lunedì 30 maggio 2016

RECENSIONE - Longbourn House di Jo Baker

Rivivere Orgoglio e pregiudizio da un altro punto di vista, ma soprattutto, scritto bene non è stato per niente male. Jo Baker ci riporta indietro nel tempo costruendo una storia diversa ma concatenata a quella che conosciamo noi. Non è la famiglia Bennet, Elizabeth, Jane e sue terribili sorelle minori, o la Signora Bennet con i suoi nervi ad essere protagonista della storia, anche se capiterà di trovarla nelle parole, nelle pagine che leggiamo. I protagonisti veri di questa storia sono le persone che nei romanzi non fanno mai la parte dei protagonisti, ma che senza di loro, i protagonisti veri, non potrebbero nemmeno vivere. Quante volte abbiamo letto nel romanzo “ufficiale” la Signora Bennet chiamare Hill? Ma chi è veramente Hill? Ecco, in questo romanzo, saranno proprio i domestici di casa Bennet e delle altre famiglie di Orgoglio e Pregiudizio ad essere i protagonisti. E’ una sorta di storia parallela che s’intreccia alle vere vicende della Famiglia Bennet, senza però cambiare di nulla della trama originale, aggiungendo il “retro del quadro” dipinto dalla Austen. La Baker scrive un romanzo molto intelligente, con ricche descrizioni degli usi e dei costumi quotidiani dell’epoca di Orgoglio e pregiudizio e fa immergere il lettore nelle retrovie della casa, dove a farla da “padroni” sono i domestici. La protagonista è Sarah. Sarah è poco più che adolescente ed è stata da poco presa a servizio dalla famiglia Bennet su consiglio di Mrs. Hill. Sarah è orfana e questa per lei è più che un’opportunità. Avrà da mangiare e i vestiti smessi delle figlie della padrona, e un tetto sulla testa. Sono le sue riflessioni quelle che leggeremo. I pesanti doveri che una domestica aveva a quei tempi e che ci introducono nelle fredde stanze della servitù o in quelle animate dalla frenetica attività giornaliera che ogni domestica doveva eseguire. I compiti ci appaiono immediatamente tanti e gravosi, soprattutto per una ragazza così giovane. Ci sono così tante cose da fare in un giorno solo, che Sarah la sera ha soltanto voglia di buttarsi su di un letto e dormire. Ma tante volte nemmeno questo è concesso; delle volte bisogna aspettare le signorine che tornino dalle feste, perché bisogna che abbiano pronto il tè per riscaldarle dal freddo invernale e che gli si prenda i soprabiti e si ritiri i vestiti sporchi. Ci spiace vedere una Sarah che soffre per i geloni sulle sue mani, mentre legge un libro che con generosità le è stato prestato da Elizabeth. Vediamo le relazioni della famiglia dal di fuori, visti con occhi che probabilmente non riescono a capire tutti gli orpelli della società dell’epoca. La Baker fa correre una luce concreta per ogni stanza di Longbourn House, illumina angoli noti e, più spesso, quelli bui, prima ignoti al lettore, senza omettere scomodi dettagli, senza sottintendere ciò che pare scontato, palesando, invece, l’immagine più autentica della realtà storica e sociale, il “non visto” della storia austeniana. Viste con gli occhi di Sarah, le sorelle Bennet non sono poi così attraenti. Persino la dolce Jane resta sempre distaccata e irraggiungibile, quasi eterea, e la compassione sua e di Elizabeth per la giovane domestica risulta passeggera, presto dimenticata, restituendola all'invisibilità caratteristica della servitù. A volte le nostre eroine peccano addirittura d'insensibilità, accampando pretese spesso estenuanti per la servitù, come andare a Meryton sotto la bufera il giorno stesso del ballo di Netherfield perché tutte e cinque le sorelle Bennet hanno dimenticato di acquistare nastri a tinta con gli abiti e le roselline per decorare le scarpette da ballo. Quello della Baker non è, comunque, un romanzo per colmare le “omissioni” della Austen, ma per dare una più realistica visione che dell’epoca, che la stessa Austen, facendone parte, era restia a dare. Tornando alla storia di Sarah, la troviamo presto protagonista di una storia d’amore che pare rasentare, almeno all’inizio, lo stesso fraintendimento che in Orgoglio e pregiudizio si ha tra Elizabeth e Darcy. Si ripete persino una sorta di triangolo che nel primo si aveva con Wickham e qui con il maggiordomo dei Bingley. Scopriremo durante tutta la storia il vero carattere dei personaggi, sebbene la somiglianza si limiti molto alla superficie.  Il romanzo è comunque ben scritto, scorrevole e piacevole da leggere. Fa piacere ritrovare, anche se in pochi scarni accenni, Lizzie e la famiglia Bennet, anche se visti con gli occhi non troppo contenti di Sarah. In Longbourn House troviamo una nuova storia, connessa sì ad Orgoglio e pregiudizio, ma con un’anima propria, che va a completare il delicato romanzo austeniano. Voto: 7,5

giovedì 19 maggio 2016

RECENSIONE - Splendi più che puoi di Sara Rattaro

Per tantissime pagine di questo libro avrei voluto gridare a squarciagola, scuotere la protagonista, Emma e farla rinsavire. Scappa, fuggi finché sei in tempo. Non è colpa tua, lui non ti ama. Il suo non è certamente amore. E finalmente, ma lo sapevo dall’inizio, quando è successo ho provato gioia. Ma questa, è finita molto presto. Tutto il contorno, tutto quello che una persona come Emma, picchiata, violentata, punita, segregata per anni ha dovuto subire, lo subisce di nuovo davanti alla legge che non protegge, anzi, dilania l’anima e dà colpe non tue. Grazie a questo libro ho scoperto di leggi che solo da poco tempo consentono a donne violentate, svilite, picchiate e uccise di avere ragione degli orchi di cui si sono fidate. Leggi cambiate solo venti anni fa. Sono rimasta sconcertata dalla legislazione italiana che non proteggeva da violenze come queste. La violenza sessuale fino al 1996 era un crimine contro la MORALE e contro i COSTUMI SOCIALI, non contro una persona. La storia comunque è questa. Emma è una ragazza giovane, appena diciannovenne, quando la conosciamo. Dopo una cena a casa di amiche si invaghisce di un uomo molto più grande di lei. E’ innamorata, e non pensa ad altro che all’amore che prova per Tommaso, anche se i suoi genitori, soprattutto suo padre, non sono d’accordo con lei. Lei scappa e va via, da Tommaso, lascerà l’Università e vivrà dieci anni di una vita che lei crede felice. Finché l’uomo non le dice di non amarla più. Dal giorno alla notte Emma si ritrova senza nessuno. Infelice e sola a parte il lavoro che va a gonfie vele. Cerca in tutti i modi di riallacciare con Tommaso, ma lui sembra scomparso e nemmeno gli amici di lui l’aiutano, anzi. Dopo svariato tempo Emma ritrova la voglia di vivere. Ricomincia ad uscire, a vedere gente e anche a frequentare le vecchie amicizie sue e di Tommaso e per una sorta di rivalsa, o forse perché non riesce a stare da sola, comincia a frequentare Marco, conosciuto grazie ad amicizie comuni. Lui è affascinante, lavora nell’ambito dell’antiquariato e sembrano avere molte cose in comune. Sembrano entrambi apprezzare qualche stravaganza. Marco sa sorprenderla e soprattutto sa farla ridere e visto questo come può rifiutare la sua pazza richiesta di sposarlo solo dopo sei mesi di conoscenza? Ma soprattutto come può rifiutare la proposta di farlo senza che nessuno lo sappia? Accetta Emma. Sopraffatta dalla voglia che questa volta tutto fili per il verso giusto, accetta. Ma non sa quello che l’aspetta dietro l’angolo. Ma ci mette veramente poco a capirlo. Durante il viaggio di nozze il padre di Marco muore improvvisamente e loro sono costretti ad aspettare due giorni prima di poter rientrare a casa. Marco cambia dal giorno alla notte e la incolpa di quello che è accaduto. Durante il soggiorno, quindi, arriva la prima violenza. La prende a bastonate sulle gambe con il bastone dell’ombrellone. Emma comincia a scusarlo immediatamente, senza rendersene nemmeno conto. Lo ha fatto perché è disperato per la morte di suo padre. Emma asseconda le sue richieste, eppure per lui non è mai abbastanza. Ogni occasione è buona per rivalersi su di lei e le fa intorno terra bruciata allontanando amici e genitori, non permettendole più di lavorare. Emma comincia a capire che quello di Marco non è amore, è una malattia e può far male, può ferire ed umiliare; può farti sentire debole ed indifesa. Emma non riconosce più l’uomo che ha sposato, ma l’ha mai conosciuto veramente? L’unica cosa che riuscirà a farla rinsavire e a riprendere in mano la sua vita sarà la paura. La paura di perdere sua figlia Martina, minacciata da suo padre per colpa sua. E allora fugge Emma, mette fine alla storia, trovando il coraggio di dire basta, di affrontare la verità. L’animo umano può essere ferito, può subire tutti i dolori di questo mondo, ma troverà comunque il modo di tornare a risplendere, più forte di prima. Libro veramente attuale. Sentiamo parlare ogni giorno di femmicidio, parola che nemmeno il computer accetta perché non esiste sulla carta ma diventata di uso comune, perché non c'è giorno che la cronaca non riporti di un omicidio commesso tra le pareti domestiche. Ma fortunatamente questo libro da anche speranza, come la pace finale che Emma raggiunge dopo decenni di battaglie. Un invito a non sottomettersi mai. Voto: 8,5