mercoledì 24 giugno 2020

RECENSIONE – Falce di Neal Shusterman


In un mondo dove tutto è perfetto, dove le guerre non esistono più, dove la criminalità non esiste più, e dove anche la morte naturale non esiste più, l’unico modo per morire per davvero è essere “spigolati” da una Falce. Ad occuparsi di tutto il resto è il Thunderhead, un’immensa, onniscente e onnipotente intelligenza artificiale. Il Thunderhead può tutto. Può guarire, può fare in modo che le vite delle persone siano tranquille e piacevoli, può occuparsi di ringiovanire le persone, può renderle belle, mantenerle in salute, ma non può ucciderle; e l’unico modo per far fronte a un chiaro problema di sovrappopolazione per il pianeta è quello di affidarsi alle Falci, una compagnia riconosciuta di persone speciali, che dedicano la loro vita ad uccidere, anzi no a “spigolare” diverse persone all’anno secondo degli schemi e a delle percentuali calcolate dallo stesso Thunderhead. Le Falci sono rispettatissime da tutti, logicamente incutono un certo timore reverenziale e oltre ad uccidere, hanno anche la possibilità, se fanno baciare il loro anello, di concedere un anno di immunità. Nessuno che ha baciato un anello può essere ucciso nell’arco di un anno. Maestro Faraday è una Falce di un’età venerabile. Non riesce a ricordarsi quante volte si è ringiovanito, ma non si è mai ringiovanito oltre i quarant’anni... gli sembra stupido tornare con la faccia di un venticinquenne. É uno delle prime Falci, uno di quelli che non ama fare il suo lavoro, e forse è per questo che lo fa bene. Rispetta le sue vittime e cerca sempre di essere compassionevole. Vive una vita frugale e poco appariscente fino a che non incontrerà i suoi due apprendisti: Citra Terranova e Rowan Dimach. Logicamente nessuno dei due ragazzi è contento di essere stato scelto come apprendista di una Falce. Un po’ per timore reverenziale, un po’ perché nessuno ha voglia di diventare un assassino. Ma Faraday pensa che sia proprio questo che faccia di loro delle Falci perfette. Quindi i due cominciano a studiare, perché ache un apprendista Falce lo deve fare.  Arti marziali come il Bokator, uso delle armi di qualsiasi genere, storia della compagnia delle Falci, l’uso e le proprietà dei veleni e quanto altro possa essere utile ad una Falce provetta. Citra e Rowan sono due diciassettenni completamente diversi tra loro. Se Citra aspira ad emergere in ogni cosa che fa, Rowan preferisce non apparire e per questo i due, all’inizio, non si piacciono neanche un po’. Non è facile, d’altronde, per due ragazzi lasciarsi alle spalle la propria vita, la famiglia e le abitudini, ma il venerabile Maestro Faraday è un ottimo insegnante e i due cominceranno ad apprezzare il suo mestiere e tutto quello che comporta. Ma si sa che il potere può corrompere, come succedeva nel “Mondo della Mortalità”, e il potere di poter decidere chi vive e chi muore è un grande, grandissimo potere, soprattutto nelle mani di alcune Falci, proprio per questo contrapposte tra loro. Emergono due tipi diversi di Falce: Maestro Faraday ligio ai dieci comandamenti delle Falci fino alla nausera, uno delle prime Falci, uno della vecchia guardia, e Maestro Goddard che usa il suo potere per soddisfare le sue voglie. Gli piace uccidere le persone e odia rispettare le leggi. Ha il sogno di una Compagnia delle Falci che possa uccidere senza limitazioni, sogno di un potere illimitato nelle mani di poche persone. Faraday e Goddard rappresentano, quindi, due linee contrapposte nel comitato delle Falci che si svolge due volte l’anno. Tutti e due hanno dei sostenitori, fanno lo stesso lavoro ma in un modo completamente diverso. Maestro Goddard pensa che chi non è una Falce non sia nessuno, non ha pietà e compassione, il suo lavoro gli piace molto e ne sfrutta tutti i privilegi, al contrario di Maestro Faraday. Citra e Rowan ne passeranno di tutti i colori e la loro vita avrà sicuramente un cambiamento, se nel bene o nel male non lo sapremo in questo primo volume. In questo racconto ci sono sicuramente numerosi colpi di scena, dubbi di etica e morale che i nostri due eroi dovranno affrontare. Ma come ho detto, questo è solo il primo libro di una trilogia, dove i giochi si sono appena aperti, ma non certamente definiti, né conclusi. Scritto con abilità da Shusterman che crea un mondo perfetto, ma imperfetto allo stesso tempo. Dove il ruolo del conquistatore fa gola a molti, segno che la perfezione sognata, non esiste. Consigliato.
(a cura di Silvia Marcaurelio)

domenica 14 giugno 2020

RECENSIONE - Bello, elegante e con la fede al dito di Andrea Vitali

Adalberto Casteggi è un oculista bello e affascinante, con studio a Milano e appartamentino anche a Varenna, comodo per il lavoro presso l’ospedale di Bellano, dove sostituisce un collega. Si innamora di questa incantevole sponda del lago di Como e inizia una relazione con una paziente del posto, Rosa Pescegalli, nubile, trentasei anni ben portati e scollatura mozzafiato. La donna, figlia unica di proprietari di una famosa drogheria, gestisce una profumeria e ha deciso di chiudere con gli uomini da quando è rimasta scottata dalla storia con Salvatore Locitri, terzino del Lecco, soffiatole da Zingrina Aminetti, figlia unica di un noto banchiere. Adalberto porta la fede al dito e lascia credere a Rosa di essere sposato, ma quando la donna trova un paio di occhiali nell’appartamentino denominato “la bomboniera” e sente un profumo femminile nel letto, medita vendetta. Il dottore si fa coinvolgere dalla storia con Rosa e anche dalle lacrime di un’altra paziente, Zingrina, che, delusa dalla mediocrità del marito, cerca una consolazione nelle braccia dell’oculista. Il tutto può dare inizio a una serie di vendette e implicazioni alle quali il dottore non aveva pensato. È una storia semplice di gente semplice, con una prosa molto vicina al parlato. La lettura è scorrevole e coinvolgente, l’ironia (tratto caratteristico di Vitali) è sempre presente, anche nei nomi bizzarri dei personaggi. C’è forse una digressione troppo ampia, dedicata alla mancata storia d’amore tra Rosa e Salvatore Locitri.
(a cura di Maria Lombardi)

domenica 7 giugno 2020

Recensione - Carta bianca di Carlo Lucarelli



È il libro di esordio di Carlo Lucarelli, in cui fa la sua prima apparizione il commissario De Luca. La storia è ambientata a Milano, nell’aprile del 1945, nel cupo e confuso periodo che precede la caduta del Fascismo e la fine della guerra. L’ambientazione ricrea fedelmente la realtà dittatoriale ormai alla fine ma ancora viva e capace di incutere terrore. De Luca è un ex comandante della Muti, la polizia politica della Repubblica Sociale, ma vuole prendere le distanze dal proprio passato, cercando sempre di rimanere poliziotto e stando lontano dagli intrighi delle SS e delle milizie della RSI e dai partigiani. In Carta bianca deve indagare su un omicidio dei quartieri alti, cioè sul delitto di Vittorio Rehinard, appartenente al partito e noto per i suoi festini del venerdì. È stato ritrovato morto in casa, ucciso da un colpo al cuore inferto probabilmente con un tagliacarte, usato poi per evirarlo. La sua morte serve per incastrare la persona scomoda di turno (sacrificando altri innocenti), ma De Luca vuole trovare il vero colpevole. Inizio intrigante e avvincente della saga del commissario De Luca, dove nulla può essere dato per scontato.
(a cura di Maria Lombardi)