venerdì 29 luglio 2016

RECENSIONE – Una famiglia quasi perfetta di Jane Shemilt



Bristol, Inghilterra – 2009. In una sera qualunque, in una famiglia qualunque, la giornata termina non proprio in maniera qualunque. La famiglia Malcom composta da Jenny e Ted entrambi medici, e dai loro tre figli, i gemelli Ed e Theo e dalla figlia Noemi, si ritrova a dover fronteggiare una tragedia. La scomparsa proprio del membro più piccolo della famiglia, la quindicenne Naomi. I due coniugi sono entrambi sovraccaricati dal lavoro, mentre i loro figli crescono, cercano di non trascurare nulla, ma non tutto si può tenere sotto controllo. L’adolescenza rende tutto più difficile, i rapporti tendono a complicarsi, e tante volte determinati segnali vengono sottovalutati e gli si dà scarsa importanza. L’autrice, lavorando su due piani temporali, ci porta alla scoperta della famiglia Malcom, che apparentemente sembra perfetta. All’interno invece scopriremo i segreti che ognuno di loro tiene nascosti dietro le mura domestiche. Il libro è tutto dal punto di vista di Jenny Malcom , che sembrerebbe l’unica a non avere qualcosa da nascondere, ma anche l’unica a cui gli altri componenti della famiglia tendono a dare delle colpe non sue. Il castello da favola che Jenny pensava con soddisfazione di aver costruito con la sua famiglia, crolla alla prima grossa folata di vento. Naomi scompare nel nulla. Rapita o uccisa, nessuno lo sa, quel che è certo che ogni membro della famiglia avrà un modo diverso di reazione. Scavando nella vita di Naomi, nelle sue frequentazioni, Ted e Jenny, con l’aiuto di Michael sovrintendente della polizia, scoprono che la figlia non era proprio quella che loro immaginavano fosse. Tutta la famiglia verrà sezionata, anche l’aspetto più marginale verrà esaminato e la loro intera esistenza, i loro sentimenti saranno travolti, devastati e distrutti, portando alla luce una famiglia tutt’altro che perfetta. Molti segreti verranno rivelati e i risvolti porteranno a radicali cambiamenti nell’ambito familiare. Se fossi stata nei panni di Jenny mi sarei messa ad urlare a tutti quanti. Mi è sembrata il punta spilli di tutta la famiglia, a parte il cane. Finale forse un po’ troppo fantascientifico per l’andamento della storia in sé, tanto da rovinare “quasi” tutta la trama costruita dall’autrice. Scrittura scorrevole e accattivante, nonostante la suddivisione in due piani temporali, che all’inizio della storia può dare un po’ di fastidio. Voto: 6,5 (uno in meno per il finale banale)

giovedì 28 luglio 2016

RECENSIONE – Le sette sorelle. Ally nella tempesta vol. 02 di Lucinda Riley



Secondo volume della saga de “Le sette sorelle”. Nel primo capitolo avevamo conosciuto Maia, la sorella maggiore, in questo secondo capitolo conosciamo la storia di Alcyone detta Ally, la secondogenita. Riprendiamo la storia però dalla morte di Pa’ Salt, il padre adottivo di tutte e sei le sorelle (dovrebbero essercene sette, ma per ora della settima nulla si sa). Ricco imprenditore svizzero, ha adottato in giro per il mondo sei bambine, chiamandole ognuna con il nome di una stella delle Pleiadi. Alla sua morte, avvenuta in maniera a dir poco inaspettata, si fa seppellire in mare senza che nessuna delle sue figlie ne sia a conoscenza e possa partecipare alla sua cerimonia funebre e lascia loro una scultura particolare, una pietra armillare,  con delle istruzioni: quelle per scoprire da dove proviene ognuna di loro. Questa è la storia di Alcyone. Ally è una marinaia nata, una skipper che sta per partecipare alle Olimpiadi, e quello che sa lo ha imparato tutto da Pa’ Salt. Quando Pa’ Salt muore, causandole un immenso dolore, lei è in compagnia di quello che considera la sua anima gemella, Theo Falys-Kings, uno skipper come lei, molto famoso. Mentre lei passa giornate memorabili tra amore, coccole, sesso e mare, con il telefono spento, le sue sorelle la cercano in ogni modo, per avvertirla di ciò che sta succedendo a casa. Tornata a casa Ally si sente quasi in colpa, ha sfiorato il funerale marino di Pa’ Salt, ma non lo ha visto. E’ sconvolta per esaudire le volontà del suo padre adottivo, ha voglia solo di abbandonarsi tra le braccia di Theo e ritrovare un po’ di serenità. Ma non sa quello che le sta per succedere, e non sa nemmeno che mettersi alla ricerca delle sue origini sarà la sua ancora di salvezza. Ally entrerà nella vita di Anna Landvik, famosa cantante d’opera norvegese dell’Ottocento, musa di Edvard Grieg. Non sa ancora cosa possa entrarci con lei ed è per questo che intraprenderà un viaggio nella fredda Norvegia, sulle tracce di Anna. Seguiremo così le tracce della famiglia Halvorsen dagli inizi del ‘900 in Norvegia, con la prima messa in scena dell’opera lirica tratta dal Peer Gynt di Ibsen, fino all’invasione nazista della stessa Norvegia. Mentre riuscirà a riordinare le tracce in suo possesso, avrà modo  di riabbracciare una sua vecchia passione, la musica ed il suo flauto. La narrazione della Riley è come al solito suddivisa in due piani temporali, presente e passato. Conosceremo così la storia delle origini di Ally, di Anna Landvik in un viaggio oltre che temporale, attraverso le città europee tra le due guerre mondiali, teatri di intricate passioni e grandi amori. Troverà nuovi amici che l’aiuteranno a scoprire finalmente quale sia il suo destino e quel tassello mancante, per poter proseguire la sua vita in completa serenità. L’autrice riesce con competenza a farci entrare in due mondi completamente diversi tra loro: la musica e la vela. La descrizione dei luoghi è estremamente minuziosa e affascinante. Nonostante la struttura del romanzo sia fedele ai vecchi scritti della Riley, non ci si annoia mai. L’intreccio delle svariate trame è ben costruito e coinvolgente. La fine, ci porta ad aspettare il terzo capitolo con la voglia di scoprire chi sarà la prossima protagonista, ed altri dettagli sul resto della famiglia. Voto: 7/8

martedì 19 luglio 2016


Un consiglio? Non compratelo, risparmiate i soldi. Tutto ovvio, tutto già visto, tutto già scritto.

lunedì 18 luglio 2016

RECENSIONE – La via del male di Robert Galbraith



Ho decisamente atteso l’uscita di questo libro con molta impazienza. La “Zia” Rowling mi ha fatto appassionare immediatamente alla storia di Cormoran Strike e della sua socia Robin Ellacot, tanto che comprai il primo libro senza sapere che tale Robert Galbraith fosse il suo pseudonimo. Ma tant’è … Avevamo lasciato i nostri eroi con la risoluzione del caso Quine, che come dopo quello di Lula Laundry ha fruttato loro una buona pubblicità e altro lavoro per l’agenzia investigativa. Robin, oltre al lavoro per l’agenzia è alle prese anche con i preparativi del suo matrimoni con Matthew. In tutto questo bailamme Robin si ritrova a ritirare un pacco a suo nome, ma è un macabro regalo quello che trova: la gamba amputata di una donna. La gamba è la stessa di Cormoran, la destra ed è amputata allo stesso punto. In team con il commissario Wardle, l’unico nella polizia criminale che rispetta Strike e tiene molto in conto i suoi punti di vista, cominciano le indagini sul perché di questo macabro regalo. Secondo Strike sono quattro le persone che potrebbero avergli mandato quell’avvertimento, hanno tutti con lui un conto in sospeso dal passato. Robin e Cormoran, cominciano la loro indagine parallela. Sanno che l’assassino conosce Strike molto bene. Viene coinvolto nelle indagini anche Shanker, amico di vecchia data e informatore di Cormoran da lungo tempo. In questo capitolo scopriremo molto sul passato dei nostri protagonisti. Qualche segreto verrà svelato da entrambi, sempre molto restii a parlare di loro, quasi che il farlo potesse minare il rapporto che i due hanno costruito. Ma gli omicidi purtroppo continuano e non si fermano certo per i problemi personali dei due investigatori. La trama creata dalla Rowling è certamente più complessa dei precedenti capitoli. Quattro presunti colpevoli, quattro diverse piste da seguire. Oltre ai normali dialoghi, in questo volume troviamo anche la possibilità di leggere anche i pensieri dell’assassino a cui la Rowling dedica capitoli a se stanti. Questi potrebbero dare dei suggerimenti al lettore per svelare la sua identità, ma per me hanno un senso inverso, sviano l’attenzione del lettore. Capiremo, se mai ce ne fosse stato bisogno, che tra Cormoran e Robin non c’è solo un rapporto professionale, ma molto di più, anche se loro rifuggono questo “più”. Soprattutto perché Robin sta per convolare a nozze con il suo storico fidanzato, che come il lettori della saga sanno, odia spassionatamente Strike, e Strike a sua volta, sta frequentando una bellissima donna. Come sempre “zia” Rowling ci porta a passeggio per le vie di Londra, descrivendoci minuziosamente la città e i luoghi che ci rappresenta. In questo capitolo della saga la Rowling ha dato più spazio a Robin che a Strike, elevandola a ruolo di protagonista invece che di spalla. Come al solito i romanzi della Rowling sono scritti divinamente, con maestria e perfezione. La trama si intreccia perfettamente con la vita dei suoi protagonisti. Una pecca però l’ho trovata … una faticaccia per me che conosco poco l’inglese andarmi a leggere tutte le note di traduzioni dei capoversi dei capitoli, non poteva metterle direttamente sotto? Facevano perdere tempo e concentrazione. E comunque, non so voi, ma io l’assassino lo avevo azzeccato. Voto: 8,5

giovedì 14 luglio 2016

RECENSIONE – Wolf Hall di Hilary Mantel



Inghilterra, 1533. Il trono inglese non ha un erede. Se il re morisse senza erede maschio sarebbe un disastro colossale e potrebbe sprofondare il Paese in una sanguinosa guerra civile. Re Enrico VIII è sposato da vent’anni con Caterina D’Aragona che le ha dato solo una figlia femmina, Mary, ma non può più avere figli. Invaghitosi di Anna Bolena, giovane e fresca, proveniente dalla corte francese di Francesco I, la vuole a tutti i costi sposare, e poter considerare eredi effettivi i figli che potrebbe da lei avere. Per liberarsi del legame con Caterina, Enrico VIII deve trovare il modo di annullare il suo matrimonio. La scusa è quella che Caterina è stata per tre mesi la moglie di suo fratello Arturo, ex principe di Galles, primo erede al trono di Enrico VII, ma morto giovanissimo di febbre, e che Enrico avrebbe vissuto per vent’anni un amore incestuoso, perché all’epoca, la moglie di un fratello andava considerata come una sorella, e il Levitico riportava che non ci si poteva sposare tra fratelli, tanto che per sposarla aveva dovuto chiedere una dispensa papale. La storia la conosciamo tutti o quasi, ma la Mantel è stata brava a considerare Enrico VIII solo un co-protagonista di questo libro e puntare tutto sul personaggio di Thomas Cromwell. Thomas Cromwell è passato alla storia come un uomo crudele, un arrampicatore sociale, pronto a tutto pur di fare carriera. Ma la Mantel ribalta la storia e lo descrive come un abile imprenditore che si è costruito da sé, dotato di una grande testa e di molta autodisciplina. Come un padre, un marito e un fratello, deciso a ribaltare le sorti della sua infanzia vissuta in povertà, e offrire alla sua famiglia, quello che  lui non ha mai avuto, sicurezza e benessere. E’ un uomo del cardinale Wolsey, Lord Cancelliere d’Inghilterra, figlio di un fabbro che basandosi sulle sue sole capacità, ha forgiato il suo destino, influendo sulla storia d’Inghilterra. Ovviamente questo è un romanzo, quindi la Mantel ingigantisce forse la grande intelligenza, e i tratti oscuri di questa figura storica, cercando di raccontarci gli eventi storici, inserendoli in una vita privata romanzata. La Mantel ci racconta Cromwell da undicenne ragazzino che prendeva botte a destra e a manca da suo padre ubriacone, fino alla gloria della sua elezione a Lord Cancelliere. Una persona di cui Enrico VIII non riusciva a fare a meno, tanto da elevarlo, da quell’umile persona che era, ad un incarico di tutto prestigio. Ci racconta, romanzandola, della vita di Cromwell nella sua magione di Austin Friars, del microcosmo da lui creato con la sua famiglia, con le sue amicizie, e perché no, anche con i suoi nemici. Ci parla dei grandi temi politici, economici e religiosi del periodo Tudor, trattati attraverso la vita quotidiana del protagonista. L’uso da parte della Mantel della prima persona, porta ad abbattere le barriere temporali che separano il lettore contemporaneo dall’epoca storica. Il lettore partecipa nella storia che il protagonista vive, alle sue certezze, alle sue domande. Scopriremo il carattere molto volubile di Enrico VIII, alle volte gagliardo, alle volte impaurito. Un’Anna Bolena acida e petulante, che sapeva come portare il Re dalla sua parte. Conosceremo una Maria Bolena, sorella di Anna, usata come suo punta spilli, e usata anche da Re Enrico come sua sostituta, che qui si dice anche madre di due suoi bastardi mai riconosciuti. Parteciperemo agli intrighi di corte messi in atto dalla famiglia Bolena/Howard, per far si che il matrimonio tra Anna e Re Enrico si svolga a tutti i costi, e le mosse e gli studi di Cromwell per rendere legge la riforma protestante della Chiesa d’Inghilterra. Lo vedremo scontrarsi con Tommaso Moro, che qui ci viene indicato come uno spregiudicato difensore della supremazia della Chiesa di Roma che appoggiava indefessamente il Papato. Ma al di là del personaggio storico, è più il Cromwell privato che conquista il lettore. Il padre, il marito, quello che si ricaricava in presenza della sua famiglia allargata, con i suoi capisaldi, i lontani parenti e tutti i pupilli adottati nell’arco della sua vita. La quotidianità, le passioni dell’uomo che ha lasciato un’impronta nella storia, indelebile ancora oggi. Consigliato a chi ama il romanzo storico. Voto: 7,5

RECENSIONE – Scrivere è un mestiere pericoloso di Alice Basso



Io adoro Vani Sarca. Mi permettete di iniziare così la mia recensione? Se non lo fate è uguale … la mia sta diventando quasi una sorta di venerazione. Il primo romanzo l’ho comprato quasi per sbaglio (è stato il lunghissimo titolo ad attirarmi) … per il secondo non c’è stato nessun errore di acquisto. Anzi! Lo aspettavo con ansia, leccandomi i baffi appena ho saputo della sua uscita, quasi fosse un piatto di lasagna, o un gelato al cioccolato. E già della prima pagina, con il prologo sul peso della carta, e sulla sua libreria che a momenti scoppia (mi ha fatto pensare immediatamente alla mia), l’ho amata ancora di più. Avevamo lasciato la nostra Vani alle prese con il Commissario Berganza e la sua proposta di collaborazione con la Polizia e Riccardo Randi diventato il suo ex fidanzato. La ritroviamo ufficialmente consulente esterno della Polizia con Berganza come capo, che è convinto delle sue qualità di entrare nella testa delle persone, e anche e ancora gosthwriter della Casa Editrice L’Erica. Enrico, il suo capo, ha una grandissima idea. Le  “impone” un nuovo lavoro, come fosse una punizione per l’aumento di salario che deve sborsare. Vani dovrà scrivere un libro che sia insieme un memoriale di vita e un libro di cucina dedicato ad Irma Envrin, la cuoca da più di sessant’anni della famiglia dei Giay Marin, una delle più importanti e delle più in vista di Torino e fondatrice e proprietaria della omonima casa di moda, salita alla ribalta della cronaca nera, anni e anni prima per l’omicidio di uno dei rampolli. Nel raccogliere le memorie di questa anziana signora, che le sta subito simpatica perché tagliente, e irriverente proprio come lei  (tanto che si immagina come lei da vecchia), Vani viene a conoscenza di una verità diversa su quello che viene considerato come “il fatto”, l’omicidio del rampollo di casa.  Con l’aiuto del Commissario Berganza tenterà di risolvere il caso e in cambio riceverà aiuto per qualche lezione di cucina, visto che lei va avanti solo a birra a scura e patatine al formaggio e non è certo in grado di scrivere un libro di ricette tradizionali. Cercherà di sopravvivere ai pranzi di famiglia e al suo ex Riccardo Randi, che non si arrende. Sarà costretta anche a frequentare lezioni di difesa personale, di tiro e ad indossare un vestito di alta moda, lei che è una dark convinta e gira sempre con un logoro impermeabile nero, lasciando stupefatti sia il Commissario Berganza che il suo ex Riccardo Randi. Ritroveremo con piacere Morgana, la nemesi adolescente di Vani, alle prese con Ema e la sua band musicale, a cui si aggiungerà Ivano, nuovo personaggio che spero ancora di incontrare. Il romanzo è ben scritto e scorrevole, pieno dell’ironico cinismo con cui Vani nasconde la sua vera se stessa. Non è sicuramente un libro che rimarrà negli annali della letteratura italiana, ma è ironico al punto giusto e ricco di citazioni letterarie. E’ una storia che non si limita al mistero giallo, anzi questo passa quasi in secondo piano, e ci racconta soprattutto le tante sfaccettature della nostra eroina, che non ci annoiano per nulla e sono spassosissime. Alice Basso è riuscita a far entrare Vani nel cuore di molti lettori, innamorati soprattutto della sua ironia, della sua sagacia e della sua irritabilità e delle sue perle di saggezza, con semplicità di linguaggio, originalità, con personaggi ben caratterizzati e una trama avvincente, divertente e ben strutturata. Voto: 8

martedì 12 luglio 2016

RECENSIONE – Non è la fine del mondo di Alessia Gazzola



Nuova serie per la creatrice della divertente specializzanda in medicina legale Alice Allevi. Emma De Tessent  non è una specializzanda, bensì una stagista. Anzi, una Tenace Stagista. Lavora presso la filiale italiana della casa di produzione cinematografica Fairmont Holding, con un salario decisamente al di sotto della normalità e con nessuna prospettiva di carriera. Il premio per il suo lavoro, è ogni anno il rinnovo ad un livello adeguato del suo contratto di lavoro, e lei è sempre lì in attesa che accada il miracolo. Ma partiamo dall’inizio. Emma è una romantica fatta e finita, guarda caso porta il nome di una delle eroine della Austen. Legge solo ed esclusivamente romanzi del periodo regency, e aspetta con ansia le uscite in edicola. Ha il sogno di comperare un villino romantico con glicine incluso, che è abbandonato e sembra aspettare solo lei. Per ora è single e condivide l’appartamento con sua madre vedova, e non disdegna di occuparsi delle Nipoti, figlie di sua sorella Arabella, soprattutto perché adora intromettersi nella vita dell’Orrido Cognato, che la tradisce. Perché lei è stata l’amante di un uomo sposato e non ne va certo fiera. Non è una che si lascia vincere facilmente, vorrebbe diventare una donna di successo, è attiva e convinta di quello che fa. E’ alla ricerca di qualcosa che la faccia crescere professionalmente, e l’avrebbe veramente l’asso nella manica, ma è un tipo molto, molto restio. Il suo “asso” è lo scrittore di successo giappo-italiano Tameyashi Tessai, a cui tutti propongono di fare un film su uno dei suoi libri di maggior successo; ma lui, scottato da un precedente fiasco, non ci tiene proprio a venderne i diritti al migliore offerente, anche a costo di rinunciare a tantissimi soldi. Emma cerca in tutti i modi di portarlo dalla sua parte, passa con lui tanto tempo, parlando di tutto tranne che del film, ma prima che possa effettivamente concludere qualcosa viene licenziata in tronco, sorpassata perfino da quella cretina della sua collega, che le ha fatto grandemente le scarpe, essendo la fidanzata di un conoscente del capo. Quindi la tenace stagista è costretta in qualche modo a rifarsi una vita, e dopo un colloquio alquanto brutale con il capo produzione di un’altra casa cinematografica, Pietro Scalzi, finisce, per sbaglio in un atelier che produce abiti finissimi per bambini. Tutti confezionati a mano dalla proprietaria, Vittoria. Il lavoro da imparare e la compagnia dell’anziana signora, che le racconta la sua vita, soprattutto i suoi sbagli di gioventù, la riportano a galla. Grazie al vecchio levriero della signora, Arturo, sofferente di flatulenza, che ogni tanto accompagna a fare una passeggiata, viene a sapere che Pietro Scalzi è il figlio di Vittoria. In qualche modo riesce ad essere assunta dalla Casa Cinematografica di Pietro Scalzi, e in fondo in fondo, nonostante lui sia burbero e perfettino, il lavoro alle sue dipendenze le piace, e il contratto che ha non è niente male finalmente, e soprattutto si occupa di cinema veramente d’autore. Ma non è solo il lavoro a piacergli, anche il Produttore, come lo chiama lei è un uomo affascinante. Ma di punto in bianco tutto sembra cambiare di nuovo ed Emma è costretta di nuovo a scegliere. Pietro Scalzi viene fatto fuori dalla compagnia. A fargli le scarpe è la sua ex fidanzata, ora moglie del Capo e a lei, donna di fiducia del vecchio produttore, viene proposto di andare oltre manica a New York. Il sogno romantico sembra quindi concludersi qui, con Emma a 10.000 Km di distanza e con Pietro Scalzi, che non si sa dove sia andato a finire … ma libri del genere non possono concludersi senza un lieto fine … Molto, molto carino. Differente dai romanzi con protagonista la Allevi. Emma, a differenza di Alice, è determinata a raggiungere il suo obiettivo, la sua indipendenza. E’ romantica all’inverosimile, cosa che Alice non è. Il romanzo ha una scrittura scorrevole, è divertente e alla fine conquista. Aspettiamo, quindi, nuove avventure anche di Emma, sicuri che la Gazzola non ci tradirà. Voto: 7+

RECENSIONE – London Underground di Don Winslow



Inizio col dire che io adoro Don Winslow. Anzi, diciamo che lo venero proprio. E’ in assoluto  uno dei miei scrittori preferiti, e si contende il primo posto con altri due o tre. Per me potrebbe rendere interessante anche un elenco del telefono o una lista della spesa, se fosse lui a compilarli, quindi, forse, mi troverete un po’ di parte. Einaudi mi ha fatto un gran regalo, sull’onda del successo del suo ultimo capolavoro, Il Cartello, sta ripubblicando i primi scritti di Winslow. London Underground, infatti è il primo romanzo scritto e pubblicato nel 1991 da Winslow. Una serie composta da cinque romanzi con protagonista l’investigatore privato Neal Carey. Certo, questo libro non è sicuramente all’altezza dei suoi capolavori “Il potere del cane” e del suo seguito “Il Cartello”,  è un concentrato di luoghi comuni su cui vengono basate le storie mistery, ma il personaggio di Neal Carey ha quel “qualcosa” che ci porta ad amarlo immediatamente. Come ho già detto, la storia parte con qualcosa di sicuramente già visto, una giovane teenager scompare, la famiglia ricca e potente la cerca e siccome è una famiglia molto in vista, invece di affidarsi alla polizia, si affida a una sorta di “setta” che lavora sul filo della legalità: gli Amici di Famiglia. Winslow però dopo un breve excursus sul compito che aspetta l’investigatore Carey, ci riporta, con un salto temporale, all’infanzia di quest’ultimo, per farci conoscere le condizioni in cui è stato costretto a vivere prima dell’incontro più fortunato della sua esistenza. Neal è un giovanissimo ladruncolo di undici anni, figlio di una prostituta tossica. Si imbatte inavvertitamente in Joe Graham, a cui ruba il portafogli, tranne poi essere stordito dal suo braccio artificiale. Graham, capisce che il ragazzino gli può comunque essere utile, può andare in posti che per lui sarebbe impossibile raggiungere e comincia ad addestrarlo, con l’approvazione degli Amici di Famiglia. Quest’ultimi sono come una “setta” segreta fondata dalla stirpe dei Kitteredge, potenti banchieri che di generazione in generazione proteggono i loro clienti, ne vegliano i patrimoni ed intervengono se questi ultimi hanno dei problemi da risolvere. Graham insegna a Neal tutto quello che sa, e infatti i primi capitoli del libro ci fanno vedere il piccolo Neal che impara come seguire una persona, come fare una perquisizione in una casa senza farsi scoprire, come vestirsi, come non dare nell’occhio, tutte cose che a ventitré anni lo hanno resto uno dei più esperti e richiesti uomini dell’organizzazione. In realtà Neal, non è che ami il suo lavoro, ma gli permette di frequentare l’università, e forse, se lo lasciassero fare, laurearsi in letteratura inglese del settecento. Ma non può certo rifiutare un incarico, visto che è Graham a chiamarlo. Quindi parte, seppur a malavoglia per Providence, sede dell’organizzazione. La cosa è molto delicata, deve rintracciare Alice Chase, figlia del senatore John Chase, fuggita tre mesi prima e intravista a Londra. Londra è un pagliaio e lui deve trovare Alice, il classico ago. Dopo parecchi tentativi a vuoto, riesce a scovarla. Alice è diventata un oggetto di scambio di una banda di teppisti, più plateali che pericolosi. E’ costretto così ad immergersi nell’ambiente punkeggiante della Londra degli anni novanta, dove tenterà il tutto per strappare Alice e riportarla a casa, un compito che potrebbe risultare difficile anche per chi, come lui, è cresciuto in strada. Non manca il colpo di scena finale, che ci farà apprezzare ancora di più il personaggio di Neal, se in caso ce ne fosse bisogno. London Underground lo si può considerare forse più disimpegnato e leggero in confronto ai capolavori di Winslow, ma in questi libri (questo e quelli che seguiranno), potremmo seguire la crescita dello scrittore e il suo evolversi, con scritti, che poi, lo hanno portato all’eccellenza degli ultimi anni dei suoi ultimi romanzi, come fosse un corso di formazione per noi lettori. Voto: 8

RECENSIONE – The invasion of the Tearling di Erika Johanssen



Lessi il primo libro “The Queen of the Tearling” con la speranza che fosse qualcosa di buono, visto il costo, dovuto anche ad una presentazione molto “artistica” del libro. Forgiato come un libro antico, con carta alquanto pregiata e corredato di illustrazioni in capo ad ogni capitolo e altre nel mezzo della storia. Il primo non mi fece molta impressione, anzi … credo di avergli dato un tiepido 6, aspettando il secondo volume per valutare meglio. In effetti molti cambiamenti, e in meglio, ci sono stati. Il secondo volume, come l’altro, è sempre ben presentato, nella stessa forma del primo volume: stessa carta, altre illustrazioni. La storia riprende dove l’avevamo lasciata. Kelsea Glynn (ha rinunciato all’infausto nome dei Raleygh) è la Regina del Tearling e sta cercando di cambiare il suo regno in meglio. Ma dopo la sua decisione di non inviare più schiavi nel Mortmesne come tributo, si ritrova l’esercito della Regina Rossa alle porte di casa e tantissimi problemi da risolvere. Kelsea deve trovare una soluzione e anche in fretta, per evitare che il suo regno venga distrutto per un suo “capriccio”. Al suo fianco ha sempre Mazza Chiodata, fido scudiero, quasi un padre e Pen, guardia del corpo ed ora anche amante. Ma la parte “forte” di questo capitolo è l’introduzione di un nuovo personaggio Lily. Kelsea inizia ad avere delle strane “trance” dove si assenta dal suo presente e sprofonda nel corpo di una donna prima del Passaggio. Questa donna si chiama Lily. Vive negli Stati Uniti nel 2058, prima del Passaggio e della creazione del Nuovo Mondo. E’ una donna fortunata perché vive nella parte dei ricchi, protetta da un muro ed in tutta sicurezza. I poveri sono lasciati allo sbando, abbandonati a se stessi. Ma è davvero così fortunata come sembra? Ha tutto nella vita, soldi, una casa sicura, un autista/guardia del corpo, un marito devoto. Ma non è proprio così. Lily vive nella paura, l’uomo che ha sposato non è quello che le sembrava  quando lo ha conosciuto, ed oltre al peso che si porta sul cuore, è prigioniera di un matrimonio, dove l’amore ha lasciato il posto alla violenza. Suo marito Greg è un uomo frustrato e scarica la sua impotenza e la sua rabbia su di lei. Se le cose non vanno come vuole la riempie di botte e le usa violenza, la sminuisce ogni volta perché non riesce a dargli un figlio. Ma anche questo è un segreto che Lily si porta dentro. Lily ha un chip in un braccio, tramite il quale suo marito e gli apparati governativi possono controllare i suoi spostamenti, ma qualcuno l’aiuterà a prendere coraggio e ad opporsi a Greg. Avrà anche la forza di credere in un mondo migliore? Gli stati di trance di Kelsea, forse dovuti agli zaffiri, ci fanno effettivamente conoscere come è avvenuto il Passaggio ed il personaggio di William Tear. Abbiamo l’opportunità di vedere come era il mondo prima del Passaggio e capire il perché un manipolo di uomini abbia pensato di rinunciare a tutto, (tecnologie, medicinali, macchinari e altro) e tornare ad un quasi medioevo. Diventa così un romanzo distopico, che si svolge in due piani temporali. Passato e presente, che noi forse, vediamo in modo diverso. Contrapponiamo il mondo di Lily futuristico e tecnologico, con quello di Kelsea arretrato e, sbagliando, saremo portate a confondere il passato con il presente, rovesciandoli. Conosceremo anche meglio la Regina Rossa, scopriremo che ha dei legami con Kelsea e con la sua famiglia e scopriremo qualcosa di più sull’essere che l’ha in pugno. Se il primo libro mi aveva stupito per la sua “pochezza” e le molte domande lasciate in sospeso, questo secondo volume, oltre alla crescita dei personaggi, soprattutto quello della Regina del Tearling, mi fa ben sperare per un terzo libro molto buono. E’ difficile  che un secondo libro sia migliore del primo, dove di solito si sparano parecchie cartucce per impressionare il lettore e spingerlo ad andare avanti, ma questo lo è e di molto. La Johanssen, rischiando, ha sparato molte delle cartucce in questo secondo volume, facendoci comprendere qualcosa in più della storia che sta tessendo, che risulta finalmente piacevole  con l’alternarsi delle voci di Kelsea e Lily, ben strutturate. Una trama coinvolgente che finalmente desta tutta la nostra attenzione; ben scritta e ben articolata in ogni sua sfumatura, compreso il colpo di scena finale. Oltre al personaggio di Kelsea, molto ben caratterizzati quelli di Mazza Chiodata, Pen, Fetch e la bellissima sorpresa di padre Tyler. L’autrice è stata bravissima a farci scoprire alcune cose e a lasciarne altre in sospeso. E’ finalmente diventato un romanzo che appassiona, tra battaglie, magia, intrighi e colpi di scena, in un viaggio verso l’ignoto contenuto tra le pagine. Voto: 7,5 – Voto al nome Kelsea: 1 (continua a non piacermi).

lunedì 11 luglio 2016

RECENSIONE – Vodka&Inferno. La morte fidanzata vol. 1 di Penelope Delle Colonne



A vederlo nella sua veste grafica, di primo acchito, sembrerebbe un libro fantasy per ragazzi, ma per argomenti trattati, proprio non lo è. Vodka&Inferno. La morte fidanzata è il primo volume di una serie e romanzo d’esordio della scrittrice Penelope Delle Colonne. Siamo a Venezia alla fine del 1800, qui vive Frattaglia, orfano e diseredato, aiutante del razziatore di cadaveri, il “Signor Carnemolla”. E’ un povero infelice che il Sig. Carnemolla ha raccolto dall’immondizia; è cresciuto nelle fogne e nei cimiteri, in compagnia dei pupazzi che ama costruire. Il Signor Carnemolla fa l’allettante lavoro di rivenditore di cadaveri, logicamente li spoglia di tutti i loro averi, prima di consegnarli alla scienza nella persona del Dr. Malabaila. Finalmente è arrivato il giorno in cui riescono a trovare un cadavere giovane che può farli mangiare per almeno una settimana, e l’uomo non fa che sfregarsi le mani, soprattutto perché il cadavere può fruttare un altro bottino derivante da un anello nobiliare che aveva al suo dito. Il cadavere che è finito sul tavolaccio di Carnemolla è quello de nobile decaduto Viktor Bojanovic Mickalov, suicida e ripescato nel Canal Grande. Frattaglia messo a guardia,  instaura però un rapporto d’amore alquanto morboso con il cadavere del giovane Viktor e non vuole separarsene; ne è affascinato e lo ama di un amore impossibile. E’ irresistibilmente attratto dal cadavere di quel giovane bellissimo, a parte la piccola imperfezione di quella bruciatura sul viso. Lo vede così bello ed indifeso che lo accarezza, lo bacia e lo possiede. Nonostante sappia che prenderà un sacco di botte, Frattaglia fa in modo di consegnare il cadavere sbagliato al Dr. Malabaila. Mentre Carnemolla è su tutte le furie per quello che ha combinato, lo manda a forza di botte a rimediare qualche spicciolo vendendo l’anello e gli abiti del morto. Per la strada Frattaglia è attirato da uno spettacolo particolare. Un Dottore della Peste arringa la folla. Il misterioso personaggio lo nota e lo fa salire sul palco, lo ipnotizza e gli fa avere delle strane visioni, per poi scomparire. Quando il Sig. Carnemolla verrà scoperto e arrestato per la sua alquanto discussa attività, Frattaglia riesce a scappare e scopre che l’amato corpo di Viktor è stato  preso e portato in casa di un suo parente, un giocattolaio italiano un tempo famoso, Gaspare Fausto Mallardo, costruttore di improbabili carillon, che vuole riportarlo in Russia a Soroka, suo paese natio. Frattaglia fa in modo di fingersi amico di Viktor, nonostante non lo conoscesse affatto, consegnando ai Mallardo, Fausto e le gemelle Marì e Cherì, l’anello di quest’ultimo, e quindi a partire con loro per la Russia. Non si sa come, ma una volta a Soroka, e dopo il suo funerale, Viktor riesce a tornare in vita come vampiro, animato da un forte desiderio di rivalsa contro la famiglia rivale i Rodcenko,  e soprattutto  contro Anna, che lo aveva considerato brutto e deforme e aveva rifiutato il suo corteggiamento. Il suo piano è trasformare tutta la sua famiglia in vampiri, dando vita a una nuova ambiziosa progenie.  Il romanzo è costruito come un romanzo gotico e ha venature di horror e di commedia grottesca. E’ molto particolare, tanto che all’inizio non sapevo se mi piacesse o meno. E a dir la verità non lo so ancora. E’ uno di quei romanzi senza mezze misure, o piace o no … o decisamente non si riesce ad esprimere un parere definitivo, forse alla fine della serie si potrà valutare meglio questo primo episodio. E’ un romanzo delle volte intenso, ricco di descrizioni suggestive, con un uso di uno stile lirico molto maturo, colto ed estremamente raffinato; ma forse è proprio questa ricercatezza che fa perdere la storia nei meandri di una trama un po’ troppo complicata, con troppa carne al fuoco,  per essere completamente esaustiva nel volume d’esordio. Non manca il colpo di scena finale, che ci porta ad aspettare il prossimo episodio. La morte fidanzata è una saga familiare a tinte fosche ed è indubbiamente poco convenzionale per tematiche e personaggi.  E’ la storia di un’antica famiglia e del suo legame magico con la terra in cui vive da secoli. Della lotta contro la modernità e il capitalismo, una storia di vampiri, di gatti, di incesti, di freddo e neve, di violenza, di orrore e sesso, di morte e non morte. Se avete tempo e voglia di leggere una saga sui vampiri, ma diversa dalle solite di oggi, questa è per voi. Voto: 6,5/7

RECENSIONE – Anime di seconda mano di Christopher Moore



Avevamo lasciato Charlie Asher, il protagonista di Un lavoro sporco in piena mutazione; non ha più un corpo, la sua anima è imprigionata nel corpo di un pupazzo con la testa di coccodrillo e i piedi di papera, con un pene enorme annodato alla vita, in attesa che la sua ragazza buddhista Audrey, riesca a trovargliene uno nuovo. La sua bambina, la piccola Sophie, che era la nemesi della Morte e che poteva uccidere usando la semplice parola “gattino”, vive ora con sua zia, sorella di Charlie e la sua compagna, tenuta sempre d’occhio dalle sue “tate” vicine di casa, una di origine russa e l’altra cinese e protetta dai cani infernali Bummer e Lazarus. San Francisco è in piena emergenza, proprio per l’assenza di Charlie, o meglio lo sono i Mercanti di Anime. Alcuni di loro infatti, non stanno svolgendo più il loro lavoro di raccolta, quindi che fine fanno le anime di quei morti? Il grande libro dei Morti lo diceva chiaro e tondo: “Il tuo compito consiste nel recuperare i vascelli di anime delle persone morte o in fin di vita e nel garantire che arrivino al corpo successivo. Se fallisci, le Tenebre invaderanno il mondo e regnerà il Caos”. Ritroveremo quindi Menta Fresca, l’ex poliziotto Alphonse Rivera, l’Imperatore di San Francisco e Lily la goth impiegata del telefono amico, che si uniranno a quel che resta di Charlie per riuscire a risolvere il problema della città; soprattutto perché i cani infernali sono spariti e non sanno se Sophie ha ancora i poteri della Morte.  Le vicende da sbrogliare sono molte e si affacciano nuovi personaggi tra cui il fratello di Menta Fresca e il ritorno delle Streghe che hanno ucciso il corpo del vecchio Charlie. Da sistemare anche le anime che continuano ad accumularsi sul ponte di San Francisco che si confidano con un operaio imbianchino che vuole morire. Che sia la soluzione che Charlie e gli altri stanno cercando? Ne vedremo comunque delle belle. Tra anime svolazzanti, cani infernali, giacche verdi e gialle, vecchie Cadillac, pupazzi viventi, Banshee e streghe mortali, Moore ci poterà nel suo mondo fantastico, umoristico dove regnano personaggi al di sopra delle righe in un mix di realtà e finzione, paradosso e normalità, sensibilità e durezza che conquista il lettore, anche se non riesce ad eguagliare il primo libro della serie. Voto: 6,5

RECENSIONE – La custode del miele e delle api di Cristina Caboni



Secondo romanzo di questa autrice che di mestiere fa l’apicultrice e di questo parla anche questo libro. Angelica  Senes è una giovane biologa che lavora con le api con cui instaura un rapporto molto particolare. Sembra che riesca a parlarci e a capirle nei loro bisogni. Per questo il suo lavoro è molto richiesto in tutto il mondo. A lei questo va più che bene perché in nessun luogo si sente a casa. I suoi soli compagni sono un vecchio camper che si tiene su per miracolo, un grosso cane di nome Lorenzo e una piccola gatta. Ma proprio la sua capacità di gestire un apiario la riporterà a casa, in Sardegna. Questo ritorno a casa scatenerà una serie di ricordi che ci riporteranno nell’infanzia di Angelica e a scoprire il motivo per cui ha lasciato la Sardegna. Nell’arco della storia ci immergeremo nei paesaggi di una Sardegna nascosta, non quella vissuta dai turisti; una Sardegna che rischia di essere messa in vendita, ma che merita rispetto del suo ambiente e delle sue tradizioni secolari, che consistono nel sapere tramandato di generazione in generazione. Mentre è in viaggio per ritornare a “casa” Angelica ripensa a Margherita, quella che le ha fatto effettivamente da madre, mentre la sua si assentava per giorni interi. Margherita è stata la persona che le ha insegnato tutto quello che sa sulle api, che lei chiamava Jaja e che le ha dato tutto l’amore di una madre, fino a che la sua, quella vera di madre, non l’ha strappata dai suoi luoghi di nascita per portarla a Roma, e condurre un’esistenza diversa. Angelica è ancora arrabbiata con sua madre per averla portata via, figuriamoci ora che ha scoperto il suo segreto. Margherita è morta ora (lei sapeva lo fosse da tempo) e le ha lasciato in eredità tutto il suo podere, compreso l’apiario. I suoi parenti ci avevano già messo su le mani finché lei non è arrivata sull’isola. Volevano vendere tutto e ricavarci dei soldi, ma il suo arrivo sconvolge i loro piani. Minacciata con varie scritte ignobili e con tentativi di sabotaggio, Angelica, nonostante la paura,  procede per la sua strada, aiutata dalle vicine e amiche di Margherita, da qualche vecchia compagna di scuola, e dal suo amore di gioventù, che incontra dopo svariati anni. Dopo svariati colpi di scena, il lieto fine è assicurato, ma nonostante il finale scontato, è stato molto bello imparare, dalle note lasciate all’inizio di ogni capitolo, le diverse varietà di miele, le loro composizioni, e i fiori da cui provengono. In più i luoghi sono descritti benissimo tanto da sembrare così magici che ti fanno comprendere quanto la persona che ne parla sia innamorata di loro. Voto: 7

RECENSIONE – Affliction di Laurell K. Hamilton



Libro n. 22 della serie della cacciatrice di vampiri e risvegliante di zombie Anita Blake. E’ da un paio di libri che la protagonista è tornata a fare quello che ci piaceva di più. Indagare  e uccidere i mostri cattivi, perché quelli buoni lei li ama … quasi tutti. In questa ultima fatica finalmente ritroviamo un po’ d’azione e soprattutto uno dei personaggi più belli della serie Edward/Ted; e chi segue la serie da sempre, sa, che dove c’è Edward, c’è azione. Mentre è in ufficio Anita viene chiamata al telefono dalla madre di Micah. Il padre del suo fidanzato è in fin di vita; sta morendo a causa di una strana malattia a cui i medici non riescono a porre fine. Sta marcendo! Micah parte e Anita e Nathaniel, come parte di un trio amoroso, lo seguono. Ma non da soli … ci sono sempre dei pericoli a viaggiare in territori di altri Master vampiri, quindi Jean Claude la dota di una notevole scorta. Come al solito però, troverà ad aspettarla la solita cricca di poliziotti che pensano solo ad essere gelosi dei pelosi che si porta nel suo letto, e di fatto la ostacolano, più che  aiutarla. Ma non solo … ci sarà anche la famiglia di Micah, che da protagonista passa in secondo piano, piena di bigotti da una parte e famiglia allargata dall’altra. Insomma, la nostra avrà un bel daffare e poco tempo (e meno male!) per fare sesso (solo tre scene e la prima dopo 300 pagine circa). La storia parte dalla malattia del padre di Micah, morso da uno zombie, ed Anita, anche se non è stata chiamata per indagare, comincia a farlo ugualmente, perché il pericolo che sta vivendo la cittadina è veramente grande. Tanti zombie che circolano e uccidono le persone facendole marcire. Il problema però è un vampiro di vecchia conoscenza che si pensava fosse morto, anche se Anita lo ha sempre saputo che non era così. Questo vampiro riesce a risvegliare i morti e tramite loro a controllare o ad uccidere. Questi zombie risvegliati hanno bisogno spesso di mangiare e tendono ad incamerare delle “scorte”. Edward ed Anita cominciano ad indagare sui fatti, con l’aiuto di qualche poliziotto decente, e l’ostacolo di altri che come al solito sono messi KO dalla competenza di Anita e dal fatto che non riescono a capacitarsi che non tutti possono entrare nelle sue mutande. Ci sarà anche la partecipazione di Jean-Claude, che preoccupato per la sua schiava umana, partirà anche lui raggiungendola. Mancherà come sempre Richard, ma ormai ne possiamo fare a meno, e in questo capitolo, facciamo a meno anche di Asher, non proprio il più simpatico dei vampiri, anche se lo ritroveremo sicuramente … a meno che Anita non sia costretta a farlo fuori (prima o poi … ). Per il resto c’è solo la richiesta ufficiale di matrimonio di Jean-Claude ad Anita e la sua accettazione senza pippe mentali, che di solito si fa, tranne dopo farsele su  chi debba essere considerato un fidanzato ufficiale e chi no … peggio di una telenovela. Voto: 6 (stringato)

RECENSIONE – Primavera a Rose Harbor di Debbie Macomber



Libro leggero, leggero come il precedente volume. Al centro del racconto c’è sempre la Locanda di Rose Harbor e la sua proprietaria Jo Marie. La storia riguarda, questa volta, Annie, che torna a Cedar Cove per il cinquantesimo anniversario di matrimonio dei suoi nonni. I nonni che lei ammira tantissimo per aver trovato quella che lei considera il vero Amore, quello che lei pretende. Ed è per questo che ha lasciato il suo fidanzato, proprio perché è un uomo al quale non può più dare la sua fiducia. E’ stata tradita e non una volta sola. Ma l’ultima è stata quella che ha fatto si che prendesse la decisione di lasciare David, anche se a lui sembra che non sia accaduto nulla di così irreparabile. Presa dai preparativi della cerimonia che vedrà protagonisti i suoi nonni, lascia che il tempo scorra e faccia passare il dolore. L’altra persona che alloggerà alla Locanda è Mary. Mary ha un grande problema è stata sempre una donna che è vissuta per la sua carriera e per questo ha abbandonato quello che considerava il suo grande amore. Ma ultimamente, visto ciò che le è successo, sta ripensando molto a quell’uomo. Però lui si è rifatto una vita e lei sa che non può sicuramente presentarsi davanti a lui, soprattutto ora e nella sua condizione. Ma i protagonisti della storia, come nello scorso episodio, trovano in Jo Marie e nella sua locanda un luogo di redenzione e guarigione. Annie ritroverà Oliver, il ragazzino di cui era innamorata da piccola, ma a cui aveva rinunciato perché pensava l’avesse presa in giro per scommessa. Lui l’aiuterà in tutta l’organizzazione dell’anniversario dei suoi nonni, che a vederli non sembra proprio che vivano un rapporto così idilliaco come lei immagina, visto i loro continui litigi, e lui riuscirà a riportarla sulla retta via e a farle capire che gli screzi dei nonni, sono proprio dovuti al loro amore e che anche lui, lo ha sempre provato per lei. Mary ritroverà il suo amore perduto, ormai divorziato. Lei gli confiderà i suoi grandi segreti, ma nonostante il male che gli ha fatto, lui prova ancora amore e insisterà per essergli vicino in questo momento così buio, perché anche questo è amore. Tra i le due storie, si rafforza anche il legame di Jo Marie con il tuttofare di Cedar Cove, anche lui pieno di segreti, che costretto da un incidente ad una gamba, comincia  finalmente a rivelare qualcosa di sé.  Romanzo leggero, ma ben fatto, pieno di (forse troppo) sentimentalismo. L’autrice però scrive bene e nonostante, i suoi,  siano dei romanzi rosa, riesce a intessere delle trame convincenti e forse più che  romanzi rosa, li possiamo catalogare come dei romanzi “delicati”. Voto: 6+