giovedì 28 aprile 2016

RECENSIONE – La prima indagine della Squadra Speciale Minestrina in Brodo di Roberto Centazzo



Questa è la storia di tre poliziotti sessantenni. Lo sono ancora mentre li incontriamo per la prima volta, ma in un minuto scopriamo che stanno per diventare ex: la pensione è alle porte, stanno per essere congedati per raggiunti limiti di età. Ma come capita spesso con gli uomini d’azione, i tre non riescono a capacitarsi di avere tutto quel tempo libero e non poter fare nulla. Si deprimono, ingrassano e sinceramente non sanno più che pesci prendere.  Eugenio Mignona, Luc Santoro e Ferruccio Pammattone, in polizia con ruoli diversi fin dal ’75, ne hanno viste un bel po’, fino ad arrivare ad essere il primo sovrintendente della scientifica, il secondo assistente capo all’immigrazione e il terzo sostituto commissario e vice dirigente della Squadra mobile. Ne hanno viste talmente tante, che si accorgono che di conti in sospeso ne hanno ancora, e molti delinquenti e farabutti, nell’arco degli anni, l’hanno fatta franca, fuggendo alla giustizia. Ora di tempo ne hanno a bizzeffe, e non sanno cosa farsene, perché è proprio quando brami il riposo, dopo tanto lavoro, ti rendi conto che non sai più cosa fartene e quanto le giornate possano essere lunghe a passare. Quindi perché non dedicarsi a quei casi che non hanno mai potuto affrontare quando erano in servizio? I tre diventano, visti i loro problemi dovuti all’età, la Squadra Speciale Minestrina in brodo, e i loro nomi in codice sono: Semolino (Pammattone), Kukident (Mignona)  e Maalox (Santoro). I nomi in codice non sono scelti a caso; il primo se mangia pesante si riempie di macchie rosse, il secondo appena in pensione si compra una dentiera e il terzo soffre di atroci bruciori di stomaco. Con l’aiuto di un ex collega e delle svariate amicizie di cui godono nell’ambiente, iniziano a collaborare come Squadra Speciale. La loro prima indagine parte da un vecchio caso di Pammattone. Un ragazzo, un immigrato, viene trovato morto in pieno centro di Genova, nella città vecchia. Il ragazzo aveva subito un arresto durante una retata, tanti anni prima. Durante l’interrogatorio, gli aveva rivelato una serie di indizi che avrebbero potuto incastrare un uomo politico genovese molto in vista, che faceva affari sporchi con la mafia, l’immigrazione clandestina e la vendita di prodotti falsi e qualcuno gliele aveva promesse. Ma all’epoca, l’indagine era morta per mancanza di tempo. A dare una mano alle indagini ci sarà anche il trans “Tamara”, anche lei vecchia conoscenza di Pammattone. Riusciranno i nostri eroi a risolvere il caso e ad incastrare i colpevoli? Tre pensionati, senza manette né pistole, che proveranno ad incastrare i pesci grossi anziché soffermarsi sui piccoli.  L’idea di base non è male è può essere sfruttata, forse meglio. Per ora è un libro che non da grandi sussulti; lineare, scorrevole, con qualche spunto umoristico, ma si vede che la storia è ancora acerba e che sicuramente ci sarà un seguito, dove, speriamo, la trama possa essere leggermente più complessa. Qui, in effetti, è tutto troppo semplicizzato, tutto troppo lineare, e quindi la storia risulta decisamente un po’ appiattita e scivola via senza lasciarti nulla. Speriamo in un seguito con un po’ più di movimento, e una trama gialla leggermente più intricata e coinvolgente, altrimenti non ne varrebbe certo la pena. Voto: 6  

lunedì 11 aprile 2016

RECENSIONE – Città in fiamme di Garth Risk Hallberg



Libro d’esordio per questo autore. Ha avuto un discreto battage pubblicitario. In patria è stato addirittura paragonato a Tom Wolfe con il suo “Il falò delle vanità”. Non credo si arrivi a tanto, però il ragazzo ha sicuramente del talento, considerando che il periodo che racconta nel suo romanzo non l’ha proprio vissuto e soprattutto non ha mai abitato a New York. E’ un bel tomo, non c’è che dire. Parecchio scomodo da portarsi dietro perché abbastanza pesante, ma la storia in sé ci fa dimenticare la scomodità, perché è bella, struggente e triste. Forse la lunghezza del racconto, un migliaio di pagine e poco più, è un po’ eccessiva. Di molte pagine, descrittive, se ne sarebbe potuto fare a meno, snellendo la storia di orpelli quasi inutili. La storia scorre piacevolmente, il libro non è mai noioso. Fondamentalmente può essere catalogato come un poliziesco, ma si rifà anche a quei vecchi romanzi sulle famiglie d’epoca. Fa pensare un po’ un “Via col vento” in chiave moderna. Lo stile è quello dei romanzi di Dickens, dove un evento apparentemente casuale da il là alla storia. Siamo nella New York alla fine degli anni Settanta. Da una parte New York era vista come una città cosmopolita e liberale, dove tutti potevano trovare un posto, esaudire il classico sogno americano. Ma era anche un grandissimo calderone, pronto ad esplodere fatto di quartieri a rischio con un altissimo degrado urbano, popolati  di persone per lo più emarginate. E in questo contesto si inserisce la storia e l’antefatto da cui parte è l’aggressione, nella notte del Capodanno del 1976, di una studentessa universitaria, non ancora diciottenne, all’interno di Central Park. Samantha Cicciaro, diventerà, malgrado sia riversa in fin di vita in un letto di ospedale, il pretesto per una piccola rivoluzione: quel black out, realmente accaduto ma con altri motivi, del 13 luglio 1977, dove New York venne messa a ferro e fuoco dai suoi stessi abitanti. Nell’arco della narrazione incontreremo tutti gli altri protagonisti della storia, ognuno di loro ha in qualche modo un legame con la vittima, chi più, chi meno. Ogni capitolo avrà la voce di uno di questi personaggi, ognuno con il suo punto di vista, come se la storia fosse fatta a fette. Un poliziotto a fine carriera che indaga sull’aggressione, un giornalista d’inchiesta, un professore di colore, un punk-rocker e la sua famiglia, un fuochista pirotecnico, un assistente in una galleria d’arte, un banchiere-broker e un ragazzino ebreo punk dalle idee confuse. Nel bel mezzo della storia ci imbattiamo ogni tanto in “intermezzi” che possono essere lettere, documenti, articoli di giornali, e-mail (scritti in caratteri diversi), che ci aiutano a legare fatti e personaggi tra loro. Lo scrittore è abile nella caratterizzazione dei personaggi ed anche a legare una storia a dir poco complessa, dove alla fine ogni tassello andrà al suo posto, regalandoci un libro molto difficile in sé, ma molto bello. Leggendo il romanzo si ha l’impressione di tornare indietro nel tempo, con la sensazione di vivere nella città di New York in quegli anni, dove il movimento punk la faceva da padrone, dove il rumore dello scoppio delle molotov era una cosa normale, dove c’erano interi quartieri disabitati, negozi chiusi, abitazioni sprangate, edifici abbandonati, terra di nessuno. Una città con un rumore di fondo incessante, di uomini e donne insoddisfatti, sempre pronti ad accendere una miccia e a dar fuoco alla città, ma allo stesso tempo a sentirsi parte di una città aperta, libera e disponibile. Voto: 8

domenica 10 aprile 2016

RECENSIONE – Life and death di Stephenie Meyer




A distanza di dieci anni dall’uscita di Twilight, Stephenie Meyer festeggia l’anniversario con l’uscita di una versione opposta nei personaggi, gli uomini sono donne e le donne uomini, tranne alcune rare eccezioni.  Torniamo di nuovo a Forks, la cittadina più piovosa e più noiosa di tutti gli Stati Uniti. Nulla è cambiato. Beaufort Swan, giovane studente che vedremo nelle vesti della celeberrima Isabella Swan, arriva in un normale giorno di pioggia accompagnato dal padre, Charlie.  Per far vivere appieno alla madre, il suo secondo matrimonio, e lasciarla seguire Phil, il suo secondo marito, in giro per gli Stati Uniti in cerca di un ingaggio, Beau sceglie di trasferirsi a casa di suo padre e terminare lì a Forks l’ultimo anno del college. Ma Beau ancora non  è conoscenza che per quanto Forks possa essere ordinario, nasconde un segreto incredibile, che lo porterà ad affrontare un’avventura surreale. Beau, a differenza di Bella è alt, ma ha la sua stessa andatura, il suo stesso impaccio, la sua stessa timidezza, un’indole timida e dolce e non fa fatica ad attirare gli sguardi delle nuove compagne di scuola, attirate soprattutto dalla sua dolcezza e dai suoi occhi blu e delle buone maniere innate, che lo rendono attraente ai loro occhi. Ma poi conosce Edythe, l’alter ego di Ewdard Cullen. Glaciale, bellissima, tanto da non sembrare vera. Un angelo dai capelli color bronzo senza nessuna imperfezione che turba e stravolge Beau dopo solo il primo incontro. Edythe, come Edward ha una reazione scomposta soltanto all’avvicinarsi di Beau ma ne conosciamo il motivo,  ne è sedotta e respinta al contempo. Mentre Beau non riesce a capire il perché di tanto irrazionale odio verso di lui e ad allontanare la violenta attrazione della quale è impossessato, gli atteggiamenti di lei che rivelano un’insita rabbia, un’irrequietezza che pulsa sotto la pelle esangue, e che cela qualcosa di terribilmente segreto … Edward Cullen e Bella Swan, i personaggi che dieci anni fa sono entrati nell’immaginario di un’intera generazione sono ancora lì, ma questa volta visti allo specchio. Il personaggio di Bella, a lungo contestato dalla critica perché considerata l’eterna “fanciulla in pericolo”, ha ancora qualcosa da dimostrare: Twilight non è la storia della fragile adolescente in pericolo, ma la storia di un essere umano in pericolo, circondato da uno stuolo di personaggi e di azioni. E allora ecco che tutto può funzionare anche allo specchio.  La storia è riscritta, rovesciando i ruoli, ma le emozioni sono le stesse, così come le paure. Edythe, nel ruolo di Edward, è una dolce vampira, un po’ meno minacciosa, ma dal carattere forte e deciso, estremamente affascinante, perché diluisce perfettamente la semplicità di una diciassettenne con il lato oscuro che la possiede. Beau, l’alter ego maschile di Belle (non solo nel nome), è un personaggio positivo, con un piede fuori dalla società e uno dentro la scuola, amato per la sua goffaggine e la bontà di spirito. La sua intelligenza lo fa illuminare rispetto agli altri ragazzi, ed è forse per questo che è l’unico che abbia mai avvicinato Edythe. Torna il mondo dei vampiri e dei licantropi e, oggi come allora, la saga che ha travolto le scene letterarie e cinematografiche catapulterà i lettori in un mondo segreto e occulto, dove l’ossessione febbrile di un amore quasi impossibile tornerà a far sognare … qualcuno … ma non me. Ho trovato molto più scialba questa storia che la precedente. Almeno in Twilight si è certi dall’inizio che c’è qualcosa che deve accadere … le strane morti … le indagini … tutto sparito in questo riadattamento. I tre cattivi appaiono solo all’ultimo rendendo piatto e noioso tutto il libro condito soltanto dalle scenette tra Edythe e Beau. Praticamente nullo, povero, povero … Mera operazione commerciale. Voto: 3