lunedì 28 settembre 2015

RECENSIONE – Kiss the dead (Anita Blake n. 21) di Laurell K. Hamilton



Siamo arrivati all’episodio n. 21 della serie di Anita Blake e anche se questo romanzo sembra un po’ ritornare agli antichi inizi, non riesce sicuramente a farmi di nuovo piacere il filone. Forse è arrivato davvero  al capolinea e sarebbe meglio che la Hamilton gli dia in qualche modo un finale, sconcertante o meno, magari con la morte della protagonista. La storia è semplice e ormai quasi scontata. Anita si trova alle prese con un indagine di polizia. Quale Marshall Federale, che può partecipare alle operazioni della squadra speciale delle forze contro il soprannaturale, si trova coinvolta nella ricerca di un gruppo di vampiri che ha rapito una quindicenne. C’è da fare in fretta, prima che la trasformino contro la sua volontà. Le leggi speciali di cui deve tener conto Anita, hanno un fine sottilissimo tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, prima di poter uccidere un non morto. E anche questa volta quel filo sottilissimo tenderà a spezzarsi. La banda da cui è stata rapita la giovanissima è composta da molti vampiri creati da poco; non hanno più di trent’anni. Ma quello che sconcerta la nostra Anita è che sono stati vampirizzati in età molto giovane o molto vecchia, tanto da sembrare un adolescente qualunque o la nonna che abita nella porta accanto. Come al solito, oltre ai suoi nuovi problemi morali, ci sono quelli che ha con qualche rappresentante della Polizia, uomo o donna non importa, c’è sempre qualcosa che non va in lei. Che è soprattutto il fatto di avere tanti amanti, tutti bellissimi. C’è l’invidia degli uomini, che non possono entrare nel suo letto, e quella delle donne che non possono avere tutti i suoi uomini, ma alla fine sempre invidia è. E poi i problemi con i suoi innamorati. Questa volta si tratta degli ultimi arrivati in ordine cronologico, Nicky il leone e Cynric detto “Sin” (Peccato) la tigre blu. Di Jean-Claude se ne hanno solo pochissime tracce e Richard viene praticamente solo nominato. Dopo la morte di Marmée Noir e la presa di posizione contro Belle Morte, ad Anita, diciamo è rimasto ben poco, tranne preoccuparsi dei suoi poteri metapsichici e dei problemi morali che le creano avere tanti fidanzati, tra cui un diciottenne. Il caso poliziesco si risolve in maniera quasi futile e alla fine la cosa più eclatante è l’allontanamento di Asher, spedito in una nuova città, da parte di Jean-Claude perché diventato pericoloso per tutti loro. La novità che coltiverà la Hamilton sarà la creazione del nuovo Consiglio dei Vampiri Americani, di cui Jean-Claude si appresta, con l’aiuto di Anita, a diventarne il capo. Comunque in questo libro la prima scena di sesso è oltre la pagina 200, anche se poi si susseguono, una dietro l’altra fino alla fine del libro. Voto: 5

RECENSIONE - Quello che non uccide. Millenium 4 di David Lagercrantz

Faccio una piccola premessa. Chi non ha letto i tre libri precedenti non può leggere sicuramente questo. Quindi, prima di iniziare questo, leggete gli altri tre. L’autore non è più lo stesso. Il povero Larsson è morto prima che i suoi tre romanzi venissero dati alle stampe. Il suo successo è quindi postumo. Gli eredi, padre e fratello hanno pensato bene di far continuare la saga che in tutto il mondo ha venduto più di 80 milioni di libri, dando il mandato a David Lagercrantz, giornalista di fama, ma che, in quanto a libri, ha al suo attivo soltanto la biografia di Zlatan Ibrahimovic. Niente a che vedere con un giallo quindi. Le domande che ci siamo posti, penso tutti quanti, quando abbiamo saputo la notizia di questo sequel, è se David Lagercrantz si sarebbe rivelato all’altezza di Larsson. Se sarebbe riuscito a capire dove volesse arrivare  l’inventore della saga Millenium e soprattutto se ne avesse voluto un seguito. Se Lagercrantz sarebbe riuscito a rimanere fedele ai personaggi di Lisbeth e Mikael. Logicamente noi non saremo mai in grado di scoprire se Stieg Larsson avesse in mente un seguito di Millenium e cosa avesse pensato per i suoi personaggi, purtroppo. Ma entrambi erano stati da lui così ben descritti e caratterizzati, che era difficile cadere in errore. La storia all’inizio, sembra non carburare. Perde quelle atmosfere scandinave caratterizzanti a cui Larsson ci aveva abituato, anche se Lagercrantz prova a farcele rivivere con continui accenni alla tempesta del secolo, al freddo e alla neve. Purtroppo anche l’argomento e l’ambientazione suddivisa tra Svezia e Stati Uniti non aiuta. Frans Balder eminente scienziato svedese, ritorna in patria per problemi familiari. Suo figlio August, autistico, ha bisogno di lui. Alcuni psicologi hanno notato dei lividi che sembrano percosse e Frans lo preleva da casa di sua moglie senza avere nessuna autorità per farlo. Frans è un ricercatore che si occupa di Intelligenza Artificiale. Le sue ricerche fanno gola a molti e lui si sente un po’ paranoico, tanto da lasciare il suo lavoro negli Stati Uniti e nascondersi un po’ come un eremita in una villa isolata, con suo figlio. Mentre è in casa con lui, scopre che il figlioletto è un “savant”, autistico sì ma molto intelligente. Sa fare dei disegni incredibili, applicando ad essi delle regole matematiche. Mentre Balder si nasconde, uno dei suoi ex dipendenti svedesi contatta Mikael Blomkvist, riferendogli che lo scienziato avrebbe in mano uno scoop fantastico che potrebbe riportare in auge la rivista Millenium, che versa in condizioni non ottimali, con i nuovi proprietari decisi a far cambiare faccia ed argomenti al giornale. Mikael non è entusiasta della cosa, sembra un po’ una notizia campata in aria, ma appena sente che Balder è in contatto con Lisbeth Salander, cambia idea. Balder e Blomkvist non fanno in tempo a mettersi d’accordo per incontrarsi che l’uomo viene ucciso. Unico testimone il figlio autistico. I temi centrali del giallo, la matematica, l’informatica, l’autismo e l’intelligenza artificiale, si connettono tra di loro e portano al vero argomento della storia: i rischi che può provocare l’uso dello spionaggio informatico. Il superamento dei limiti, sia morali, sia legali che etici per impadronirsi di segreti industriali di qualsiasi tipo. Il tutto si intreccia con il passato di Lisbeth, quello che ancora le è rimasto nascosto  dopo la morte del padre, riguardante la sua eredità criminale. Con un indagine al limite del lecito, paradossalmente, Mikael e Lisbeth, riportano una vittoria che sa di giustizia, anche se per trionfare rischiano di passare dalla parte del torto. La storia non finisce qua. Infatti Lagercrantz ci lascia con un finale aperto ad una nuova avventura, che  sarà sicuramente la prova del nove. All’inizio di questa storia, infatti, sembra che lo scrittore abbia un complesso di inferiorità riguardo al creatore della saga di Millenium. Ma piano piano riesce a scrollarsi di dosso le sue paure e a far quadrare la storia ed i suoi personaggi  facendola diventare avvincente. Riesce ad inserire anche i vecchi comprimari quali Erika Berger, il commissario Bublanski, e l’ex tutore di Lisbeth, Holger Palmgren. Diciamo che non è tutto perfetto, molti particolari, soprattutto quelli riguardanti la ricerca scientifica di Balder e i termini informatici fanno perdere un po’ il discorso e  diventando eccessivi, ma la storia nel suo complesso funziona ed è anche buona. Non è Larsson, ma è un buon giallo. Voto: 7,5

martedì 15 settembre 2015

RECENSIONE – Storia della pioggia di Niall Williams



“Storia della pioggia” è la storia di Ruth Swain, ma anche di tutta la famiglia Swain. Ruthie è malata. Ha diciannove anni ma è costretta a letto da una malattia del sangue. Passa le sue giornate nella sua camera situata nella mansarda della sua vecchia casupola, sperduta tra i campi imbevuti di pioggia e dal vento della verde Irlanda. Una costante del libro è proprio la pioggia, già dal suo titolo. Ha avuto nella sua vita più dolori che gioie. Ha avuto soprattutto due perdite importanti, quella del suo gemello Aeney, morto affogato in giovanissima età, e quella di suo padre, pochissimo tempo dopo. Nonostante tutto, Ruth è una persona forte, e niente di tutto questo è riuscito a piegare la sua personalità e la sua voglia di vivere. Visto che sa che il suo tempo su questa terra potrebbe essere molto breve, vuole ritrovare suo padre, scrivendone la storia. Ma deve andare molto a ritroso nel tempo, quando Virgil Swain non era ancora nato. Quindi inizia a raccontare la vita di suo nonno, segnata dalle brutture della guerra, del suo salvataggio da parte di un soldato tedesco durante la prima guerra mondiale, la sua non morte, che gli ha creato una devastazione morale, tanto da fuggire e nascondersi al mondo, dandosi per morto. Nessuno degli Swain riuscirà a raggiungere la metà prefissata, il Livello Impossibile. Ruth ha però un tesoro inestimabile che le ha lasciato suo padre, la sua biblioteca di 3000 e più libri, dove trova il conforto e può vivere le vite degli altri, gli altrui amori e le altrui avventure, viaggiare nel tempo e nello spazio, spostarsi da un paese all’altro, senza mai lasciare il suo letto. Divora tutto ciò che le passa di mano, da Dostoevskij, a Dickens (che è il suo preferito con il romanzo Grandi speranze e ne dice: “Grandi speranze è il capolavoro di Dickens. Se non sei d’accordo, fermati qui e vai a rileggerlo. Ti aspetterò. Se non muoio nel frattempo”.), a Gabriel Garcia Marquez. Ma il suo vero scopo è quello di ritrovare suo padre Virgil, che era il proprietario dei libri. Sfoglia pagine e pagine di questi grandi capolavori per comprendere l’ossessione della sua famiglia, quella del Livello Impossibile. Il livello impossibile cercato già da suo nonno Abraham è una perfetta condotta morale, che nessuno è però in grado di raggiungere. Ruth sa che la sua nascita e quella di Aeney era stata per suo padre fonte di ispirazione, l’evento per cui pensava di aver raggiunto il Livello Impossibile, l’innalzamento verso la Perfezione. E questo evento lo aveva fatto diventare un poeta. Poesie che nessuno però riusciva mai a leggere, che nessuno mai vedeva. Ma il giorno in cui Aeney perse la vita, Virgil perse anche la vena poetica, e si accorse di non essere in grado di scrivere più nulla.  E’ un romanzo un po’ complicato da seguire con molta attenzione, almeno all’inizio, tant’è che l’ho dovuto ricominciare da capo nonostante fossi arrivata a pag. 65. E’ complesso perché la sua narratrice compie repentini sbalzi spazio-temporali, e bruschi cambiamenti di argomenti che rischiano di confondere le idee. Ma parte dello spaesamento iniziale, viene riccamente ricompensato con i riferimenti alla letteratura e ai libri che popolano tutto il romanzo. Piccoli dettagli, posizionati un po’ qua e un po’ là, come regali offerti per far innamorare il lettore. Riferimenti alla letteratura inglese ed irlandese, di cui l’autore si serve per raccontarci una storia che di per sé non ha nulla di straordinario, se non Ruth stessa, che brilla di luce propria con il suo linguaggio a volte ironico a volte sarcastico. E’ un bel personaggio Ruth (tranne quando tratta male quel povero Vincent Cunningham). E’ tenace, schietta e dura, ma anche intelligente e amante della vita. Storia della pioggia è un libro che parla di libri, che ne tesse le lodi e parla del loro potere salvifico. E’ una storia piena di vita, anche se parla di morte e vi si racconta una storia triste. Si sorride anche, e si sparge anche qualche lacrimuccia, perché poi il finale lo immagini prima, e perché in fondo in fondo, ti sei affezionata alla spocchiosa Ruth Swain e al suo Livello Impossibile. Ma la Perfezione, si sa, non è di questo mondo, il suo bisnonno la cercava nei Salmi, suo nonno nel salto con l’asta e nella pesca al salmone, e suo padre nella coltivazione delle patate in una terra inadatta e nella Poesia. Ma il Livello Impossibile resta irraggiungibile. Come ci dice l’autore proprio all’inizio: “Noi siamo la storia e la raccontiamo per rimanere vivi o mantenere in vita quelli che raccontiamo”. E’ un bel romanzo “Storia della pioggia”, ma pretende attenzione e concentrazione nella sua lettura. Andate piano se volete leggerlo, soffermatevi a lungo sui paragrafi più ostici, vedrete che troverete un bel mondo, dentro quelle parole. Voto: 7,5

giovedì 10 settembre 2015

RECENSIONE – La felicità sulla punta delle dita di Agnès Martin-Lugard

Iris ha trentadue anni ed è insoddisfatta. Il suo matrimonio con Pierre non la soddisfa più. Lui è assente e anche se lei tenta di approcciarsi con lui, lui la evita con la scusa della stanchezza e del lavoro. Lei lavora in banca, un lavoro che non le è mai piaciuto, lui è un medico e lavora molto per farsi un nome ed una carriera. Lei ora è una giovane donna che si ritrova suo malgrado in una vita provinciale e borghese che non la rispecchia per nulla: un lavoro che l’annoia, dei colleghi con i quali ha poco da condividere e soprattutto un marito molto preso dalla propria carriera e che non le manifesta affetto ed attenzioni.  Iris è stufa e non sa che fare. Il suo sogno è stato da sempre quello di fare la stilista; un sogno infranto prima del matrimonio, quando aveva tentato l’iscrizione ad una prestigiosa scuola di Parigi, ma non aveva mai ricevuto una risposta. Ma una domenica, come tante altre, a pranzo dai suoi genitori, suo fratello sgancia la bomba. La scuola aveva risposto positivamente, ma i suoi genitori, pensando che non fosse il caso, le nascosero e bruciarono la lettera di risposta. Iris va su tutte le furie, si sente defraudata e rompe i ponti con la sua famiglia, appoggiata da Pierre. All’insaputa di Pierre, prova di nuovo ad inviare una richiesta per una scuola di stilisti e il giorno che viene accettata, si licenzia. Pierre aveva pensato che prima poi Iris sarebbe tornata sui suoi passi e l’aveva lasciata fare, ma questa è veramente grossa, e i due litigano furiosamente, ma Iris riesce a spuntarla. Frequenterà per sei mesi una scuola a Parigi dove rimarrà per cinque giorni la settimana per tornare a casa nel week end. La scuola dove va ad imparare è quella nell’atelier di madame Marthe, che nota subito Iris e il suo talento e la prende sotto la sua protezione e non le lesina consigli, sia di moda che di vita. In poco tempo le procura delle clienti fisse e la scuola passa in secondo piano … ormai lei è pronta per essere lanciata nel mondo della moda. Questo non aiuta certamente il suo matrimonio, di cui Iris continua ad essere insoddisfatta; il marito, nonostante la sua assenza, quando lei torna non brilla né per loquacità, né per attaccamento. Il lavoro è la sua prima “donna” a cui lui non rinuncia mai. A Parigi Iris ha l’opportunità di conoscere il figlioccio di Marthe, Gabriel. E’ un donnaiolo, uno che si dà alla bella vita, e Marthe la mette in guarda. Gabriel è capace di far soffrire le donne, quindi è meglio stargli alla larga. Per lui le donne sono una sfida. Iris né è convinta, ma Gabriel l’attira come una luce farebbe con una falena e nonostante i divieti di Marthe, Iris comincia a frequentarlo e ad aver un rapporto di amicizia con lui. Perché per Iris solo amici possono essere, non ha intenzione di tradire Pierre, anche se comincia a sentire che i suoi sentimenti verso Gabriel sono cambiati. Vuole che il suo matrimonio torni a funzionare. Il mondo che si ritrova a frequentare, tra lussi, eccentricità e molte ombre, è molto distante dalla sua esperienza personale, e per dimostrare di valere qualcosa, Iris dovrà imparare a tirare fuori grinta e coraggio, per superare gli ostacoli che le si pareranno davanti. Ma c’è qualcosa che non va, sia nella sua vita precedente che in quella nuova, misteri e segreti che dovrà scoprire, emozioni e dolori che dovrà vivere sulla propria pelle, prima che possa ricominciare a vivere, a sognare e ad amare. Il libro è scritto in modo semplice e diretto, i personaggi sono intensi e ricchi di sfaccettature. Nonostante sembri un romance, è anche ricco di colpi di scena. La storia ruota intorno al desiderio della realizzazione dei propri sogni e alla spinta motivazionale capace di cambiare la vita di ognuno. Voto: 7

mercoledì 9 settembre 2015

RECENSIONE – The Queen of the Tearling di Erika Johansen



Visto su facebook mi era piaciuta l’impaginazione del libro e come era presentato. Sembra un vecchio libro di fiabe. Le pagine sono cucite e ci sono le immagini disegnate. Mi ha ricordato i miei libri di bambina. La carta è scelta con molta accuratezza. Insomma per fare questo libro credo sia stato usato un budget non proprio indifferente, tant’è che ne ha risentito anche il prezzo di copertina, molto alto, ma anche il fatto che i diritti cinematografici siano stati già venduti a scatola chiusa e la protagonista è la famosa Emma Watson, la Hermione Granger di Harry Potter. Leggendolo e finendolo mi sono e mi sto ancora chiedendo in che categoria metterlo. Non è un libro di fiabe, anche se gli somiglia. Non è un fantasy, anche se qualche elemento ce l’ha. Non è un libro storico, perché è un post futuro apocalittico. Quindi? Ci sto ancora pensando. La storia è questa. Nel giorno del suo diciannovesimo compleanno Kelsea (che cavolo di nome è questo?) Raleygh principessa del regno di Tearling è in partenza per prendere possesso del suo trono come regina del Tearling. Sua madre, la regina Elyssa è morta da tempo, e lei ha raggiunto l’età per poter succederle sul trono. Ha vissuto fino a quel giorno in esilio, confinata in un cottage insieme a due fidi accompagnatori, che in effetti sono stati i suoi genitori adottivi. Si tratta di un vecchio cavaliere in pensione e di sua moglie, ex dama di compagnia di sua madre. Lui è molto buono e compassionevole, le ha insegnato a vivere in modo spartano ed ad usare il coltello, a scuoiare animali e a cacciare e le ha dato una parvenza di affetto. Lei è la dispotica dei due, è quella che le ha insegnato tutto ciò che sa, permettendole di leggere dei libri come premio, se si comportava con dignità e rigore. Tutti e due hanno cercato di forgiare la regina leggendaria che è destinata a diventare, ma Kelsea non si sente proprio pronta ad affrontare il mondo, soprattutto perché sa che in molti, tra cui suo zio la vogliono morta. A scortarla nell’insidioso viaggio di ritorno alla Fortezza dove è nata, c’è un manipolo di uomini, tutti fedeli a sua madre, tutti facenti parte della Guardia della Regina, un gruppo scelto di coraggiosi cavalieri guidati dal misterioso Lazarus Mazza Chiodata. Nemmeno gli uomini che furono di sua madre sono molto contenti di accompagnarla a compiere il suo dovere, soprattutto perché pensano che sia come lei, fatua e frivola. Ma Kelsea è cresciuta con degli ideali che il fondatore della nazione William Tear, aveva tanto decantato dopo il Passaggio, e non ha mai conosciuto sua madre, ne ha mai avuto modo di sapere com’era, anche perché chi le era intorno, e adesso anche le sue guardie, non parlano molto volentieri di lei. Ma lei è la vera regnante, ha al collo lo zaffiro di Tearling ed una scottatura sul braccio fattale quando era appena neonata. Sono la sua carta d’identità che attestano che l’erede giusta è lei. Durante il viaggio pericoloso, viene assalita da assassini, assoldati dal Reggente suo zio, ma verrà salvata da un misterioso brigante, Fetch, che la vuole assolutamente sul trono, che le toglie l’altro zaffiro di Tearling identico, di cui nessuno era a conoscenza, ma lui sì e la esorta a diventare una regina degna di portarli entrambi. Nonostante il suo sangue blu, Kelsea è come dovrebbero essere tutte le teenager di oggi. Una giovane piena di insicurezze, ma anche determinata e che somiglia ben poco a sua madre. Ama leggere ed imparare e non si fa scrupolo di chiedere aiuto per la paura di sbagliare. Del suo regno non sa praticamente nulla, anche perché nessuno parla, e quello che scoprirà, al suo arrivo nella capitale, cambierà molte cose, mettendola di fronte a degli orrori inimmaginabili. Da qui inizierà il suo regno, perché non ancora incoronata compirà un gesto semplice, ma molto audace che potrebbe gettare il regno nel caos, scatenando la vendetta della sovrana del Mortmesne, il regno vicino, la famigerata Regina Rossa. Molta carne sul fuoco in questo primo capitolo della saga … ebbene sì è una saga. E molte cose infatti rimangono oscure e ci verranno sicuramente  rivelate nei prossimi capitoli. Quello che mi ha dato un po’ noia nel proseguo della storia è il continuo ripetersi dell’autrice nel dipingere la sua protagonista come una persona molto comune, non bella sicuramente. Una persona che può passare tranquillamente inosservata (forse ci rivelerà il motivo). Anche sulla Regina Rossa che sarà la sua antagonista sapremo ben poco, in questo primo volume e molto avremo da scoprire sugli altri due personaggi importanti della storia, Lazarus Mazza Chiodata e il bandito Fetch. Ma soprattutto: chi è il padre di Kelsea? La cosa sembra essere molto importante. Voto alla storia: 6/6+. Voto al nome della protagonista: 1 (ma come ti viene in mente di chiamare qualcuno Kelsea?)