che si susseguivano con un ritmo incalzante, i colpi di scena mi hanno da subito rapita, e catturata, che avrei voluto leggerlo tutto in una volta.
Marcus Goldman è  uno scrittore  esordiente, che con il suo primo libro ha avuto un notevole successo e ha conquistato milioni di lettori.
La sua vita è cambiata dal giorno alla notte. Cambia casa, comprandosi un appartamento a New York per riuscire a sfuggire ad una madre assillante (fortissimo il suo personaggio!). Comincia a frequentare il Jet-set newyorchese, e con l’abbondanza di denaro, si dà alle feste a cui partecipa gente che nemmeno conosce.
Tutta l’America parla di lui, di Marcus Goldman, tanto che si vede costretto ad assumere un agente letterario ed una segretaria che archivi le centinaia di lettere di fan che gli arrivano ogni giorno.
Ma il successo è effimero. Come è lesto ad arrivare, è lesto anche a dissolversi.
Troviamo Marcus con il più grande orrore che possa capitare ad uno scrittore … quello di non saper più mettere una parola dopo l’altra, un incubo bianco …
Soprattutto lo troviamo alle prese con il suo editore che lo pressa di presentargli il prossimo libro, prima che il nuovo enfant prodige della letteratura americana riesca a soppiantarlo e a farlo dimenticare e soprattutto prima che lui possa intentargli una causa milionaria per non aver rispettato il suo contratto.
La paura di non saper più scrivere gli fanno ricordare il suo vecchio insegnante di letteratura, quello a cui sente di dover tutto, Harry Quebert.
Harry, anche lui affermato scrittore, vive in un paesino tranquillo di una cittadina americana del New Hampshire, Aurora. Una cittadina dove gli abitanti si conoscono tutti e non chiudono mai la porta di casa a chiave e può essere il posto giusto per fargli ritrovare la sua vena artistica, l’ispirazione.
Ma nonostante tutto l’incubo delle pagine bianche lo segue anche lì, e non riesce più a mettere insieme una frase dietro l’altra.
Un giorno quindi si ritrova a frugare tra gli appunti di Harry per farsi venire qualche idea per scrivere il suo più grande romanzo della carriera. E se riuscisse finalmente a trovare qualcosa proprio tra le mura di quella casa? Inizia quindi una ricerca minuziosa di appunti e quaderni di Harry e in un anfratto nascosto di una libreria trova una cassetta misteriosa che contiene foto e lettere. Scopre così, che il suo maestro nell’estate del 1975, aveva intrattenuto una relazione con una quindicenne, Nola Kellergan, scomparsa poi misteriosamente. Da quella relazione era nato il libro capolavoro “Le origini del male” che aveva reso il suo professore un famoso scrittore.
Marcus giura al suo maestro di mantenere il suo segreto, ma ben presto la storia della ragazza torna a farsi attuale. Viene ritrovato il suo cadavere nel giardino di Harry e lui viene accusato di doppio omicidio.
A Marcus toccherà l’onere e l’onore di dover scoprire i segreti che si celano dietro la morte di Nola per scagionare il suo amico, che nonostante tutto, lui crede innocente.
Ci ritroviamo, quindi proiettati, nel passato di Harry e Nola e degli altri personaggi di contorno con sfondo la cittadina di Autora. E nel presente, dove Marcus ritroverà finalmente la sua vena creativa, e inizierà a scrivere un libro. Per il suo successo e per salvare il suo amico Harry Quebert.
L’architettura di questo thriller di Joël Dicker si compone quindi di un gioco di piani sovrapposti in cui la letteratura e la scrittura rimangono sempre al centro.
C’è un libro nel libro. Quello che abbiamo tra le mani, e il capolavoro di Harry Quebert, Le origini del male, legati entrambi a doppio filo con la scomparsa di Nola. Il primo parla dell’indagine eseguita da Marcus Goldman e il secondo dell’amore di Harry e Nola.
La nota un po’ stonata del libro è proprio questa. La storia d’amore di Nola e Harry che ci viene raccontata con i toni adolescenziali di Nola. I dialoghi tra i due sono zuccherosi oltre ogni buon senso. Certo, raccontare una storia d’amore tra una quindicenne e un trentenne non è semplice e crea una sacco di dilemmi.
Questo libro comunque, si merita soprattutto elogi. In tutte le 750 pagine, l’autore tiene sempre alta la tensione, con sorprese che cambiano il punto di vista sulle vicende, sui personaggi, sui rapporti tra di loro. Lo fa senza mai usare facili stratagemmi, con grande talento.
“La verità sul caso Harry Quebert” ha pochi personaggi, che la trama approfondisce in modo molto credibile. Più che continue e clamorose rivelazioni, ci sono spostamenti nel punto di vista.
Cosa c’è di vero o di falso in una storia? Dipende da chi la racconta, e come, e perché. Una regola semplice che però è difficile da applicare in modo efficace. In questo romanzo Dicker con semplicità.
Piccola nota: Il libro racchiude al suo interno una sorta di guida per aspiranti scrittori, infatti all’inizio di ogni capitolo Dicker inserisce uno scambio, un botta e risposta tra Harry e Marcus, a proposito dell’arte della scrittura.

Voto: 8

domenica 21 luglio 2013

Recensione - Quello che mi piace di te di Beth Kery

Secondo capitolo della saga della Kery. Se si fosse formata al primo libro avrei apprezzato, ma niente da fare. I soldi facili fanno gola a tutti e cavalcare l'onda del momento della letteratura erotica a tutti i costi, ha preso la mano di parecchie scrittrici.
Be' se il primo libro lo avevo paragonato ad un Harmony un po' spinto, con questo secondo libro la signora Kery si è superata. Ha fatto peggio.
Scontato è dire poco!
Se il primo aveva l'elemento arte a fargli da buon contorno, qui c'è l'arte culinaria, ma non è certamente trattata in maniera esauriente da poter dare quel qualcosa in più al romanzo.
Comunque i due protagonisti sono troppo stereotipati. Troppo belli, troppo bravi a fare tutto, troppo ricchi, con una vita favolosa, ma con quel qualcosa di misterioso al seguito. Infanzia difficile, adozioni tutti cliché già visti e rivisti.
Strano che non ci sia mai una storia che parli di una donna in sovrappeso o di un uomo con qualche difetto.
Gli uomini sono tutti degli amanti incredibili e devono sempre e comunque sottomettere le loro donne.
Hanno paura per caso di una donna che sappia usare la sua testa?
Quello che più mi sconcerta è che questi libri sono scritti da donne e che rendono le loro protagoniste alla stregua di oggetti sessuali. Ma un po' di autostima no?
I personaggi cambiano solo per il nome. Se nel primo libro avevamo Ian e Francesca, nel secondo abbiamo Lucien ed Elise. Ma per il resto sono molto, ma molto simili.
C'è addirittura una parte copiata bellamente, senza troppi patemi d'animo, dalle 50 sfumature.
Insomma, grandi sedute di sesso, sesso e sesso, dove lui domina e lei dice sempre si.
Non c'è altro! Un pizzico di giallo nelle ultime pagine riaccende un po' il libro... ma è una trovata per lasciare il lettore in sospeso e costringerlo (quasi) a comprarne il seguito. Ma ne abbiamo veramente bisogno?
Voto: 4

giovedì 18 luglio 2013

RECENSIONE – Lui è tornato di Timur Vermes


L’idea di una ricomparsa di Hitler non è certo una novità, visto che il suo corpo non è mai stato ritrovato. E di miti (anche tragici come questo) che ricompaiono di qua o di là nel mondo se ne parla tutti giorni. Quante volte è stato avvistato Elvis Presley? Quanti dicono che il vero Paul McCartney è morto e che invece John Lennon è vivo? Insomma di questi miti ne è pieno il mondo.
Berlino, 2011. Risvegliatosi in un campo incolto in mezzo ad alti palazzi, con ancora indosso la sua uniforme, seppur sporca e dall’inconfondibile odore di benzina, immaginiamo la sua sorpresa. Ma l’uomo, anzi il Führer, non si perde d’animo. Cerca subito qualcuno che possa fargli capire cosa sia successo.
Passa in un attimo, per la sua “somiglianza” con l’altro, da essere un uomo nulla-tenente, affossato dalle diversità dell’era moderna, accerchiato da stravolgenti novità come la televisione, la raccolta differenziata, i computer, i telefonini allo sfruttare al massimo tutto questo. E tutto ciò che è comunicazione, non c’è dubbio che Hitler lo avrebbe saputo utilizzare perfettamente.
Il romanzo di Vermes è un ritratto molto preciso non di un Führer futuristico che sarebbe potuto vivere nel mondo d’oggi, trasportatovi da non so quale macchina del tempo. Ma di quello che in realtà è stato.
Siamo stati abituati a considerarlo un pazzo, un razzista, un folle omicida. Ma, seppur nella sua follia, aveva una sconcertante logica di pensiero.
Vermes ci presenta un Hitler che se la prende con tutti: partiti politici, la UE, Angela Merkel, definita una grassona molliccia mangiatrice di wüsterl. Con la finanza, i giornalisti, la democrazia (che considera un’utopia, forse più del comunismo). Se la prende con i liberali, con i socialdemocratici, perfino con le persone che raccolgono gli escrementi dei cani  (li vorrebbe sterminare), e mescola i ricordi del suo passato, i suoi collaboratori, le sue donne, con questa vita che qualcuno, (chissà chi) gli sta facendo vivere nel nostro presente.
La storia d’altro canto rese evidente come l’universo ideologico voluto dal Nazismo scricchiolasse sotto il peso della sua stessa logica follia. Il mito della superiorità ariana crollerà con lui. Quando Hitler capì di aver perso la guerra, ammise anche che il popolo tedesco non meritava di sopravvivere. Se questa non è fede incondizionata ai propri principi….
L’ironia che ci accompagna nella storia non è comicità, è una satira tagliente di quello che crediamo non essere più e in cui siamo invece ancora completamente immersi: il pantano razzista.
Il libro di Vermes ci mette di fronte ad una realtà storica e ideologica al di fuori del mito scolastico del folle antisemita.
Se leggerete questo libro, quindi, non soffermatevi all’Hitler che finisce su youtube, a quello che fa propaganda in tv. Quello non è che un espediente letterario per scovare l’Hitler che è in noi. Non basta chiudere i lager in Europa se poi si aprono fabbriche fatiscenti in Cina. Non basta la scusa della crisi per giustificare una gerarchia di accesso ai diritti fondamentali dell’uomo.
Di fronte a tutte le atrocità che il nostro sistema globale si inventa ogni giorno, è molto probabile, anzi non c’è nessun pericolo che Lui torni. Lui semplicemente non se n’è mai andato, solo che non sappiamo riconoscerlo.

Voto: 7,5


lunedì 15 luglio 2013

RECENSIONE – Eutanasia d’amore di Fabio Rien


Sono riuscita ad avere questo testo per vie traverse, tanto che dovrò ringraziare la persona che me lo ha passato chiedendomi di recensirlo.
Era da un po’ che il testo mi faceva l’occhiolino da sopra la mia scrivania, tant’è che ieri sera alla fine non ce l’ho più fatta e l’ho preso nelle mie mani. Be’… non ho più smesso di leggerlo fino a finirlo.
Questo libro è un po’ un pugno sul cuore, molto forte. E’ una mano che lo stringe nel tentativo di fermarne i suoi battiti. E’ una stanza senza finestre a cui poco a poco viene tolto l’ossigeno e tu soffochi in essa fino a quando, quel qualcuno, si deciderà a ridartelo.
Mai titolo può presentarsi più appropriato di “Eutanasia d’amore”.
Può la voglia di amare e di essere amati sconvolgere tanto la nostra esistenza tanto da farci vivere una vita parallela? Può inventarsi per noi storie, voci, suoni, persone e persino sentimenti d’amore e di autodistruzione? Può l’amore volere la tua distruzione come scopo ultimo?
Questo libro ce lo racconta in modo crudo e diretto, dicendocelo e poi smentendosi subito dopo, e smentendosi ancora, di nuovo.
Davide protagonista assoluto del libro. Un demone fatto ragazzo. Bello e dannato.
Talmente al di fuori dai normali canoni di bellezza da non passare inosservato, ma lui rifugge da tutto e tutti.
L’unico sentimento a cui non vuole fuggire è quello dell’amore tra lui e suo padre. Troppo breve, troppo intenso, tanto da sfuggirne la perdita.
Lo troviamo in un ospedale in ripresa da un incidente stradale, suo padre è morto da tempo, sua madre si è già rifatta una vita. E ora lui ha anche la faccia di quel demone.
Quindi, è sfregiato nel corpo e nell’anima.
Non riesce ad accettare quello che gli è successo e cerca di prendere a pugni la vita.
Nella sua degenza, dopo il risveglio dal coma, trova ad attenderlo una masnada di persone con cui lui non vuole avere niente a che fare.
Mostra il lato oscuro del cuore perché è l’unico modo per non morire di dolore.
E poi c’è Andrea.
Non sa chi sia, ma sa che lui non lo ha abbandonato, che lo veglia da quando è lì. Dapprima pensa sia la sua coscienza, poi forse il fantasma del padre. Ma poi Andrea si rivela per quello che è: AMORE INCONDIZIONATO. E Davide, che di quel tipo di AMORE ne ha bisogno come aria, si appresta a viverlo appieno  con il tutto il cuore. Stavolta quello tenero, quello fragile.
Tra la storia dei due si inserisce lo psicologo dell’ospedale, il giovane Marco, che tenta in tutti i modi di riportare Davide nella sua vita “normale”. Seduta dopo seduta Davide si aprirà con Marco e la storia proseguirà come un incontro a tre.
Ad un certo punto, nel momento del massimo rilassamento, quando ormai ha lasciato andare il cuore, Andrea sparisce dalla sua vita, dopo avergli piantato un chiodo nell’anima. E Davide reagisce in maniera arbitraria creandosi un secondo se stesso, Alexander. Alexander è un ragazzo che vorrebbe essere forte e prendere senza dare, ma è una macchietta d ‘uomo. Saranno gli altri a prendere e lui a dare tutto. Questo lo rende rabbioso e insicuro, sempre più propenso ad autodistruggersi.
Si circonda di persone che sembra vogliano salvarlo, ma che alla fine da lui non vogliono altro che il corpo, ma dopo averlo avuto sembrano perdere l’anima e restare dannati per sempre.
Tra una vita non vita e tra i tanti eccessi di alcool e psico-farmaci, Davide deciderà che per dimenticare la farsa dell’amore di Andrea, che ancora lo tormenta, l’unico modo è quello di ottenebrare i pensieri, recidere i sentimenti.
A detta dell’autore possiamo crearci un lieto fine. Sta a noi pensarlo e crearlo, come Davide ha creato la sua seconda vita. Lui ci da uno spunto, a noi quindi il motivo per farlo proseguire nella storia.
Lieve e pesante allo stesso tempo. E’ un libro sentito e scritto col CUORE. Quello vero e pieno di sentimento che sa anche sopperire alla mancanza di AMORE, ma che soprattutto è capace di darne! Bravo Fabio.

Voto: 8

mercoledì 3 luglio 2013

Recensione - Nuova Terra. Gli occhi dell'erede di Dilhani Heemba

Il libro che ho appena finito è di una giovanissima scrittrice italiana (mi piace dirlo) anche se solo d'adozione. L'ho iniziato a leggere con molta curiosità cimentandomi per la prima volta nella lettura di un romanzo non ancora edito nella sua forma cartacea (Ah... care case editrici cosa vi perdete!). Su Amazon invece sta riscuotendo un buon successo in formato per kindle, voglia anche il prezzo accessibile. 
Ma passiamo al libro. 
Che dire? Io l'ho trovato assolutamente fantastico e ben scritto. E' una storia che trascina e coinvolge, con azione, amore, tradimenti ed un'epica guerra di cui non si vede una fine. 
Non faccio elogi a vuoto quando dico che nel panorama dei libri fantasy "Nuova Terra" si può considerare il migliore libro letto dopo "Inheritance" di Christopher Paolini. Il genere ha subito un po' di declino ed è rimasto il solo Martin a tenerlo un po' su, soppiantato nelle vendite dagli insulsi New Adult, quindi ben venga Dilhani Heemba. 
Il Mondo disegnato da Dilhani, Nuova Terra, è un mondo che arriva da centinaia di anni di cataclismi, guerre, tremendi terremoti e tutto ciò che la follia umana ha potuto scatenare. 
Qui, in una Roma un po' insolita, vive Shayl'n Til. Vive in un orfanotrofio diretto con energia da Madre Brìgit, che Shayl'n considera alla stregua di una madre vera. 
Il mondo è cambiato e molto. La geografia non è più la stessa. Alcuni continenti si sono uniti ad altri. Alcuni sono proprio spariti. Anche il clima ha subito dei mutamenti notevoli. C'è un caldo mite o un freddo estremo, e Nuova Eyropa li ha entrambi. 
Ma la più grande diversità dal mondo del 2012 è che non sono più gli esseri umani ad avere il potere, ma bensì due specie create in laboratorio dalla follia umana: Tigri Bianche e Lupi Grigi. Esseri umani dotati del potere di trasformarsi in Lupi e Tigri, più potenti, più forti e resistenti anche nella loro forma umana. Sono loro ad avere il potere sui pochi umani rimasti. I Lupi ne hanno di più, ma non perché siano più forti, anzi, le Tigri lo sono di più, sono solo più numerosi. Tra di loro non scorre buon sangue e si fanno la guerra per il potere supremo da più di cento anni, utilizzando le vecchie armi da fuoco di prima dell'apocalisse. 
Ed ecco Shayl'n che sta nel mezzo. Scopre dopo svariate peripezie di essere per 2/4 Lupo, per 1/4 Tigre e per 1/4 Umana. D'altro canto quegli occhi così diversi, verdi brillanti con un cerchio nero, qualcosa dovevano pur significare. 
Shayl'n viene rapita e inizierà il suo viaggio per scoprire la vita cosa ha in serbo per lei. Tra montagne innevate e un freddo intenso, tra deserti assolati e profumi di spezie, in una guerra spietata tra le Tigri e i Lupi. viaggerà in posti mai visti, scoprirà l'amore, quello che fa male e dovrà accettare la sua natura, per combattere e difendere se stessa e ciò che più ama, ed imporre la sua legge con il suo coraggio e la sua forza di volontà. 
Epico e bellissimo questo libro, dove tutti i personaggi hanno un ruolo ben definito e sono ben caratterizzati. Scrive bene Dilhani e il libro si legge con facilità e non si fa fatica ad immedesimarsi nella storia di Shayl'n. Ci sono dei passaggi che ho sottolineato e messo in evidenza sulla mia copia del libro. sono delle frasi così mature, così perfette che fanno restare a bocca aperta e capire quanto la giovane scrittrice si sia impegnata nella stesura di questa storia. 
Unico appunto, ma so che potrebbe essere non facile da attuare, è il disegno del Nuovo Mondo immaginato da Dilhani, potrebbe aiutare il lettore a capire la diversità con quello di oggi. 
Ringrazio Dilhani per aver autografato la mia copia... vista la bontà della storia non sia mai che diventi preziosa!
Voto: 8,5