Secondo romanzo di Vanessa
Diffenbaugh, il primo mi era piaciuto molto e sinceramente avevo un po’ paura
di questo secondo romanzo. Soprattutto quando si viene strombazzati a destra e
a manca con un battage pubblicitario da far paura. Le conferme d’altronde sono
molto più difficili degli esordi. Ma invece no. Questo romanzo è stata la
conferma che la
Diffenbaugh è una brava scrittrice. Le ali della vita è una
storia che parla di amore: materno, filiale, adolescenziale, ma tutti, tutti
veri. Letty è la sua protagonista, imperfetta in ogni suo aspetto. E’ una donna
di trentadue anni e l’inizio del romanzo ce la fa vedere proprio con tutta la
sua imperfezione, è su un’autostrada che guida ubriaca alla ricerca di sua
madre Maria Elena. Non vuole perderla perché lei non è mai stata capace di fare
la madre. E in effetti proprio in quel momento i suoi due figli, Alex di 15
anni e Luna di 5, sono soli a casa addormentati. Ma Letty non pensa ad altro
che ad andare a recuperare sua madre, è la cosa sicuramente più importante
perché lei non sa come sono i suoi figli. Letty riuscirà a raggiungere sua
madre e suo padre in Messico, ma verrà respinta da quest’ultima, deve tornare a
casa ad occuparsi dei suoi figli, prendersi
le sue responsabilità. Letty si sentirà smarrita. Scoprirà di non conoscere per
nulla i suoi figli, dalle cose più semplici come i loro gusti, alle loro
abitudini. Perché non basta di certo dire di essere madre, per diventarlo. Ma
l’amore, che nonostante tutto prova per i suoi figli, potrà forse concederle
un’altra opportunità. Ma dovrà imparare in fretta, perché i suoi figli, privati
dalla presenza dei loro nonni, hanno bisogno di lei in tutto e per tutto. La Diffenbaugh tratta tra
gli altri argomenti quello dell’immigrazione irregolare, infatti Letty è figlia
di genitori messicani irregolari, mentre lei essendo nata negli Stati Uniti è
un’americana a tutti gli effetti come i suoi figli. Vive in una zona malfamata
in California, dove il fango, l’autostrada e l’aeroporto la fanno da padroni.
E’ un quartiere degradato, e come in ogni quartiere del genere si sente parlare
di gravidanze adolescenziali, bullismo, immigrazione e diversità. Eppure la Diffenbaugh riesce a
trattare questi temi complicati con un tocco molto lieve, senza rendere la
narrazione opprimente. Tra i personaggi, protagonisti della storia, spicca
Alex, il figlio quindicenne di Letty che all’inizio sembra essere molto più
posato e responsabile della sua stessa madre. Ha la saggezza di un adulto e la
purezza di un fanciullo. Non ha una visione positiva di sua madre, ma nemmeno
così negativa. Diciamo che non la comprende. Poi c’è Luna, la figlia più
piccola. Sembra essere una piccola viziata, nonostante le condizioni di vita
che ha sempre vissuto finora. Fa continui capricci a cui Letty non sa venire a
capo, non come sapeva fare sua madre. Ma la piccola gli vuole bene e glielo
dimostra in continuazione con un attaccamento materiale incredibile. Non
saranno pochi i problemi che questa famiglia di nuova costituzione dovrà
affrontare, ma piano piano comincerà a prendere forma e ad assomigliare
veramente a qualcosa. Piano piano Letty, Alex e Luna, coadiuvati da Wes, il
padre di Alex, da Yesenia e Carmen, fidanzata e madre di Alex, da Rick un uomo
buono e da Sara amica di Letty, cresceranno e inizieranno a volare, come gli
uccelli tanto amati da Alex e da suo nonno, e impareranno ad essere liberi e a
lasciarsi andare agli affetti e alle gioie della vita, affrontando le
difficoltà di volta in volta che verranno poste sul loro cammino. Lo stile
dell’autrice è semplice, e la lettura risulta scorrevole e mai noiosa, infatti
il libro si legge in pochissimo tempo. Lettura quindi consigliata vivamente.
Voto: 7,5
lunedì 31 agosto 2015
venerdì 28 agosto 2015
RECENSIONE – I segreti della casa sul mare di Nora Roberts
Di nuovo un romance-crime per la Roberts. Anche qui so di essere
un po’ di parte, l’autrice mi piace tanto quando scrive questo genere di libri.
E’ sicuramente un libro per passare del tempo, non certo un capolavoro
letterario, ma il suo lavoro lo svolge alla grande e nonostante fossi in
vacanza in Inghilterra in tre giorni, tra una pausa e l’altra delle visite
fatte, l’ho divorato. La storia è questa. Eli Landon è un ex avvocato di
successo. La sua vita è stata stravolta dall’omicidio di sua moglie del quale
rimane l’unico indagato, nonostante non sia stata mai provata la sua
colpevolezza, ma d’altronde anche la sua innocenza. Per sfuggire dalla
persecuzione dei media e di un poliziotto che lo vuole colpevole ad ogni costo,
Eli si rifugia a Whiskey Beach, la proprietà di famiglia da oltre trecento
anni. E’ la casa della sua adorata nonna, ma in questo momento è vuota, visto
l’incidente occorsole per una caduta dalle scale. Sua nonna è preoccupata e per
questo le ha messo alle costole Abra Walsh, una specie di tutto fare della
cittadina. Lei è una donna particolare, determinata e instancabile, dai
molteplici interessi e dai mille talenti, incluso quello di poter aiutare Eli a
ritornare se stesso. Whiskey Beach potrebbe essere una svolta per Eli che ha
cominciato a scrivere un romanzo, la sua nuova attività, spronato da tutta la
sua famiglia. Abra, nonostante ci appaia di primo acchito come una persona
solare, a sua volta ha sofferto molto, ha un matrimonio sbagliato alle spalle,
ma la sua vitalità contagia tutti quelli che le girano attorno, e piano piano
anche Eli stesso. Questi i due personaggi principali, dei quali, nel corso
della storia, verremo a conoscenza di molte sfaccettature dei loro caratteri,
dei loro sentimenti, dei loro problemi. Complice un tesoro introvabile, i due
ragazzi si avvicinano, soprattutto quando la storia di Eli si aggancerà con
quella della sua antenata Violeta Landon. Per il resto, la loro storia d’amore,
cresce piano piano e li porta dapprima a conoscersi in modo profondo, e poi a
parlare di sentimenti reciproci. Nonostante la base sia il romance, la Roberts riesce comunque a
imbastire una trama ricca di suspense e di misteri. Ci si aspetterebbe una
soluzione semplice del giallo, ma l’autrice sorprende con un colpo di scena
finale. Insomma, sia dal punto di vista della trama gialla, sia per quanto
riguarda la parte romance, il libro è ben costruito e scorre veloce. L’autrice
ci sa fare e si vede. Aspetto il suo prossimo romance-crime… ogni tanto bisogna
pure evadere un po’. Voto: 7
giovedì 27 agosto 2015
RECENSIONE – Tempi glaciali di Fred Vargas
Torna dopo quattro
anni di assenza dalle scene del crimine, il Commissario Adamsberg, lo
“Spalatore di Nuvole”. Forse sarò un po’ troppo di parte per scrivere una
giusta recensione, ma io adoro Jean-Baptiste Adamsberg, e in questi quattro
anni ne ho sentito la mancanza, tanto che non so se riuscirò ad essere
super-partes. Fred Vargas dice che i noir sono le favole per gli adulti di
oggi, e “Tempi glaciali” un po’ lo è. Il romanzo mescola all’inizio due piste
contrapposte, nel tempo e nello spazio. Tutto comincia con due suicidi, quello
di una professoressa di matematica, trovata morta nella vasca da bagno, e
quella di uno scienziato che si è sparato alla testa. Lo sembrano dei suicidi, ma in realtà non lo sono. Sono ben camuffati. Quando
i corpi vengono ritrovati, accanto ad ognuno, vi è inciso uno strano simbolo
che porterà Adamsberg a viaggiare tra l’Islanda ed i seguaci della Rivoluzione
Francese. Convinti che siano due omicidi il commissario e i suoi sottoposti,
verranno a conoscenza che le vittime erano legate ad una misteriosa gita in una
remota isola islandese, ma anche ad una specie di setta di fanatici della
Rivoluzione francese, che ricostruiscono le sedute dell’Assemblea Generale, e
del periodo del Terrore di Robespierre. Adamsberg e il suo fido Danglard
dovranno indagare a fondo per venire a capo dei due delitti. Ma sappiamo che il
primo è un uomo apparentemente poco razionale, privo di un metodo di indagine,
sempre distratto e in giro per le sue camminate, in cerca dell’ispirazione che
gli farà risolvere il caso. Mentre il secondo sembra essere il suo esatto
contrario. Coltissimo, grande bevitore, in sovrappeso ma elegante. È l’uomo
d’ordine che bilancia il caos del suo comandante. Il tutto si svolgerà nella
questura del quindicesimo arondissement, piena di personaggi caratteristici,
dall’energica Violette Retancourt, allo specialista in pesci d’acqua dolce
Voisenet, al dolcissimo Estalère, al graduato più volgare dell’Anticrimine Noël,
al malato di sonno Mercadet, all’esperto di favole Mordent fino alla mascotte
del commissariato, il gatto Palla. Quella che sembra “un ammasso intricato di
alghe”, un groviglio di eventi che appare sempre più confuso, è in realtà una
storia di cui Adamsberg riesce a legare i fili invisibili delle connessioni,
fino a rischiare, per riannodarli, partendo per l’Islanda, di perdere il posto.
Ma il commissario sa che quel viaggio è necessario, perché due persone vi
persero la vita, e le due uccisioni più recenti sembrano legarsi a quelle
passate e al gruppo dei seguaci di Robespierre. D’altronde è “l’afturganga” a
chiamare il commissario, che non si può esimere di andare a sentire quello che
lo spirito misterioso deve comunicargli. Nonostante tutto alla fine Adamsberg
avrà come al solito ragione. Spalare le nuvole lo porterà alla soluzione del
caso, dove tutta la logica del suo secondo Danglard non potrà mai arrivare.
Voto: 7,5
RECENSIONE – Il Regno di Emmanuel Carrère
mercoledì 12 agosto 2015
RECENSIONE – Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop di Fannie Flagg
Ho comprato questo
romanzo sapendo che ne era stato tratto un film famosissimo, che peraltro ho
visto non so quanto tempo fa. Ad attirarmi però è stata la copertina un po’
retrò che gli ha dedicato la casa editrice Bur, a questo, e agli altri romanzi
della stessa autrice. Sono bellissime. Poi ho letto i commenti di altre
persone, che lo consideravano un ottimo romanzo, quindi non ho messo molto
tempo a decidere per comprarlo. Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop
è una storia di una piccola cittadina ferroviaria, vicino Birmingham, in
Alabama, quindi profondo Sud, nel periodo che va dal 1929 al 1988, dove tutti
si conoscono, e tutti sanno tutto degli altri. I protagonisti fanno quasi tutti
parte della famiglia Threadgoode. Una famiglia molto allargata. Fatta di figli
propri e non. E’ la storia di Idgie Threadgoode e della sua compagna Ruth,
della fondazione del loro caffè, che dall’apertura diventa un po’ l’ombelico
del mondo del posto. Un posto dove si cucinava il miglior barbecue dell’Alabama
e a pensarci era Big George. Il caffè era anche il locale dove nessun nero
veniva mandato via, anche se dovevano ritirare i pasti dalla porta posteriore,
o dove i vagabondi, durante la grande depressione, potevano sempre trovare un
pasto caldo e un rifugio. E’ la storia di Onzell e Sipsey, dei gemelli
diversissimi Artis e Jasper, di Naughty Bird, di Buddy Threadgoode, e di Buddy
“Stump”. E’ la storia di Eva Bates e di Smokey Lonesome, ma soprattutto è la
storia raccontata dagli svariati bollettini tratti dai giornali dell’epoca, come
quello della compaesana Dot Weems, dal bollettino dei neri di Slagtown e dai
racconti di Ninny Threadgoode alla sua amica Evenlyn Couch. Virginia detta
“Ninny” era stata da sempre un’amica delle ragazze Threadgoode e quando rimase
orfana, non fece altro che andare a dormire da loro, per poi restarci per
sempre. La storia è raccontata da una Ninny ormai anziana, ricoverata nella
casa di riposto di Rose Terrace, lei dice per far compagnia alla sua vicina, la
signora Otis, finché non si adatti al posto. Qui conosce Evelyn Couch, che
tutte le domeniche è costretta ad andare a trovare la suocera, la quale non le
rivolge mai la parola, e l’unica cosa che vuole è vedere la tv con il figlio.
Evelyn, ha raggiunto quasi cinquant’anni della sua vita e l’unico svago che ha
è il cibo. Infatti è in sovrappeso. E’ sposata con un uomo che non le presta
attenzione, i figli sono andati via da tempo e non sono particolarmente attaccati
ai genitori, ha una vita priva di stimoli e dall’educazione ricevuta, ha
imparato a non lasciarsi mai andare. Quando conosce, per caso, Ninny
Threadgoode è sull’orlo della depressione e sarà proprio l’incontro con
l’anziana donna, con i suoi racconti su Whistle Stop, ad aiutare Evelyn e a
ridare un senso alla sua vita. La storia è intensa, appassionante e
coinvolgente. I personaggi sono fantastici, soprattutto quelli di Idgie, Ruth e
Sepsey. Leggendolo viene quasi la voglia di presentarsi a Whistle Stop e
fermarsi al caffè e vedere i treni passare. Il romanzo è un’amarcord dei tempi
passati, di quello che nonostante la Grande Depressione
con il crack della borsa del ’29, con il Ku-Kux-Klan che in alcune zone la
faceva da padrone, con i neri che non avevano i diritti fondamentali, c’era e
si è perso nel tempo. Ci si emoziona per la storia di Idgie e Ruth che erano
benvolute da tutti, nonostante la loro relazione omosessuale fosse alla luce
del sole, per la storia di Buddy Stump, che nonostante la perdita di un
braccio, riesce comunque a vivere una vita normale, e per le storie dei
servitori di colore Sepsey e Big George, sempre a difesa delle loro padrone.
C’è comunque uno sfondo violento, anche se accarezzato, ma c’è, soprattutto in
quanto ancora in vigore le leggi razziali dell’epoca. L’ho apprezzato
veramente. Lo consiglio. Voto: 7,5
martedì 11 agosto 2015
RECENSIONE – La sovrana lettrice di Alan Bennett
Alan Bennett non è uno scrittore
di primo pelo, anzi. E’ un fine sceneggiatore, drammaturgo e attore britannico.
Il suo stile di scrittura è quello tipico “british”. L’umorismo, quello
intelligente, la fa da padrone e prende corpo nei dialoghi che danno voce ai
suoi personaggi. Ad attirarmi in questo libretto è stato senza dubbio il titolo
e la copertina azzeccata, con Elisabetta II in carrozza vestita in pompa magna,
con il suo sguardo che sembra che stia pensando a tutt’altro. La storia, che la
coinvolge in prima persona, è molto semplice, ma visto il personaggio, non
convenzionale. La regina Elisabetta II, per un caso fortuito, ad ottant’anni
suonati, scopre la lettura. Questa è la base della trama. Molto semplice direi.
Ma dietro c’è molto altro da scoprire, seppur questo è un piccolissimo libro
(solo 98 pagine). Per tutta la sua vita, dapprima da principessa, poi da erede
al trono ed ora da sovrana, i libri l’hanno circondata, stipati in polverose
biblioteche, in tutti i palazzi della sua dinastia, ma lei il “piacere” di
leggere non lo ha mai avuto. D’altronde una sovrana non può avere hobby, e
leggere non è agire, è lei è sicuramente una donna d’azione. La colpa di questa
“assurda” scoperta fu dei suoi adorati corgie, che scorrazzavano, in giardino e
di solito rientravano dalla porta principale. Ma quel giorno no. Si
precipitarono di corsa dietro uno dei cortili. La regina si stupì vedendo
parcheggiato di fronte alle cucine del palazzo un grosso autobus, con su scritto
“Biblioteca circolante del distretto di Westminster”. Sua Maestà, dato il
baccano provocato dai suoi cani, pensa bene di andare a scusarsi e lì conosce
il signor Hutchings, il bibliotecario, ma soprattutto Norman, un ragazzo
bruttino dai capelli rossi, che lavora nelle cucine del palazzo. Nonostante la
diffidenza la regina chiede in prestito un libro; più per gentilezza che per un
reale interesse. Ma da quel momento in poi tutto cambia. La sovrana comincia ad
appassionarsi alla lettura, e continua a tornare dapprima alla biblioteca
circolante, poi addirittura a promuovere Norman suo galoppino privato, che ha
il compito di consigliarle e recuperarle libri. L’irruzione dei libri nel mondo
di Sua Maestà crea non prochi problemi al suo segretario privato, Sir Kevin
Scatchard, uomo con una mentalità limitata, che vive nel terrore che la regina
si dimentichi o trascuri i suoi impegni di corte. «È
importante» disse Sir Kevin « che Sua Maestà non perda di vista gli
obiettivi».«Quando dice “non perdere di vista gli obiettivi”, Sir Kevin,
immagino intenda stare sulla palla. Be’, dopo esserci stata per sessant’anni,
penso di potermi guardare un po’ intorno». La regina si accorse di aver un po’
stiracchiato la metafora, ma tanto Sir Kevin non se n’era accorto. «Capisco»
disse lui « Sua Maestà deve passare il tempo».«Passare il tempo?» esclamò la
regina. «I libri non sono un passatempo. Parlano di altre vite. Di altri mondi.
Altro che far passare il tempo, Sir Kevin; non so cosa darei per averne di
più».
D’altronde però Sir Kevin non ha tutti torti. Non passa molto tempo, che la
regina non inizi a trovare sempre più noiose le sue incombenze, che le portano
via il tempo per leggere. Molto divertenti i dialoghi che Sua Maestà tende a
proporre alle sue dame di compagnia o ai vari primi ministri e capi di stato in
fatto di libri e di autori. Il punto importante del libro è la prospettiva
della sovrana che cambia, e si trasforma in una persona normale. Il suo
rendersi conto di aver guardato il mondo, fino a quel momento, da una
dimensione diversa, ed ora si trova ad avere una curiosità per tutto quello che
è al di fuori del contesto dei suoi obblighi, in tutte le sue forme. E i libri
possono darle delle risposte, che non ha mai ricevuto da nessuno. Inoltre
Bennett ci regala un libro che parla di altri libri, che ci indica autori,
creando un’ideale biblioteca. La scrittura è semplice e scorrevole, ma il
personaggio della sovrana ha una personalità particolare, divisa tra
contemplazione e azione. Non manca il colpo di scena finale, di questo libretto
che fa sorridere e ci regala un personaggio così particolare, da sperare che la
vera Elisabetta II, sia veramente così.
Voto: 8
RECENSIONE – FIRE di Jennifer Probst
Eccomi di nuovo qui a recensire
un libro di questa scrittrice(?). Dopo averne già stracciati altri precedenti
voi vi chiederete perché continuo a leggerla? Be, oltre ad essere un po’
masochista, faccio contenta la Giulia.
Questa signora, dopo aver rovinato, credendosi un’esperta,
centinaia di anni di cultura italiana, dopo aver descritto la Bergamo del 2010/2012
nemmeno fosse la Sicilia
degli anni ’20 in fatto di matrimoni, capifamiglia e affini, dopo aver
distrutto la cucina italiana, inventando di sana pianta dei piatti che un
italiano non mangerebbe, se non costretto dalla fame, be la signora, con questo
libretto, dal costo non proprio economico (154 pag. per 12,00 €), si tuffa
(sicuramente di testa!) nel mondo dei supereroi, creandone uno tutto suo. E il
suo supereroe non poteva che essere bello, ricco e dannato! Il tizio in
questione si chiama Dante Stark (il ns. Dante si rivolta nella tomba ogni volta
che il suo nome viene utilizzato in quisquilie). E’ un uomo molto ricco (ma
dai… ), ma ha questo potere che in qualche modo per lui è invalidante ed è
costretto a nascondersi per non avere pubblicità. Lui non deve esistere. Un po’
un Bruce Wayne/Batman al contrario. Quindi cosa fa? Fonda una mega azienda di
transazioni immobiliari e ne affida la rappresentanza al carissimo amico e
socio Chase, e lui per tenere comunque tutto sotto controllo si fa assumere
come postino interno. Ah … l’azienda si chiama Inferno Enterprises
(aaaaaaaaaahhhh ah arriva arriva il Diablo, 666 … cit. Litfiba). Ehm … scusate
la deviazione musicale … Insomma, Dante Stark
supereroe miliardario diventa niente di meno che … Daniel Stark sfigato
uomo della posta (povero Clark Kent e povero Peter Parker!). Passiamo ai
superpoteri? Naaaaaa …. Ci arriviamo, ci arriviamo … Nella Inferno ci lavora
Selina Rogers (durante tutto il libro l’ho chiamata Ginger), donna in carriera
che si è costruita da sé. I suoi genitori sono rimasti uccisi quando aveva solo
4 anni, quindi è passata nell’inferno (toh!) delle famiglie affidatarie, prima
di trovarne una che le permettesse di spiccare il salto di qualità. Dalla sua
ultima famiglia, soprattutto dagli altri fratelli affidati, Selina ha imparato
molto: parolacce, battute maschili a sfondo sessuale, e a difendersi da sola
senza mai piangere; quindi è pronta per lavorare in un ambiente prettamente
maschile come il campo immobiliare e la stessa Inferno. Selina sta per chiudere
l’affare dell’anno, accaparrandosi come cliente un tale Forrester (risulta da
subito antipatico). Se ci riuscisse avrebbe sicuramente la tanto agognata e
meritata promozione. Dopo una cena col suo team, Selina pensa bene di rientrare
a casa a piedi, senza farsi accompagnare, tanto è vicino e lei non vuole
disturbare nessuno. Una camminata non può farle che bene. Sbagliato! Due
energumeni l’aggrediscono e nonostante lei reagisca e opponga una strenua
difesa, i due sono più forti e tentano di violentarla, non senza averle dato
una bella ripassata a base di schiaffoni. Quando la tragedia sta per compiersi
… Tah Dah … salta fuori Super Pippo! … A
… no … Scusate ho preso un abbaglio. Salta fuori Dante Stark il supereroe
contro la violenza sulle donne (che però devono essere fighe sennò non vale!).
Quindi Dante salva la sua dipendente marchiando a fuoco i due farabutti,
promettendole che non potranno più fare del male a nessuna donna, ma
lasciandoli impuniti di andarsene anche se tra atroci sofferenze. (E qui mi
sono incazzata! Ma come, si cerca in ogni modo di far denunciare le violenze e
‘sta scema rema contro? Ma che ti dice il cervello?). Torniamo alla storia.
Raccattata la Rogers ,
Dante la riporta a casa e la cura, la coccola
e le tiene la manina. Perché è più importante che lei ritorni a far
l’amore con un uomo che denunciare il tentato stupro e andare in ospedale…
Insomma quello di cui ha bisogno Selina per rimettersi in sesto secondo la Probst , è scoparsi il suo
supereroe o il suo alter-ego postino! Quali dei due sceglierà Selina? Notte o
giorno? Sfigato o Supereroe? Non ha nessuna importanza. L’unica cosa,
purtroppo, è che questa brutta storia è il prequel di una nuova serie … E se
prima il mio appello alla Probst era di scrivere altro, ora il mio appello è
questo: FERMATE QUESTA PAZZA! Voto: 2 anzi no 1.
mercoledì 5 agosto 2015
RECENSIONE – IL ROCCHETTO DI MADREPERLA DI CHIARA STRAZZULLA
Terzo libro di questa giovanissima scrittrice. Il
rocchetto di madreperla, potrebbe essere sia un romanzo storico, vista
l’ambientazione nell’ottocento inglese, che un romanzo fantasy, visto l’argomento
trattato. Siamo a Londra nel 1880. Il protagonista è Lord Hugo Farquhar, che
nel tentativo di salvare da morte certa suo fratello minore John, l’unica
persona per cui prova dei sentimenti, decide di stringere un patto con il
diavolo. Anzi più che altro di giocarci una partita a bridge. Sa per certo che
non sarà proprio il diavolo a giocare con lui, ma che manderà i suoi
sottoposti, perché certamente non può sprecare il suo tempo per una semplice
partita di carte. Il diavolo ha ben altro da fare e Hugo lo sa bene. Dai suoi
studi ha scoperto che il diavolo nel suo tempo libero ama ricamare, ma usa un
filo speciale. I ricami non sono altro che i fili della vita di un uomo e
quando questi vengono terminati e il filo tagliato, l’uomo muore. Il motivo della
richiesta di Hugo è quella di entrare in possesso del rocchetto di filo che
contiene la vita di suo fratello John, un rocchetto come tanti altri, con un
filo particolare. Per giocare la partita bisogna per forza essere in cinque,
quindi Hugo coinvolge altre persone. Lydia Van Leyden, prostituta sanguinaria,
il giovane Lord Nightingale che considera Hugo il suo mentore, la sua perfetta
antitesi il dissoluto Lord Vyvyan Rosebery e un drammaturgo di dubbio successo,
Gregory Carlston. Ognuno di loro vuole qualcosa, e quale migliore opportunità
di una partita a bridge con i sottoposti del diavolo? Alla porta di Hugo si
presentano quindi Alastor il Vendicatore, Azazel il portatore di devastazione,
Behemoth il Leviatano, Belfagor il lussurioso e un ultimo raffinato visitatore,
creatura umana di apparenza ma insieme così innaturale. I cinque riusciranno a
vincere la partita a bridge fra sogno e realtà, ma i diavoli si congederanno da
loro con un monito: “Non pensiate che ogni vittoria sia veramente tale”. Ritroviamo
Lord Farquhar a Venezia nel 1895. Tre giocatori della famosa partita a bridge
sono morti. Il loro sangue è stato versato in base alle loro richieste. Due
soltanto sono i sopravvissuti. Il rocchetto di madreperla, fonte della vita di
John Farquhar, è ancora nelle mani di Hugo. John è sempre allo stremo delle
forze, non c’è cura per la sua tisi allo stadio finale, l’unica cosa che lo
tiene in vita è proprio il rocchetto nelle mani di Hugo. Intanto a Oxford, il
professor Edgar Martens, amico di Lord Farquhar, e uomo di dubbia moralità,
invia a Venezia il brillante Sterling Maynard, studioso di Tiziano. Con la
scusa dei suoi studi, visto che Hugo Farquhar è un grande conoscitore di
Tiziano, Sterling dovrà comunicare al professor Martens delle notizie sullo
stesso Lord per scoprire il perché sia partito per Venezia, lasciando la
politica e la sua posizione di rilievo a Londra. Martens è un uomo che
approfitta della sua posizione di rilievo per ricattare i facoltosi studenti
della sua università, pretendendo da loro un pagamento in natura.
Sfortunatamente per lui, Sterling Maynard si ritroverà invischiato in
un’avventura tra sogno e realtà insieme proprio a Lord Farquhar. Il romanzo si
presenta scorrevole e capace, nei particolari, di ricreare alla perfezione le
atmosfere ottocentesche a cui abbiamo attinto dagli scrittori del tempo.
Contemporaneamente è capace di tenere attenta la curiosità del lettore,
paragrafo dopo paragrafo, che vuol conoscere il mistero. Il romanzo è molto
buono, completo e ben strutturato. Consigliato per chi vuole trovare qualcosa
di nuovo. Voto: 7,5/8
lunedì 3 agosto 2015
RECENSIONE - La verità delle ossa di Kathy Reichs
Nuovo capitolo della serie di
Temperance Brennan … se non erro dovrebbe essere il capitolo n. 22. Per
Temperance le ossa, come sanno tutti i suoi cultori, non hanno segreti, e non
mentono mai, dicono sempre la verità. Soprattutto se ad esaminarle sono delle
persone che lo fanno con cognizione di causa. E chi meglio di Tempe Brennan? Ma
questa volta la troviamo incagliata in una serie di problemi, che rendono la
sua indagine molto diversa da altre da lei seguite. Tempe si trova alle prese
con un caso di vecchissima data, come le capita spesso. A portarla alla
revisione di un caso senza nome è una donna dai capelli di un colore
improbabile, tale Hazel “Lucky” Strike che di mestiere fa il “cibersegugio”,
una specie di detective improvvisata della rete, che tenta di abbinare ossa a
persone scomparse. Hazel ha ritrovato in un bosco un registratore vocale, dove
si sente una ragazza terrorizzata con altre persone. Tutto fa supporre che la
ragazza sia stata prigioniera, torturata e poi uccisa. Hazel è convinta che i
resti rinvenuti da Tempe, tre anni prima (solo un tronco senza testa, ne arti)
sia Cora Tegue, la stessa della voce registrata che le ha fatto ascoltare. Ma
di Cora Tegue, nessuno ha fatto denuncia di scomparsa e la sua famiglia non è
di quelle a cui piace parlare. Fanno parte di una confraternita cattolica
estremista, e secondo il capofamiglia la figlia era una povera peccatrice
scappata con un poco di buono. Tempe, non sa se credere o no ad Hazel Strike,
ma dopo aver effettuato svariate indagini con la collaborazione di uno sceriffo
locale, si convince che effettivamente qualcosa di macabro e sinistro sia
successo e che altre persone siano morte, e altre potrebbero morire. Tra culti
satanici, estremismi, e avvenimenti anomali, Brennan svolgerà le sue indagini
senza mai indietreggiare, con ad aleggiare tra i suoi pensieri la domanda che
il “lieutenant” Andrew Ryan le ha fatto nello scorso capitolo: “Mi vuoi
sposare?” A differenza della Cornwell la Reichs adora ancora scrivere di suo
pugno e nonostante i suoi libri siano numerosi, ogni volta ci regala una storia
plausibile. Bene l’intreccio giallo, bene le gag che ogni tanto compaiono,
carini i riferimenti alla serie televisiva Bones,
nata proprio dai suoi romanzi. Scritto bene, scorrevole come sempre, questa
volta non ci sono nemmeno i classici riferimenti anatomici che non essendo una
studente di medicina, mi fanno impazzire. Quindi bene, lo consiglio agli amanti
del genere e soprattutto a quelli della Reichs e di Tempe Brennan. Voto: 7
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