venerdì 27 marzo 2015

RECENSIONE – SATORI di Don Winslow



Torna Nikolaj Hell. Torna ma non dalla penna di Trevanian, il suo creatore. Ma torna dalla penna di Don Winslow a cui gli eredi hanno dato il là per scrivere il seguito di Shibumi, il capolavoro di Trevanian. In Shibumi avevamo trovato un Nikolaj Hell che viveva nei paesi baschi, e che si era già lasciato alle spalle il suo lavoro da killer professionista. In Satori di Winslow torniamo indietro nel tempo, quando Hell nasce nella sua nuova vita di killer mercenario e professionista. Nikolaj è rimasto rinchiuso per tre anni in un carcere americano in Giappone, dopo aver ucciso il suo patrigno Kawashima. E’ stato sottoposto a torture sia fisiche che mentali, ma la CIA ha bisogno di lui. Viene quindi liberato e addestrato per una missione segreta. Diventare Michel Guibert, trafficante d’armi francese. Per questo conosce Solange, donna misteriosa, che oltre ad insegnargli a diventare un vero francese, condivide con lui un rapporto molto più stretto ed intimo. Il suo incarico è quello di uccidere l’alto commissario sovietico Vorošenin a Pechino. La CIA non sa che Hel ha un conto aperto con Vorošenin, che ha distratto tutti i beni della madre di Nikolaj, la contessa Ivanova. Hel oltre ad aiutare gli americani, ha quindi anche il modo di vendicare sua madre. Ma quello che lo fa decidere ad accettare una missione che potrebbe essere suicida è la promessa da parte dell’Agente Haverford di poter uccidere i suoi  torturatori e di ritrovare Solange, di cui si è innamorato. Atterrato in Cina, mette in atto la sua recita, quella preparata dagli americani. Lui è Michel Guibert, figlio di un trafficante d’armi, e trafficante a sua volta. Nel suo corso della storia, ci sono molti personaggi, che lo aiuteranno o lo ostacoleranno nei suoi intenti. La seconda parte del romanzo si apre con Hel/Guibert in fuga, da tutti. Sia dai cinesi, per l’uccisione del loro torturatore preferito Khang, sia dagli americani che lo credono un doppiogiochista, sia dai russi perché ha ucciso Vorošenin. Il personaggio cambia, cresce e si evolve nel corso degli eventi, la descrizione dei pensieri, delle azioni e dei dubbi è scrupolosa, alla maniera di Winslow, che entra in profondità nel personaggio e gli taglia e cuce la storia addosso. Hel è molto influenzato dal suo passato, ma le persone che lo accompagnano in questa avventura lo spingono verso un cambiamento, da cinico e crepuscolare, ad avventato e passionale. L’amore per la bellissima Solange finirà per dettare ogni suo passo, dando ai nemici l’opportunità di tendergli una trappola mortale. Il periodo storico è quello della guerra di Corea, con figure politiche di spicco in attrito tra di loro e immischiate in affari piuttosto loschi. L’azione si svolge tra la Cina e il Vietnam, dove Nikolaj dovrà dare prova di essere un giocatore impeccabile, cercando di anticipare le mosse del nemico. Come per lo Shibumi di Trevanian, anche il Satori di Winslow ha una difficile collocazione. E’ un romanzo complesso, intricato e affascinante. Winslow non fa rimpiangere Trevanian, e raggiunge il suo scopo anche discostandosi dai suoi temi cardine. Più generi in uno stesso romanzo, come detto, rendono difficile classificare quest’opera così raffinata, che proprio per la sua varietà, è capace di dare molte emozioni. Winslow vince quindi la sfida. Quella di esser riuscito a riproporre un personaggio come Hel, senza scadere e senza farci storcere la bocca. Anzi ricreandone perfettamente lo stile, che regge perfettamente il confronto con l’originale. Voto: 8

lunedì 23 marzo 2015

RECENSIONE – I segreti di Gray Mountain di John Grisham



Nuovo legal thriller per John Grisham, che del genere è un maestro, vista l’esperienza maturata direttamente sul campo. Il romanzo è ambientato negli Appalachi, la catena montuosa situata nella parte orientale degli Stati Uniti, che è anche una delle zone più economicamente a basso reddito dello Stato. Protagonista è Samantha Kofer. Samantha è un avvocato, fino a quel momento ha lavorato per uno dei più grandi studi legali di New York, il suo lavoro consisteva nel leggere, controllare e definire contratti per la vendita e l’acquisto di grandissimi immobili. Un lavoro noiosissimo, ma pagato benissimo, ma a costo di grandissimi sacrifici in fatto di libertà personale. Ma la situazione temporale è quella del fallimento della Lehman Brothers che erogava mutui a go-go nel 2008, quindi Samantha si ritrova dal giorno alla notte senza più lavoro. L’unica opportunità che le si presenta davanti è quella di andare a lavorare in modo del tutto gratuito, presso un’organizzazione senza scopo di lucro, in modo da mantenere almeno la sua assicurazione sanitaria e l’opportunità, un giorno, di rientrare al suo vecchio ufficio. L’opportunità gliela concede Mattie Wyatt, che fa parte di uno studio di assistenza legale, a Brady in Virginia, un piccolo centro con pochi abitanti sui Monti Appalachi. La maggior parte delle cause verte contro le industrie del carbone, che da quelle parti la fanno da padrone. Lì Samantha troverà Donovan, nipote di Mattie, avvocato indipendente, specializzato nelle cause di risarcimento milionarie contro le grandi industrie carbonifere. Sam si ritrova anni luce dal suo lavoro svolto nella Grande Mela, ma si farà prendere dal fascino del vero lavoro di avvocato. Nell’aiutare Donovan, Samantha scoprirà i segreti della cittadina, e tutelando i clienti si scontrerà anche lei contro i colossi dell’industria carbonifera, che oltre ad avere un immane potere, sono anche aiutati da politici e forze dell’ordine corrotte. Anche le persone sono molto restie a denunciare i soprusi, perché le compagnie, forti dei loro appoggi, sono disposte a violenze e omicidi, per continuare a tutelare i loro interessi. Siamo di fronte ad un classico legal thriller, dai meccanismi super oliati, con il debole, rappresentato da Samantha, che si scontra con il forte, rappresentato dalla grande industria del carbone. Ma insieme a questo c’è anche la denuncia del Grisham più politico, coinvolto anche dal punto di vista sociale, con la denuncia dei disastri ecologici provocati da questi colossi, e con la rappresentazione delle dure condizioni di vita degli abitanti e dei lavoratori di quelle zone. Considerato dal Washington Post in termini lusinghieri, che lo ha definito un romanzo importante e arrabbiato, con l’autore in grado di denunciare i mali di una società corrotta e corruttibile, senza mai perdere di vista l’intrattenimento del lettore. La scrittura scorrevole di Grisham aiuta. Aiuta anche il linguaggio molto facile utilizzato per spiegare le varie fasi processuali. Infatti il romanzo non è infarcito di termini legali, e quelli relativi all’estrazione del carbone, ci vengono debitamente spiegati all’inizio del romanzo. Voto: 7/8

lunedì 16 marzo 2015

RECENSIONE – Boonsboro Hotel. La casa dei grandi incontri vol. 02 di Nora Roberts



Seconda puntata della saga di Boonsboro Hotel. Stavolta devo dire che il libro non è che sia granché. Infatti è praticamente una ripetizione del primo volume. E sicuramente il terzo rimarcherà la stessa trama. I protagonisti del secondo episodio sono Owen, il più piccolo dei fratelli Montgomery e Avery McTavish proprietaria della pizzeria di Main Street, di fronte al famoso Hotel (il vero protagonista della serie!). Vedremo anche il seguito della storia tra Clare e Beckett, e il loro matrimonio, e appariranno come sempre anche i personaggi già visti nel precedente episodio, tra cui Hope e il rude Ryder, Clare e i suoi figli, il suo quasi marito Beckett  e la signora Montgomery, Justine. Avery e Owen sono un po’ come due fratelli, sono cresciuti insieme, grazie all’amicizia tra il padre di lei, Willy B e i genitori di Owen. Lei è cresciuta senza madre, è scappata quando aveva dodici anni. Ne ha sempre sofferto molto, e si è spesso appoggiata sulla mamma dei fratelli Montgomery. Ma è anche per questo che è diventata quello che è: caparbia, vulcanica ed espansiva, ma abituata a far affidamento solo su se stessa, e a non fidarsi mai di nessuno. La fine dei lavori al Boonsboro Hotel le consente di riavvicinare Owen che è un uomo che fa dell’organizzazione il suo sistema di vita, ed infatti gira sempre con il fido block notes pieno di liste da spuntare. Lei è completamente diversa, la disorganizzazione, tranne che sul lavoro, fa parte della sua esistenza. Ma i due sembrano completarsi da sempre. Infatti Owen è stato il primo fidanzatino di Avery, quando erano bambini e tra i due ha sempre continuato ad esserci qualcosa a dispetto del passare del tempo. Piano, piano la loro storia si concretizzerà e i due, nonostante le loro diversità capiranno di poter contare l’uno sull’altra e di essere in qualche modo, predestinati da sempre. Complice il benevolo fantasma di “Lizzy” che dimora al Boonsboro i due riescono a stabilire quel contatto che mancava ad unirli. Ed anche la ricerca sulla storia di Lizzy stessa in qualche modo li unirà un po’ di più. Voto: 6

domenica 15 marzo 2015



Lei conosce lui ad un grande evento che ha organizzato. Lui è un famoso giocatore di football, Mike Riley. Lei è Tara Lincoln e fa l'organizzatrice di eventi. Sesso. Altro sesso. Magnifico sesso. Lei gli rivela di avere un figlio di 14 anni. Lui la prende bene. Sesso. Mega sessa. Super sesso. Lui gli rivela il suo segreto più recondito. Sesso. Sesso e ancora sesso. Litigio per un terzo incomodo. Si lasciano. Tutti e due sono tristi. Succede il miracolo e si riappacificano. E quindi.. sesso, mega sesso, super sesso. Ah... dimenticavo! Lui è bellissimo e ha un sacco di soldi. Lei è bellissima (ma fa finta di non saperlo) è super intelligente, insomma perfetta. Voto: n.c. (non classificato come a scuola)

martedì 10 marzo 2015

RECENSIONE – Se ho paura prendimi per mano di Carla Vistarini


Quando ho comprato questo romanzo, tutto mi aspettavo, ma non di trovare un bellissimo romanzo. Ebbene sì, lo reputo tale. Fatto di uno stile immediato, con un linguaggio scorrevole e privo di rallentamenti. Molto intenso e allo stesso tempo delicato, che unisce paura e richiesta di aiuto. La storia si apre durante una rapina ad un supermercato, dove testimone è lo Smilzo, un barbone trentenne, che ha una visione della vita molto disincantata, del quale leggiamo i pensieri e non i discorsi, e questi ci raccontano tutto ciò che succede durante l’atto brutale, commentandolo minuto per minuto. Lo Smilzo, sembra al di fuori di tutto, e nonostante la gravità del fatto, non sembra essere particolarmente preso. Solo la presenza di una bambina solitaria, che sbuca nel bel mezzo del caos, lo proietta nella realtà dei fatti. La bambina ha sui tre anni, somiglia ad un puttino di Michelangelo, ma non sembra un tipo che si spaventa facilmente, nonostante non abbia i genitori intorno. Quella che all’inizio lo Smilzo, scambia per la madre uccisa durante la rapina, si renderà conto molto presto che non ha nessun legame con lei e che la situazione non è semplice come appare. La nana (la bambina) chiamata così perché non parla dallo Smilzo non è di aiuto, perché l’unica cosa che riesce a pronunciare e non senza difficoltà è: “F-f…fangulo!” Attraverso i suoi pensieri veniamo a conoscenza di chi era un tempo lo Smilzo, prima del nostro incontro. Era un mago della finanza, laureato in economia e con un master per giunta. Come sia finito a fare il barbone lo scopriremo pian piano nell’arco della storia. Ma il problema più grande, la sua più grande preoccupazione è da quel momento la bambina. Lui non vuole averne la responsabilità, ma ad un tentativo di consegnarla alla polizia, segue una sparatoria e un tentativo di rapimento della nana. Perché? Che cosa vogliono da questa bimba? Dall’oscurità emergono lentamente gli altri personaggi. Si capisce subito chi sia il buono e chi il cattivo, mentre il nostro eroe cerca di instaurare un rapporto improbabile con la bambina, dove tenta di farle capire che lui non può tenerla con sé, perché lui è un barbone senza una casa. Ma i due debbono comunque fuggire insieme, rincorsi da un avvocato senza scrupoli, con un piano riprovevole, e un prete che tutto sembra meno che un messaggero di Dio in terra. L’imperativo dei due è fuggire e mentre la fuga continua, i personaggi a corollario della storia si susseguono. L’avvocato Brandt, il cattivo della storia, e un altro personaggio che vuole a tutti i costi uccidere lo Smilzo. Un vecchio professore di fisica con il suo cane parlante, un russo che canta allegramente Oci Ciornie, un commissario che più stralunato di così non si può e assassini vaganti pronti a sparare contro tutto e tutti. Tutto questo moltiplica la nostra voglia di sapere in cosa i nostri eroi siano coinvolti, spingendoci a sfogliare una pagina dopo l’altra, alla ricerca degli elementi che ci possano portare finalmente alla risoluzione dell’enigma. Non ci sono molte parti descrittive, tutto è incentrato nei pensieri dello Smilzo, immediati e quotidiani. Discorsi seri, di fughe, di probabili assassini, morti senza senso, uniti insieme da battute comiche e a pensieri sparsi che fanno sorridere. In apparenza non si direbbe un thriller di questo libro, però lo è. La protagonista bambina sembra provenire da un sogno, portando con sé un peso troppo grande per lei: la sua stessa vita, per la quale qualcuno combatterà. Ci sono scene molto divertenti, tra lo Smilzo il professore con l’Alzheimer e il suo cane parlante Picchio. L’uno non ricorda di conoscerlo, l’altro spera in un suo aiuto, il cane è l’unico che ragiona insieme alla piccola senza nome, e l’adulta in qualche occasione sembra proprio lei, così seria e imbronciata. Lo Smilzo risulta essere una personaggio quasi “vivo”, come toccarlo al tatto, tanto è naturale e reale da avere quasi un dialogo con il lettore. Ma la palma della simpatia va alla “nana”, non è possibile non affezionarsi a lei, vittima di una storia così cattiva. Il romanzo inizia con nel segno del giallo, ma ha risvolti noir, nonostante la scrittura sia dolce e delicata, incentrata sulla figura della bimba senza nome. Questa creatura, questo essere indifeso, che avrà come suoi paladini lo Smilzo e il prete, il professore e il suo cane parlante, un corollario di amici strampalati pronti a tutti per difenderla. Anche se all’inizio la bimba sembra non avere nessuno, ma nel corso della storia scopriremo che una mamma ce l’ha, rinchiusa in una gabbia di follia creata appositamente per lei. Quindi le anime da salvare sono due. L’autrice ci lascia quasi in con l’animo in sospeso, con un finale al cardiopalma, fatto di inseguimenti sulla carta tradotti in  capitoli veloci che danno al finale un ritmo sincopato. Il bello però, di questo romanzo, è la sua semplicità, dato da una scrittura scorrevole e senza parole arzigogolate. L’autrice ha un dono, quello della semplicità di raccontare le cose, e lo fa con una grazia eccezionale. Voto: 9

RECENSIONE – La felicità delle piccole cose di Caroline Vermalle



Sembrerebbe quasi un romanzo on the road questo della Vermalle, se non fosse che è un romanzo talmente aulico e leggero, che perde quel senso del viaggio. Ma di viaggio in fondo si parla, e di una mappa e di un tesoro. La nostra storia si svolge in una Parigi innevata, raccolta intorno al fascino del tempo che fu, e lungo il corso della Senna, lungo i cui argini si muovono le vite dei nostri protagonisti di questa storia affascinante scritta da Caroline Vermalle. Il protagonista assoluto è Frédéric, un avvocato trentaseinne all’apice della carriera. I suoi clienti fanno tutti parti dell’elite cittadina. Attori, finanzieri, vip che frequenta per via del suo legame con lo studio legale blasonato per il quale lavora. Ma la sua vita è fatta anche di aste d’arte dove è sempre alla ricerca di opere impressioniste, che sono tutto ciò a cui aspira. Nel suo cuore ha però una grande solitudine. Un grandissimo interrogativo ottenebra la sua vita. Quello che gli manca è l’affetto e la comprensione di una famiglia, quello che lo divora è un senso di vuoto e di abbandono che risale all’infanzia, quando il padre è scomparso improvvisamente. Questo dolore è stato capace di spingere la sua ambizione e la sua volontà, facendolo emergere negli studi e primeggiare nel mondo del lavoro, ma è stato anche la causa dei suoi fallimenti in campo sentimentale. Intorno a Frédéric ruotano diversi personaggi, poetici e credibili, che concorrono a fare di questa storia, una collezione di minuscoli tesori, come recita il titolo originale. C’è Pétronille, la sua tuttofare, un po’ innamorata dell’immagine chic  e mondana di Frédéric e dell’ambiente che lui frequenta. Pétronille, è una persona che ispira tenerezza, come i bigné che sa cucinare alla perfezione, e che avranno vita propria nel corso della storia. E’ una persona perbene Pétronille, pensa sempre agli altri ed ha un grande senso di responsabilità, anche se a volte si fa trascinare dalla situazione. Per fortuna ha accanto sua sorella Dorothee, che si fa in quattro per tirarla fuori dai guai. C’è Fabrice Nile, che non conosceremo mai, perché la storia si apre proprio con l’apertura del suo testamento, il cui erede è Frédéric. Anche se l’avvocato non ha mai conosciuto Fabrice. Gli lascia diverse cose, ma sul momento per Frédéric sono senza importanza, ma la cosa lo incuriosisce. Chi è Fabrice Nile? E perché gli ha lasciato questa scatola con una misteriosa mappa da decifrare? E poi: un biglietto di un treno, uno per l’ingresso al Musée D’Orsay, uno per un viaggio su un battello sulla Senna? Che strana caccia al tesoro è questa? E per quale motivo Frédéric associa tutto a qualche misterioso dipinto scomparso di Monet, il suo pittore preferito? Con l’aiuto di Pétronille inizia a seguire gli indizi che lo porteranno sulla strada degli impressionisti ad Eragny, Vétheuil, a Giverny nel giardino di Monet ed infine al Musée d’Orsay. I viaggi saranno l’occasione per capire il vero valore dell’amicizia e dell’affetto, ma soprattutto quella di far pace con il suo passato. Una storia molto aulica e leggera, con lo charme dato dal sottofondo della Francia degli impressionisti e dei loro capolavori, delle magiche atmosfere che i colori dei loro quadri sono in grado di evocare, e anche dalla scelta della caccia al tesoro, con gli indizi che inducono il lettore a trovare anche lui la strada. Un’atmosfera romantica e di grande fascino, per una storia leggera che ha però la capacità di farci riflettere sul valore dei sentimenti e sui legami affettivi e di ricordarci l’importanza di sapersi donare l’uno all’altro, ma soprattutto a se stessi. Frédéric, nonostante le sue debolezze e le sue paure è un bel personaggio, molto, molto umano. E il contorno di uomini e donne che gli ruotano attorno, sono una variopinta girandola simpatica e stralunata, ma sempre animata da buoni sentimenti che scaldano il cuore. Voto: 7,5

RECENSIONE – Boonsboro Hotel. Il giardino dei nuovi inizi vol. 01 di Nora Roberts



Eccomi a leggere la Roberts più romantica, quella che forse mi piace di meno. La preferisco più avventurosa, ma devo comunque dire che la signora non sbaglia mai un colpo, forse perché scrive assai bene, quindi tutto ciò che ci racconta, anche queste storie smielate, riusciamo comunque a farcele piacere. Questa è una lettura per appassionate del genere romance, è tutto occhi a cuoricini, ma tant’è che la signora un’avventura ce la fa vivere lo stesso. Ci piacciono gli uomini che lavorano con le mani, che costruiscono, un po’ come si costruisce una vita e qui ne abbiamo ben tre. La storia d’altronde si divide in tre volumi e stavolta i protagonisti sono uomini alla ricerca della felicità. Anche se il vero protagonista, in un certo senso, è un albergo in costruzione, il Boonsboro Hotel, con tanto di fantasma incorporato. Come dicevo i protagonisti sono tre, i fratelli Montgomery: Ryder, Beckett e Owen, rigorosamente in ordine di età. Costruttore, Architetto e Capomastro della Montgomery Constructor. Questo romanzo, in particolare, è concentrato sulla figura di Beckett, un uomo pratico, gentile, sempre disponibile ad aiutare gli altri ed ad esaudire i desideri dei propri amici e familiari. Lui è l’architetto dell'azienda, che grazie alla sua fantasia e attenzione riesce a ricreare ambienti da sogno accostando vari oggetti nel giusto design.  La storia inizia con i tre fratelli che stanno riportando alla luce un vecchio edificio di Boonsboro trasformandolo da catapecchia pericolante  in un Hotel di lusso. Ogni stanza dell'albergo creata sarà chiamata come una particolare coppia protagonista dei romanzi d’amore più famosi; non poteva quindi mancare una "Elizabeth & Darcy", una "Titania & Oberon" e guardate un po' c'è anche una "Eve & Roarke"  (protagonisti della serie In Death, scritta dalla stessa Roberts con lo pseudonimo di J. D. Robb). Vicino all’edificio in ristrutturazione c’è la libreria di Clare, una donna rimasta vedova molto giovane, con tre figli piccoli, che ha deciso di ritornare a casa e far avverare il suo sogno, aprire una libreria, la Gira la Pagina. Lei stessa la gestisce, ed è sempre rifornita di ogni genere di letture per grandi e piccini, ed anche di piccoli oggetti con cui si possono fare splendidi regali. E’ una donna intraprendente, con la testa sulle spalle e un amore infinito per i propri figli, Harry, Liam e Murphy, a cui deve fare da madre e padre.  Clare era la vecchia fiamma del liceo di Beckett, senza averlo mai saputo. Effettivamente lui, non ha mai smesso di ammirarla, ma siccome era molto amico del fidanzato di Clare aveva pensato bene di mettersi da parte. Ma ora? Lei è tornata ed è sempre bellissima, e gli provoca sempre quel senso di stralunamento quando la vede. E’ sempre confuso e impacciato. L’intesa tra i due è molto forte da subito, nonostante gli imbarazzi e le insicurezze, l’attrazione c’è ed è molto forte. Almeno all’inizio da parte di Beckett. La storia è scorrevole, fluida tra emozioni intense, graffiante ironia, vecchi ricordi e allettanti nuovi inizi. I personaggi che dovrebbero essere secondari, sono co-protagonisti amalgamati benissimo nella narrazione e riescono a far risaltare i protagonisti principali, senza però rubargli la scena. Quello che mi ha sorpresa di più è stato il tocco di suspense inaspettato, che dà alla storia anche una punta di thrilling. Quello che mi colpisce di questa autrice, con ogni suo libro è l’eleganza frugale del suo stile narrativo, e il modo delizioso con cui riesce a farti entrare in empatia con i protagonisti della storia. Non c’è dubbio, la regina del romance è lei, e colpisce sempre nel segno, con la sua abilità costruisce sempre delle storie coinvolgenti, con protagonisti mai ripetitivi, e ti lascia con la curiosità di scoprire come le cose si evolveranno nel proseguo della storia. Voto: 6,5

lunedì 2 marzo 2015

RECENSIONE – Roderick Duddle di Michele Mari



Ci sono dei romanzi che ci prendono dalla prima pagina, catturando da subito la nostra attenzione. Romanzi che ci fanno dimenticare tutto quello che ci circonda. Che ci riportano indietro nel tempo, alle nostre letture adolescenziali, quando venivamo completamente assorbiti dalle storie, che ci portavano in mondi fantastici e avventurosi. E così è questo romanzo, Roderick Duddle. Già il titolo ci riporta indietro nel tempo, con la mente sicuramente a Dickens, col suo Oliver Twist … certo ho scomodato un grande … Ma Michele Mari, l’autore di questo romanzo, è questo che vuole, farci tornare, a distanza di anni, indietro nel tempo, alle nostre letture giovanili. La trama, in effetti non ha nulla di nuovo, anzi ricalca quasi alla perfezione quell’Oliver Twist a cui, in parte, si ispira. Roderick è un orfano, nato e cresciuto in un bordello, ma a sua insaputa è l’erede di una grande famiglia nobile dell’Inghilterra dell’ottocento. Perfino la storia del medaglione, che dovrebbe permettere il suo riconoscimento, è tratto dal romanzo dickensiano. Intorno a lui e alla sua eredità gravitano innumerevoli personaggi: suore, prostitute, furfanti, assassini, marinai, tutti attratti irresistibilmente dalla presunta eredità, facendo di Roderick il centro di una fitta trama di intrighi che si dipana per oltre quattrocento pagine. Pagine che scorrono via leggere. Mari si diverte a scrivere un romanzo che se ne infischia dei gusti del lettore o dei temi predominati della narrativa moderna. Ci regala così un romanzo come ho già detto dickensiano, di cui disegna con cura anche una toponomastica immaginaria, che racchiude l’intero mondo di Roderick. Altri omaggi verranno fatti nel romanzo, non solo a Dickens. Ci sono riferimenti a L’isola del tesoro di Stevenson, a Moby Dick di Melville, e a Gordon Pym di Poe. Questi quelli più macroscopici. Ma non mancano anche suggestioni legate ai personaggi. Come non collegare il personaggio di Lennie a Uomini e topi di McCarthy, o Suor Allison e la Badessa al marchese De Sade o alla Monaca di Monza di Manzoni? Anche un piccolo riferimento a Salgari, con il personaggio del marinaio Ram-Singa. Sono tanti i personaggi di questa storia, ma tre su tutti prendono il sopravvento e rimangono impressi nella memoria. Primi fa tutti il Probo. Personaggio ambiguo a cui la semantica del nome ci riporta alla virtù, alla probità, mentre egli non è altro che uno spietato e preciso sicario, affetto da una deformazione fisica, il naso a proboscide, da qui il diminutivo Probo. Il dettaglio della voce bassissima, che lo contraddistingue, giova a renderlo ancora più inquietate. L’altro personaggio è Suor Allison, che come il Probo si porta dietro il marchio della diversità. Suor Allison, da personaggio marginale, diviene strada facendo uno dei protagonisti. Vera e propria maliarda, manipolatrice di destini. Lei è la dimostrazione di come un personaggio possa iniziare a vivere di vita propria imponendosi all’autore. Completa la terna dei tre personaggi indimenticabili, quello di Jones. Lui è una sorta di cattivo ma simpatico, che pur non lesinando trame, inganni e omicidi, suscita nel lettore, uno sguardo quasi indulgente e divertito. Le sue perversioni, ce lo rendono fin troppo vicino all’essere umano. E’ Jones ad incarnare il vero doppio della storia, molto più della coppia di bambini identici Roderick-Michael. Il romanzo ricalca tutti gli schemi del romanzo d’avventura ottocentesco, un libro quindi, che non racconta niente di originale, ma che sa tenere il lettore incollato alle sue pagine, senza nessun momento di noia. La risposta è da ricercarsi nella maestria con cui Mari maneggia i materiali della tradizione letteraria e nella passione, nel trasporto con cui li ha letti e assimilati, rendendoli parte integrante della sua persona. Voto: 8