lunedì 20 luglio 2015
RECENSIONE - Un weekend da sogno di Jojo Moyes
Libriccino simpatico, niente di eccezionale, con un'oretta si finisce. Niente di trascendentale. Storia romantica. Però non vale il prezzo che costa. voto: 6 (di stima)
RECENSIONE – Genesi di Karin Slaughter
Partiamo dal presupposto che
prendendo il libro da una bancarella mi sono accorta dopo che era parte di una
serie e che c’erano due uscite precedenti a questo, e che quindi sono partita
con il piede sbagliato. La storia base del libro non è per niente male, ma il
libro in sé è troppo lungo e ripetitivo in alcuni dettagli. Questo sarebbe il
terzo libro della serie relativa al detective Will Trent, e forse per questo
motivo, tante cose mi sono sembrate avulse. Will Trent è un personaggio
alquanto singolare, sicuramente è un belloccio, anche se ha una cicatrice sul
viso, sembra più un avvocato, che un poliziotto. In effetti è un poliziotto
fuori da ogni canone. Ha dei problemi di dislessia non diagnosticati e quindi non sa leggere. Ha
un passato poco felice. Ha passato tutta la sua vita in orfanotrofio e lì ha
conosciuto sua moglie Angie Polanski. Entrambi sono diventati poliziotti. Ma se
lui è un tipo accomodante, lei è una mangia uomini, quindi le cose tra di loro
non vanno esattamente bene. Ad accompagnare Will c’è la sua collega Faith
Mitchell. Lei al contrario di Will è tutt’altro che accomodante. E’ piena di
pregiudizi nei confronti del suo collega, ma sta imparando ad apprezzarlo,
comprese le sue stranezze di cui nessuno è a conoscenza, se non lei e il loro
capo. In una strada di campagna due anziani signori si trovano coinvolti in un
incidente stradale. Quello che all’inizio sembra loro un cervo è una donna.
Quello che i medici che la soccorrono, notano immediatamente, è che questa
donna è stata brutalmente torturata. Ha delle ferite più o meno profonde in
tutto il corpo, di cui un taglio molto profondo al costato, e ha sicuramente
subito violenza; è denutrita e disidratata. Ha segni di legature ai polsi e
alle gambe. Will cerca di aggirare la polizia locale e inserirsi nell’indagine,
provocando un putiferio, ma il suo intervento sul luogo del crimine gli fa
scoprire la caverna dove la donna, Anna, è stata trattenuta. Dai primi
accertamenti sul luogo, Will ritiene che le donne rinchiuse in quel posto
orribile erano due, e in effetti trovano un cadavere su di un albero. Da qui
cominciano le indagini, lunghe e laboriose. Will e Faith non hanno nulla tra le
mani, e i poliziotti di Rockdale non collaborano affatto. La paziente è in
stato di incoscienza e non sanno chi sia, e l’altra è morta e anche se ha un
nome non può certo collaborare. La trama è complessa, ma è ben costruita, non
fosse, come ho già detto per le continue ripetizioni sugli stati di salute di
entrambi i due investigatori. I capitoli si snodano attraverso le fasi delle
indagini, dove appaiono nuovi personaggi, principali e secondari, regalandoci
una panoramica di quello che possono essere le diatribe tra le varie forze di
polizia, sottigliezze e recriminazioni a livello dipartimentale, che possono
velocizzare o rallentare un’indagine. Lo stile non è mai circostanziale, ma
sciolto e sarcastico, dettagliato e fluido, che riesce a trascendere nel
personale, senza mai penalizzare i fatti che si succedono durante tutto il
romanzo. A differenza dei molti gialli americani, qui i due protagonisti li
possiamo definire “umani”. Hanno entrambi le loro debolezze, che forse ci
vengono messe davanti fin troppo. Will non sa leggere, non riconosce la destra
e la sinistra, e mi sono chiesta spesso, come un tipo del genere possa essere
arrivato a fare l’agente di un reparto speciale di polizia. L’accademia come
l’ha frequentata??? Faith ha i suoi
problemi di salute, oltre ad essere incinta scopre di essere diabetica, tanto
da aver bisogno dell’insulina, ma tende a non accettare la sua condizione
addirittura rifiutando di andare da una specialista. Ok, la sua vita
incasinata, ma addirittura non trovare uno spiraglio di tempo per andare dal
medico, mi sembra esagerato. In sintesi, il romanzo è ben scritto, tranne le
lungaggini e le ripetizioni che ne rallentano un po’ il ritmo, però ha una
trama che regge, interessante ed intrigante. Prima di questo, consiglierei di
leggere gli altri due precedenti, soprattutto per conoscere la storia passata
di Will, di cui qui, si sente la mancanza almeno per far luce su alcune delle
sue vicissitudini. Voto: 6+
lunedì 13 luglio 2015
RECENSIONE – Chicago Stars. Il gioco della seduzione vol. 01 di Suzan Elizabeth Phillips
Ho letto questo libro in formato
elettronico … e ci ho messo una vita e più. Ma non è stato solo il formato, è
stata anche la pochezza del contenuto del libro che non mi attirava più di
tanto. Amo i romance. Sono una romanticona per natura, ma questo libro è molto
banale. Proprio povero. Comincia tutto ad un funerale. Il morto era un uomo
molto ricco, ma privo di sentimenti per qualsiasi altra persona che non se
stesso. Davanti al suo feretro ci sono entrambe le figlie, una è un’adolescente
dimessa, timida e silenziosa, l’altra è una bomba sexy svampita, che si è
addirittura portata dietro il barboncino bianco nella borsa, e il suo amante, un fotomodello ungherese. Il signore in
questione era il proprietario di una squadra di football americano, composto da
omoni enormi (come se non lo sapessimo che i giocatori di football devono in
qualche modo essere degli uomini ben piazzati). Per un incidente il cagnolino
si spaventa e comincia a scappare a destra e manca fino ad arrivare a defecare
sulla bara, la scena più bella di tutto il libro. Dopo questo incidente tornata
a casa, Phoebe, questo il nome della protagonista, si ritrova tra il mutismo e
il rifiuto della sorellastra Molly, e l’avvocato del padre che preme di vederla
per le disposizioni testamentarie. Il padre, per farle un ultimo dispetto,
consegna nelle sue mani la squadra di football dei Chicago Stars, lei che di
sport non ha mai capito nulla, e soprattutto è una che non vuole avere nulla a
che fare con quell’eredità, per di più provvisoria, visto che se non riesce a
raggiungere determinati risultati, dopo 6 mesi le dovrebbe subentrare l’odiato
cugino, Reed, quello che da piccola le faceva le peggiori angherie, anche a
sfondo sessuale. Dopo essere scappata per qualche tempo, lasciando la squadra
in alto mare, con una miriade di decisioni da prendere, Phoebe viene
rintracciata dall’allenatore dei Chicago Stars, Dan Calebow. Ex giocatore, ora
allenatore in rampa di lancio, che la considera una puttanella sfacciata, visto
la nomea che lei si porta dietro. Ma lei è tutto, meno quello che sembra. La
sua è solo una facciata per allontanare qualsiasi uomo dalla sua vita. Non
cerca contatti con nessuno. D’altronde dopo quello che ha subito da adolescente
gli unici uomini che sono stati nella sua vita sono gay, come Viktor. Ma a Dan
Calebow, volente o nolente, Phoebe serve … il campionato si avvicina e lui ha
bisogno della firma di quella che reputa, la più stupida e oca tra tutte le
donne, più della sua ex moglie. Ma, ma mano a mano che i due si frequentano (eh
sì alla fine Phoebe si adatterà ad eseguire le volontà paterne, ed anche di più
mettendosi alla guida dei Chicago Stars), cominceranno a capirsi e ad
apprezzarsi. Phoebe si renderà conto che Dan Calebow non è solo muscoli, Dan
d’altro canto scoprirà che anche Phoebe è in possesso di un cervello, e che
quello che fa è solo una rappresentazione per indurre gli altri a scappare di
fronte a lei. Come spesso accade, il ruolo che le è stato affidato finisce con
lo spingerla a tirare fuori il meglio di sé. E se i completi più conservatori
prendo il posto dei look più sexy e sfacciati, la vediamo usare corpo e
cervello con consapevolezza e lucidità, equilibrio e coerenza. Comunque tra
varie incomprensioni, sesso, ma neanche troppo, musi lunghi, litigi e cani con
i fiocchi, tra partite di football, con qualche gergo tecnico, che per chi non
è pratico si fa fatica a seguire, si imbastisce la storia d’amore tra i due
protagonisti, che finiranno allegramente insieme a godersi l’esistenza, con tre
quattro pargoli da gestire. E vissero tutti felici e contenti. Voto: 3
domenica 12 luglio 2015
RECENSIONE – Il respiro leggero dell’alba di Rachel Simon
Quando comprai questo libro, ad
attirarmi furono il titolo, un po’ aulico e sognante, e l’immagine di
copertina, a cui avevo dato un significato diverso da quello che ha veramente.
E’ una notte tempestosa quella che Martha, maestra in pensione e vedova da
tempo, si appresta a passare dentro la sua fattoria dalle finestre troppo
piccole. E’ il novembre del 1968. Mentre si sta preparando per la notte sente
bussare alla sua porta, fatta tutta di legno senza nessuno spiraglio, quindi
non sa chi possa essere a quell’ora tarda. Dall’unica finestrella riesce a
scorgere quelle che sembrano due persone, ma non riesce a vedere bene. Apre
quindi la porta e davanti a se vede un uomo di colore e una ragazza pallidissima.
Sono entrambi fradici e spaventati e Martha non ci pensa su un attimo, spalanca
la porta e li fa entrare. Martha non sapeva ancora che quella sarebbe stata la
notte che le avrebbe cambiato la vita per sempre, nonostante avesse ormai
settant’anni. Offre ai due del cibo caldo e dei vestiti asciutti, e fa in tempo
a vedere il perché della loro fuga. Un fagottino di bambina, nascosto sotto i
vestiti di lei. Ma la polizia non tarda ad arrivare. L’uomo riesce a fuggire,
mentre la ragazza viene presa in custodia dagli agenti, ma prima di andarsene
riesce a sussurrare un messaggio all’anziana donna: “Nascondila!” La colpa dei
due ragazzi è quella di essere “diversi” per il mondo. Lei è “ritardata”, dice
l’agente alla donna, lui era un poco di buono. Ma in cuor suo Martha sa che la
storia di quei due è ben altro, e che deve dare alla piccola una possibilità. Così
inizierà la seconda vita di Martha, Lynnie e Numero 42, divisi, ma uniti da un
cordone ombelicale indivisibile, la piccola neonata. Martha si ritroverà a far
da madre alla piccola Julia e a fuggire per il paese, lei che di figli suoi non
ne aveva mai avuti, Lynnie sarà costretta a tornare alla “Trappola” e a celare
a tutti il suo segreto, mentre Numero 42 sarà costretto a barcamenarsi per
vivere. Tutti con la speranza di potersi un giorno riunire. La Simon è riuscita a creare
una bellissima storia. I personaggi sono indimenticabili e la narrazione
coinvolgente. Ci porta a conoscenza del dramma che vissero i bambini affetti da
disabilità intellettive negli Stati Uniti degli anni ’60, costretti a vivere in
Istituti Statali di Correzione, istituti che sono rimasti aperti fino ai non
lontani anni ’80, e che vennero chiusi grazie a scoop giornalistici e dopo dure
lotte, che portarono alla luce anni di abusi, violente fisiche e sessuali.
Ragazzini che venivano rinchiusi per la disinformazione che le famiglie avevano
delle malattie dei loro congiunti, quasi fosse una vergogna, una sconfitta
avere dei figli con malattie dell’apprendimento, che se prese in tempo sarebbero
state curabili. Ma c’erano anche delle forme pregiudiziali, che permettevano a
chiunque di rinchiudere le persone negli istituti, come quelle subite da Numero
42, solamente perché uomo di colore e sordo dalla nascita, analfabeta e quindi
incapace di comunicare. Libro ben fatto, ben scritto e ben raccontato.
Consigliatissimo. Voto: 8,5
lunedì 6 luglio 2015
RECENSIONE – Lila e le 9 piante del desiderio di Margot Berwin
Francamente quando ho finito
questo libro mi sono chiesta: “Ma che messaggio avrà mai voluto dare la sua
scrittrice? No, perché io dopo diversi giorni a rimuginare non l’ho ancora
capito!” Lila è una giovane donna, carina, non bellissima. Vive a New York e
lavora per un’agenzia pubblicitaria. Ha appena divorziato e si è trasferita in
un anonimo e piccolissimo appartamento e ha l’esigenza di sostituire il
matrimonio con qualcos’altro. Un giorno entra in un mercato e incontra un uomo.
Non è il classico belloccio, vestito per bene che frequenta il suo ufficio. No,
è un uomo molto bello, dall’aria trasandata ma ricercata e vende piante
tropicali. Il suo nome è David e Lila, alla ricerca di qualcosa non sa se
s’innamora dell’immagine che ha di prima impressione dell’uomo o delle sue
piante tropicali. Comincia quindi a comprarne un paio di esemplari e a curarli
in casa nemmeno fossero dei bambini. Durante il suo peregrinare in giro per la
città, Lila si imbatte in una strana lavanderia, piena di piante, il muschio in
terra. Il suo proprietario è Armand tanto strano, quanto è strana la sua
lavanderia. Armand resta affascinato dai gusti che Lila sembra avere per le
piante tropicali, tra cui una che ha esposto nella vetrina e gli racconta un
segreto. In una stanza della lavanderia ci sono nascoste le nove piante del
desiderio, e se riuscirà a far nascere le radici ad una talea che le regala,
dovrà tornare da lui e la metterà a parte del suo segreto. Ma Lila è una donna
materialista e avida e pensa bene di coinvolgere David Exley, in un affare,
dove tutti, compreso Armand, potrebbero guadagnare con le piante tropicali. Ma
David ha sentito parlare delle 9 piante del desiderio e dopo la rivelazione di
Lila penserà bene di rubare le piante ad Armand. Lila è ridotta uno straccio,
sa che la sua avidità ha compromesso il lavoro di Armand e vuole a tutti i
costi risarcirlo. Ma l’uomo non vuole soldi, vuole che Lila parta con lui in
Messico per ritrovare tutte e 9 le piante del desiderio. Il viaggio di Lila non
sarà solo per sistemare il danno che ha causato ad Armand, e non avrà come
obiettivo solo la ricerca delle 9 misteriose piante, ma anche la ricerca di se
stessa. Il viaggio nella giungla è anche il viaggio alla scoperta di quello che
ha dentro e delle sue enormi capacità. Qui incontrerà una serie di personaggi,
che le stravolgeranno l’esistenza, tra animali spirito guida, scorpioni,
scimmie urlatrici, foreste umide, e piante incredibili. Alla fine mi è rimasto
il dubbio. E’ un libro d’amore o di botanica? Non saprei. Voto: 6
(stiracchiato), certamente non lo consiglio.
mercoledì 1 luglio 2015
RECENSIONE – Missing: New York di Don Winslow
Inizio con l’ammettere che “Don”
è uno dei miei scrittori preferiti. Semplicemente, lo adoro! Mi manca da
leggere solo uno dei suoi libri, e non mi sono mai pentita di averne comprato
uno. Ringrazio ancora, sentitamente, un mio collega di lavoro, anche lui
appassionato lettore, di avermelo fatto conoscere. Winslow è uno scrittore che
nel genere dei gialli americani, infarciti di uomini duri e puri, di quelli
molto corrotti, di droga, alcool, mafia e sparatorie, ci sguazza. E’ il suo
elemento. Il suo habitat naturale. La storia inizia con il rapimento di una
bambina di cinque anni: Hailey Hansen, davanti alla porta della sua casa. Frank
Decker detto “Deck” è un sergente della polizia locale, a cui viene affidato il
compito di eseguire i primi, importantissimi accertamenti. Perché le
statistiche dicono che quasi il 50% dei bambini sequestrati viene ucciso entro
un’ora dal rapimento. Ma le ore passano, e di Hailey non c’è traccia. Tutti gli
investigatori e gli addetti ai lavori pensano sia già morta, ma Deck non ha
intenzione di mollare. Sente che Hailey è viva e ha promesso a sua madre di
riportarla a casa. La storia diventa quasi un romanzo “on the road”. Frank
Decker parte in un lungo viaggio solitario, con pochi i pochi appigli e le
poche tracce che ha scovato, accompagnato dalla sua berlina del ’74 e dalla
voce di Bruce Springsteen. Saranno molte le strade e le direzioni da prendere
per stare dietro e controllare ogni labile indizio. Quando finalmente una chiamata
lo porta nel cuore di New York. E da qui il ritmo del romanzo cambia. I ritmi
calmi e introspettivi si velocizzano diventando incalzanti, trascinando chi
legge in un vortice di emozioni, azioni, sospetti, sconfitte e vittorie. La
prosa di Winslow è precisa riflessiva e lenta quando serve, veloce e cadenzata
nelle azioni. Rallenta, e improvvisamente accelera di nuovo. La sua scrittura è
semplice e scorrevole. Fin dalle prime pagine i suoi personaggi riescono a
catturare l’attenzione del lettore, sembrano molto veri e vivi. Spesso mentre
leggi sembra avere la storia che ti passa davanti agli occhi come se fosse un
film. E’ un libro molto crudo di per sé, non ci sono giri di parole, è tutto
nero su bianco. L’argomento non è certo di quelli facili. Il rapimento di una
persona non lo è mai, ma quando si tratta di bambini è anche peggio. Quello
raccontato da Winslow è un piccolo mondo, il mondo ristretto di Frank Decker,
intorno a cui ruotano persone, eventi e speranze. Un argomento così delicato
poteva far cadere l’autore nella trappola di suscitare commiserazione e pietà
nel lettore. Ma sarebbe stato troppo scontato e questo libro non è nulla del
genere. Questa è la storia nitida e senza fronzoli della ricerca forsennata di
una ragazzina scomparsa. Di un poliziotto che non vuole arrendersi
all’evidenza, ma che spera, rinunciando ad un pezzetto della sua vita, di
riportarne a casa un’altra sana e salva. Voto: 8
RECENSIONE – Un regalo per te di Nora Roberts
Libro che più natalizio di così
non si può. Letto in questo periodo può sembrare anche assurdo … ma saranno
stati l’afa e il caldo a farmelo scegliere avevo bisogno di un po’ di refrigerio
e invece … Invece ho trovato la “Zia” Nora in uno dei suoi momenti sdolcinati,
come uno dei bastoncini di zucchero che i bimbi americani amano attaccare agli
alberi. Il libro è suddiviso in tre storie brevi. Il primo racconto “Bianco
Natale”, ci parla della storia di Jason e Faith. Lui giornalista di grido,
vincitore di un sacco di premi, lei dottoressa della bambole, si ritrovano nel
paesino che lui aveva lasciato attratto dall’esplorazione del mondo, dopo dieci
anni, e i sentimenti che credevano morti da tempo, si riaffacciano
immediatamente alla ribalta, complice il Natale in arrivo. Il secondo racconto,
Canzoni di Natale, è la storia dei due gemellini identici Zack e Zecke, che
vogliono disperatamente una mamma. Pensano bene di chiederla per regalo nella
letterina a Babbo Natale, non dimenticando nemmeno di spiegarne le
caratteristiche, per far piacere a loro papà. I protagonisti “veri” l’aggiustatutto
Macaulay Trevor e l’insegnante di musica Nell Davis si troveranno da subito e
gli occhi a cuore ci seguiranno per tutta la loro storia. L’ultima storia, “Un
dono del cielo” è quella dove si incontrano Gabriel, famoso pittore in ritiro
spirituale, e Laura, che sta fuggendo dalla sua vita precedente, “leggermente”
in stato interessante. Complice una imprevista tormenta di neve di aprile,
rimarranno bloccati nell’efficiente cottage di lui. Le 3 storie hanno tutte un
punto in comune, l’ambientazione nevosa. Quello che fa pensare a rumori
attutiti, a paesaggi incantati. Lo stile della Roberts è semplice e
perfettamente adatto a quello che ci vuole raccontare, delle storie legate allo
spirito natalizio. (Di solito siamo tutti più buoni in quel periodo no?) L’altro
punto in comune è il “Colpo di Fulmine”, anche se nella prima storia i due
protagonisti si conoscevano già, il loro è un po’ un colpo di fulmine dejà vu.
Per gli altri protagonisti, gli occhi a cuoricino (♥♥) spuntano
in un attimo. D’altronde il protagonista vero di questi tre racconti è proprio
l’amore, quello melenso, quello delle favole, quello da carie ai denti … ma
ogni tanto, noi romanticone ne sentiamo quasi il bisogno di storie così, tanto
per “tafazzarci” (*) un altro po’. Lettura leggera che serve a passare un po’ di
tempo senza pensieri. Messo via sopra lo scaffale, ce ne dimenticheremo presto.
Voto: 6 (di stima). (*) “Tafazzarci” da Tafazzi, vecchio personaggio interpretato
dal trio comico Andrea, Giovanni e Giacomo.
RECENSIONE – Pilgrim di Terry Hayes
Pilgrim è il romanzo d’esordio di
Terry Hayes, ma in questo caso esordiente non significa principiante. Hayes è
uno sceneggiatore di Hollywood, di quelli di razza. Logico che il romanzo non
poteva che beneficiare dei tanti anni passati a intessere dialoghi e trame.
Pilgrim è un romanzo che si fa fatica a catalogare in un genere letterario.
Inizia come un thriller, vira verso lo spionaggio internazionale, passa al
giallo e finisce con il filone dei drammi apocalittici. Per miscelare tutti questi aspetti è
necessario conoscerne gli ingredienti di base, che in questo libro sono tutti
presenti. Hayes è capace di legare gli elementi classici dei generi dimostrando
che per sfornare un buon libro, non si deve per forza cercare l’originalità.
Iniziamo con il tema del thriller. Il libro si apre con un omicidio quanto meno
insolito, nessun indizio, solo un cadavere di una donna immersa nell’acido,
quindi resa irriconoscibile da un killer astuto. Proseguiamo con lo spionaggio.
Ecco apparire sul luogo del delitto un ex agente CIA, che in un momento di
stasi della sua vita, aiuta un suo conoscente sulla scena del delitto. Ed ecco
il giallo. Un apparente suicidio, sulle coste turche, è legato
indissolubilmente all’omicidio negli Stati Uniti. Anche il suicidio è stato
architettato nei minimi dettagli, proprio per nascondere un altro omicidio.
Arriviamo al dramma apocalittico. Cosa già vista, e rivista, ma non per questo
meno avvincente: Cosa può esserci di meglio di una minaccia di contaminazione
attraverso un virus inarrestabile? Sembrano parti di diversi libri, invece è
uno solo, sistemato ben bene nella trama che consta di 800 e passa pagine. La
trama è arzigogolata, ma è coerente e agevole da seguire. Non mancano momenti
in cui si rimane increduli, ma non durano molto, e non riescono a tagliare il
filo conduttore su cui si regge la storia, anzi, ci sono delle trovate ottime.
Ma non è certo tutto qui. Pilgrim non è un libro che si regge esclusivamente su
una trama bene congegnata. Il romanzo scorre, senza mai appesantirsi o indurre
alla distrazione. Hayes è un maestro nel creare
la storia e far restare il lettore incollato alle pagine, capitolo dopo
capitolo, sino al climax finale, è come se ti mettesse con le spalle al muro e
ti dicesse: leggi! Ci sono delle parti del libro che ho amato, molto. In un
libro che va di corsa come questo, ha delle parti riflessive fantastiche, dove
l’azione è tenuta in disparte e prevale l’approfondimento dei personaggi, la
scrittura resta agile e piacevole. In poche parole è la suspense che ti
costringe ad andare avanti pagina dopo pagina, ma è la bella scrittura che ci
fa provare godimento nel farlo. Pilgrim si apre con una finestra su New York,
dove un detective sta indagando su un omicidio complicato: il corpo di una
donna è stato ritrovato immerso in una vasca da bagno colma di acido. Insieme
al detective, nella stessa camera c’è un altro uomo, autore di un libro su
molti delitti irrisolti, e dal quale l’assassino ha preso parecchi spunti per
farla franca. L’uomo è una spia, il suo nome in codice è Pilgrim. Lo spunto per
iniziare è proprio l’omicidio che apre il libro che ci porterà ad una trama
molto più ampia di quella di un semplice poliziesco che ci si aspetta
all’inizio. In un attimo ci ritroviamo in un arco temporale post 11 settembre,
con i terroristi alla riscossa contro gli Stati Uniti. Il libro, come ho già
detto, è scritto bene e non annoia, anche grazie ai numerosi flashback che ci
aiutano a conoscere i protagonisti, con il clou nella più classica delle cacce
al terrorista che uccide persone innocenti senza nessun apparente motivo. La
trama si snoda attraverso culture e sentimenti diversi. Il punto di forza del
libro sono proprio i personaggi che
Hayes è riuscito a creare: una spia veterana, un integralista islamico, una
killer che non lascia tracce, se non i cadaveri di chi uccide ed infine un
tenente della polizia, eroe dell’11 settembre. Sembra un’accozzaglia di
personalità, ma una volta che si inizia a leggere il romanzo, tutto combacia e
torna al suo posto, e si scopre che ognuno dei personaggi, ricopre un ruolo
fondamentale nella storia, e l’assenza potrebbe creare un buco nero all’interno
della trama. Altro punto di forza è il ritmo del libro, serrato nella maggior
parte del racconto, compassato e riflessivo nell’introspezione dei personaggi.
Hayes ci regala una tale suspense da farci divorare le pagine una dopo l’altra
per scoprire la fine della storia. Lo stile è scorrevole, e il libro è un
piacevole intrattenimento. E’ una storia classica, di lotta tra il bene e il
male, ma è grazie al mix, riuscitissimo dei protagonisti implicati, e al ritmo
scorrevole della narrazione che Hayes riesce a regalarci un buonissimo libro.
Molto più spy-story che giallo-thriller, quindi consigliato molto più ai sostenitori
del primo genere, che del secondo. Voto: 8
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