domenica 28 dicembre 2014

RECENSIONE – LE PAROLE INFINITE DI NORA ROBERTS



Chiamatemi romanticona, ma a me le storie di Zia Nora piacciono, e anche tanto. Finora non ne ho trovata nemmeno una che mi abbia deluso o annoiato o che sia stata di difficile lettura. I protagonisti di questo nuovo romanzo, dove il titolo in italiano non c’entra praticamente nulla, sono Rowan Tripp, tostissima, bella e volitiva pompiere d’assalto della squadra degli Zoulie di Missoula e il sexy ed irresistibile novellino Gulliver (perché?) Curry. I due si ritrovano in una calda estate nella base di Missoula, tra foreste e montagne, paradisi naturali da difendere dagli incendi. Ma la loro vita è dura perché ogni volta che la sirena suona devono essere pronti per essere paracadutati nel cuore di ogni incendio, mettendo a repentaglio la propria vita. Ognuno di loro deve essere capace di pensare a se stesso, ma ognuno di loro deve anche fidarsi dei propri compagni. Rowan è una dei migliori Zoulie. Respira quell’aria da sempre, perché anche suo padre era uno di loro e si è appena ritirato in pensione. Lei è refrattaria ad ogni tipo di legame dopo la delusione più grande: l’abbandono di sua madre. Ma tra lei e Gull si instaurerà un fortissimo legame, dapprima di rispetto reciproco, poi di un fortissimo sentimento, nonostante la sua regola ferrea di non frequentare colleghi. Ma Gull ha qualcosa di diverso che l’attira come una falena verso la luce. Tra un battibecco e l’altro, tra una gara di shot e l’altra, tra una scazzottata in un bar e una corsa di allenamento, oltre agli incendi gli Zoulie dovranno vedersela con qualcuno che ce l’ha con loro. E’ un piromane assassino da cui dovranno difendersi per non rischiare le loro vite. Come al solito la Roberts sa mischiare il romanticismo alla suspense tanto da far risultare il libro tirato fino alle ultime pagine. Sorvolando sull’orrendo e inutile titolo che non ha nulla a che fare con la storia (il vero titolo è Chasing Fire), siamo davanti ad un bel libro. Bene i personaggi principali, ma anche i secondari che non si limitano a restare ai margini della storia, ma ne fanno parte integrante, rendendola piacevole e ammiccante. Voto: 7+

RECENSIONE – Patagonia Express di Luis Sepùlveda



Prima opera che leggo di Sepùlveda, anche se è uno scrittore affermato con milioni di lettori al seguito. Le sue opere finora non mi hanno mai attirato e c’è voluto il Book Jar per poter leggere qualcosa di suo. Complici i luoghi di cui il racconto parla e che da sempre vorrei visitare, il libriccino non mi è per niente dispiaciuto. Lo scrittore cileno in esilio, conosce a Barcellona Bruce Chatwin e tra una bevuta e l’altra accetta, appena potrà ritornarvi, di accompagnare lo scrittore inglese in un viaggio in Patagonia sulle orme dei due fuorilegge americani Butch Cassidy e Sundance kid, che terminarono la loro “carriera” in America Latina. Ma Sepùlveda quel viaggio lo farà da solo. Chatwin, avrà già intrapreso “quel viaggio inevitabile”, un lungo viaggio attraverso montagne e mari infiniti. Quindi lo ritroviamo in attesa, dopo la fine dell’esilio, nel porto di Chonchi, sulla grande isola di Chiloè, pronto per imbarcarsi sul Colono ed iniziare il viaggio, con la sua Moleskine al seguito, per appuntare tutto ciò che vedrà, tutto quello che sentirà. Conoscerà nel suo giro una umanità molto variegata. Leggenda e realtà si confonderanno spesso, ma le cose essenziali non si perdono mai di vista. L’autore si ritroverà a riscoprire se stesso, in tutte le persone che incontra e all’interno delle loro storie. E’ un viaggio interessante nel sud del mondo, dove tutto e tutti hanno un significato, non esiste l’indifferenza e ogni storia è degna di essere narrata. Bellissimi i paesaggi raccontati dallo scrittore, tanto da farmi spulciare ad ogni nuovo luogo le immagini su Google (molte persone dicono che dopo aver letto questo libro hanno desiderato mettersi in viaggio per la Patagonia, per me non è così… E’ un sogno ricorrente che faccio da tempo, anche prima di questo libro). Racconto dai toni lenti e pacati, la storia si rivela al lettore come un cammino di riscatto per ritrovare la perduta voglia di vivere, cercata proprio là, dove il mondo sembra finire. Voto: 7

lunedì 22 dicembre 2014

RECENSIONE – Carne e sangue di Patricia Cornwell



Ventiduesimo volume dedicato all’anatomopatologa Kay Scarpetta. E’ il giorno del compleanno della Dottoressa Scarpetta e lei e suo marito stanno indugiando in giardino prima di partire per la vacanza regalo a Miami che quest’ultimo ha pensato per la moglie. In un momento la storia si ribalta e da una giornata di sole tranquilla diventa una giornataccia. Kay nota sette centesimi disposti in fila sul muro perimetrale del suo giardino. Sono tutti lucidissimi, tutti di rame, tutti messi di testa, e tutti del 1981. E’ una situazione stranissima, ma Kay non ha modo di pensarci su troppo perché Pete Marino la chiama sul cellulare. C’è stato un omicidio in pieno centro, hanno ucciso un professore di musica delle scuole superiori. Non ci sono testimoni. L’omicidio verrà ricondotto ad altre due storie simili successe qualche mese prima a Morristown, nel New Jersey. Gli omicidi sono compiuti da un cecchino infallibile che prende di mira persone che apparentemente non hanno legami tra loro, ma tutti portano, in un modo o in un altro a Kay Scarpetta e soprattutto alla sua geniale nipote Lucy. L’unica traccia che hanno a disposizione è un bossolo ritrovato nel corpo della vittima. E’ un bossolo particolare. E’ fatto di rame e ha un numero inciso sopra. Kay Scarpetta dovrà mettere in moto il suo intuito eccezionale, quello che lei stessa definisce “il fattore Scarpetta”, per riuscire a venire a capo della storia. Riuscire finalmente a comprendere cosa e chi ci sia dietro a questi omicidi.  Romanzo a dir poco ingarbugliato. Come al solito gli ultimi libri della Cornwell continuano a non piacermi affatto. Si perde in dettagli inutili, come sprecare 10 pagine di libro a parlarci del traffico bloccato per via dell’arrivo del presidente Obama, e di Marino che le tenta tutte per arrivare comunque in ritardo al CFC. Marino sempre più arrabbiato. Sua nipote Lucy che sembra avere il mondo in mano, data la sua super intelligenza, che invece si fa cupa e buia perché non riesce a risolvere i suoi problemi. Notizie che sfuggono al controllo, e-mail taroccate, password rubate… Il mondo di Kay Scarpetta sembra sempre più sottosopra. Tutti tendono a nasconderle qualcosa, compreso suo marito Benton Wensley, e lei si infuria sempre di più. Torneranno fantasmi da un passato prossimo e stavolta la Cornwell ci lascerà con i puntini di sospensione nell’attesa del suo prossimo romanzo… sperando che non sia come questo, confusionario in ogni suo aspetto, con la protagonista diventata sempre più pedante, piagnucolosa e destabilizzata. E se lo dice anche da sola nell’arco della storia per bocca del fido Pete Marino. Probabilmente è ora che i personaggi vadano in pensione e che la scrittrice si inventi qualche altra cosa e ritrovi la sua vena creativa di tanto, ma tanto, tempo fa. Voto: 5

venerdì 19 dicembre 2014

RECENSIONE – La lingua del fuoco di Don Winslow


Don Winslow è sicuramente uno dei più significativi autori di thriller di questi anni. Se paragonata al “Potere del Cane” e a “L’inverno di Frankie Machine”, “La lingua del fuoco” si può considerare un’opera minore, ma possiede una forza raramente riscontrabile nei thriller che ho letto negli ultimi tempi. Winslow riesce a stupire cambiando meccanismi e spunti a ogni libro pur restando fedele a se stesso e alle sue passioni, tra cui il surf, e ad un certo disincantato romanticismo che accomuna tutti i suoi personaggi da Bobby Z a Art Keller, da Frankie Machine a Boone Daniels fino a Jack Wade. Il mondo si restringe ad una tavola da surf, una longboard, e alla ricerca della Grande Onda. E’ una mitologia che se ben sfruttata, fa già metà del romanzo. L’altra metà è la capacità di Winslow di costruire l’intreccio letterario, che pare dividersi in mille rami, ma è comunque saldamente nelle sue mani. Il gioco di fili, ti porta in una direzione e ti lascia spesso a bocca aperta, perché tutto si ricollega piano, piano mentre la storia subisce svariati capovolgimenti da una pagina all’altra. La storia inizia con un “semplice” incendio, dove una donna viene trovata morta nel suo letto. La polizia liquida la faccenda come un incidente accidentale. La donna, Pamela Vale,  si è addormentata ubriaca con la sigaretta in mano. Ma Jack Wade non la pensa allo stesso modo, secondo le prove da lui raccolte minuziosamente, la donna è stata uccisa prima che l’incendio avesse inizio, quindi è omicidio e l’incendio è solo una scusa per coprirlo. Jack Wade è un ex rappresentante  delle forze dell’ordine, allontanato perché accusato di adottare metodi poco ortodossi, anche se utili all’incriminazione dei colpevoli. Specializzato in tutto ciò che riguarda gli incendi, si è reinventato perito di una grossa compagnia di assicurazioni. Jack, tra le poche passioni che coltiva, c’è la sua ora di surf all’alba, sulla sua longboard, e l’altra è il suo lavoro, perché come gli diceva suo padre: “E’ importante fare bene il proprio lavoro”. Quando Jack si imbatte in una richiesta di risarcimento danni come quella presentata di Nick Vale, dà prova di essere una vera star del fuoco. Nick Vale, è secondo Wade , l’accusato principale. Lui è il marito della donna, che gli aveva appena chiesto il divorzio e non ha perso nemmeno un secondo a richiedere il risarcimento dei danni, nemmeno il tempo di far raffreddare letteralmente il corpo della sua povera moglie.  Ma la cosa non è così semplice. Entrano in scena gangster, traffici interraziali, frodi  assicurative, un variegato panorama di personaggi che recitano tutti la loro parte per avvincere e stupire. E Winslow non sbaglia un passaggio, non perde una sola occasione per toccare le corde del lettore. E così tutto tiene, tutto ti costringe a leggere pagina dopo pagina. Una cosa è certa: Winslow dimostra di essere non solo un bravo intrattenitore, ma anche uno di quegli scrittori “molto attesi”, di quelli che dopo aver letto un suo libro ci si chiede quanto si dovrà aspettare affinché ne esca un altro. “La lingua di fuoco” non delude, e risulta superiore alla precedente “La pattuglia dell’alba”. Gli intrecci narrativi sono molteplici e relativi a contesti disuniti che s’innestano alla perfezione nel corpo della trama primaria. Winslow denuncia un’intera economia sommersa che ruota attorno alla categoria del risarcimento danni, mantenendo alta l’attenzione del lettore con continui colpi di scena e facendo una vera e propria disamina del fuoco. Voto: 7,5/8

martedì 16 dicembre 2014

RECENSIONE – Vittime del peccato di Brenda Joyce



New York, 1902. Anche in quei tempi la città era tutt’altro che tranquilla. Il romanzo si apre, infatti, con la scoperta di un omicidio. Una giovane donna è morta con il collo tagliato. Il modus operandi fa pensare ad un serial killer, Il Coltello, che finora si era limitato a ferire, ma ora ha valicato quel limite. A condurre le indagini c’è il commissario di polizia Rick Bragg coadiuvato dall’investigatrice privata, ed ex fidanzata, Francesca Cahill. I sospetti che i due hanno nell’indagare spaziano tra ex mariti, fidanzati e pretendenti. Il Coltello è ovviamente qualcuno che odia le donne, soprattutto se irlandesi, rosse di capelli e che abbiano avuto un matrimonio finito male. Presa dall’indagine Francesca coinvolgerà gli uomini della sua vita. L’attuale fidanzato il magnate Colder Hart, nonché fratellastro dell’ex fidanzato e commissario Rick Bragg. Come prassi vuole, (non c’è dato di sapere perché) i due si odiano a morte. Questo sarà spesso causa di scontri tra la ragazza e il suo attuale fidanzato che pensa sia ancora innamorata del fratellastro e soffre di gelosia acuta. Colder ha un passato non proprio limpido. E’ stato fino ad allora un libertino incallito e la famiglia di Francesca non vede di buon occhio questo fidanzamento, arrivando addirittura a cercare di impedirlo. I guai di Francesca però, non sono solo a livello sentimentale. Il killer le ha lanciato una sfida, perché anche lei è vista come una donna di facili costumi ed una traditrice e la sua stessa vita verrà messa a rischio. Riuscirà Francesca con la sua solita caparbia ostinatezza a salvare un’altra ragazza dalla morsa del Coltello, a salvare se stessa e il suo fidanzamento e a ricomporre il matrimonio del suo ex con sua moglie? Romanzetto banale, senza pretese. Anzi… si nota soprattutto che la casa editrice ha dimentica di pubblicare le storie precedenti, visto i continui (e fastidiosi) riferimenti che l’autrice ne fa nella storia. Si può tranquillamente evitare di leggerlo. Voto: 4

martedì 9 dicembre 2014

RECENSIONE – L’orribile karma della formica di David Safier




Kim Lange è una presentatrice di un talk show di successo in Germania. Ha tutto per poter essere una donna felice, ma non lo è. Ultimamente è insoddisfatta. Ha un marito Alex e una figlia di 5 anni Lilly, ma la sua vita lavorativa e la sua voglia di successo non le permettono di stare con loro, più che altro non le interessa. Come al solito non ha avuto nemmeno il tempo di comprare un regalo per il compleanno di Lilly che compie 5 anni, e ha deciso di non perdersi la premiazione per il miglior presentatore dell’anno, piuttosto che presenziare alla festa della figlia. D’altronde c’è Alex a pensarci. Lui fa il casalingo e si occupa di tutto, ma è da un po’ che non vanno più d’accordo, nemmeno a letto. Durante la premiazione, causa lo sbaglio nella consegna del vestito, Kim fa una pessima figura in eurovisione, mostrando a tutti il suo didietro e nonostante la vittoria del premio lei non è affatto contenta e si rifugia in lacrime nella sua stanza d’albergo. Il suo collega Daniel la raggiunge per confortarla e tra un bicchiere di champagne e l’altro, Kim dimentica tutto, figlia e marito compresi. Dopo aver fatto sesso con Daniel si concede una boccata d’aria sul terrazzo dell’albergo, ma sfiga vuole che dei pezzi di un satellite impazzito, piombino proprio in quel momento sulla terra, e uno di quelli la prenderà in pieno. Kim muore e il suo karma fa talmente schifo che si ritrova reincarnata in una formica. D’altronde ha tradito il marito, ha trascurato sua figlia e ha investito tutti i suoi risparmi nella ristrutturazione della mega villa in cui abitava, quindi li ha anche lasciati senza un soldo. Nonostante la vita da insetto non sembri fare per lei, con l’aiuto dell’aitante Giacomo Casanova, anche lui trasformato in formica, riesce a ritornare a casa e ad assistere al suo banchetto funebre, ma incredibile, trova nel suo salotto Nina, la sua ex migliore amica, quella che tentò fino all’ultimo di rubarle Alex, che in questo momento è troppo debole per difendersi dalle sue attenzioni. Kim a questo punto deve tentare la difficile risalita da insetto ad essere umano, passando per una serie di altre, orribili forme animali. Riuscirà a rientrare nel corpo di una donna e a riconquistare il marito, prima che questo finisca definitivamente nella braccia della sua ex migliore amica? Questo libro è molto, ma molto originale. Molte persone mi avevano consigliato di leggerlo, dicendo che era molto diverte, da morire dal ridere. Certo non è proprio così. Si sorride, non ci si sbellica. Però è l’originalità dell’argomento, delle avventure che la povera Kim in compagnia di Giacomo Casanova si ritrova a vivere, passando da formica a criceto, da criceto a mucca, da mucca in lombrico, da lombrico in scoiattolo e infine in beagle ad essere modo divertenti. E’ un’avventura, un viaggio che la protagonista deve ripercorrere per trovare la via del Karma positivo. La protagonista “cresce” attraverso i propri errori. Il bene è la chiave di tutto. Ma per capire fino in fondo il messaggio di Buddha (che lo si trova ogni volta che Kim si reincarna sotto svariate forme) la protagonista dovrà imparare dai propri errori a produrre energia positiva fino a risalire la china e a divenire di nuovo un essere umano e poter stare con la sua famiglia. Ma le buone azioni dovranno essere fatte con il cuore e se prima le costava una fatica disumana, pian piano inizia a diventare una parte di lei. Kim è un personaggio negativo e positivo insieme. Non si perde d’animo nemmeno quando si trova reincarnata in un lombrico. Non perde mai carisma e non frena i suoi commenti acidi e pungenti quando parla con Buddha. Diventa pronta ad affrontare ogni sfida che le si pone davanti, pur di veder ricompensata la sua fatica. Libro che sparge ottimismo in ogni pagina, simpatico e divertente con qualche piccola perla di saggezza sparsa qua e là. Voto: 7

RECENSIONE – Il mistero dei giardini di Hampton Court di Julia Stuart



Siamo nella Londra di fine Ottocento. La protagonista principale del nostro romanzo è Sua Altezza Alexandrina, detta Visù, figlia del maharaja di Prindur. La troviamo subito nella pagina più infelice della sua vita. Suo padre, il maharaja, è appena morto e deve affrontare la dipartita del suo illustre genitore, con tutto quello che ne consegue. Avendo vissuto all’oscuro di tutto quello che il suo genitore aveva combinato fino a quel momento, si ritrova priva di sussistenza, costretta a vendere il palazzo dove fino ad allora aveva abitato e a licenziare tutti i domestici, tranne la fida Pooki, cameriera tuttofare. Grazie all’interessamento della Regina Vittoria, anche se considerata da lei e da suo padre una ladra (non le ha mai restituito i gioielli di famiglia), ha la possibilità di trasferirsi in un piccolo palazzo di Hampton Court, ex dimora reale, dove ci sono altri abitanti come lei. Ex nobili decaduti e ridotti in povertà, vedove di guerra, e personaggi davvero curiosi ed un medico condotto, il dottor Henderson, davvero fuori dalle righe. L’evento chiave della vicenda accade durante il Pic-nic della vigilia della Pasqua, quando i residenti si riuniscono in uno dei giardini privati del palazzo per sfuggire alle orde dei turisti che lo invadono nei giorni di vacanza. Tutti i residenti debbono portare qualcosa, e Visù è incaricata di portare un pasticcio di piccione. Dovrà fare una piccola differenza per il generale George Bagshot, uomo odiato da tutti i residenti, all’uomo non piace l’uovo, quindi avrà un suo pasticcio a parte. Pooki, prepara amorevolmente i due pasticci, ma il generale muore mangiandolo. A seguito di un’indagine si scopre che l’ex militare è morto avvelenato dall’arsenico, e l’unica indiziata è Pooki, la cameriera della principessa. Pur di non far incolpare la sua Pooki, Visù comincia ad indagare per conto suo, scoprendo incredibili notizie su tutti i personaggi che abitano il palazzo; dai nobili abitanti fino al più umile dei giardinieri, al guardiano della vite, e al guardiano del labirinto, tutti sembrano avere avuto un movente per liberarsi del generale, un uomo risultato sgradevole da subito alla stessa principessa. Chi ha ucciso il generale e soprattutto perché? E’ una vendetta? Qualcuno ha qualcosa da guadagnarci? Numerosi sono gli equivoci e i misteri attorno ai personaggi. Libro molto carino davvero, e si sorride leggendolo. Da gustare fino alla fine. Ho trovato la narrazione molto accattivante. E’ un giallo vittoriano, che però, da spesso l’idea di una commedia surreale. Divertente e non scontato, una piacevole sorpresa. Le ambientazioni sono descritte alla perfezione, d’altronde l’autrice, mentre scriveva il romanzo, ha soggiornato proprio nel palazzo di Hampton Court, famosissimo per i giardini e il suo labirinto. Voto: 7

venerdì 5 dicembre 2014

RECENSIONE - TROPPO TARDI PER LA VERITA' di Gianni Simoni

Ennesima avventura della squadra di Polizia della Mobile di Brescia, con i noti personaggi del Giudice Petri e dei due Commissari Miceli e Bruni. In questo suo ultimo libro Simoni, ci racconta un’altra storia in cui gli indizi portano a sospettare di diverse persone. Quello che apparentemente sembrava un incidente stradale con investimento da parte di un pirata della strada, rivela nascondere molti segreti. L’uomo investito è senza documenti, e talmente sfigurato da non riuscire ad essere identificato. L’automobilista che l’ha investito, forse impaurito dalle conseguenze di quello che ha fatto, è fuggito. Ma ci sono due testimoni che raccontano alla Polizia Stradale l’accaduto. Ma l’abilità del Sovrintendente Salvatore Armiento (spero di ritrovarlo nelle prossime storie!), uomo minuziosissimo nel suo lavoro, fa scoprire che non è un banale incidente stradale, ma ha ben altro dietro. Armiento non si lascia ingannare dall’apparenza e inizia ad indagare da solo. I due testimoni dell’incidente, si dileguano, dopo aver rilasciato di nuovo testimonianza e confermando quello che avevano visto il giorno prima. Si presenta anche il presunto pirata insieme al suo avvocato, pentito di come si è comportato e per raccontare la sua versione dei fatti. Ma qualcosa nelle sue dichiarazioni non conferma quello che hanno visto i due testimoni, e soprattutto con un altro testimone fattosi avanti dopo aver letto dell’incidente sui giornali, che forse sembra il più attendibile degli altri, e cambierà le sorti delle indagini. Il caso passerà da essere un omicidio colposo, ad omicidio volontario e finirà nelle mani del Commissario Bruni che oltre all’aiuto del Giudice Petri e del Commissario Miceli, e ai vari soliti comprimari, avrà quello del giovane Sovrintendente Armiento, distaccato per il caso, alla Squadra della Mobile. Riusciranno a risolvere il mistero. Simoni come al solito, non si occupa solo di risolvere il caso e di trovare il colpevole, ma analizza in profondità i caratteri dei vari protagonisti. Il personaggio del Sovrintendente Armiento è molto ben caratterizzato, e il fatto che sia ancora capace ad arrossire è fantastico! La scrittura è come sempre scorrevole e il libro si lascia leggere facilmente. Il lettore è spronato ad andare avanti, per scoprire, insieme ai protagonisti il risvolto della storia, che non è mai quello che si può immaginare. Voto : 7

lunedì 1 dicembre 2014

RECENSIONE – LO HOBBIT di J. R. R. Tolkien



Se pensate ai film di Jackson prendendo in mano questo volumetto, vi avviso che state leggendo qualcosa di completamente diverso. Quindi se cercate le mirabolanti avventure narrate nei film, questo non è il libro giusto. Lo lessi per la prima volta a quattordici anni; me lo ricordavo molto diverso. Letto oggi è un altro libro. A differenza de “Il Signore degli Anelli”, “Lo Hobbit” è una storiellina carina, qualche volta divertente, ma certamente non un grossissimo capolavoro. Il protagonista è Bilbo Baggins, un hobbit della Contea. In un normalissimo giorno nella Contea, Gandalf lo Stregone, si presenta alla porta di casa Baggins. Lui è un vecchio amico di un suo zio dalla parte dei Tuc. Gli chiede di partecipare ad un’avventura, ma come ci verrà spesso ricordato, gli hobbit sono tipini molto casalinghi a cui non piace proprio spostarsi dalla loro comoda casetta, anzi è visto come una cosa da pazzi. Quindi, anche Bilbo che non è proprio avvezzo alle avventure, anche se tra i suoi parenti qualche scellerato vi è stato, rifiuta decisamente la proposta di Gandalf. Ma Gandalf, in qualche modo oscuro, sa che Bilbo è la persona giusta per completare la compagnia di nani guidata da Thorin Scudo di Quercia. Decide quindi per lui, lasciando un segno sulla sua porta di casa, in modo che i nani possano comunque trovarlo. Dopo una traumatizzante serata con un’orda di nani, che mangiano tutto ciò che lo hobbit ha in dispensa, Bilbo decide di entrare nella compagnia iniziando il viaggio che sarà denso di pericolose avventure. Lo scopo del viaggio è quello di recuperare il tesoro dei nani rubato molto tempo addietro dal drago Smaug e quindi uccidere lo stesso, terribile drago. “Lo Hobbit” è molto diverso da “Il Signore degli Anelli”, ed è quasi una favola per ragazzi, anche per il linguaggio semplicistico utilizzato e per la poca caratterizzazione dei personaggi e il fatto di essere stereotipati (lo hobbit è un pantofolaio, i nani mangiano tanto, sono avidi e anche poco coraggiosi, gli stregoni sono misteriosi e sfuggenti). Comunque rimane una lettura piacevole, soprattutto per chi volesse avventurarsi, con calma, nel mondo tolkeniano. Voto: 6,5