giovedì 29 novembre 2018

Recensione – Ink di Alice Broadway



Quando ho preso questo romanzo, attratta dalla copertina, non sapevo, ahimè, che facesse parte di una trilogia, ma tant’è … Vi avverto immediatamente che è un libro adatto a ragazzi/e adolescenti, ma anche noi, cosiddetti adulti, lo possiamo tranquillamente leggere, soprattutto se si amano i mondi distopici e i tatuaggi. Siamo in un mondo e in un’epoca indefinita, l’autrice non ne fa menzione. Leora, la nostra protagonista ha sedici anni, è molto bella, anche se lei si considera soprattutto goffa. Ma quale adolescente è contento di sé? Vive in una società che basa tutta la sua esistenza e il suo credo, su una vecchia storia, un’antichissima fiaba: quella della Strega Bianca e di sua sorella Moriah la buona. Moriah la buona divenuta principessa, ad ogni cambiamento importante le spunta sulla sua pelle un marchio, mentre sua sorella, già poco considerata prima, viene “dimenticata”. Da questa storia il mondo viene diviso in Marchiati e Intonsi. I Marchiati sono i buoni, quelli che non hanno nessuna paura a mostrare al mondo i passi fatti nella vita, marchiati sulla loro pelle, in modo che chiunque, soprattutto i più dotati possano leggerli, anzi ne vanno assolutamente fieri. Gli Intonsi, le persone senza tatuaggi, vengono considerati un popolo violento, misterioso, che ha sicuramente qualcosa da nascondere e per questo non vogliono essere marchiati e quindi vivono esiliati, da reietti. All’inizio della storia, Leora, ha appena perso suo padre e la morte del genitore ci introduce nei riti previsti per i defunti in questo particolare mondo. Ogni volta che una persona muore, la sua pelle viene trattenuta e ne viene conciato un libro. Se la persona è stata “un giusto” nella vita, tramite il rito della “pesatura dell’anima” trattenuta dalla sua pelle, verrà valutato e avrà o meno l’anima salva. Se qualcosa va storto, se la persona in questione ha combinato qualcosa di sbagliato, non ha diritto a nessun perdono, a nessuna redenzione, il suo libro verrà bruciato, il suo nome dimenticato, di lui sarà eliminata ogni  traccia della sua esistenza, nessuno più potrà nominarlo. L’attesa per la pesatura dell’anima di suo padre, Joel Flint porterà Leora a scoprire delle cose di suo padre che non conosceva. Lei ha sempre pensato fosse un uomo buono, coscienzioso, innamorato di sua madre, e dedito al suo lavoro, ma qualcosa è andato sicuramente storto. Il suo libro è sotto revisione del governo, c’è qualcosa che non va. Nel frattempo Leora, nonostante la sua tristezza e il senso di inadeguatezza, riesce brillantemente a passare gli esami di scuola e a diventare tatuatrice tirocinante ed inizia a lavorare presso lo studio di Obel, considerato un grandissimo maestro tatuatore. Nel suo mondo qualcosa sta cambiando, infatti assiste ad una marchiatura pubblica, reintrodotta dal nuovo sindaco Longsight. É una sorte di condanna a morte, ad un uomo verrà impresso un marchio, un corvo, che all’atto della pesatura della sua anima, non gli darà scampo, sarà un dimenticato e il suo libro bruciato. L’uomo è accusato di aver rubato parte di libri di altre persone per nasconderne qualcosa. Leora capisce che la cosa è legata al libro di suo padre e comincia a ricordare che anche lui aveva un piccolo corvo tatuato alla radice dei capelli, ma che un giorno, dopo una ferita, era sparito sotto i punti di sutura. Comincia così ad avere dubbi e paure che aumentano o diminuiscono a seconda dei personaggi che le girano intorno. Sophia, sua madre, con la quale ha spesso un rapporto burrascoso, ma che è anche il suo rifugio. Verity la sua migliore amica, quella su cui può sempre contare. Oscar, il figlio dell’uomo marchiato pubblicamente, che le piace, ma le mostra anche la sua doppiezza. Obel, il suo Maestro Tatuatore, che la introdurrà, suo malgrado, nel mondo degli Intonsi. Mel la racconta-storie, che è stata designata come sua Mentore. Karl, il suo compagno di scuola e di apprendistato, noioso e cattivo almeno all’apparenza. Jack Minnow, uomo del governo, crudele e spietato. Il sindaco Longsight, fautore di un ritorno alle tradizioni originali, quando i marchi contavano veramente qualcosa. Un mondo ed una situazione ancora tutta da scoprire che sicuramente verrà basato sulle scelte che Leora sarà costretta a prendere. Lo stile è semplice, il libro scorre bene ed è adatto allo scopo che si prefigge. Nascosto tra le righe c’è il messaggio che l’autrice ci lascia: ma è proprio vero che tutto quello che mostriamo di noi sia proprio vero, buono e giusto? La storia, logicamente, non si conclude con questo primo capitolo, anzi ci lascia veramente con tante domande e questioni irrisolte. Per vederne la completezza bisognerà attendere gli altri due. Questo è solo un’anteprima, anche se buona. Voto: 7

martedì 13 novembre 2018

RECENSIONE – Il mago e la figlia del boia di Oliver Pötzsch



Quarto volume della saga del boia di Schongau, Jakob Kuisl e di sua figlia Magdalena. Siamo in Baviera nel 1666 e ritroviamo Magdalena finalmente sposata con il suo Simon Fronwieser, divenuto ora balneatore della città. É anche madre di due bimbi, Peter e Paul. Proprio per la salvezza da una febbre patita dai due, Magdalena e Simon si apprestano, insieme ad altre rappresentanze e pellegrini di Schongau, ad un pellegrinaggio presso il Sacro Monte e il monastero di Andechs, molto frequentato dai pellegrini per le sue santissime reliquie. Manca ancora una settimana alla festa delle Tre Ostie, ma il l’abate, Maurus Rambeck ha chiamato a raccolta i pellegrini: servono soldi e maestranze per risanare il campanile colpito da un fulmine. Ma mentre è in cammino Magdalena sembra scorgere, proprio sul campanile, una strana luce, come se ci fosse qualcuno sulla sua sommità. La curiosità in Magdalena, come in tutta la sua famiglia, è di carattere, e non ci mette molto a voler vederci chiaro. Quindi appena ha un minuto non esita a raggiungere la vetta del campanile; ma una figura nero vestita le taglia la strada e tenta di ucciderla facendola precipitare nel vuoto. Magdalena riesce a salvarsi per un pelo. Intanto Simon si trova ad assistere molti dei pellegrini presenti per una strana malattia e a far luce sulla morte di due giovani novizi: frate Coelestin, garzone del farmacista e Vitalis, garzone dell’orologiaio e con la scomparsa di quest’ultimo. A farne le spese è proprio il farmacista frate Johannes, un tempo Nepomuk, che altri non è che un compagno d’armi di Jakob Kuisl. Viene accusato di stregoneria e arrestato dai soldati e portato dal boia locale, sarà brutalmente torturato per poi essere ucciso sul rogo. Parlando però con lui Magadalena e Simon si convincono che quest’ultimo sia innocente e saputo che è un amico del boia di Schoungau lo mandano a chiamare. Jakob parte da Schongau portandosi dietro i suoi due nipotini, ha l’impossibilità di lasciarli a casa. Sono in pericolo per via dei figli di un proprietario terriero, i Berchtholdt che ce l’hanno con lui e con Magdalena per averli sorpresi a rubare il grano cittadino; ma soprattutto non può lasciarli a sua moglie Anna Maria ammalata con la febbre e costretta a letto da una forte tosse. Quando Jakob arriverà ad Adenchs sarà costretto, per poter indagare, ad indossare i falsi panni di un frate francescano, ma saranno molte le cose su cui dover indagare. Cosa collega le morti misteriose, la scomparsa del frate orologiaio e la sinistra luce che ogni notte illumina il campanile? E chi è il pazzo che si cela sotto una tonaca nera da monaco? Chi ha rubato le reliquie sacre? E soprattutto chi è che avvelena i pellegrini? Sempre belle le storie di Jakob e Magdalena Kuisl che hanno un fondo di verità, perché Oliver Potzsch è un loro discendente; ben scritte e coinvolgenti, piene di colpi di scena. Una trama ben congegnata a tratti anche divertente, soprattutto nei dialoghi tra Jakob e Simon, suocero e genero. Molto belli i paesaggi bavaresi che Potzsch ci illustrerà ulteriormente in una piccola guida alla fine della storia e che, in questo capitolo, ci regalerà anche una piccolo Almanacco del monastero di Andechs per darci un’idea più ampia di quello che è stato e che è tutt’ora questo luogo sacro in Baviera. Voto: 7

RECENSIONE – Assassinio sull’Orient-Express di Agatha Christie



Questo è forse il romanzo più famoso di Agatha Christie insieme a “Dieci piccoli indiani”. Letto tanto tempo fa, da ragazzina a scuola, riletto adesso mi ha dato un piacere diverso da allora: quello di essere riuscita a cogliere diverse sfumature e tanti piccoli indizi disseminati qua e là nella storia, cosa che non mi era accaduta alla prima lettura. I passeggeri del famoso Orient-Express rimangono bloccati, durante una tempesta di neve, in mezzo al nulla, nell’allora Jugoslavia. Un uomo di affari americano, il signor Ratchett, viene trovato morto nel suo scompartimento sul vagone Istanbul-Calais. Assassinato con dodici coltellate. Tra i passeggeri dello stesso vagone viaggia il noto investigatore Hercule Poirot che viene incaricato dal signor Bouc, dirigente della Compagnia dei Vagoni-letto, ad indagare per scoprire l’assassino. Verrà coadiuvato nelle indagini dallo stesso Bouc e dal dottor Constantine, un medico passeggero del vagone proveniente da Atene. Poirot comincerà la sua indagine certosina interrogando ad uno ad uno i passeggeri del vagone Istanbul-Calais. Attraverso gli interrogatori scopriremo le vite e le caratteristiche dei viaggiatori dell’Orient-Express. Non sarà facile scoprire l’assassino di un uomo che non era chi diceva di essere e soprattutto quando tutti i passeggeri avevano un buon motivo per assassinarlo. Voto: 7,5