sabato 28 agosto 2021

RECENSIONE - Cambiare l'acqua ai fiori di Valérie Perrin


Violette Trenet Toussaint è la custode del cimitero di Brancion-en-Chalon; si prende cura non solo delle tombe ma anche dei visitatori e degli addetti ai lavori. Ha una spiccata capacità di ascoltare gli altri, e soprattutto quelli che accompagnano i loro cari al cimitero, nel momento più triste della loro vita. Un giorno, arriva un poliziotto da Marsiglia con una strana richiesta: deporre le ceneri della madre sulla tomba di un defunto a lui sconosciuto. L’uomo si interroga sul perché di tale desiderio e chiede informazioni a Violette: è lo spunto per far emergere il doloroso passato di Violette, che si intreccia con la storia della madre del poliziotto e avrà ripercussioni anche sul suo futuro. È il racconto di una risurrezione, di un ritorno alla vita. La narrazione è piacevole e coinvolgente, con intreccio di vari generi: rosa, giallo, nero, racconto, diario, corrispondenza.

(Maria Lombardi)

lunedì 9 agosto 2021

RECENSIONE - Nient'altro che nebbia di Patrizia Emilitri

 


Inizio dicendo che questo libro non è certamente un giallo.
Sì, c’è un morto, anzi una morta assassinata, e c’è anche un assassino, ma non c’è un commissario o un ispettore ad indagare, a scoprire, a cercare indizi per arrivare a prendere lo sfuggente assassino.
No. Qui l’assassino lo scopriremo subito e sarà per giunta un reo confesso.
Siamo alla fine degli anni ’80 a Perzeghetto Olona, nella nebbiosa pianura padana. Nebbia che ricopre l’intero paese, ma che permette comunque alla Irma, sulla sua bicicletta, diretta in chiesa per la messa, di notare qualcosa di strano nel lavatoio del paese, dismesso da tempo e dichiarato bene storico.
Sembra, di primo acchito, un mucchio di stracci o un animale morto. Ma la Irma è talmente curiosa che si ferma a guardare.
Tra vicini curiosissimi, perché i pettegolezzi volano, si scoprirà ben presto che quello è il corpo di una giovane paesana, Nadia Bignami, appena diciottenne e che il suo assassino è il ventunenne Andrea Costa, migliore amico del fratello Guido.
Qui finisce praticamente il giallo e l’autrice inizia un romanzo di introspezione con l’aiuto di un piccolo sotterfugio: “il paese è piccolo e la gente mormora”.
Ci porterà a conoscere piano piano le storie di Andrea e Nadia e delle loro famiglie prima e dopo “l’incidente”, e di tutto il paese di Perzeghetto Olona. Perché ogni abitante del paese avrà qualcosa da dire sull’accaduto. E le storie del presente si intrecciano con storie o voci del passato.

Andrea Costa è all’apparenza un bravo e tranquillo ragazzo, molto studioso e amico fidato del fratello della vittima. Confesserà immediatamente l’omicidio di Nadia, assicurando però che non ci sia stata nessuna premeditazione, ma semplicemente una lite e da parte sua, una spinta, nemmeno troppo violenta, che ha fatto incespicare Nadia sul pavimento sconnesso e che questa sia caduta sbattendo la testa sulla vasca di pietra del lavatoio.
Andrea, interrogato più volte dagli inquirenti, non rivelerà mai il motivo di quella lite, accettando anche di prendere una condanna più dura.
Nel paese si susseguono pettegolezzi su pettegolezzi, maldicenze, ingigantimenti, bugie, false notizie. Tutti a rimestare nel torbido.
A rimetterci non sarà soltanto Andrea, ma anche la sua famiglia che verrà, in qualche modo, accusata in blocco dello stesso omicidio.
La madre di Andrea, Giovanna, è da sempre una persona che cerca di far parlare poco di sé. Ne hanno già parlato abbastanza in passato, visto che sua madre l’ha partorita a quindici anni e che non ha mai rivelato chi fosse suo padre. É stata cresciuta dai suoi nonni materni.
Insomma, sua madre Manuela, detta la “slandra” (la donnaccia, la mangiauomini) è sempre stata considerata una poco di buono ed è normale, per la gente del paese, che la mela non può cadere tanto lontano dall’albero. Marcia la nonna, marcia la madre, marcio anche il nipote.
Con Giovanna si instaurerà facilmente un rapporto di empatia perché è l’unica con cui Andrea si confiderà, a cui dirà la verità sull’accaduto, ma che manterrà il segreto perché suo figlio vuole che sia così. É nell’insieme una donna forte e debole, una donna colta che si è repressa per non far sentire il marito barbiere non all’altezza. Ha svolto con costanza e amore il suo lavoro di mamma, anche se avrebbe potuto aspirare a ben altro. Ma per suo figlio farebbe di tutto, tranne mentire.

La Emilitri ci farà notare la differenza tra le due famiglie coinvolte nella tragedia, quella dei Bignami e quella dei Costa, e le loro reazioni. La prima obnubilata dal dolore della perdita reagirà sfaldandosi. La seconda, addolorata sia per la morte della ragazza, sia per la colpa del figlio e la sua incarcerazione, si stringerà su sé stessa per parare i colpi avversi, ritrovando una unità mai avuta prima.
Molti personaggi secondari, che si muovono attorno ai protagonisti, ci regalano dialoghi a volte anche umoristici nell’insieme, ma anche il disprezzo, le bugie e i segreti.
Tanti.
Tutti a Perzeghetto Olona hanno dei segreti, ma nessuno guarda in casa propria, meglio parlare di quelli degli altri.
Bello, a parte i protagonisti, il personaggio della custode del cimitero, Bianca Butti, pettegola sì, ma fino ad un certo punto e propensa ad ascoltare chi ha bisogno di sfogo come le due madri, Giovanna e Filippa, che grazie a lei troveranno una sorta di riconciliazione e pace interiore. “Il dolore non ha peso né misura”.
Forse i personaggi che mi son piaciuti meno sono quello della vittima, Nadia Bignami e quello di suo fratello Guido. Ma non perché non siano ben costruiti, ma per l’esatto contrario. Sono personaggi costruiti alla perfezione, ma che per il ruolo che hanno nella vicenda, non si sono fatti amare.

Protagonista, ma non secondario, è il paese di Perzeghetto Olona, che con la sua nebbia copre e attutisce tutto: gioie e dolori, segreti e invidie, maldicenze, storie ambigue, retaggi del passato, paure presenti, odio e pacificazione. Dove il tempo scorre lento o veloce a seconda di quello che l’autrice, con maestria, ci vuole raccontare.
Bello il finale, che ci farà capire, che tutti possiamo avere speranza in un futuro diverso.
Insomma, come detto, un romanzo di introspezione che sa emozionare e commuovere, e ammetto di aver versato qualche lacrimuccia, ma anche indignare.
Consigliato!

Silvia Marcaurelio