Cecilia Rose Honeycutt nasce in una
famiglia non proprio perfetta. Suo padre è sempre assente, sua madre è una
squilibrata, ma CeeCee, questo il suo nomignolo, resiste, e si conquista la
vita come può. CeeCee prova la vergogna e la
rabbia di non avere una mamma normale: la sua è una madre psicotica, persa in
un mondo interiore fatto di rabbia per il tempo trascorso accanto ad un marito
assai più anziano che l'ha privata della bellezza e dei sogni della giovinezza.
Dall'altra, abbiamo il rimorso di questa forte, fortissima undicenne che lotta
per non aver saputo accettare la madre così com’era. Ma come poteva fare? Una
ragazzina, anche negli anni Sessanta, era pur sempre una ragazzina, sola ed
emarginata. Sono i libri gli unici amici di CeeCee, le storie il suo unico rifugio: un
mondo fantastico scoperto grazie a Miz Odell, la vicina ottantenne il cui
pranzo della domenica ha il sapore di una famiglia vera. CeeCee
Honeycutt vive questa esperienza devastante della malattia della madre, lasciata
sola dal padre ad affrontare una simile situazione. Passa dallo stupore dei
primi sbalzi di umore della madre alla triste consapevolezza della sua
alienazione dalla realtà, al rifiuto della malattia fino all’odio per quella
persona che l’ama comunque tanto, ma che le rende complicata l’esistenza. E
mentre questo odio si fa strada nella piccola, la madre è vittima di un
incidente, che lascia la ragazza orfana e con dei sentimenti aperti e
irrisolti. Oltre a tutto questo, pesante è il rifiuto di suo
padre. Sa che lui ha un’altra donna, ma il suo rifiuto di occuparsi di lei dopo
la morte della sua mamma la irrigidisce nei confronti di un padre che non ha
mai amato, perché un padre non lo è mai stato, e l’ha lasciata da sola nel
momento peggiore della sua breve vita. Comincia così un nuovo capitolo nel
Libro della sua Vita, come le spiega Mrs Odell. Messo qualche romanzo in
valigia, CeeCee parte con la bizzarra zia Tootie alla volta di una lontana
città del Sud. Là, sarà accolta da un mondo variopinto e profumato tutto al
femminile: da Mrs Goodpepper - che crede nel karma e nel kamasutra ma anche in
qualsiasi rimedio anti-età, - a Oletta, la cuoca di colore, che custodisce
gelosamente la ricetta dei suoi favolosi dolcetti alla cannella. Un mondo
pronto ad amarla e a proteggerla. E ad aiutarla a trovare la sua strada, la più
luminosa possibile. Soprattutto la zia Tootsie e Oletta avranno un ruolo
taumaturgico nella vita di Cecilia. L’anziana domestica nera della zia che vive
in un’immensa villa del sud, Oletta, è l’anima concreta della vicenda: è colei
che con la massima semplicità e la concretezza della vita vissuta porta CeeCee
a riflettere su ciò che ha fatto e su ciò che vuole ottenere dalla vita. L’autrice
usa un linguaggio semplice e immediato, arrivando subito al cuore dei suoi
lettori con una scrittura sobria e veloce che permette di divorare il romanzo
in poco tempo lasciando dietro una sensazione di buono come l’odore del pane
caldo o dei biscotti appena sfornati. L’odore è uno dei cinque sensi che
servono alla Hoffman per demarcare anche in maniera tangibile il cambio di vita
che avviene nel passaggio territoriale dal freddo Nord al caldo Sud, dalle
tonalità di grigio a un’esplosione di colori, dalla mancanza di calore umano
alla partecipazione di tutto un quartiere, fatto di personaggi strani,
strampalati, eclettici ma che sanno donare e donarsi incondizionatamente. Più di tutto, mi ha colpito l'eccezionale bravura
dell'autrice di riuscire a trasmettere le sensazioni provate da CeeCee. Cecilia
Honeycutt, narra la sua storia in prima persona. In questo caso, la prima
persona narrante è stata la scelta migliore e più felice per un romanzo che,
con una diversa forma, avrebbe perso quell'impatto emotivo fortissimo che mi ha coinvolto sin dalle prime pagine. Una
storia squisita, fatta di sentimenti e persone semplici, quel tipo di varietà
umana che, anche se è colpita da tragedie e sofferenze, anche se deve far
fronte a ostacoli che sembrano insormontabili, riesce a rendere tutto più
facile. Un romanzo ottimistico per ambientazione, argomenti trattati, modo di
presentarli e sensibilità di narrazione delle situazioni anche tragiche. L’autrice ha
cercato di descrivere il cambiamento di CeeCee in poco più di quattro mesi: da
bambina disadattata e rancorosa ad adolescente curiosa, che ha ancora paura
della vita ma che ha compreso ormai che nel mondo non vi è solo dolore e
derisione, ma anche bontà, affetto gratuito e “sorellanza”, soprattutto tra le
donne in questo libro. E' un libro questo, che può apparire sdolcinato e
consolatorio, ma non lo è: è una storia che affascina, che commuove e fa
sorridere, che non può lasciare indifferenti. E che spiega come dal dolore si
può tornare a vivere, ed essere più forti. Perché, come dice (più o meno)
Camille, la madre di CeeCee: "E' il
modo in cui affrontiamo ciò che viviamo che ci rende le persone che
siamo". Voto: 8
giovedì 30 gennaio 2014
lunedì 27 gennaio 2014
RECENSIONE – NORD E SUD DI ELIZABETH GASKELL
Quando ho finito questo romanzo
ho pensato che era difficile lasciarlo andare. Con pochi libri mi è successa questa cosa, significa che il
testo mi ha lasciato veramente qualcosa. Il libro “Nord e Sud” è stato scritto
da Elizabeth Gaskell nel 1854, ma lo trovo tuttora attualissimo. Fu pubblicato
a puntate sulla rivista di un certo Dickens che fu anche il fautore del cambio
del titolo. La sua scrittrice lo avrebbe titolato con il nome della sua eroina,
Margaret Hale, ma Dickens glielo sconsigliò e propose Nord e Sud, scelta alla
fine azzeccatissima. Siamo in piena rivoluzione industriale. Margaret ha
vissuto finora tra la casa di Londra di sua zia Shaw, con sua cugina Edith, abbastanza ricche da
poter frequentare le persone giuste, e la sua casa di Helton nel sud rurale.
D’un tratto le crolla il mondo addosso. Dopo il matrimonio di Edith si
trasferisce definitivamente ad Helton, ma suo padre, titolare della canonica
del villaggio, perde la sua fede ed è costretto a diventare un civile e a
lasciare la canonica. L’unico posto dove riuscirà a trovare lavoro è
Milton-Northern, popolosa città manifatturiera del Nord. Quindi si trova
bruscamente immessa nel nuovo mondo, e per molti aspetti irriconoscibile,
prodotto dall’industrializzazione. La famiglia Hale, coltiva valori
tradizionali, è totalmente estranea alla frenetica vita del centro industriale,
alla nascente lotta di classe fra padroni e operai, all’inquinamento e al
degrado sociale. Ma nonostante tutto Margaret sa adattarsi e stringe presto
amicizia con Bessy Higgins, una ragazza che lavorando in fabbrica ha
somatizzato una malattia ai polmoni, e con suo padre Nicholas, sindacalista
convinto, impegnato nel movimento operaio. Prendendo a cuore la famiglia
comincia a coltivare degli interessi fino a qual momento a lei sconosciuti.
Complesso si rivela da subito il suo rapporto con John Thornton, allievo di suo
padre, e padrone di uno dei più importanti cotonifici di Milton. Margaret è
combattuta tra l’ostilità verso l’industriale e l’ammirazione verso le sue
capacità. Considerando che il romanzo è stato scritto nel 1854, non posso non
dire che siamo ai livelli di Jane Austen e delle sorelle Bronte. E chi come me
ha amato “Orgoglio e pregiudizio” piuttosto che “Jane Eyre” non può, non
innamorarsi alla follia di Margaret e John, protagonisti di Nord e Sud. Una
scrittura d’altri tempi, un piacere insperato, perché oggi non sono molte le
autrici che riescono a rievocare quell’incanto letterario, l’elegante
romanticismo in una storia dal taglio raffinato. Questa è una storia ambientata
nello stesso periodo in cui l’autrice è vissuta e ha potuto constatare con i
propri occhi quello che succedeva e lo ha vissuto sulla propria pelle. Questo romanzo è stato a lungo snobbato
dall’editoria italiana, inspiegabilmente. Ha uno stile raffinato, elegante,
d’altri tempi. Splendidi i protagonisti, in particolar modo lui, John Thorton:
serio e affascinante, un gentiluomo che vive però a contatto con la realtà
fumosa di Milton, febbricitante città manifatturiera, che snobba i
“gentiluomini” non ritenendoli alla sua altezza, lui è semplicemente un “uomo”
che è riuscito con le sue mani a costruirsi il suo impero e non un damerino da
salotto. Dall’altra parte c’è Margaret, abituata ai tempi placidi del Sud. Una
ragazza dal carattere forte e deciso, intraprendente, che affronterà
l’improvviso e non voluto trasferimento con tenacia e con al voglia di
ambientarsi in un mondo a lei così estraneo.
Le molteplici occasioni di incontro tra i due sono caratterizzate da
caparbie prese di posizioni e fraintendimenti, giudizi affrettati e una
crescente sensazione di disagio che, si scoprirà via via, nasconde in realtà un
sentimento profondo e intenso, l’amore. Splendida l’ambientazione e la capacità
descrittiva dell’autrice. Di notevole spessore anche i personaggi secondari, in
particolar modo Nicholas e Bessy Higgins, la signora Thornton, madre fiera dal
cuore scolpito nella pietra, la viziata e petulante Fanny, i coniugi Hale,
l’apatico Henry Lennox, che a più riprese, e senza successo, tenta di fare
breccia nel cuore di Margaret. Un romanzo davvero pieno di fascino, che cattura
il lettore e lo trasporta nell’Inghilterra Vittoriana durante la Rivoluzione
Industriale, che lascia spazio non solo alle vicende dei protagonisti, ma getta
un ampio sguardo agli ormai evidenti contrasti sociali, alla situazione e allo
stile di vita della classe operaia. Un libro, quindi, che consiglio caldamente,
perché merita davvero. Consiglio anche
la miniserie tratta dal romanzo perché davvero molto fedele al libro. Voto: 8,5
lunedì 20 gennaio 2014
RECENSIONE – IL CENTENARIO CHE SALTO’ DALLA FINESTRA E SCOMPARVE DI JONAS JONASSON
Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve è
un romanzo svedese, dal titolo molto originale e ammiccante. Simpatica è anche
la copertina che accompagna l’edizione italiana. Fin dalle prime pagine si nota lo stile
dell’autore, che risulta piacevole, caratterizzato da un umorismo sottile, che
è riuscito a conquistarmi. Non dico che il libro faccia sbellicare dalle
risate, questo no, ma ci sono situazioni e battute capaci di strappare più di
un sorriso. Come non rimanere poi affascinati dalla trama: un anziano che nel
giorno del suo centesimo compleanno decide di scappare alla casa di riposo dove
è alloggiato, con poche corone nelle tasche e ai piedi le sue pantofole
umidicce e di cattivo odore. La casualità lo fa incontrare con un giovanotto,
alla stazione degli autobus, che ha un bisogno impellente del bagno ed una
valigia che non può portare con se. L’anziano ha l’autobus che sta per partire,
il giovane gli consegna la valigia da controllare fidandosi che un vecchio non
possa portarla da nessuna parte. Mentre il giovane va in bagno il vecchietto
scompare con la valigia, il suo autobus stava partendo non poteva mica perderlo
e non sia mai che la valigia contenga qualche vestito caldo e soprattutto un
paio di scarpe. Da qui partiranno una serie infinite di coincidenze e incidenti
di percorso, che daranno vita ad una commedia degli equivoci eccezionale,
solare ed allegra, un po’ umoristica, a tratti surreale, spesso anche
grottesca, con intrecci a non finire,
che accompagnerà il lettore in una lettura di svago puro, rilassante e
gradevolissima. La trama è ben congeniata e credibile, anche se surreale. I
personaggi sono variegati e bizzarri, caratterizzati sufficientemente
considerando che il tipo di romanzo non richiede una grande introspezione, dato
che la sua caratteristica principale è divertire e intrattenere il lettore.
Fantastici i vari avvenimenti storici collegati con la vita del nostro
centenario. In ogni fatto importante dalla sua nascita fino al 2005, anno della
sua fuga dalla casa di cura, ci racconterà tutta la storia del mondo …
naturalmente a modo suo. E il pensiero che mi ha sfiorato la mente è stato: Avrei voluto un bisnonno così!
Voto: 7,5
martedì 14 gennaio 2014
RECENSIONE - PHILOMENA DI MARTIN SIXSMITH
Come un titolo può travisare il contenuto di un
libro…
Il titolo del libro ricalca, naturalmente, il film
appena uscito, da me non visto. Il film tratta la storia di Philomena Lee e di
tutto quello che ha fatto per ritrovare suo figlio Anthony, partorito
all’interno del Convento di Roscrea, in Irlanda, in un periodo, gli anni 50,
dove rimanere incinta senza essere sposata era un peccato mortale. Ma il libro,
non c’entra assolutamente niente con il titolo italiano. Molto più vicino al
titolo originale “The lost child of Philomena Lee” “Il bambino perduto di
Philomena Lee”. Infatti il libro è la storia di Anthony Lee alias Michael A.
Hess. Della sua vita, della sua crescita, della sua morte, con sempre il
pensiero di non essere figlio del mondo in cui è vissuto, senza radici, senza
quella madre di cui ha sempre sentito la presenza e l’assenza incombente su di
lui. Il romanzo inizia con Jane, figlia
di Philomena Lee che incontra il giornalista Martin Sixsmith, appena rimasto
senza lavoro, e gli propone di aiutare la madre a ritrovare il figlio perduto
cinquant’anni prima.
Il romanzo si divide in più parti. La prima parte
tratterà la vita di Philomena nel convento di Roscrea, poi la parte più
cospicua e romanzata riguarderà la vita di Anthony/Michael e la terza parte
tratterà l’epilogo della storia.
Philomena Lee entrò nel convento di Roscrea all’età
di diciassette anni. Incinta e non sposata. In Irlanda, retta ancora dalla legge
della Chiesa cattolica romana, era un peccato mortale, e doveva essere redenta.
La sua famiglia non poteva fare altro che mandarla in convento per lavarla
dall’immondo peccato e tenere l’onore della stessa pulito. Entrando a Roscrea le
donne perdevano tutti i loro diritti. Venivano addirittura private del loro
vero nome e soprattutto dei loro figli.
Partorivano sorvegliate dalle suore, senza nessuna assistenza medica, e
se sopravvivevano potevano vedere i loro figli un’ora al giorno, fino a quando
non venivano adottati da facoltose famiglie cattoliche. Si scoprirà nel tempo, un
giro di adozioni illecite, tra l’Irlanda e gli Stati Uniti. Tutti nei dintorni
del convento sapevano che i bambini venivano venduti a coppie americane per
1.000 sterline e che i registri vennero bruciati per non lasciarne traccia, ad
eccezione dei documenti in cui le madri naturali firmavano dando i loro figli
alla chiesa con l’impegno di non cercarli né provare a mettersi in contatto con
loro una volta uscite dal convento.
La seconda parte inizia direttamente con Michael e Mary
catapultati in una nuova famiglia dove tutto è strano e rumoroso, dove niente è
come vorrebbero, dove tutti gli prestano delle strane attenzioni. Una famiglia
che non amerà mai a sufficienza, con cui non avrà mai il contatto filiale che
avrebbe voluto, tranne che con Mary, adottata come lui e un po’ con la sua
madre adottiva Marge. Si troverà spesso in contrasto con Doc, suo padre
adottivo, per le sue idee omofobiche,
razziste e da padre padrone.
Michael avrà
una vita piena, vissuta tra alti e bassi, sempre con la sensazione della
mancanza di qualcosa, imputabile alle sue radici lontane e all’affetto che
nonostante tutto lui prova per la sua vera madre che non ha mai dimenticato.
Tenterà più volte di scoprire se la madre lo avesse davvero abbandonato subito
dopo il parto, fino alla fine dei suoi giorni. La sua è una storia di successi
ed insuccessi. Successi scolastici, successi teatrali, successi con il sesso
femminile. Insuccessi soprattutto dovuti alla scoperta della sua identità sessuale. La confessione, come di
regola per un cattolico osservante, al prete di turno, che gli conferma che
quello che pensa è peccato, e solo con l’astinenza potrà uscirne fuori.
Dopo l’università e la laurea in legge entrerà a
far parte del partito Repubblicano, così lontano dalle sue idee, visto che è un
democratico convinto. Ma il partito e il suo lavoro gli daranno quello che lui
cerca invano in altre cose, un guscio protettivo, un ambiente ristretto dove il
lavoro che fa è ben apprezzato e lo fa sentire parte di tutto quello che lo
circonda, nonostante molti dei suoi amici gay lo abbandoneranno proprio per le
politiche omofobe dello stesso partito, incolpandolo dei successi elettorali
dello stesso.
Diventerà un personaggio importante nel periodo
della presidenza Reagan e della prima presidenza Bush. Le sue aspirazioni
politiche e il carisma con il pubblico che lo spingeranno verso le più alte sfere del potere. Troverà finalmente
anche pace, tra alti e bassi, a livello sentimentale. Conoscerà Pete Nilsson
che sarà l’ultimo uomo della sua vita, il vero amore.
A portarlo via sarà l’Aids. Siamo negli anni
novanta, dove il contagio era ancora alto tra gli omosessuali, soprattutto per
uno come Michael abituato, nei suoi periodi di scoramento, a utilizzare il
sesso promiscuo con sconosciuti, come valvola di sfogo. Anni in cui il governo
repubblicano aveva voltato la faccia alla malattia, scoperta nei primi anni 80,
approfittando per considerare i gay contro natura, appellandosi a vecchie leggi
del XVIII secolo, e non facendo nulla per avvertire la popolazione contro il
pericolo che si correva, perché l’Aids era considerata la malattia dei gay.
Gli saranno vicini tutti i suoi amici più fidati,
fino alla fine, soprattutto Pete, sua sorella Mary e Susan la sua più cara
amica di sempre. Deciderà di essere seppellito nel convento di Roscrea, in
Irlanda, dove era nato, per fare in modo che sua madre Philomena, prima o poi
riesca a trovarlo, e così sarà.
Il romanzo di per se è un bel libro, scritto bene e
anche commovente, se non fosse per il titolo così fuorviante.
Voto al romanzo: 7,5 – Voto al titolo: 2
sabato 11 gennaio 2014
MORTE E VITA DI BOBBY Z DI DON WINSLOW
Il protagonista di questo romanzo di Don Winslow è Tim Kearney, ex marine che dopo essere stato congedato con disonore si ritrova nel carcere di San Quentin, e rischia l'ergastolo per l'omicidio di un Hell's Angel.
Tim ha sempre vissuto tutta la vita in perenne equilibrio. Dal padre ubriacone che a botte lo ha instradato a furti e rapine, passando dagli assistenti sociali fino al corpo dei Marines, che qualcosa di buono gli aveva dato. Ma anche lì, uno dei suoi soliti colpi di testa, lo fa passare da una croce al merito ad un congedo con disonore.
Tad Gruzka, ambiguo agente della Dea gli propone una via d'uscita: fingere, vista l'incredibile somiglianza fisica, di essere il mitico Bobby Z, narcotrafficante, surfista dall'aura leggendaria, appena passato a miglior vita.
La missione sembrerebbe semplice. Uno scambio di prigionieri sul confine messicano: un boss per un agente della DEA.
Tim è costretto ad accettare perché l'alternativa è il carcere a vita, con il pericolo che qualcuno degli amichetti dell'Hell's Angel lo faccia fuori con un punteruolo piantato nella schiena.
Lo scambio non va benissimo. Gruzka perde il suo attore, anche un suo agente muore, stranamente gli sparano dalla parte del muro sbagliato. Tim riesce comunque a scampare alla sparatoria e viene condotto in un Ranch in mezzo al deserto di proprietà di un omone gay, Brian Cervier, uomo del boss del narcotraffico messicano Don Huertero, che aveva organizzato lo scambio.
Conosce all'interno del Ranch Elizabeth e Kit. La prima e l'ex donna di Bobby Z e il secondo è il figlio di sei anni.
Elizabeth gli racconterà che Brian Cervier lo sta coccolando per darlo in pasto a Don Huertero, arrabbiato con lui non si sa per cosa.
A questo punto Tim è costretto per davvero ad indossare i panni del fantomatico Bobby Z per salvare la vita a lui e a Kit.
Winslow gioca con Tim come un abile burattinaio cacciandolo nelle situazioni più inverosimili e nonostante la storia vada spesso sopra le righe, "Morte e vita di Bobby Z" resta un romanzo godibilissimo, da divorare tutto d'un fiato.
Troviamo le ambientazioni californiane e messicane, un confine sottilissimo, una linea di sangue. E poi, il surf, il narcotraffico, i cartelli della droga, la corruzione delle forze di polizia. Ed il protagonista stritolato dagli eventi e costretto ad una fuga costante.
"Morte e vita di Bobby Z" è un film d'azione stampato su carta. Una bomba letteraria pronta ad espolodervi tra le mani. Se non conoscete lo scrittore, ne rimarrete folgorati, come me!
Consigliato!
Voto: 7,5/8
giovedì 9 gennaio 2014
RECENSIONE - ULTIMA SCENA DI CHARLAINE HARRIS
Settimo libro della saga di
Aurora Teagarden, la bibliotecaria detective creata dalla penna di Charlaine
Harris. Aurora “Roe” Teagarden la ritroviamo ad un anno esatto dalla perdita di
suo marito, l’adorato Martin, a condurre una vita non vita, col solito lavoro
in biblioteca, la solita messa domenicale, i soliti pranzi e cene con fratelli,
nipoti e cognati acquisiti con il matrimonio della madre con John Queensland. Questa
monotonia viene interrotta dall’arrivo a Lawrenceton di una compagnia cinematografica che girerà
un film TV tratto dal best seller di Robin Crusoe, amico di Roe e corteggiatore
di un tempo. Robin trasferitosi a Hollywood ha sfruttato un’esperienza vissuta
a Lawrenceton qualche anno prima, in compagnia di Roe. L’assassino che aveva
allora ucciso tante persone e aveva messo sotto scacco un’intera cittadina.
Molti avevano sofferto di quegli eventi, ed una era stata la stessa Roe. Tutta
la cittadina vive in uno stato di entusiasmo e impazienza, vogliono tutti
essere coinvolti, tutti tranne Roe che questa storia del film non l’ha proprio
mandata giù. Certo è contenta di rivedere Robin, dopo che lui si era trasferito
ad Hollywood lasciandola sola con una storia a metà. Tanto più che il suo
ruolo, anche se lei non ha dato l’opportunità di usare il suo vero nome nel
film, verrà interpretato da Celia Shaw, stellina nascente di Hollywood, recente
vincitrice di un Emmy Award, e attuale compagna di Robin. Tra alti e bassi e difficili
decisioni da prendere, come al solito, Roe si ritroverà volente o nolente al
centro dell’attenzione. Tutti la cercano, tutti la vogliono incontrare e
conoscere, anche Celia Shaw con scopi non proprio nobili, quelli di inquadrare
il suo personaggio. Roe non fa altro che sfuggire a tutto il circo mediatico
che insegue la troupe e le riprese, ma sembra che ci sia una tela di ragno in
cui è rimasta intrappolata e non riesce ad uscirne. Celia Shaw il secondo
giorno di riprese viene trovata morta nel suo camper, con la statuetta del suo
Emmy accanto, sporco di sangue. Molti potrebbero essere i colpevoli di questo
omicidio. Da Robin che era stato lasciato, dal figliastro di Roe, Barrett
figlio di Martin, che aveva appena passato la notte con lei, e da altre persone
di contorno che per invidia o per altro avevano un motivo per ucciderla. Anche
Roe stessa. Tutti innocenti e tutti colpevoli fino a prova contraria. Finché
anche a Roe non riceverà una lettera minatoria e qualcuno cerca di ucciderla.
Nel frattempo Roe riuscirà a far luce su quello che vuole dalla sua vita, anche
grazie a Robin, quasi riprendendo la loro storia da dove l’avevano lasciata
anni prima. Metterà in vendita casa Julius, troppo grande e vuota per lei da
sola e diventata come un mausoleo da quando Martin è morto. Tutti i personaggi
sembrano avere qualcosa a che fare con la morte di Celia Shaw, anche se molte
delle congetture portano ad un nome che potrebbe essere quello giusto, una fan
di Robin Crusoe. Ma l’epilogo ci farà scoprire ben altro. Le trame imbastite dalla Harris sono ben
scritte, un po’ lente all’inizio, e forse un po’ troppo frenetiche nelle ultime
pagine, ma nel contesto il libro è gradevole e scorrevole e la trama del
thriller si inserisce perfettamente nella vita giornaliera di Lawrenceton.
Solito appunto alla casa editrice, che fa pagare i suoi libri a peso d’oro: Ma
un correttore prima di mettere il libro in stampa? Si trovano una quantità
inusitata di errori di battitura, che per un libro non è certo un vanto! Voto
al libro: 6,5 Voto alla casa editrice/stampa: 2
lunedì 6 gennaio 2014
RECENSIONE - CHIUSO PER LUTTO DI GIANNI SIMONI
Il modo di scrivere di Gianni Simoni è un po' cambiato negli ultimi romanzi.
Si inizia a particolareggiare i caratteri più intimi dei due personaggi più importanti il Giudice Petri e il Commissario Miceli. Soprattutto del buon Petri, alle prese con problemi di natura sentimentale. Ama sua moglie, ma in questo periodo ha bisogno di conferme, dettate soprattutto dalla sua presunta vecchiaia, e quindi non disdegna di essere considerato un bell'uomo e nemmeno le avances di ogni bella donna nelle sue vicinanze.
Abbiamo invece il buon Miceli, fresco di pensionamento, che per un errato calcolo di bonus universitari, si ritrova catapultato di nuovo al lavoro, con in più da risolvere il problema della convivenza con Grazia Bruni, nuovo commissario. Non sa che pesci prendere il povero Miceli, nemmeno quali saranno le sue mansioni precise.
Le prime cento pagine ci parleranno di questo.
Sarà come al solito il Giudice Petri a scatenare, senza volerlo, una serie di fatti che si concateneranno fra di loro.
Troviamo tutto il gruppo, dopo questa introduzione, ad indagare sull'uccisione di due persone entrambe conosciute dal Giudice Petri. Le vittime brutalmente assassinate sono un macellaio ed un anziano professore. Dal macellaio il giudice andava ogni giorno per comprare tagli di carne più o meno pregiate e ad occhieggiare la moglie dello stesso, molto avvenente e sensuale.
Con il professore, anche lui cliente del macellaio, il giudice stringe una particolare amicizia, nata dalla solitudine e dalla povertà del professore, ma soprattutto dalla sua dignità. L'ex Giudice si lascerà coinvolgere sempre più nelle indagini e nella sequenza di eventi, dove intrighi, tresche amorose, ritorsioni private, possibili tradimenti e sensi di colpa, dovranno essere riordinati come tessere di un puzzle, per capire se tra i due delitti ci siano legami e cosa li abbia scatenati.
Tutto sembra portare verso un colpevole preciso, ma non ci sono certezze, ed anche gli investigatori sono in crisi. Petri sente il bisogno di capire la dinamica di entrambi i delitti, perché anche lui di certezze non ne ha più.
Simoni fornisce a tutti i suoi personaggi - dalle vittime ai carnefici, fino agli uomini di legge - una dimensione psicologica dalla quale emergono le contorte macchinazioni che animano le menti umane e che spesso portano le persone, comprese quelle che sembrano le più indifese e insospettabili, a compiere gesti impensabili.
A rendere serrata e claustrofobica la caccia all'assassino e a incupire l'animo di Petri è la stessa Brescia, permeata da una pioggia costante, da un'umidità che si insidia ovunque mescolando le prove e da un pungente gelo che penetra nei cuori delle persone, fino a renderle insensibili al dolore.
L'umanità di questo thriller è ambigua. Caratterizzata in alcuni casi da una doppia personalità che vive in corpi unici nei quli in alcuni casi è la parte malvagia a prendere il sopravvento.
Chiuso per lutto è un giallo scorrevole e dinamico, nel quale il giudice Petri, nonostante la pensione e la lunga carriera lavorativa non smetterà mai di stupirsi che le persone non sempre sono quelle che sembrano a prima vista.
Voto: 7+
domenica 5 gennaio 2014
RECENSIONE - IL CALICE DELLA VITA DI GLENN COOPER
Ecco qua! Anche il mitico Glenn Cooper ha gettato la penna! L'ha consegnata nelle mani di un Ghost Writer dandogli qualche spunto su come impostare la storia, lasciandolo solo in una buia stanzetta mentre lui ed il suo editore cominciavano a contare il vil denaro che avrebbero guadagnato.
Mi duole dirlo, ma è così che la vedo.
La struttura narrativa non si discosta dai precedenti romanzi, alternando situazioni storiche a quelle più moderne, e fin qui tutto ok!
Non mi soffermo nemmeno nell'obiettare il tema trattato, la ricerca del famoso Graal. Tema trito e ritrito, che francamente ha un po' rotto gli zebedei.
Protagonista della storia, anzi protagonisti, sono: Sir Thomas Mallory per il passato e Arthur Mallory per il presente (costui dovrebbe essere nientemeno che un fantomatico parente del famoso cavaliere nonché di entrambi discendenti di Re Artù, il tutto comprovato dall'avere una costola in più!).
Arthur è un tranquillo impiegato in un'azienda chimica e nel tempo libero si diverte a cercare reliquie antiche con il suo metal detector, a parte questo ha una vita inesistente. Fa parte di un gruppo di storici amanti del Graal e del suo mistero, unitosi a loro per merito del suo professore di università, Andrew Holmes.
Quest'ultimo scopre qualcosa sul Graal e sulla presunta appartenenza dell'amico alla discendenza di Re Artù e di Sir Thomas Mallory, e di come quest'ultimo fosse stato vicinissimo alla scoperta del Graal.
Ma Arthur e il suo amico non sanno di essere sorvegliati dai Khem o Quem che dir si voglia. Antica setta di chimici, occultisti, scienziati, fisici e quant'altro ci sia al mondo, interessati al Graal solo per scopi malefici.
Incredibilmente uno dei Khem è il capo di Arthur, che in combutta con altri, fa uccidere gli amici, e lo licenzia, per invogliarlo alla ricerca del Graal, e guarda caso ci riesce.
Con tutte le insidie del mondo, il nostro Arthur riesce anche a trovare il tempo di innamorarsi in un batter d'occhio di Claire, imbarcandola nel suo difficile viaggio alla scoperta del Graal.
Inizia la ricerca con gli indizi lasciati dal suo eminente parente, come una caccia al tesoro. Dovrà prima trovare Excalibur, la famosa spada di Artù, per poter poi accedere al segreto del Graal.
Da sottolineare che entrambe le storie, passata e presente, siano molto simili, caratterizzandosi per un gruppo di buoni intenti alla ricerca degli oggetti preziosi da restituire all'umanità, seguiti da un gruppo di cattivi disposti a tutto per strapparglieli.
Delle volte troppo banale, delle volte pagine fitte di commenti scientifici ai più astruse, ma soprattutto il finale, che lascia sconcertati.
Non ha niente dei vecchi romanzi di Cooper. Non c'è enfasi, non c'è thrilling, nulla... E' tutto molto scontato.
Non mi è proprio andato giù!
Il problema è che secondo me ci sarà un seguito... sperando sia migliore!
Voto: 5 (e sono buona!)
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