Alaska, 1920. Qui in questa terra
aspra e al tempo stesso ricca, si sono rifugiati Mabel e Jack. Rifugiati è la
parola giusta, perché sono proprio fuggiti dalla loro casa e dai loro cari.
Soprattutto Mabel aveva voluto cambiare vita e ambiente dopo aver perduto
quella che pensasse fosse la sua bambina durante il parto. Sembrava la
guardassero tutti con una certa ostilità, come se non fosse stata capace a far
nulla, e fuggire da loro era stata la sua unica possibilità. Ormai lei e Jack
si avviano verso una vecchiaia dura e senza figli. A Mabel sembra una cosa
innaturale, ma le cose tra di loro sono piatte e la loro vita incompleta. Jack
ritorna a casa stanchissimo e lei non sa mai come comportarsi. La vita è dura e
tirare fuori da quella terra brulla è
difficile, e l’inverno è vicino. In una serata magica, con la neve che cade, si
scoprono a giocare come bambini, come non accadeva da tempo. Dopo essersi
tirati palle di neve, decidono di farne un pupazzo. Mano a mano che viene su,
le danno le sembianze di una bambina piccola e Mabel completa perfettamente il
pupazzo con un paio di guanti, una sciarpa. Il succo di alcune bacche per
colorarne le labbra e alcuni fili di paglia per farne i capelli. Il mattino
dopo Jack scopre che il pupazzo non c’è più, sono rimaste delle strane orme
sulla neve e sono scomparsi anche i guanti e la sciarpa. Nei giorni seguenti
Jack e Mabel si accorgono di sentirsi osservati e vedono fuggevoli ombre tra
gli alberi nei boschi. Mabel rammenta un vecchio libro che suo padre le leggeva
quando era piccola. Un libro illustrato con le figure che lei amava dove si
parlava di una bambina di neve. E proprio una bambina compare al limitare del
bosco. Il suo nome è Pruina. Di primo acchito la bambina non è così socievole
come loro vorrebbero, non vuole vivere con loro. Non sopporta di stare troppo a
lungo nella casa riscaldata, ma per Mabel e Jack sarà un ritorno alla
giovinezza, a quello che non hanno mai avuto, ma voluto con tutta l’anima.
Mabel rifiorisce, e da donna sensibile e chiusa in se stessa, si rivelerà
essere una donna forte, intelligente e creativa. La sua abilità con il disegno
e con l’ago le permetteranno di creare
con Pruina un rapporto particolare. Diventerà ancora più forte, quando Jack avrà un incidente che lo terrà incollato al
letto per un po’ e lei dovrà prendere il suo posto, con l’aiuto dei Benson, i
vicini con cui hanno fatto amicizia. Jack, d’altro canto, è un uomo caparbio e forte, con i suoi principi morali.
Ama tantissimo sua moglie e vorrebbe non farle fare quella vita di quasi stenti
in cui sono costretti. Pruina sostituirà nell’affetto di Jack e Mabel quel
figlio che non hanno mai avuto modo di avere. Il loro amore per questa bimba
che, alla soglia di ogni primavera scompare per poi riapparire con la prima
neve, è grande. Mabel ha un sospetto che
le viene dall’antico libro di favole di suo padre, che si è fatta mandare da
sua sorella. Pruina è veramente una bambina di neve? Anche lei si scioglierà e
li lascerà per sempre? I due fronteggiano con difficoltà la separazione che
avviene ogni primavera, ma assaporano l’arrivo della neve con la sicurezza che
Pruina torni da loro. Fino a che, Pruina ormai diciassettenne conosce il figlio
più piccolo dei Benson, aiutante di Mabel e Jack. Mabel e Jack sono ormai
guariti, sono anziani e sanno che Pruina, nonostante l’amore, non può rimanere
segregata in una casa normale, prima o poi dovrà andare. Bello questo libro,
quasi una favola. Ci incanta con i suoi paesaggi duri, ma magici. Gli animali,
i luoghi, i panorami. Sembra quasi di sentire il vento freddo sulla pelle, che
brucia. La dolcezza di Mabel che si sente incompiuta, la praticità e la
caparbietà di Jack che si sente incapace di salvare chi ama, ma soprattutto
l’amore disincantato della favola che è stata Pruina e che sarà il suo bambino.
Voto: 7
martedì 30 maggio 2017
RECENSIONE – Anime e acciughe. L’aldilà come non l’avete mai immaginato di Achille Mauri
Strano libro questo … che
c’entrano le acciughe con l’aldilà. Nel corso della storia capiremo anche
questo. Achille (che scopriremo ben presto è lo stesso scrittore), si ritrova
di punto in bianco nel’aldilà. É morto, ma non ne ha risentito per
niente. Ad accoglierlo trova niente di meno che il Maresciallo Radetzky che
oltre a spiegargli le prime cose da fare
e come comportarsi, uscire dal proprio corpo
è una di quelle, ed è una cosa piuttosto semplice, gli racconta della
sua favolosa impresa di un Europa Unita sotto un’unica bandiera. Achille
comincia così la sua nuova “vita” nell’aldiquà, come viene chiamato dalle
anime. Se ne trovano di tanti tipi di anime e Achille ne incontrerà diverse sul
proprio cammino, ognuna con la sua storia di vita da condividere e raccontare.
La condivisione tra le anime sembra una cosa molto, molto importante. Permette
di acquisire i ricordi degli altri ma anche i propri e viene vista un po’ come
si stesse facendo sesso nella realtà. Achille all’inizio non ha proprio voglia
di condividere se stesso con nessuno, almeno non prima del suo funerale, anche
se molte persone lo spingono a farlo. Tra le altre Lucrezia, una delle prime
anime che conoscerà. Nel frattempo si è rifugiato nella Porche in un garage di
Piazza San Marco a Milano, luogo molto frequentato. La Porche è la macchina di
amici di famiglia e di solito ci vive anche il suo gatto, Ely. Incontrerà Elio
Fiorucci, compianto stilista e amico in vita, e altre persone mai viste. Anime
che propongono viaggi ed incontri con altre anime, si offrono come guide,
nemmeno si fosse ancora nella vita reale. Achille non vuole tornare a casa, non
riuscirebbe a sopportare il dolore dei suoi familiari. Il lettore si troverà
catapultato in un “altrove” surreale, dove ritroveremo personaggi famosi come
Umberto Eco, che è simpaticissimo e racconta barzellette e anime “normali” come
quelle di Lucrezia e Marco, presentatisi come una donna fatale la prima e come
un pastore il secondo, e scopriremo che sanno mentire. Non c’è un filo
religioso nel racconto: “Non importa che tu sia cattolico credente, musulmano,
buddhista o animista. La religione è una delle possibilità di esprimersi che
ogni anima possiede. Una possibilità come può esserlo il sesso, l’età o il
colore della pelle. Quello che è certo che tutti, proprio tutti si chiedono che
diavolo ci sia dopo”. Passo passo, incontro dopo incontro scopriremo la vita di
Achille, attraverso gli occhi delle altre anime che condivideranno la sua vita
precedente, dai viaggi, dalla sua vita in Dahomey (l’attuale Benin), delle sue
ricerche sul paranormale. Ma non ci sono solo gli uomini ad avere un’anima,
conosceremo cani, gatti, uccelli, pesci, l’elefante Mario e un branco di
acciughe. Tutti riescono a viaggiare velocemente. L’età è una cosa indefinita,
anzi più si è stati vecchi nella passata vita, più si ha da raccontare e
proporre e più si è cercati dalle anime che magari han vissuto meno. Non esiste
un Paradiso, né un Purgatorio, né un Inferno, è una sorta di limbo una seconda
opportunità dove le anime pesano esattamente 21 grammi. Tutte le anime del
mondo possono conoscersi e scambiarsi le
proprie esperienze, fino a diventare un tutt’uno. Ciò che è stato interrotto
nella vecchia vita, si può ricominciare nell’aldiquà. Un amore, un sogno, un
viaggio possono essere portati a termine grazie all’unione delle anime, a
questo amplesso senza carne. E le acciughe? Che c’entrano le acciughe? Non si
sa, ma ci sono e Achille le sa disegnare
esattamente come sono. Libro molto particolare, con qualche parte divertente,
molto surreale. Sembra quasi il testamento dell’autore alla sua famiglia … che
a domanda risponde: “Può darsi, tanto non sono mica superstizioso!”. Voto: 7,5
lunedì 29 maggio 2017
RECENSIONE – Volevo solo andare a letto presto di Chiara Moscardelli
Comprato per caso, soprattutto
per lo strano titolo. Molte volte mio faccio attirare da un titolo strano.
Letta la sinossi, mi sembrava anche carino ed alla fine sono stata contenta di
averlo preso. Certo è un libro leggero, niente di trascendentale, ma ha avuto
il merito di strapparmi più di qualche sorriso. Agata Trambusti (e già il nome
dovrebbe darvi una traccia) è una donna di trentacinque anni. Lavora in una
casa d’aste, è ipocondriaca e parecchio paurosa. Il tutto le viene da
un’infanzia particolare, vissuta a Calcata con una madre single e un po’ hippy
esperta di cristalloterapia. Quando le sue amichette giocavano con le Barbie e
vestivano di rosa, lei indossava un sacco di iuta e aveva i poster con il
simbolo della pace e una sfilza di vicini che facevano il bagno nudi nella
piscina condominiale. La cosa che la fa più soffrire è che sua madre non ha mai
rivelato chi sia suo padre e non perché non voglia, ma perché proprio non sa
chi sia. Come sua madre è una donna promiscua, lei se ne vede ben donde. É
diventata una maniaca dell’ordine. La sua casa sembra un obitorio, il suo abbigliamento
la fa sembrare un’impiegata di Equitalia e la sua scrivania deve essere
sistemata tutta in modo simmetrico. Per riuscire a sbloccare la sua vita, segue
i consigli di uno strambo psicologo, in modo da mantenere la sua vita sotto
controllo, senza nessuna emozione. Prima che iniziasse la sua avventura. Mentre sta
lavorando per la sua casa d’aste la sua vita viene stravolta dal mistero di un
quadro scomparso. Ma non è solo il quadro a sparire, lo è anche chi ha
commissionato il lavoro, e lei non è la sola a cercarlo. Si ritroverà infatti a
scappare da qualcuno che sembra voglia ucciderla, ma che somiglia a Christian
Bale! Il sosia di Bale non è altro che Fabrizio Calcaterra, professore di
musica, non proprio uno stinco di santo, almeno in passato. I due si ritrovano
ad indagare, legati a doppio filo: c’è il mistero dei quadri, per i quali
entrambi finiscono di mettersi in pericolo, e c’è anche altro che lega i due in
modo indissolubile. Ma non sono i soli a cercare il tesoro perduto. Bande di
quartiere un po’ strambe, mafiosetti e strani uomini con gli occhiali da sole.
Riuscirà Agata a lasciarsi andare e insieme a Fabrizio ed entrambi a risolvere
il mistero dei quadri scomparsi? Come ho detto lettura leggera, per farsi
quattro risate leggendo le avventure di Agata, dei suoi amici, dei suoi amori e
delle sue ipocondrie. Lettura scorrevole e semplice, umorismo al punto giusto.
La protagonista è buffa ed imperfetta e questo ce la fa piacere ancora di più.
Per chi cerca un po’ di leggerezza e qualche sorriso. Voto: 6,5
giovedì 4 maggio 2017
RECENSIONE – Il palazzo d’inverno di Eva Stachniack
Russia, 1741. Elisabetta Pretovna, figlia
minore di Pietro il Grande, prende il potere al posto del legittimo erede Ivan
IV, facendo rinchiudere la madre e il figlio in un’eterna prigionia. D’altronde
ha giurato che nel suo regno nessuno verrà giustiziato. Alla sua corte arriva
Varvara Nikolaevna, figlia di un polacco, rilegatore di libri. Diventerà una
protetta imperiale solo perché suo padre ha avuto il merito di riparare la
Bibbia di Elisabetta quando lei era una bambina. Viene però relegata al guardaroba imperiale, nel Palazzo d’Inverno,
perdendo tutte le illusioni che aveva avuto per una vita migliore. Varvara è
abbastanza carina da attirare le attenzioni dei soldati di stanza a palazzo, ma
se non un giorno non si imbattesse nel conte Bestuzev, cancelliere di Russia,
rimarrebbe sempre sotto le grinfie della capocameriera di corte, Madame Kluge.
Persona sempre elegante il Cancelliere, è stato o è uno degli amanti di
Elisabetta, scorge nella ragazza, fine osservatrice, un animo da spia. La
prende sotto la sua ala protettrice e le insegna a trovare e ad aprire cassetti
nascosti, staccare, senza lasciare segni, una ceralacca dalla lettere,
riconoscere i libri cavi o i bauli con
sottofondi, trovare corridoi segreti. Oltre ad insegnarle il mestiere il
conte, approfitta del suo potere, rendendola sua amante a solo 16 anni. Dopo
svariati anni al servizio di Bestuzev, le viene affidato il compito di tenere d’occhio
la principessa Sofia Anhalt-Zerbst, giovanissima tedesca, scelta da Elisabetta
come promessa sposa del quindicenne Peter Ulrich ribattezzato Pietro Fedorovic,
duca di Holstein, figlio di sua sorella, nominato principe ereditario. Sofia è
molto graziosa, è delicata e nessuno sa che diventerà la futura imperatrice di
Russia, Caterina la Grande. Varvara dapprima la spierà per conto della stessa
imperatrice, ma rimarrà incantata dalla dolcezza di Sofia e penserà di
aiutarla, visto che è in gioco la stessa vita di Sofia in un gioco, in cui
tutti i giocatori barano. Vedrà Sofia soffrire molto, per i soprusi sia di
Elisabetta che per quelli del marito Pietro. Avrà però l’aiuto inaspettato di
Varvara nella scalata al potere che legherà le due donne da una profonda
amicizia. Il romanzo racconta con gli occhi di Varvara, la crescita e l’ascesa
di Caterina di Russia, prima come una timida e delicata principessa fino a
divenire la grande imperatrice che ancora oggi in Russia viene venerata. É un romanzo elegante, le parole si trasformano in immagini e sembra di
trovarsi tra i corridoi del Palazzo d’Inverno, di Oraniembaum e di Carskoe
Tselo, fino al nuovo palazzo di Peterhof.
La scrittura dell’autrice avvolge il lettore nella tela della trama tra
intrighi di palazzo, tradimenti, amori e
guerre interne. Ci fa tornare indietro nel tempo descrivendo mirabilmente i
luoghi dove la corte russa viveva, come a rappresentarci gli ingombranti
vestiti dell’epoca, fino all’autorità che i sovrani avevano su tutte le
persone. Storia e fantasia sono intessute alla perfezione dall’autrice, che ci
regala due personaggi sontuosi, Varvara e Sofia, con uno stile fresco,
intelligente, mai ridondante. Si può dire che questo romanzo può essere
considerato molto “al femminile”, le protagoniste principali sono in effetti
tre donne: Varvara, Sofia ed Elisabetta. E vedremo, nel corso della storia
altre figure femminili che verranno tinteggiate dall’autrice, che nonostante il
loro ruolo di co-protagoniste, avranno una luce propria. Tra amori clandestini,
attentati sanguinari e splendide ricostruzioni storiche, Il Palazzo d’Inverno
narra l’ascesa al potere di una delle imperatrici più moderne e amate di
Russia: Caterina la Grande. E, illumina, insieme, una straordinaria amicizia
femminile: quella tra l’imperatrice e una servetta di corte. Voto: 7,5
martedì 2 maggio 2017
RECENSIONE – Mia nonna saluta e chiede scusa di Fredrik Backman
La vita di Elsa non è semplice.
Soprattutto quando hai quasi otto anni e sei considerata “diversa” dai tuoi
compagni di scuola e “speciale” dai tuoi insegnanti. Praticamente etichettata
come una pazza. Elsa sa di essere più intelligente dei suoi coetanei. É
una bambina che fa della conoscenza la sua forza. Si appunta tutte le parole
che non conosce e ha in Wikipedia il suo aiuto quotidiano. I suoi genitori sono
divorziati da tempo e lei vive con sua mamma Ulrika e il suo nuovo compagno
George. Suo papà invece vive in un’altra casa con Lisette. Elsa non riesce a
capire ancora perché non possano vivere tutti insieme, visto che George piace a
tutti e anche Lisette. Ma la persona che Elsa adora di più è sua nonna. Ex
chirurgo, la nonna ha girato il mondo per aiutare gli altri. É
un’anticonformista e ha sempre la polizia alle calcagna. Non gli piacciono
molto le regole e la si vede spesso girare nuda per casa o fare la pipì con la
porta del bagno aperta, cosa che fa uscire di testa sua madre. É
una vecchietta sprezzante delle opinioni altrui che ha l’unico scopo di
proteggere sua nipote. Per lei farebbe qualsiasi cosa e visto che la mamma di
Elsa tra il lavoro come manager dell’ospedale cittadino e il nuovo bambino che
sta arrivando, chiamato per ora Metà, non ha molto tempo da dedicarle, la presenza
della nonna è necessaria. Ma in ogni storia c’è un ma. Infatti la nonna non sta
bene e non lo ha ancora confidato ad Elsa. Anche se lei lo sa da tempo perché
ha origliato ciò che le dicevano i dottori. Pensavano non capisse, ma ha
trovato la parola “tumore” su wikipedia e ha visto che è una cosa bruttissima.
Ma Elsa non pensava che la nonna se ne andasse così presto, lasciandola sola,
senza che nessuno si preoccupi più per lei. Non potranno più andare insieme a
Miamas (che si pronuncia come pijamas), nel Paese-da-Quasi-Svegli, con i suoi
fantastici abitanti e le loro storie. Storie che la nonna le raccontava spesso
e delle volte ripetendole e aggiungendo solo dei piccoli , nuovi particolari.
La nonna le lascia però un compito. Una specie di caccia al tesoro molto poco
ordinaria. In una lettera le spiega che dovrà consegnare una busta al “Mostro”
che abita nel suo stesso palazzo e dirgli che: “La nonna ti saluta e ti chiede
scusa”. Ma scusa per cosa? Da queste parole e dalle altre lettere che mano a
mano usciranno fuori, si verrà a conoscenza di tutti i personaggi che
frequentano il condominio di Elsa e di sua nonna. Tra cui il Mostro, che non è
sempre stato un uomo barbuto e spaventoso, con una terribile cicatrice che gli
deturpa la faccia; o la donna con la gonna nera che non è la donna di successo
che sembrerebbe, o il bambino con la sindrome e la sua mamma, Alf il taxista
sempre arrabbiato, Maud e Lennart due vecchietti sempre accomodanti, e Kent
sempre al telefono con Francoforte con sua mogliee Brit-Marie, che sembra la
megera del condominio, ma nasconde solo la paura di lasciarsi andare.
Attraverso gli occhi di Elsa, l’autore conduce il lettore nelle “fondamenta”
del condominio, fatto di persone che sembrerebbero estranee tra loro, ma che in
un modo o in un altro sono collegate, soprattutto alla nonna, e che hanno
bisogno di ricordare il passato per vivere un nuovo futuro. Elsa con la sua
franchezza e la sua innocenza, ereditate dalla nonna, riuscirà ad aiutare tutti
ricreando il mondo di Miamas nel mondo reale, con i personaggi reali che la
circondano e che riusciranno a far capire anche ai suoi genitori, che lei ha
ancora bisogno di loro, del loro amore e del loro sostegno. I bambini, in
fondo, hanno bisogno di eroi. “Avere una nonna è come avere un esercito. É il
privilegio più grande di una nipote: sapere di avere una persona al proprio
fianco, sempre e comunque. Perfino quando si ha torto. Soprattutto in quel
caso, in realtà. Una nonna è una spada e uno scudo, è un tipo di amore tutto
speciale.” Voto: 8
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