Bristol, Inghilterra – 2009. In
una sera qualunque, in una famiglia qualunque, la giornata termina non proprio
in maniera qualunque. La famiglia Malcom composta da Jenny e Ted entrambi
medici, e dai loro tre figli, i gemelli Ed e Theo e dalla figlia Noemi, si
ritrova a dover fronteggiare una tragedia. La scomparsa proprio del membro più
piccolo della famiglia, la quindicenne Naomi. I due coniugi sono entrambi
sovraccaricati dal lavoro, mentre i loro figli crescono, cercano di non
trascurare nulla, ma non tutto si può tenere sotto controllo. L’adolescenza
rende tutto più difficile, i rapporti tendono a complicarsi, e tante volte
determinati segnali vengono sottovalutati e gli si dà scarsa importanza. L’autrice,
lavorando su due piani temporali, ci porta alla scoperta della famiglia Malcom,
che apparentemente sembra perfetta. All’interno invece scopriremo i segreti che
ognuno di loro tiene nascosti dietro le mura domestiche. Il libro è tutto dal
punto di vista di Jenny Malcom , che sembrerebbe l’unica a non avere qualcosa
da nascondere, ma anche l’unica a cui gli altri componenti della famiglia
tendono a dare delle colpe non sue. Il castello da favola che Jenny pensava con
soddisfazione di aver costruito con la sua famiglia, crolla alla prima grossa
folata di vento. Naomi scompare nel nulla. Rapita o uccisa, nessuno lo sa, quel
che è certo che ogni membro della famiglia avrà un modo diverso di reazione. Scavando
nella vita di Naomi, nelle sue frequentazioni, Ted e Jenny, con l’aiuto di
Michael sovrintendente della polizia, scoprono che la figlia non era proprio
quella che loro immaginavano fosse. Tutta la famiglia verrà sezionata, anche l’aspetto
più marginale verrà esaminato e la loro intera esistenza, i loro sentimenti
saranno travolti, devastati e distrutti, portando alla luce una famiglia tutt’altro
che perfetta. Molti segreti verranno rivelati e i risvolti porteranno a
radicali cambiamenti nell’ambito familiare. Se fossi stata nei panni di Jenny
mi sarei messa ad urlare a tutti quanti. Mi è sembrata il punta spilli di tutta
la famiglia, a parte il cane. Finale forse un po’ troppo fantascientifico per l’andamento
della storia in sé, tanto da rovinare “quasi” tutta la trama costruita dall’autrice.
Scrittura scorrevole e accattivante, nonostante la suddivisione in due piani
temporali, che all’inizio della storia può dare un po’ di fastidio. Voto: 6,5
(uno in meno per il finale banale)
venerdì 29 luglio 2016
giovedì 28 luglio 2016
RECENSIONE – Le sette sorelle. Ally nella tempesta vol. 02 di Lucinda Riley
Secondo volume della saga de “Le
sette sorelle”. Nel primo capitolo avevamo conosciuto Maia, la sorella
maggiore, in questo secondo capitolo conosciamo la storia di Alcyone detta Ally,
la secondogenita. Riprendiamo la storia però dalla morte di Pa’ Salt, il padre
adottivo di tutte e sei le sorelle (dovrebbero essercene sette, ma per ora
della settima nulla si sa). Ricco imprenditore svizzero, ha adottato in giro
per il mondo sei bambine, chiamandole ognuna con il nome di una stella delle
Pleiadi. Alla sua morte, avvenuta in maniera a dir poco inaspettata, si fa
seppellire in mare senza che nessuna delle sue figlie ne sia a conoscenza e
possa partecipare alla sua cerimonia funebre e lascia loro una scultura
particolare, una pietra armillare, con
delle istruzioni: quelle per scoprire da dove proviene ognuna di loro. Questa è
la storia di Alcyone. Ally è una marinaia nata, una skipper che sta per
partecipare alle Olimpiadi, e quello che sa lo ha imparato tutto da Pa’ Salt.
Quando Pa’ Salt muore, causandole un immenso dolore, lei è in compagnia di
quello che considera la sua anima gemella, Theo Falys-Kings, uno skipper come
lei, molto famoso. Mentre lei passa giornate memorabili tra amore, coccole,
sesso e mare, con il telefono spento, le sue sorelle la cercano in ogni modo,
per avvertirla di ciò che sta succedendo a casa. Tornata a casa Ally si sente
quasi in colpa, ha sfiorato il funerale marino di Pa’ Salt, ma non lo ha visto.
E’ sconvolta per esaudire le volontà del suo padre adottivo, ha voglia solo di
abbandonarsi tra le braccia di Theo e ritrovare un po’ di serenità. Ma non sa
quello che le sta per succedere, e non sa nemmeno che mettersi alla ricerca
delle sue origini sarà la sua ancora di salvezza. Ally entrerà nella vita di
Anna Landvik, famosa cantante d’opera norvegese dell’Ottocento, musa di Edvard
Grieg. Non sa ancora cosa possa entrarci con lei ed è per questo che
intraprenderà un viaggio nella fredda Norvegia, sulle tracce di Anna. Seguiremo
così le tracce della famiglia Halvorsen dagli inizi del ‘900 in Norvegia, con
la prima messa in scena dell’opera lirica tratta dal Peer Gynt di Ibsen, fino
all’invasione nazista della stessa Norvegia. Mentre riuscirà a riordinare le
tracce in suo possesso, avrà modo di
riabbracciare una sua vecchia passione, la musica ed il suo flauto. La
narrazione della Riley è come al solito suddivisa in due piani temporali,
presente e passato. Conosceremo così la storia delle origini di Ally, di Anna
Landvik in un viaggio oltre che temporale, attraverso le città europee tra le
due guerre mondiali, teatri di intricate passioni e grandi amori. Troverà nuovi
amici che l’aiuteranno a scoprire finalmente quale sia il suo destino e quel
tassello mancante, per poter proseguire la sua vita in completa serenità.
L’autrice riesce con competenza a farci entrare in due mondi completamente
diversi tra loro: la musica e la vela. La descrizione dei luoghi è estremamente
minuziosa e affascinante. Nonostante la struttura del romanzo sia fedele ai
vecchi scritti della Riley, non ci si annoia mai. L’intreccio delle svariate
trame è ben costruito e coinvolgente. La fine, ci porta ad aspettare il terzo
capitolo con la voglia di scoprire chi sarà la prossima protagonista, ed altri
dettagli sul resto della famiglia. Voto: 7/8
lunedì 18 luglio 2016
RECENSIONE – La via del male di Robert Galbraith
Ho decisamente atteso l’uscita di
questo libro con molta impazienza. La “Zia” Rowling mi ha fatto appassionare
immediatamente alla storia di Cormoran Strike e della sua socia Robin Ellacot,
tanto che comprai il primo libro senza sapere che tale Robert Galbraith fosse
il suo pseudonimo. Ma tant’è … Avevamo lasciato i nostri eroi con la
risoluzione del caso Quine, che come dopo quello di Lula Laundry ha fruttato
loro una buona pubblicità e altro lavoro per l’agenzia investigativa. Robin,
oltre al lavoro per l’agenzia è alle prese anche con i preparativi del suo
matrimoni con Matthew. In tutto questo bailamme Robin si ritrova a ritirare un
pacco a suo nome, ma è un macabro regalo quello che trova: la gamba amputata di
una donna. La gamba è la stessa di Cormoran, la destra ed è amputata allo
stesso punto. In team con il commissario Wardle, l’unico nella polizia
criminale che rispetta Strike e tiene molto in conto i suoi punti di vista,
cominciano le indagini sul perché di questo macabro regalo. Secondo Strike sono
quattro le persone che potrebbero avergli mandato quell’avvertimento, hanno
tutti con lui un conto in sospeso dal passato. Robin e Cormoran, cominciano la
loro indagine parallela. Sanno che l’assassino conosce Strike molto bene. Viene
coinvolto nelle indagini anche Shanker, amico di vecchia data e informatore di
Cormoran da lungo tempo. In questo capitolo scopriremo molto sul passato dei
nostri protagonisti. Qualche segreto verrà svelato da entrambi, sempre molto
restii a parlare di loro, quasi che il farlo potesse minare il rapporto che i
due hanno costruito. Ma gli omicidi purtroppo continuano e non si fermano certo
per i problemi personali dei due investigatori. La trama creata dalla Rowling è
certamente più complessa dei precedenti capitoli. Quattro presunti colpevoli, quattro
diverse piste da seguire. Oltre ai normali dialoghi, in questo volume troviamo
anche la possibilità di leggere anche i pensieri dell’assassino a cui la
Rowling dedica capitoli a se stanti. Questi potrebbero dare dei suggerimenti al
lettore per svelare la sua identità, ma per me hanno un senso inverso, sviano l’attenzione
del lettore. Capiremo, se mai ce ne fosse stato bisogno, che tra Cormoran e
Robin non c’è solo un rapporto professionale, ma molto di più, anche se loro
rifuggono questo “più”. Soprattutto perché Robin sta per convolare a nozze con
il suo storico fidanzato, che come il lettori della saga sanno, odia
spassionatamente Strike, e Strike a sua volta, sta frequentando una bellissima
donna. Come sempre “zia” Rowling ci porta a passeggio per le vie di Londra,
descrivendoci minuziosamente la città e i luoghi che ci rappresenta. In questo
capitolo della saga la Rowling ha dato più spazio a Robin che a Strike,
elevandola a ruolo di protagonista invece che di spalla. Come al solito i
romanzi della Rowling sono scritti divinamente, con maestria e perfezione. La
trama si intreccia perfettamente con la vita dei suoi protagonisti. Una pecca
però l’ho trovata … una faticaccia per me che conosco poco l’inglese andarmi a
leggere tutte le note di traduzioni dei capoversi dei capitoli, non poteva
metterle direttamente sotto? Facevano perdere tempo e concentrazione. E
comunque, non so voi, ma io l’assassino lo avevo azzeccato. Voto: 8,5
giovedì 14 luglio 2016
RECENSIONE – Wolf Hall di Hilary Mantel
Inghilterra, 1533. Il trono
inglese non ha un erede. Se il re morisse senza erede maschio sarebbe un
disastro colossale e potrebbe sprofondare il Paese in una sanguinosa guerra
civile. Re Enrico VIII è sposato da vent’anni con Caterina D’Aragona che le ha
dato solo una figlia femmina, Mary, ma non può più avere figli. Invaghitosi di
Anna Bolena, giovane e fresca, proveniente dalla corte francese di Francesco I,
la vuole a tutti i costi sposare, e poter considerare eredi effettivi i figli
che potrebbe da lei avere. Per liberarsi del legame con Caterina, Enrico VIII
deve trovare il modo di annullare il suo matrimonio. La scusa è quella che
Caterina è stata per tre mesi la moglie di suo fratello Arturo, ex principe di Galles,
primo erede al trono di Enrico VII, ma morto giovanissimo di febbre, e che
Enrico avrebbe vissuto per vent’anni un amore incestuoso, perché all’epoca, la
moglie di un fratello andava considerata come una sorella, e il Levitico
riportava che non ci si poteva sposare tra fratelli, tanto che per sposarla
aveva dovuto chiedere una dispensa papale. La storia la conosciamo tutti o quasi, ma la Mantel è stata
brava a considerare Enrico VIII solo un co-protagonista di questo libro e
puntare tutto sul personaggio di Thomas Cromwell. Thomas Cromwell è passato
alla storia come un uomo crudele, un arrampicatore sociale, pronto a tutto pur
di fare carriera. Ma la Mantel ribalta la storia e lo descrive come un abile
imprenditore che si è costruito da sé, dotato di una grande testa e di molta
autodisciplina. Come un padre, un marito e un fratello, deciso a ribaltare le
sorti della sua infanzia vissuta in povertà, e offrire alla sua famiglia,
quello che lui non ha mai avuto, sicurezza
e benessere. E’ un uomo del cardinale Wolsey, Lord Cancelliere d’Inghilterra,
figlio di un fabbro che basandosi sulle sue sole capacità, ha forgiato il suo
destino, influendo sulla storia d’Inghilterra. Ovviamente questo è un romanzo,
quindi la Mantel ingigantisce forse la grande intelligenza, e i tratti oscuri
di questa figura storica, cercando di raccontarci gli eventi storici,
inserendoli in una vita privata romanzata. La Mantel ci racconta Cromwell da
undicenne ragazzino che prendeva botte a destra e a manca da suo padre
ubriacone, fino alla gloria della sua elezione a Lord Cancelliere. Una persona
di cui Enrico VIII non riusciva a fare a meno, tanto da elevarlo, da
quell’umile persona che era, ad un incarico di tutto prestigio. Ci racconta,
romanzandola, della vita di Cromwell nella sua magione di Austin Friars, del
microcosmo da lui creato con la sua famiglia, con le sue amicizie, e perché no,
anche con i suoi nemici. Ci parla dei grandi temi politici, economici e
religiosi del periodo Tudor, trattati attraverso la vita quotidiana del
protagonista. L’uso da parte della Mantel della prima persona, porta ad
abbattere le barriere temporali che separano il lettore contemporaneo
dall’epoca storica. Il lettore partecipa nella storia che il protagonista vive,
alle sue certezze, alle sue domande. Scopriremo il carattere molto volubile di
Enrico VIII, alle volte gagliardo, alle volte impaurito. Un’Anna Bolena acida e
petulante, che sapeva come portare il Re dalla sua parte. Conosceremo una Maria
Bolena, sorella di Anna, usata come suo punta spilli, e usata anche da Re
Enrico come sua sostituta, che qui si dice anche madre di due suoi bastardi mai
riconosciuti. Parteciperemo agli intrighi di corte messi in atto dalla famiglia
Bolena/Howard, per far si che il matrimonio tra Anna e Re Enrico si svolga a
tutti i costi, e le mosse e gli studi di Cromwell per rendere legge la riforma
protestante della Chiesa d’Inghilterra. Lo vedremo scontrarsi con Tommaso Moro,
che qui ci viene indicato come uno spregiudicato difensore della supremazia
della Chiesa di Roma che appoggiava indefessamente il Papato. Ma al di là del
personaggio storico, è più il Cromwell privato che conquista il lettore. Il
padre, il marito, quello che si ricaricava in presenza della sua famiglia
allargata, con i suoi capisaldi, i lontani parenti e tutti i pupilli adottati
nell’arco della sua vita. La quotidianità, le passioni dell’uomo che ha
lasciato un’impronta nella storia, indelebile ancora oggi. Consigliato a chi ama il romanzo storico. Voto: 7,5
RECENSIONE – Scrivere è un mestiere pericoloso di Alice Basso
Io adoro Vani Sarca. Mi
permettete di iniziare così la mia recensione? Se non lo fate è uguale … la mia
sta diventando quasi una sorta di venerazione. Il primo romanzo l’ho comprato
quasi per sbaglio (è stato il lunghissimo titolo ad attirarmi) … per il secondo
non c’è stato nessun errore di acquisto. Anzi! Lo aspettavo con ansia,
leccandomi i baffi appena ho saputo della sua uscita, quasi fosse un piatto di
lasagna, o un gelato al cioccolato. E già della prima pagina, con il prologo
sul peso della carta, e sulla sua libreria che a momenti scoppia (mi ha fatto
pensare immediatamente alla mia), l’ho amata ancora di più. Avevamo lasciato la
nostra Vani alle prese con il Commissario Berganza e la sua proposta di
collaborazione con la Polizia e Riccardo Randi diventato il suo ex fidanzato.
La ritroviamo ufficialmente consulente esterno della Polizia con Berganza come
capo, che è convinto delle sue qualità di entrare nella testa delle persone, e
anche e ancora gosthwriter della Casa Editrice L’Erica. Enrico, il suo capo, ha
una grandissima idea. Le “impone” un
nuovo lavoro, come fosse una punizione per l’aumento di salario che deve
sborsare. Vani dovrà scrivere un libro che sia insieme un memoriale di vita e
un libro di cucina dedicato ad Irma Envrin, la cuoca da più di sessant’anni
della famiglia dei Giay Marin, una delle più importanti e delle più in vista di
Torino e fondatrice e proprietaria della omonima casa di moda, salita alla
ribalta della cronaca nera, anni e anni prima per l’omicidio di uno dei
rampolli. Nel raccogliere le memorie di questa anziana signora, che le sta
subito simpatica perché tagliente, e irriverente proprio come lei (tanto che si immagina come lei da vecchia),
Vani viene a conoscenza di una verità diversa su quello che viene considerato
come “il fatto”, l’omicidio del rampollo di casa. Con l’aiuto del Commissario Berganza tenterà
di risolvere il caso e in cambio riceverà aiuto per qualche lezione di cucina,
visto che lei va avanti solo a birra a scura e patatine al formaggio e non è
certo in grado di scrivere un libro di ricette tradizionali. Cercherà di
sopravvivere ai pranzi di famiglia e al suo ex Riccardo Randi, che non si
arrende. Sarà costretta anche a frequentare lezioni di difesa personale, di
tiro e ad indossare un vestito di alta moda, lei che è una dark convinta e gira
sempre con un logoro impermeabile nero, lasciando stupefatti sia il Commissario
Berganza che il suo ex Riccardo Randi. Ritroveremo con piacere Morgana, la
nemesi adolescente di Vani, alle prese con Ema e la sua band musicale, a cui si
aggiungerà Ivano, nuovo personaggio che spero ancora di incontrare. Il romanzo
è ben scritto e scorrevole, pieno dell’ironico cinismo con cui Vani nasconde la
sua vera se stessa. Non è sicuramente un libro che rimarrà negli annali della
letteratura italiana, ma è ironico al punto giusto e ricco di citazioni
letterarie. E’ una storia che non si limita al mistero giallo, anzi questo
passa quasi in secondo piano, e ci racconta soprattutto le tante sfaccettature
della nostra eroina, che non ci annoiano per nulla e sono spassosissime. Alice
Basso è riuscita a far entrare Vani nel cuore di molti lettori, innamorati
soprattutto della sua ironia, della sua sagacia e della sua irritabilità e
delle sue perle di saggezza, con semplicità di linguaggio, originalità, con
personaggi ben caratterizzati e una trama avvincente, divertente e ben
strutturata. Voto: 8
martedì 12 luglio 2016
RECENSIONE – Non è la fine del mondo di Alessia Gazzola
Nuova serie per la creatrice
della divertente specializzanda in medicina legale Alice Allevi. Emma De
Tessent non è una specializzanda, bensì
una stagista. Anzi, una Tenace Stagista. Lavora presso la filiale italiana
della casa di produzione cinematografica Fairmont Holding, con un salario
decisamente al di sotto della normalità e con nessuna prospettiva di carriera.
Il premio per il suo lavoro, è ogni anno il rinnovo ad un livello adeguato del
suo contratto di lavoro, e lei è sempre lì in attesa che accada il miracolo. Ma
partiamo dall’inizio. Emma è una romantica fatta e finita, guarda caso porta il
nome di una delle eroine della Austen. Legge solo ed esclusivamente romanzi del
periodo regency, e aspetta con ansia le uscite in edicola. Ha il sogno di
comperare un villino romantico con glicine incluso, che è abbandonato e sembra
aspettare solo lei. Per ora è single e condivide l’appartamento con sua madre
vedova, e non disdegna di occuparsi delle Nipoti, figlie di sua sorella
Arabella, soprattutto perché adora intromettersi nella vita dell’Orrido
Cognato, che la tradisce. Perché lei è stata l’amante di un uomo sposato e non
ne va certo fiera. Non è una che si lascia vincere facilmente, vorrebbe
diventare una donna di successo, è attiva e convinta di quello che fa. E’ alla
ricerca di qualcosa che la faccia crescere professionalmente, e l’avrebbe
veramente l’asso nella manica, ma è un tipo molto, molto restio. Il suo “asso”
è lo scrittore di successo giappo-italiano Tameyashi Tessai, a cui tutti
propongono di fare un film su uno dei suoi libri di maggior successo; ma lui,
scottato da un precedente fiasco, non ci tiene proprio a venderne i diritti al
migliore offerente, anche a costo di rinunciare a tantissimi soldi. Emma cerca
in tutti i modi di portarlo dalla sua parte, passa con lui tanto tempo,
parlando di tutto tranne che del film, ma prima che possa effettivamente
concludere qualcosa viene licenziata in tronco, sorpassata perfino da quella
cretina della sua collega, che le ha fatto grandemente le scarpe, essendo la
fidanzata di un conoscente del capo. Quindi la tenace stagista è costretta in
qualche modo a rifarsi una vita, e dopo un colloquio alquanto brutale con il
capo produzione di un’altra casa cinematografica, Pietro Scalzi, finisce, per
sbaglio in un atelier che produce abiti finissimi per bambini. Tutti
confezionati a mano dalla proprietaria, Vittoria. Il lavoro da imparare e la
compagnia dell’anziana signora, che le racconta la sua vita, soprattutto i suoi
sbagli di gioventù, la riportano a galla. Grazie al vecchio levriero della
signora, Arturo, sofferente di flatulenza, che ogni tanto accompagna a fare una
passeggiata, viene a sapere che Pietro Scalzi è il figlio di Vittoria. In
qualche modo riesce ad essere assunta dalla Casa Cinematografica di Pietro
Scalzi, e in fondo in fondo, nonostante lui sia burbero e perfettino, il lavoro
alle sue dipendenze le piace, e il contratto che ha non è niente male
finalmente, e soprattutto si occupa di cinema veramente d’autore. Ma non è solo
il lavoro a piacergli, anche il Produttore, come lo chiama lei è un uomo
affascinante. Ma di punto in bianco tutto sembra cambiare di nuovo ed Emma è
costretta di nuovo a scegliere. Pietro Scalzi viene fatto fuori dalla compagnia.
A fargli le scarpe è la sua ex fidanzata, ora moglie del Capo e a lei, donna di
fiducia del vecchio produttore, viene proposto di andare oltre manica a New
York. Il sogno romantico sembra quindi concludersi qui, con Emma a 10.000 Km di
distanza e con Pietro Scalzi, che non si sa dove sia andato a finire … ma libri
del genere non possono concludersi senza un lieto fine … Molto, molto carino.
Differente dai romanzi con protagonista la Allevi. Emma, a differenza di Alice,
è determinata a raggiungere il suo obiettivo, la sua indipendenza. E’ romantica
all’inverosimile, cosa che Alice non è. Il romanzo ha una scrittura scorrevole,
è divertente e alla fine conquista. Aspettiamo, quindi, nuove avventure anche
di Emma, sicuri che la Gazzola non ci tradirà. Voto: 7+
RECENSIONE – London Underground di Don Winslow
Inizio col dire che io adoro Don
Winslow. Anzi, diciamo che lo venero proprio. E’ in assoluto uno dei miei scrittori preferiti, e si
contende il primo posto con altri due o tre. Per me potrebbe rendere interessante
anche un elenco del telefono o una lista della spesa, se fosse lui a
compilarli, quindi, forse, mi troverete un po’ di parte. Einaudi mi ha fatto un
gran regalo, sull’onda del successo del suo ultimo capolavoro, Il Cartello, sta
ripubblicando i primi scritti di Winslow. London Underground, infatti è il
primo romanzo scritto e pubblicato nel 1991 da Winslow. Una serie composta da
cinque romanzi con protagonista l’investigatore privato Neal Carey. Certo,
questo libro non è sicuramente all’altezza dei suoi capolavori “Il potere del
cane” e del suo seguito “Il Cartello”, è
un concentrato di luoghi comuni su cui vengono basate le storie mistery, ma il
personaggio di Neal Carey ha quel “qualcosa” che ci porta ad amarlo
immediatamente. Come ho già detto, la storia parte con qualcosa di sicuramente
già visto, una giovane teenager scompare, la famiglia ricca e potente la cerca
e siccome è una famiglia molto in vista, invece di affidarsi alla polizia, si
affida a una sorta di “setta” che lavora sul filo della legalità: gli Amici di
Famiglia. Winslow però dopo un breve excursus sul compito che aspetta
l’investigatore Carey, ci riporta, con un salto temporale, all’infanzia di
quest’ultimo, per farci conoscere le condizioni in cui è stato costretto a
vivere prima dell’incontro più fortunato della sua esistenza. Neal è un
giovanissimo ladruncolo di undici anni, figlio di una prostituta tossica. Si
imbatte inavvertitamente in Joe Graham, a cui ruba il portafogli, tranne poi
essere stordito dal suo braccio artificiale. Graham, capisce che il ragazzino
gli può comunque essere utile, può andare in posti che per lui sarebbe
impossibile raggiungere e comincia ad addestrarlo, con l’approvazione degli
Amici di Famiglia. Quest’ultimi sono come una “setta” segreta fondata dalla
stirpe dei Kitteredge, potenti banchieri che di generazione in generazione
proteggono i loro clienti, ne vegliano i patrimoni ed intervengono se questi
ultimi hanno dei problemi da risolvere. Graham insegna a Neal tutto quello che
sa, e infatti i primi capitoli del libro ci fanno vedere il piccolo Neal che
impara come seguire una persona, come fare una perquisizione in una casa senza
farsi scoprire, come vestirsi, come non dare nell’occhio, tutte cose che a
ventitré anni lo hanno resto uno dei più esperti e richiesti uomini
dell’organizzazione. In realtà Neal, non è che ami il suo lavoro, ma gli
permette di frequentare l’università, e forse, se lo lasciassero fare,
laurearsi in letteratura inglese del settecento. Ma non può certo rifiutare un
incarico, visto che è Graham a chiamarlo. Quindi parte, seppur a malavoglia per
Providence, sede dell’organizzazione. La cosa è molto delicata, deve
rintracciare Alice Chase, figlia del senatore John Chase, fuggita tre mesi
prima e intravista a Londra. Londra è un pagliaio e lui deve trovare Alice, il
classico ago. Dopo parecchi tentativi a vuoto, riesce a scovarla. Alice è
diventata un oggetto di scambio di una banda di teppisti, più plateali che
pericolosi. E’ costretto così ad immergersi nell’ambiente punkeggiante della
Londra degli anni novanta, dove tenterà il tutto per strappare Alice e
riportarla a casa, un compito che potrebbe risultare difficile anche per chi,
come lui, è cresciuto in strada. Non manca il colpo di scena finale, che ci
farà apprezzare ancora di più il personaggio di Neal, se in caso ce ne fosse
bisogno. London Underground lo si può considerare forse più disimpegnato e
leggero in confronto ai capolavori di Winslow, ma in questi libri (questo e
quelli che seguiranno), potremmo seguire la crescita dello scrittore e il suo
evolversi, con scritti, che poi, lo hanno portato all’eccellenza degli ultimi
anni dei suoi ultimi romanzi, come fosse un corso di formazione per noi
lettori. Voto: 8
RECENSIONE – The invasion of the Tearling di Erika Johanssen
Lessi il primo libro “The Queen of the Tearling” con la
speranza che fosse qualcosa di buono, visto il costo, dovuto anche ad una
presentazione molto “artistica” del libro. Forgiato come un libro antico, con
carta alquanto pregiata e corredato di illustrazioni in capo ad ogni capitolo e
altre nel mezzo della storia. Il primo non mi fece molta impressione, anzi …
credo di avergli dato un tiepido 6, aspettando il secondo volume per valutare
meglio. In effetti molti cambiamenti, e in meglio, ci sono stati. Il secondo
volume, come l’altro, è sempre ben presentato, nella stessa forma del primo
volume: stessa carta, altre illustrazioni. La storia riprende dove l’avevamo
lasciata. Kelsea Glynn (ha rinunciato all’infausto nome dei Raleygh) è la
Regina del Tearling e sta cercando di cambiare il suo regno in meglio. Ma dopo
la sua decisione di non inviare più schiavi nel Mortmesne come tributo, si
ritrova l’esercito della Regina Rossa alle porte di casa e tantissimi problemi
da risolvere. Kelsea deve trovare una soluzione e anche in fretta, per evitare
che il suo regno venga distrutto per un suo “capriccio”. Al suo fianco ha
sempre Mazza Chiodata, fido scudiero, quasi un padre e Pen, guardia del corpo ed
ora anche amante. Ma la parte “forte” di questo capitolo è l’introduzione di un
nuovo personaggio Lily. Kelsea inizia ad avere delle strane “trance” dove si
assenta dal suo presente e sprofonda nel corpo di una donna prima del
Passaggio. Questa donna si chiama Lily. Vive negli Stati Uniti nel 2058, prima del
Passaggio e della creazione del Nuovo Mondo. E’ una donna fortunata perché vive
nella parte dei ricchi, protetta da un muro ed in tutta sicurezza. I poveri
sono lasciati allo sbando, abbandonati a se stessi. Ma è davvero così fortunata
come sembra? Ha tutto nella vita, soldi, una casa sicura, un autista/guardia
del corpo, un marito devoto. Ma non è proprio così. Lily vive nella paura,
l’uomo che ha sposato non è quello che le sembrava quando lo ha conosciuto, ed oltre al peso che
si porta sul cuore, è prigioniera di un matrimonio, dove l’amore ha lasciato il
posto alla violenza. Suo marito Greg è un uomo frustrato e scarica la sua
impotenza e la sua rabbia su di lei. Se le cose non vanno come vuole la riempie
di botte e le usa violenza, la sminuisce ogni volta perché non riesce a dargli
un figlio. Ma anche questo è un segreto che Lily si porta dentro. Lily ha un
chip in un braccio, tramite il quale suo marito e gli apparati governativi
possono controllare i suoi spostamenti, ma qualcuno l’aiuterà a prendere
coraggio e ad opporsi a Greg. Avrà anche la forza di credere in un mondo
migliore? Gli stati di trance di Kelsea, forse dovuti agli zaffiri, ci fanno
effettivamente conoscere come è avvenuto il Passaggio ed il personaggio di
William Tear. Abbiamo l’opportunità di vedere come era il mondo prima del
Passaggio e capire il perché un manipolo di uomini abbia pensato di rinunciare
a tutto, (tecnologie, medicinali, macchinari e altro) e tornare ad un quasi
medioevo. Diventa così un romanzo distopico, che si svolge in due piani temporali.
Passato e presente, che noi forse, vediamo in modo diverso. Contrapponiamo il
mondo di Lily futuristico e tecnologico, con quello di Kelsea arretrato e,
sbagliando, saremo portate a confondere il passato con il presente,
rovesciandoli. Conosceremo anche meglio la Regina Rossa, scopriremo che ha dei
legami con Kelsea e con la sua famiglia e scopriremo qualcosa di più
sull’essere che l’ha in pugno. Se il primo libro mi aveva stupito per la sua
“pochezza” e le molte domande lasciate in sospeso, questo secondo volume, oltre
alla crescita dei personaggi, soprattutto quello della Regina del Tearling, mi
fa ben sperare per un terzo libro molto buono. E’ difficile che un secondo libro sia migliore del primo,
dove di solito si sparano parecchie cartucce per impressionare il lettore e
spingerlo ad andare avanti, ma questo lo è e di molto. La Johanssen,
rischiando, ha sparato molte delle cartucce in questo secondo volume, facendoci
comprendere qualcosa in più della storia che sta tessendo, che risulta
finalmente piacevole con l’alternarsi
delle voci di Kelsea e Lily, ben strutturate. Una trama coinvolgente che
finalmente desta tutta la nostra attenzione; ben scritta e ben articolata in ogni
sua sfumatura, compreso il colpo di scena finale. Oltre al personaggio di
Kelsea, molto ben caratterizzati quelli di Mazza Chiodata, Pen, Fetch e la
bellissima sorpresa di padre Tyler. L’autrice è stata bravissima a farci
scoprire alcune cose e a lasciarne altre in sospeso. E’ finalmente diventato un
romanzo che appassiona, tra battaglie, magia, intrighi e colpi di scena, in un
viaggio verso l’ignoto contenuto tra le pagine. Voto: 7,5 – Voto al nome Kelsea:
1 (continua a non piacermi).
lunedì 11 luglio 2016
RECENSIONE – Vodka&Inferno. La morte fidanzata vol. 1 di Penelope Delle Colonne
A vederlo nella sua veste
grafica, di primo acchito, sembrerebbe un libro fantasy per ragazzi, ma per
argomenti trattati, proprio non lo è. Vodka&Inferno. La morte fidanzata è il
primo volume di una serie e romanzo d’esordio della scrittrice Penelope Delle
Colonne. Siamo a Venezia alla fine del 1800, qui vive Frattaglia, orfano e
diseredato, aiutante del razziatore di cadaveri, il “Signor Carnemolla”. E’ un
povero infelice che il Sig. Carnemolla ha raccolto dall’immondizia; è cresciuto
nelle fogne e nei cimiteri, in compagnia dei pupazzi che ama costruire. Il
Signor Carnemolla fa l’allettante lavoro di rivenditore di cadaveri,
logicamente li spoglia di tutti i loro averi, prima di consegnarli alla scienza
nella persona del Dr. Malabaila. Finalmente è arrivato il giorno in cui
riescono a trovare un cadavere giovane che può farli mangiare per almeno una
settimana, e l’uomo non fa che sfregarsi le mani, soprattutto perché il
cadavere può fruttare un altro bottino derivante da un anello nobiliare che
aveva al suo dito. Il cadavere che è finito sul tavolaccio di Carnemolla è
quello de nobile decaduto Viktor Bojanovic Mickalov, suicida e ripescato nel
Canal Grande. Frattaglia messo a guardia, instaura però un rapporto d’amore alquanto
morboso con il cadavere del giovane Viktor e non vuole separarsene; ne è
affascinato e lo ama di un amore impossibile. E’ irresistibilmente attratto dal
cadavere di quel giovane bellissimo, a parte la piccola imperfezione di quella
bruciatura sul viso. Lo vede così bello ed indifeso che lo accarezza, lo bacia
e lo possiede. Nonostante sappia che prenderà un sacco di botte, Frattaglia fa
in modo di consegnare il cadavere sbagliato al Dr. Malabaila. Mentre Carnemolla
è su tutte le furie per quello che ha combinato, lo manda a forza di botte a
rimediare qualche spicciolo vendendo l’anello e gli abiti del morto. Per la
strada Frattaglia è attirato da uno spettacolo particolare. Un Dottore della
Peste arringa la folla. Il misterioso personaggio lo nota e lo fa salire sul
palco, lo ipnotizza e gli fa avere delle strane visioni, per poi scomparire. Quando
il Sig. Carnemolla verrà scoperto e arrestato per la sua alquanto discussa
attività, Frattaglia riesce a scappare e scopre che l’amato corpo di Viktor è
stato preso e portato in casa di un suo
parente, un giocattolaio italiano un tempo famoso, Gaspare Fausto Mallardo, costruttore
di improbabili carillon, che vuole riportarlo in Russia a Soroka, suo paese
natio. Frattaglia fa in modo di fingersi amico di Viktor, nonostante non lo conoscesse
affatto, consegnando ai Mallardo, Fausto e le gemelle Marì e Cherì, l’anello di
quest’ultimo, e quindi a partire con loro per la Russia. Non si sa come, ma una
volta a Soroka, e dopo il suo funerale, Viktor riesce a tornare in vita come
vampiro, animato da un forte desiderio di rivalsa contro la famiglia rivale i
Rodcenko, e soprattutto contro Anna, che lo aveva considerato brutto
e deforme e aveva rifiutato il suo corteggiamento. Il suo piano è trasformare
tutta la sua famiglia in vampiri, dando vita a una nuova ambiziosa progenie. Il romanzo è costruito come un romanzo gotico
e ha venature di horror e di commedia grottesca. E’ molto particolare, tanto
che all’inizio non sapevo se mi piacesse o meno. E a dir la verità non lo so
ancora. E’ uno di quei romanzi senza mezze misure, o piace o no … o decisamente
non si riesce ad esprimere un parere definitivo, forse alla fine della serie si
potrà valutare meglio questo primo episodio. E’ un romanzo delle volte intenso,
ricco di descrizioni suggestive, con un uso di uno stile lirico molto maturo,
colto ed estremamente raffinato; ma forse è proprio questa ricercatezza che fa
perdere la storia nei meandri di una trama un po’ troppo complicata, con troppa
carne al fuoco, per essere completamente
esaustiva nel volume d’esordio. Non manca il colpo di scena finale, che ci
porta ad aspettare il prossimo episodio. La morte fidanzata è una saga
familiare a tinte fosche ed è indubbiamente poco convenzionale per tematiche e
personaggi. E’ la storia di un’antica
famiglia e del suo legame magico con la terra in cui vive da secoli. Della
lotta contro la modernità e il capitalismo, una storia di vampiri, di gatti, di
incesti, di freddo e neve, di violenza, di orrore e sesso, di morte e non
morte. Se avete tempo e voglia di leggere una saga sui vampiri, ma diversa
dalle solite di oggi, questa è per voi. Voto: 6,5/7
RECENSIONE – Anime di seconda mano di Christopher Moore
Avevamo lasciato Charlie Asher,
il protagonista di Un lavoro sporco in piena mutazione; non ha più un corpo, la
sua anima è imprigionata nel corpo di un pupazzo con la testa di coccodrillo e
i piedi di papera, con un pene enorme annodato alla vita, in attesa che la sua
ragazza buddhista Audrey, riesca a trovargliene uno nuovo. La sua bambina, la
piccola Sophie, che era la nemesi della Morte e che poteva uccidere usando la
semplice parola “gattino”, vive ora con sua zia, sorella di Charlie e la sua
compagna, tenuta sempre d’occhio dalle sue “tate” vicine di casa, una di
origine russa e l’altra cinese e protetta dai cani infernali Bummer e Lazarus.
San Francisco è in piena emergenza, proprio per l’assenza di Charlie, o meglio
lo sono i Mercanti di Anime. Alcuni di loro infatti, non stanno svolgendo più
il loro lavoro di raccolta, quindi che fine fanno le anime di quei morti? Il
grande libro dei Morti lo diceva chiaro e tondo: “Il tuo compito consiste nel
recuperare i vascelli di anime delle persone morte o in fin di vita e nel
garantire che arrivino al corpo successivo. Se fallisci, le Tenebre invaderanno
il mondo e regnerà il Caos”. Ritroveremo quindi Menta Fresca, l’ex poliziotto
Alphonse Rivera, l’Imperatore di San Francisco e Lily la goth impiegata del
telefono amico, che si uniranno a quel che resta di Charlie per riuscire a
risolvere il problema della città; soprattutto perché i cani infernali sono
spariti e non sanno se Sophie ha ancora i poteri della Morte. Le vicende da sbrogliare sono molte e si
affacciano nuovi personaggi tra cui il fratello di Menta Fresca e il ritorno
delle Streghe che hanno ucciso il corpo del vecchio Charlie. Da sistemare anche
le anime che continuano ad accumularsi sul ponte di San Francisco che si
confidano con un operaio imbianchino che vuole morire. Che sia la soluzione che
Charlie e gli altri stanno cercando? Ne vedremo comunque delle belle. Tra anime
svolazzanti, cani infernali, giacche verdi e gialle, vecchie Cadillac, pupazzi
viventi, Banshee e streghe mortali, Moore ci poterà nel suo mondo fantastico,
umoristico dove regnano personaggi al di sopra delle righe in un mix di realtà
e finzione, paradosso e normalità, sensibilità e durezza che conquista il
lettore, anche se non riesce ad eguagliare il primo libro della serie. Voto:
6,5
RECENSIONE – La custode del miele e delle api di Cristina Caboni
Secondo romanzo di questa autrice
che di mestiere fa l’apicultrice e di questo parla anche questo libro.
Angelica Senes è una giovane biologa che
lavora con le api con cui instaura un rapporto molto particolare. Sembra che
riesca a parlarci e a capirle nei loro bisogni. Per questo il suo lavoro è
molto richiesto in tutto il mondo. A lei questo va più che bene perché in
nessun luogo si sente a casa. I suoi soli compagni sono un vecchio camper che
si tiene su per miracolo, un grosso cane di nome Lorenzo e una piccola gatta.
Ma proprio la sua capacità di gestire un apiario la riporterà a casa, in
Sardegna. Questo ritorno a casa scatenerà una serie di ricordi che ci
riporteranno nell’infanzia di Angelica e a scoprire il motivo per cui ha
lasciato la Sardegna. Nell’arco della storia ci immergeremo nei paesaggi di una
Sardegna nascosta, non quella vissuta dai turisti; una Sardegna che rischia di
essere messa in vendita, ma che merita rispetto del suo ambiente e delle sue
tradizioni secolari, che consistono nel sapere tramandato di generazione in
generazione. Mentre è in viaggio per ritornare a “casa” Angelica ripensa a
Margherita, quella che le ha fatto effettivamente da madre, mentre la sua si
assentava per giorni interi. Margherita è stata la persona che le ha insegnato
tutto quello che sa sulle api, che lei chiamava Jaja e che le ha dato tutto
l’amore di una madre, fino a che la sua, quella vera di madre, non l’ha
strappata dai suoi luoghi di nascita per portarla a Roma, e condurre
un’esistenza diversa. Angelica è ancora arrabbiata con sua madre per averla
portata via, figuriamoci ora che ha scoperto il suo segreto. Margherita è morta
ora (lei sapeva lo fosse da tempo) e le ha lasciato in eredità tutto il suo
podere, compreso l’apiario. I suoi parenti ci avevano già messo su le mani
finché lei non è arrivata sull’isola. Volevano vendere tutto e ricavarci dei
soldi, ma il suo arrivo sconvolge i loro piani. Minacciata con varie scritte
ignobili e con tentativi di sabotaggio, Angelica, nonostante la paura, procede per la sua strada, aiutata dalle
vicine e amiche di Margherita, da qualche vecchia compagna di scuola, e dal suo
amore di gioventù, che incontra dopo svariati anni. Dopo svariati colpi di
scena, il lieto fine è assicurato, ma nonostante il finale scontato, è stato
molto bello imparare, dalle note lasciate all’inizio di ogni capitolo, le
diverse varietà di miele, le loro composizioni, e i fiori da cui provengono. In
più i luoghi sono descritti benissimo tanto da sembrare così magici che ti
fanno comprendere quanto la persona che ne parla sia innamorata di loro. Voto:
7
RECENSIONE – Affliction di Laurell K. Hamilton
Libro n. 22 della serie della
cacciatrice di vampiri e risvegliante di zombie Anita Blake. E’ da un paio di
libri che la protagonista è tornata a fare quello che ci piaceva di più.
Indagare e uccidere i mostri cattivi,
perché quelli buoni lei li ama … quasi tutti. In questa ultima fatica
finalmente ritroviamo un po’ d’azione e soprattutto uno dei personaggi più
belli della serie Edward/Ted; e chi segue la serie da sempre, sa, che dove c’è
Edward, c’è azione. Mentre è in ufficio Anita viene chiamata al telefono dalla
madre di Micah. Il padre del suo fidanzato è in fin di vita; sta morendo a
causa di una strana malattia a cui i medici non riescono a porre fine. Sta
marcendo! Micah parte e Anita e Nathaniel, come parte di un trio amoroso, lo
seguono. Ma non da soli … ci sono sempre dei pericoli a viaggiare in territori
di altri Master vampiri, quindi Jean Claude la dota di una notevole scorta.
Come al solito però, troverà ad aspettarla la solita cricca di poliziotti che
pensano solo ad essere gelosi dei pelosi che si porta nel suo letto, e di fatto
la ostacolano, più che aiutarla. Ma non
solo … ci sarà anche la famiglia di Micah, che da protagonista passa in secondo
piano, piena di bigotti da una parte e famiglia allargata dall’altra. Insomma,
la nostra avrà un bel daffare e poco tempo (e meno male!) per fare sesso (solo
tre scene e la prima dopo 300 pagine circa). La storia parte dalla malattia del
padre di Micah, morso da uno zombie, ed Anita, anche se non è stata chiamata
per indagare, comincia a farlo ugualmente, perché il pericolo che sta vivendo
la cittadina è veramente grande. Tanti zombie che circolano e uccidono le
persone facendole marcire. Il problema però è un vampiro di vecchia conoscenza
che si pensava fosse morto, anche se Anita lo ha sempre saputo che non era
così. Questo vampiro riesce a risvegliare i morti e tramite loro a controllare
o ad uccidere. Questi zombie risvegliati hanno bisogno spesso di mangiare e
tendono ad incamerare delle “scorte”. Edward ed Anita cominciano ad indagare
sui fatti, con l’aiuto di qualche poliziotto decente, e l’ostacolo di altri che
come al solito sono messi KO dalla competenza di Anita e dal fatto che non
riescono a capacitarsi che non tutti possono entrare nelle sue mutande. Ci sarà
anche la partecipazione di Jean-Claude, che preoccupato per la sua schiava
umana, partirà anche lui raggiungendola. Mancherà come sempre Richard, ma ormai
ne possiamo fare a meno, e in questo capitolo, facciamo a meno anche di Asher,
non proprio il più simpatico dei vampiri, anche se lo ritroveremo sicuramente …
a meno che Anita non sia costretta a farlo fuori (prima o poi … ). Per il resto
c’è solo la richiesta ufficiale di matrimonio di Jean-Claude ad Anita e la sua
accettazione senza pippe mentali, che di solito si fa, tranne dopo farsele su chi debba essere considerato un fidanzato ufficiale
e chi no … peggio di una telenovela. Voto: 6 (stringato)
RECENSIONE – Primavera a Rose Harbor di Debbie Macomber
Libro leggero, leggero come il
precedente volume. Al centro del racconto c’è sempre la Locanda di Rose Harbor
e la sua proprietaria Jo Marie. La storia riguarda, questa volta, Annie, che
torna a Cedar Cove per il cinquantesimo anniversario di matrimonio dei suoi
nonni. I nonni che lei ammira tantissimo per aver trovato quella che lei
considera il vero Amore, quello che lei pretende. Ed è per questo che ha
lasciato il suo fidanzato, proprio perché è un uomo al quale non può più dare
la sua fiducia. E’ stata tradita e non una volta sola. Ma l’ultima è stata
quella che ha fatto si che prendesse la decisione di lasciare David, anche se a
lui sembra che non sia accaduto nulla di così irreparabile. Presa dai preparativi
della cerimonia che vedrà protagonisti i suoi nonni, lascia che il tempo scorra
e faccia passare il dolore. L’altra persona che alloggerà alla Locanda è Mary.
Mary ha un grande problema è stata sempre una donna che è vissuta per la sua
carriera e per questo ha abbandonato quello che considerava il suo grande
amore. Ma ultimamente, visto ciò che le è successo, sta ripensando molto a
quell’uomo. Però lui si è rifatto una vita e lei sa che non può sicuramente
presentarsi davanti a lui, soprattutto ora e nella sua condizione. Ma i
protagonisti della storia, come nello scorso episodio, trovano in Jo Marie e
nella sua locanda un luogo di redenzione e guarigione. Annie ritroverà Oliver,
il ragazzino di cui era innamorata da piccola, ma a cui aveva rinunciato perché
pensava l’avesse presa in giro per scommessa. Lui l’aiuterà in tutta
l’organizzazione dell’anniversario dei suoi nonni, che a vederli non sembra
proprio che vivano un rapporto così idilliaco come lei immagina, visto i loro
continui litigi, e lui riuscirà a riportarla sulla retta via e a farle capire
che gli screzi dei nonni, sono proprio dovuti al loro amore e che anche lui, lo
ha sempre provato per lei. Mary ritroverà il suo amore perduto, ormai
divorziato. Lei gli confiderà i suoi grandi segreti, ma nonostante il male che
gli ha fatto, lui prova ancora amore e insisterà per essergli vicino in questo
momento così buio, perché anche questo è amore. Tra i le due storie, si
rafforza anche il legame di Jo Marie con il tuttofare di Cedar Cove, anche lui
pieno di segreti, che costretto da un incidente ad una gamba, comincia finalmente a rivelare qualcosa di sé. Romanzo leggero, ma ben fatto, pieno di (forse
troppo) sentimentalismo. L’autrice però scrive bene e nonostante, i suoi, siano dei romanzi rosa, riesce a intessere delle
trame convincenti e forse più che romanzi rosa, li possiamo catalogare come dei
romanzi “delicati”. Voto: 6+
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