martedì 27 gennaio 2015

RECENSIONE – Le sette sorelle di Lucinda Riley



Primo libro di una lunga serie di questa scrittrice, di cui avevo sentito parlare bene per i suoi lavori precedenti, ma che io non ho ancora letto. La saga, ci viene subito detto, sarà composta da sette libri, che parleranno di sette sorelle (quelle del titolo), una protagonista per ogni libro, anche se da questo primo volume, le sorelle per ora sono solo sei. Maia è una di loro. E’ la maggiore ed è sempre stata la più tranquilla e affidabile delle altre cinque. Sono tutte e sei state adottate da un uomo, che loro chiamano Pa’ Salt, di cui non conoscono nulla, nemmeno il lavoro che fa. Nessuno conosce il suo passato, nemmeno un caro amico come il suo avvocato. Sanno solo che è abbiente e non ha fatto loro mai mancare niente. Addirittura hanno un castello di proprietà sul lago di Ginevra, chiamato Atlantis, dove Maia è l’unica ad essere rimasta ad abitare. In un momento di sconforto, Maia ha accettato di lasciare il castello per passare un periodo di vacanza a Londra da un’amica. Una telefonata improvvisa sconvolge la sua esistenza. Quel padre generoso e carismatico, che le ha adottate da bambine raccogliendole da ogni angolo del mondo, dando a ciascuna il nome di una stella, è morto. Al rientro ad Atlantis le sei sorelle, Maia (la protagonista), Alcyone detta Ally, Asterope detta Star, Celaeno detta CeCe, Taygete detta Tiggy ed Electra, si ritrovano e scoprono che il funerale del padre è già avvenuto come da sue disposizioni testamentarie, e ha lasciato loro uno strano oggetto: una sfera armillare, i cui anelli recano alcune incisioni. Maia sarà la prima che cercherà di decifrarle e con l’aiuto di Ally, scoprirà che sono delle coordinate e degli indizi. Il padre ha lasciato loro l’opportunità di scoprire veramente chi sono, le loro origini. Per sfuggire all’ex fidanzato, che le ha procurato non poco dolore, Maia prenderà la decisione di seguire i consigli paterni. Le sue coordinate la portano in Brasile, dove con l’aiuto dello scrittore Floriano, di cui ha tradotto un libro in Francia, e lo conosce tramite scambi di e-mail,  riesce a rintracciare una sua parente che però non accetta minimamente di vederla. Tramite la cameriera di quest’ultima riesce a venire in possesso di alcune lettere scritte da sua nonna Izabela negli anni ’20 e da qui la storia si sdoppia tra passato e presente. Il passato di Izabela Bonifacio e il presente di Maia Aplièse. Izabela è una donna molto intelligente, vivace e bellissima. Suo padre Antonio, è un uomo che si è fatto da se. E’ figlio di immigrati italiani e questa cosa non è proprio ben vista in Brasile. La vecchia nobiltà portoghese non accetta immigrati arricchiti tra loro. Ma Antonio punta alto, e a questo le serve la sua bellissima figlia. Un matrimonio di convenienza con un rampollo dell’aristocrazia brasiliana gli potrà aprire tutte le porte che finora il denaro non ha potuto aprire per lui. Nonostante Izabela vorrebbe sposarsi per amore, per non deludere i genitori decide di accettare la sorte che le tocca. Si fidanzerà con il rampollo della casata più antica dell’aristocrazia portoghese in Brasile. Prima di sposarsi le viene concesso di accompagnare in Europa una sua amica, Maria Elisa, figlia niente di meno che di Heitor da Silva Costa, l’uomo che costruì il Cristo Redentore di Rio de Janeiro. Nello studio dello scultore Paul Landowski a Parigi, conoscerà Laurent Brouilly, di cui si innamorerà ricambiata e si renderà conto che la sua vita non sarà mai più la stessa. Siamo davanti ad una storia che si presenta da subito magica ed emozionante, ricca di spunti e che si svilupperà come in un gioco di scatole cinesi, portandoci in epoche lontane. La Riley si mette in gioco in un’opera immensa, che seguirà la vita di sette ragazze che devono ritrovare la loro costellazione di appartenenza, cioè le loro origini. In questo primo capitolo della serie ci faremo anche un’idea dei caratteri di tutte le protagoniste che faranno parte dei prossimi volumi. La Riley è bravissima a descrivere gli ambienti e quando Maia arriverà a Rio, sembrerà di sentire il rumore del mare, gli odori, i suoni, le folate del vento, tanto per quella moderna che per quella degli anni venti. Riusciremo a condividere la Montparnasse degli artisti bohemiene, con protagonisti che non si possono non amare. La trama è costruita benissimo, e cresce piano, piano riuscendo a create una suspence adeguata. La scrittura non è mai superficiale, e l’autrice gioca con i parallelismi che la storia sviluppa tra passato e presente. Anche se questa storia può sembrare una banale ricerca delle origini, sotto si nasconde molto di più. Le Sette sorelle è veramente un buon libro, che si legge talmente bene che non si bada affatto alle sue 600 pagine. Aspetto le altre uscite con il punto di domanda di chi sarà la settima sorella, una cosa che rimane un po’ vaga … volutamente vaga. Intanto credo che prenderò gli altri volumi della scrittrice già in libreria. Voto: 8

giovedì 22 gennaio 2015

RECENSIONE – Ritorno a Salem di Hélène Grimaud



L’autrice di questo romanzo di mestiere, quello vero, fa la pianista, ma ogni tanto si diletta a scrivere libri, o al centro, da lei creato, per la salvaguarda del lupo a Salem.. che non è la stessa Salem del processo alle streghe. Il romanzo vorrebbe essere un po’ autobiografia, un po’ manifesto ecologista e un po’ un inno alla musica come congiunzione di mondi paralleli. Ma, secondo me, è un po’ un pastrocchio. La storia, al suo inizio, vede la Grimaud in tournée in Germania, ad Amburgo per la precisione. E’ alle prese con le faticose prove per suonare il Concerto n. 2 di Johannes Brahms, che come dice lei stessa: “Brahms l’aveva composta perché travalicasse le capacità di una donna, e a volte avevo l’impressione di una lotta spietata tra me e il pianoforte, mentre l’opera stessa sembrava scontrarsi con forze cosmiche, cupe, infestate da frulli d’ali su un oceano del quale inspiravo, in quel preciso istante, il profumo opprimente, salato e un po’ grasso.” Affaticata e con la mente in subbuglio, si ritrova a camminare in una strada sconosciuta, con nessuno in circolazione, quando viene attratta da una vetrina di un antiquario. Entrando scopre che alla cassa c’è una deliziosa bambina intenta a fare i compiti che non la degna nemmeno di uno sguardo. Guardando tra le varie cianfrusaglie scopre uno specchio. Il vero specchio di Lewis Carroll, lo scrittore di Alice nel paese delle meraviglie e Attraverso lo specchio. E proprio mentre guarda nello specchio, il riflesso che le rimanda è quello di un paesaggio nevoso, di foreste e abeti neri e di grandi laghi ghiacciati. Questa visione dura una frazione di secondo, ma la Grimaud ripensa immediatamente ai suoi amati lupi. Al suo centro per la loro salvaguardia che ha creato a Salem. Sconvolta e impaurita indietreggia e inciampa in un libro manoscritto antico, da cui fuoriescono degli spartiti musicali. Incredibilmente compra entrambi, specchio e manoscritto, senza nessun motivo apparente. Da qui parte una storia sdoppiata in due. Il manoscritto che ha comprato è una sorta di diario scritto da un certo Karl Würth, pseudonimo usato spesso dal suo amato Brahms, e da incisioni del pittore tedesco Max Klinger. La Grimaud incuriosita inizia una specie di indagine che la porta ad indagare sull’amicizia tra Brahms e Schumann, nel tentativo di appurare se una particolare esperienza esoterica, descritta in quella sorta di diario di viaggio, corrisponda o meno a verità. Una trama troppo pressappochista, che la scrittrice ci presenta con grande sensibilità, ma che non basta a rendere il romanzo fluido. Il titolo poi inganna e molto. Più di qualche lettore, sarà stato sicuramente attirato, come me, dalla storia del famoso processo alle streghe, che sì, nel racconto se ne fa menzione, ma effettivamente con la storia in se non ha niente a che vedere, se non per la magia che fa scomparire il negozio dell’antiquario. Insomma, il punto di partenza è autobiografico, è l’esperienza di una musicista appassionata (anche se da informazioni prese qua e là, nell’ambiente musicale è chiamata “la pianista”, con le virgolette. E’ ritenuta una buona musicista, ma niente di più, con un ego abbastanza smisurato!), sensibile ai problemi dell’inquinamento e delle stragi di animali selvaggi. Tutte belle cose, se non fosse che la storia è legata da fili sottilissimi e a volte anche in modo molto forzato. Troppe cose nel calderone (oopps!!): musica, pittura, letteratura, storia, ecologia, animalismo, simbologia, esoterismo, ecc., ecc.,. Un menù troppo ambizioso per un libriccino così breve e soprattutto la Grimaud non è stata all’altezza della situazione. Del libro rimane soltanto la passione dell’autrice per la musica romantica e l’appassionata comunicazione che ne da, del legame della stessa con la natura e la sincera abnegazione che dedica alle sue battaglie ecologiste, che niente hanno però a che vedere con l’aspetto letterario. Voto: 4,5

lunedì 19 gennaio 2015

RECENSIONE – Il primo giorno di Marc Levy



Come ogni tanto mi capita, sembra siano i libri a scegliere me e non io a scegliere loro. Con questo è stato lo stesso. Trovato per caso su una bancarella del mercato di quartiere, l’ho comprato perché la copertina mi ha ispirato un senso di libertà incredibile. Gli argomenti trattati sono le classiche domande che di solito si fanno i bambini che cominciano a capire. Domande esistenziali, come: Dove comincia l’alba? Quanti anni fa il primo essere vivente? Ma non sono solo i bambini a porsele, ma anche qualche adulto e tra questi ci sono i nostri due protagonisti Adrian e Keira. Due domande apparentemente senza nessuna connessione tra di loro, ma che li perseguitano da tutta la vita. Lei è una paleontologa che è intenta a trovare la risposta ai suoi dubbi nella Valle dell’Omo in Etiopia. Lui è un astronomo e cerca la sua risposta in un osservatorio in costruzione sulle montagne cilene ad Atacama. Tutti e due, per diversi motivi, sono costretti a rientrare a casa. Lei a Parigi, lui a Londra. Hanno perso le loro ricerche, e con queste un pezzo di anima. Vorrebbero tutti e due tornare lì dov’erano, ma il problema  sono i soldi. Nessuno dei due ne possiede a sufficienza per poter riprendere le proprie ricerche. Un premio in denaro per il miglior progetto di ricerca li fa incontrare. Ma sarebbe meglio dire incontrare di nuovo. I due si conoscono e anche molto bene. Hanno vissuto un periodo intimamente condiviso, prima che la morte del padre di lei li dividesse, di primo acchito per sempre. Ed eccoli di nuovo insieme, lei vittoriosa e lui no. Lei lo ha subito riconosciuto, a lui ci vuole un po’ per ricordarla, soprattutto ci vuole un ricordo impresso nella sua mente tanto tempo prima. Ma il destino li divide di nuovo, questa volta lei sceglie di lasciargli un ricordo: un ciondolo che un ragazzino in Etiopia le aveva regalato. E’ una pietra, sembra antica, ma nessuno sembra riuscire a datarlo. Sarà proprio questa pietra che li farà riavvicinare, ma che sconvolgerà la loro vita, mandandoli da un’estremità all’altra del mondo conosciuto e mettendo le loro vite in pericolo. Tra agenti governativi, professori di antropologia, datazione al carbonio, osservatori e mappe stellari, questa è una storia tra avventura e amore struggente molto ben costruita. Avventura e azione descritti alla perfezione come in un libro di Clancy e momenti romantici descritti con la maestria della Roberts. Un romanzo avvincente e romantico allo stesso tempo, da leggere ed assaporare dalla prima all’ultima pagina. Ma il libro ci lascia con interrogativi da risolvere, non finisce con questo primo volume, quindi la caccia al secondo libro è aperta … Voglio proprio vedere come Levy ci racconterà il resto della storia di Adrian e Keira. Voto: 7,5

giovedì 15 gennaio 2015

RECENSIONE – Cercando te di Jennifer Probst



Nuova serie per la scrittrice Jennifer Probst, ma legata strettamente con la precedente dal famoso “Libro Viola degli Incantesimi”. Ok, questo è un libro leggero. Ok, questo è un romance. Ok, la scrittrice crede di conoscere l’Italia e la sua cucina, ma non ne sa un cavolo (esiste la parmigiana di pollo? Mai sentita! E si che di cucina un po’ ne capisco!) … sto passando sopra ad un po’ troppe cose? Si capisce che il libro è un qualcosa che sarebbe stato meglio non pubblicare? Ok… un po’ di storia ve la racconto. Kate Seymur è una ragazza di quasi trent’anni ed è vergine … fin qui una potrebbe dire …  beh poveretta … non è bruttina… non se la fila nessuno… ha qualche problema… no è una gran figacciona, la classica bionda americana tutta gambe, bellissima e tutta curve… il problema? Vuole l’anima gemella. E non la cerca solo per se stessa, no; ne ha fatto un lavoro. Insieme alle sue amiche del college Kennedy ed Airlyn ha aperto la Kinnection, un’agenzia matrimoniale. Ma la dolce kate ha un dono… riesce tramite il tocco delle sue mani a capire chi è veramente una coppia, due anime gemelle, dono questo che non è che la faccia proprio impazzire, ma che è come oro nel suo lavoro. Ok… ora abbiamo anche la stregoneria! Allora, riprendiamo… Jane Montgomery è una giovane donna che ha subito diverse delusioni amorose e una di queste l’ha portata sull’orlo del suicidio, decide che è arrivato il momento di sganciarsi dal premuroso fratello Slade, e di vivere la sua vita fino in fondo, provando anche a cercare la sua anima gemella attraverso la Kinnection. Slade è mooolto premuroso, talmente tanto che da in escandescenza … Lui è un avvocato divorzista, figuriamoci se crede nell’amore eterno che vogliono spacciare a sua sorella… certamente sono delle truffatrici belle e buone e per scoprirlo si iscrive anche lui in cerca della presunta anima gemella scommettendo con la titolare che non riuscirà a trovarla. Tra i due, logicamente, scocca subito la scintilla e il tocco di Kate le indica che lui è l’uomo che cerca, quello per tutta la vita, non fosse che il suddetto di amore eterno non ne vuole sentire proprio parlare… secondo lui è solo questione di ossitocina. Lui è da stereotipo, bello, sexy, determinato, ma anche cinico e disincantato pronto a provare le sue ragioni ma irresistibilmente attratto da kate. Tra una litigata e l’altra, tra un appuntamento e l’altro, tra una bistecca con la gorgonzola e una parmigiana di pollo (bleah!), tra una seduta di sesso e l’altra, l’unica cosa sensata che ho trovato di questo libro è il cane, Robert, che esiste per davvero e che è proprio simpatico. Trovo i personaggi insulsi e la storia fin troppo scontata, peccato perché questa signora non scrive nemmeno così male… Voto: 4

martedì 13 gennaio 2015

RECENSIONE – Le belve di Don Winslow



Su questo romanzo ho letto diversi pareri. Chi lo ritiene bellissimo, chi invece non ha accettato il cambiamento dello stile narrativo di Winslow. Io ho trovato Le belve, certamente diverso dai precedenti romanzi dell’autore, ma comunque un libro veloce, con capitoli brevissimi che scorrono senza sosta, e soprattutto, senza noia. Winslow, in questa nuova avventura, utilizza un linguaggio molto giovanile, ricco di parolacce e molto dettagliato, soprattutto nelle scene di sesso. Per chi non amasse il genere, non è sicuramente il libro adatto. Molto spesso l’autore si rivolge direttamente ai lettori, con frasi comiche e taglienti che rendono la lettura anche simpatica. Lo stile narrativo nel complesso mi ha convinto, risultando molto cinematografico (in effetti Oliver Stone ne ha tratto un film uscito nel 2012). Iniziamo subito a conoscere i personaggi principali: Ben, Chon e O. (che sta per Ophelia). Di contro attraverso flashback e azioni al presente anche i personaggi che gli fanno da contorno: il messicano Lado, la Reina Elena, il poliziotto corrotto Dennis. Ben è un ragazzo geniale. E’ un economista figlio di due psicoanalisti figli dei fiori. E’ una macchina da soldi ed è l’inventore della migliore “maria” in commercio nella California a due passi dal Messico. E’ anche un buddista convinto e soprattutto fautore di molte opere di beneficenza nei paesi del terzo mondo, dove non manda soltanto denaro, ma provvede ad andare di persona a costruire con le proprie mani le opere di bene. Chon non è un asiatico, come sembrerebbe dal nome, ma un tipo che ama dissertare sull’etimologia delle parole e crearne di nuove, tra cui anche il suo nome. Ex militare dei Seal, è stato in Afghanistan ed ha provato sul suo corpo la guerra. E’ uno che lascia parlare i fatti e non le parole, e si integra perfettamente con Ben. O. è il diminutivo di Ophelia. Lo ha ridotto semplicemente alla sua lettera iniziale perché lo sente più grande dell’affetto ricevuto da piccola, ma anche per la fine che ha fatto l’Ophelia nell’Amleto di Shakespeare. Lei non ha nessuna intenzione di finire annegata. E’ innamorata di entrambi i suoi uomini. La storia di per se è molto semplice.  Tutto sarebbe facile e bello se il Cartello del narcotraffico messicano non si fosse messo in testa di ridurre la ditta B & C a dei semplici fornitori, sottraendogli oltre al prodotto anche la clientela. Per convincerli che l’affare va fatto gli spediscono un video dove vengono mostrate sette decapitazioni.  A Ben e Chon restano due alternative: incassare i dividendi e ritirarsi di buon ordine o accettare la sfida in campo aperto e prepararsi alla battaglia senza esclusione di colpi. Ma in gioco non ci sarà solo la loro impresa commerciale, ma la loro stessa vita e quella di Ophelia. La storia è dunque, come già detto, semplice. L’azione pura arriverà solo nelle scene finali. La parte iniziale sarà dedicata con dovizia di particolari alla caratterizzazioni dei protagonisti resi benissimo dalla penna dell’autore. Meticolosa la descrizione dei cartelli del narcotraffico, sinonimo di una forte conoscenza dell’argomento. Un romanzo particolare, rapido, coinvolgente. L’autore riesce, con l’uso di capitoli brevi e brevissimi, a mantenere accesa l’adrenalina. Un noir coinvolgente, da leggere fino all’ultimo respiro lasciandosi travolgere dalla scrittura veloce e sincopata di Winslow. Voto: 7/8.

giovedì 8 gennaio 2015

RECENSIONE – Una ragazza d’oro di Elin Hilderbrand



Meredith Martin Delinn aveva una vita perfetta, fino a quando suo marito non è stato arrestato per una truffa finanziaria da milioni di dollari. Anche lei e suo figlio Leo sono indagati. Non ha più una posizione sociale, è senza amici, non può vedere i figli, non ha più una casa. Meredith è rimasta sola e probabilmente l’unica persona che può toglierla dall’impasse è una sua vecchia amica, Constance Flute. Connie era la sua migliore amica dai tempi della scuola. Vivevano praticamente in simbiosi, ma non si sentono da anni dopo un furioso litigio a causa dei loro due mariti Freddy e Wolf. Nonostante le divergenze, Connie risponde alla richiesta d’aiuto della sua amica e la porta con se nella casa di Nantucket. Sull’isola si nasconde coperta da una parrucca e da occhiali bruttissimi. Ma pensa di meritarlo, d’altronde per colpa di suo marito molta gente è finita sul lastrico, qualcuno le fa presente che c’è della gente che è morta. Nonostante qualcuno ha saputo dove è nascosta, ed a svariate minacce ricevute, Meridith, con l’aiuto di Connie, di Dan, il nuovo amore dell’amica, e di Toby il fratello di Connie, nonché suo fidanzatino al liceo, capisce di non essere da sola. Anche Connie riesce a trovare, nella convivenza con Meredith, quella pace che non aveva più trovato dalla morte di suo marito Wolf. Certo, la lontananza della figlia Aishlyn si fa ancora sentire, però Meredith, Toby e soprattutto Dan le sono di aiuto. Nonostante gli interrogativi che li assillano, tutti i protagonisti riusciranno a trovare il tempo di sistemare le loro divergenze personali e a capire che i cuori possono anche essere spezzati, ma sono ancora in grado di battere e di ricominciare. Meredith dovrà accettare diverse cose nella sua vita, soprattutto quella di non aver capito chi era veramente suo marito e Connie dovrà far pace con se stessa e allontanare il vino dalla sua esistenza e sostituirlo con la presenza al suo fianco di Dan, senza nessuna paura. Toby dovrà trovare una sua stabilità e concedere a Meredith quello che, le ha fino ad ora negato. Tra tante domande, una sola certezza: prima che l’estate sia finita, le vite di ciascun personaggio saranno radicalmente cambiate. Voto al libro: 7 – Voto: 1 al titolista italiano … Come cavolo ti è venuto in mente di tradurre il titolo originale Silver Girl in Una ragazza d’oro? Anche perché il titolo originale aveva attinenza con il romanzo … ma il titolo italiano che c’entra?

lunedì 5 gennaio 2015

RECENSIONE - SHIBUMI di Trevanian

“Shibumi” è un romanzo di Trevanian alias Rodney William Whitaker. Fu pubblicato per la prima volta nel 1979, e  riproposto nel 2011 per l’uscita del suo seguito, “Satori” scritto da Don Winslow, che ripropose come protagonista Nikolaj Hel, con il permesso degli eredi di Trevanian. Tutto il libro, le situazioni e il comportamento del protagonista seguono lo schema (capitolo per capitolo) con il nome giapponese del gioco del go: inizio del gioco, Fuseki; Tentativo di uscire da una situazione difficile, Sabaki; fase di stallo, Seki; sacrificio di una pedina, Uttegae; attacco senza quartiere, Shicho; le gru ritornano al nido, Tsuru No Sugomori mossa per catturare il nemico attirandolo in trappola.  Chi è Nikolaj Hel? Nikolaj è uno dei più pagati e astuti killer del mondo. E’ in grado di uccidere silenziosamente, a mani nude o con piccoli e innocui oggetti di uso quotidiano, il modo è chiamato “nudo uccidere”. Gli basta una cannuccia dell’aranciata. E’ un eccezionale speleologo e un fortissimo giocatore di Go. Figlio di una contessa russa decaduta, Aleksandra Ivanovna, Nikolaj nasce e cresce a Shangai. A casa si parlano normalmente quattro lingue: “D’amore e d’altre futilità in francese, di tragedie e disastri in russo, gli affari si facevano in tedesco e ai domestici si davano ordini in inglese. Poiché i figli dei domestici erano i suoi soli compagni di giochi, anche il cinese fu una delle lingue madre per Nikolaj, che prese l’abitudine di pensare in quella lingua perché il suo più grande timore infantile era che sua madre potesse leggergli nel pensiero e Aleksandra Ivanovna il cinese non lo sapeva.” Dopo la morte della madre viene adottato da un nobile guerriero giapponese, il generale Kawashima che lo manda a studiare in Giappone presso la casa del maestro Otake, dove oltre ad imparare il gioco del Go avrà le sue prime esperienze mistiche e comprenderà che l’uomo deve raggiungere la bellezza sotto apparenze comuni, devi divenire Shibumi. Shibumi significa comprendere più che conoscere e raggiungere la semplicità attraverso l’esperienza e la sapienza. Nikolaj è un orientale a tutti gli effetti, nonostante il suo aspetto dica tutt’altro. Si oppone ai valori occidentali come il denaro e il successo dilaganti dopo la fine della guerra. Per salvare dal disonore il suo padre adottivo lo ucciderà e passerà per questo tre anni in una cella di isolamento dove l’unica compagnia saranno dei libri in basco, e l’unico modo per non soccombere quello di impararlo a parlare. E’ un libro di difficile catalogazione. Potrebbe essere una spy story, ma è anche un libro filosofico sulla dottrina orientale, molto critico nei confronti degli occidentali. C’è la CIA, una fantomatica Casa Madre (un organismo più potente della CIA stessa, che rappresenta gli interessi dei paesi produttori di petrolio), terroristi da ogni parte, da Settembre Nero, ai Cinque di Monaco, all’IRA fino ai terroristi baschi. Il romanzo spazia in continenti ed epoche diverse. Nikolaj Hel si troverà costretto a rivedere il suo pensionamento, lasciando il suo castello nei paesi baschi per riprendere il suo vecchio mestiere di killer perché lui è un uomo d’onore e i vecchi amici vanno aiutati e le promesse mantenute. Voto: 7,5