Primo libro di una lunga serie di questa
scrittrice, di cui avevo sentito parlare bene per i suoi lavori precedenti, ma che
io non ho ancora letto. La saga, ci viene subito detto, sarà composta da sette
libri, che parleranno di sette sorelle (quelle del titolo), una protagonista
per ogni libro, anche se da questo primo volume, le sorelle per ora sono solo
sei. Maia è una di loro. E’ la maggiore ed è sempre stata la più tranquilla e
affidabile delle altre cinque. Sono tutte e sei state adottate da un uomo, che
loro chiamano Pa’ Salt, di cui non conoscono nulla, nemmeno il lavoro che fa.
Nessuno conosce il suo passato, nemmeno un caro amico come il suo avvocato.
Sanno solo che è abbiente e non ha fatto loro mai mancare niente. Addirittura
hanno un castello di proprietà sul lago di Ginevra, chiamato Atlantis, dove
Maia è l’unica ad essere rimasta ad abitare. In un momento di sconforto, Maia
ha accettato di lasciare il castello per passare un periodo di vacanza a Londra
da un’amica. Una telefonata improvvisa sconvolge la sua esistenza. Quel padre
generoso e carismatico, che le ha adottate da bambine raccogliendole da ogni
angolo del mondo, dando a ciascuna il nome di una stella, è morto. Al rientro
ad Atlantis le sei sorelle, Maia (la protagonista), Alcyone detta Ally,
Asterope detta Star, Celaeno detta CeCe, Taygete detta Tiggy ed Electra, si
ritrovano e scoprono che il funerale del padre è già avvenuto come da sue
disposizioni testamentarie, e ha lasciato loro uno strano oggetto: una sfera
armillare, i cui anelli recano alcune incisioni. Maia sarà la prima che
cercherà di decifrarle e con l’aiuto di Ally, scoprirà che sono delle
coordinate e degli indizi. Il padre ha lasciato loro l’opportunità di scoprire
veramente chi sono, le loro origini. Per sfuggire all’ex fidanzato, che le ha
procurato non poco dolore, Maia prenderà la decisione di seguire i consigli
paterni. Le sue coordinate la portano in Brasile, dove con l’aiuto dello
scrittore Floriano, di cui ha tradotto un libro in Francia, e lo conosce tramite
scambi di e-mail, riesce a rintracciare
una sua parente che però non accetta minimamente di vederla. Tramite la
cameriera di quest’ultima riesce a venire in possesso di alcune lettere scritte
da sua nonna Izabela negli anni ’20 e da qui la storia si sdoppia tra passato e
presente. Il passato di Izabela Bonifacio e il presente di Maia Aplièse.
Izabela è una donna molto intelligente, vivace e bellissima. Suo padre Antonio,
è un uomo che si è fatto da se. E’ figlio di immigrati italiani e questa cosa
non è proprio ben vista in Brasile. La vecchia nobiltà portoghese non accetta
immigrati arricchiti tra loro. Ma Antonio punta alto, e a questo le serve la
sua bellissima figlia. Un matrimonio di convenienza con un rampollo
dell’aristocrazia brasiliana gli potrà aprire tutte le porte che finora il
denaro non ha potuto aprire per lui. Nonostante Izabela vorrebbe sposarsi per
amore, per non deludere i genitori decide di accettare la sorte che le tocca. Si
fidanzerà con il rampollo della casata più antica dell’aristocrazia portoghese
in Brasile. Prima di sposarsi le viene concesso di accompagnare in Europa una
sua amica, Maria Elisa, figlia niente di meno che di Heitor da Silva Costa,
l’uomo che costruì il Cristo Redentore di Rio de Janeiro. Nello studio dello
scultore Paul Landowski a Parigi, conoscerà Laurent Brouilly, di cui si
innamorerà ricambiata e si renderà conto che la sua vita non sarà mai più la
stessa. Siamo davanti ad una storia che si presenta da subito magica ed
emozionante, ricca di spunti e che si svilupperà come in un gioco di scatole
cinesi, portandoci in epoche lontane. La Riley si mette in gioco in un’opera
immensa, che seguirà la vita di sette ragazze che devono ritrovare la loro
costellazione di appartenenza, cioè le loro origini. In questo primo capitolo
della serie ci faremo anche un’idea dei caratteri di tutte le protagoniste che
faranno parte dei prossimi volumi. La Riley è bravissima a descrivere gli
ambienti e quando Maia arriverà a Rio, sembrerà di sentire il rumore del mare,
gli odori, i suoni, le folate del vento, tanto per quella moderna che per
quella degli anni venti. Riusciremo a condividere la Montparnasse degli artisti
bohemiene, con protagonisti che non si possono non amare. La trama è costruita
benissimo, e cresce piano, piano riuscendo a create una suspence adeguata. La
scrittura non è mai superficiale, e l’autrice gioca con i parallelismi che la
storia sviluppa tra passato e presente. Anche se questa storia può sembrare una
banale ricerca delle origini, sotto si nasconde molto di più. Le Sette sorelle
è veramente un buon libro, che si legge talmente bene che non si bada affatto
alle sue 600 pagine. Aspetto le altre uscite con il punto di domanda di chi sarà
la settima sorella, una cosa che rimane un po’ vaga … volutamente vaga. Intanto
credo che prenderò gli altri volumi della scrittrice già in libreria. Voto: 8
martedì 27 gennaio 2015
giovedì 22 gennaio 2015
RECENSIONE – Ritorno a Salem di Hélène Grimaud
L’autrice di questo romanzo di
mestiere, quello vero, fa la pianista, ma ogni tanto si diletta a scrivere
libri, o al centro, da lei creato, per la salvaguarda del lupo a Salem.. che
non è la stessa Salem del processo alle streghe. Il romanzo vorrebbe essere un
po’ autobiografia, un po’ manifesto ecologista e un po’ un inno alla musica
come congiunzione di mondi paralleli. Ma, secondo me, è un po’ un pastrocchio.
La storia, al suo inizio, vede la
Grimaud in tournée in Germania, ad Amburgo per la precisione.
E’ alle prese con le faticose prove per suonare il Concerto n. 2 di Johannes
Brahms, che come dice lei stessa: “Brahms l’aveva composta perché travalicasse
le capacità di una donna, e a volte avevo l’impressione di una lotta spietata
tra me e il pianoforte, mentre l’opera stessa sembrava scontrarsi con forze
cosmiche, cupe, infestate da frulli d’ali su un oceano del quale inspiravo, in
quel preciso istante, il profumo opprimente, salato e un po’ grasso.” Affaticata
e con la mente in subbuglio, si ritrova a camminare in una strada sconosciuta,
con nessuno in circolazione, quando viene attratta da una vetrina di un
antiquario. Entrando scopre che alla cassa c’è una deliziosa bambina intenta a
fare i compiti che non la degna nemmeno di uno sguardo. Guardando tra le varie
cianfrusaglie scopre uno specchio. Il vero specchio di Lewis Carroll, lo
scrittore di Alice nel paese delle meraviglie e Attraverso lo specchio. E
proprio mentre guarda nello specchio, il riflesso che le rimanda è quello di un
paesaggio nevoso, di foreste e abeti neri e di grandi laghi ghiacciati. Questa
visione dura una frazione di secondo, ma la Grimaud ripensa immediatamente ai suoi amati
lupi. Al suo centro per la loro salvaguardia che ha creato a Salem. Sconvolta e
impaurita indietreggia e inciampa in un libro manoscritto antico, da cui
fuoriescono degli spartiti musicali. Incredibilmente compra entrambi, specchio
e manoscritto, senza nessun motivo apparente. Da qui parte una storia sdoppiata
in due. Il manoscritto che ha comprato è una sorta di diario scritto da un
certo Karl Würth, pseudonimo usato spesso dal suo amato Brahms, e da incisioni
del pittore tedesco Max Klinger. La
Grimaud incuriosita inizia una specie di indagine che la
porta ad indagare sull’amicizia tra Brahms e Schumann, nel tentativo di
appurare se una particolare esperienza esoterica, descritta in quella sorta di
diario di viaggio, corrisponda o meno a verità. Una trama troppo
pressappochista, che la scrittrice ci presenta con grande sensibilità, ma che
non basta a rendere il romanzo fluido. Il titolo poi inganna e molto. Più di
qualche lettore, sarà stato sicuramente attirato, come me, dalla storia del
famoso processo alle streghe, che sì, nel racconto se ne fa menzione, ma effettivamente
con la storia in se non ha niente a che vedere, se non per la magia che fa
scomparire il negozio dell’antiquario. Insomma, il punto di partenza è autobiografico,
è l’esperienza di una musicista appassionata (anche se da informazioni prese
qua e là, nell’ambiente musicale è chiamata “la pianista”, con le virgolette.
E’ ritenuta una buona musicista, ma niente di più, con un ego abbastanza
smisurato!), sensibile ai problemi dell’inquinamento e delle stragi di animali
selvaggi. Tutte belle cose, se non fosse che la storia è legata da fili
sottilissimi e a volte anche in modo molto forzato. Troppe cose nel calderone
(oopps!!): musica, pittura, letteratura, storia, ecologia, animalismo,
simbologia, esoterismo, ecc., ecc.,. Un menù troppo ambizioso per un libriccino
così breve e soprattutto la
Grimaud non è stata all’altezza della situazione. Del libro
rimane soltanto la passione dell’autrice per la musica romantica e
l’appassionata comunicazione che ne da, del legame della stessa con la natura e
la sincera abnegazione che dedica alle sue battaglie ecologiste, che niente
hanno però a che vedere con l’aspetto letterario. Voto: 4,5
lunedì 19 gennaio 2015
RECENSIONE – Il primo giorno di Marc Levy
Come ogni tanto mi capita, sembra
siano i libri a scegliere me e non io a scegliere loro. Con questo è stato lo
stesso. Trovato per caso su una bancarella del mercato di quartiere, l’ho
comprato perché la copertina mi ha ispirato un senso di libertà incredibile.
Gli argomenti trattati sono le classiche domande che di solito si fanno i
bambini che cominciano a capire. Domande esistenziali, come: Dove comincia
l’alba? Quanti anni fa il primo essere vivente? Ma non sono solo i bambini a
porsele, ma anche qualche adulto e tra questi ci sono i nostri due protagonisti
Adrian e Keira. Due domande apparentemente senza nessuna connessione tra di
loro, ma che li perseguitano da tutta la vita. Lei è una paleontologa che è
intenta a trovare la risposta ai suoi dubbi nella Valle dell’Omo in Etiopia.
Lui è un astronomo e cerca la sua risposta in un osservatorio in costruzione
sulle montagne cilene ad Atacama. Tutti e due, per diversi motivi, sono
costretti a rientrare a casa. Lei a Parigi, lui a Londra. Hanno perso le loro
ricerche, e con queste un pezzo di anima. Vorrebbero tutti e due tornare lì
dov’erano, ma il problema sono i soldi.
Nessuno dei due ne possiede a sufficienza per poter riprendere le proprie
ricerche. Un premio in denaro per il miglior progetto di ricerca li fa
incontrare. Ma sarebbe meglio dire incontrare di nuovo. I due si conoscono e
anche molto bene. Hanno vissuto un periodo intimamente condiviso, prima che la
morte del padre di lei li dividesse, di primo acchito per sempre. Ed eccoli di
nuovo insieme, lei vittoriosa e lui no. Lei lo ha subito riconosciuto, a lui ci
vuole un po’ per ricordarla, soprattutto ci vuole un ricordo impresso nella sua
mente tanto tempo prima. Ma il destino li divide di nuovo, questa volta lei
sceglie di lasciargli un ricordo: un ciondolo che un ragazzino in Etiopia le
aveva regalato. E’ una pietra, sembra antica, ma nessuno sembra riuscire a
datarlo. Sarà proprio questa pietra che li farà riavvicinare, ma che
sconvolgerà la loro vita, mandandoli da un’estremità all’altra del mondo
conosciuto e mettendo le loro vite in pericolo. Tra agenti governativi,
professori di antropologia, datazione al carbonio, osservatori e mappe
stellari, questa è una storia tra avventura e amore struggente molto ben
costruita. Avventura e azione descritti alla perfezione come in un libro di
Clancy e momenti romantici descritti con la maestria della Roberts. Un romanzo
avvincente e romantico allo stesso tempo, da leggere ed assaporare dalla prima
all’ultima pagina. Ma il libro ci lascia con interrogativi da risolvere, non
finisce con questo primo volume, quindi la caccia al secondo libro è aperta …
Voglio proprio vedere come Levy ci racconterà il resto della storia di Adrian e
Keira. Voto: 7,5
giovedì 15 gennaio 2015
RECENSIONE – Cercando te di Jennifer Probst
Nuova serie per la scrittrice
Jennifer Probst, ma legata strettamente con la precedente dal famoso “Libro
Viola degli Incantesimi”. Ok, questo è un libro leggero. Ok, questo è un
romance. Ok, la scrittrice crede di conoscere l’Italia e la sua cucina, ma non
ne sa un cavolo (esiste la parmigiana di pollo? Mai sentita! E si che di cucina
un po’ ne capisco!) … sto passando sopra ad un po’ troppe cose? Si capisce che
il libro è un qualcosa che sarebbe stato meglio non pubblicare? Ok… un po’ di
storia ve la racconto. Kate Seymur è una ragazza di quasi trent’anni ed è
vergine … fin qui una potrebbe dire …
beh poveretta … non è bruttina… non se la fila nessuno… ha qualche
problema… no è una gran figacciona, la classica bionda americana tutta gambe,
bellissima e tutta curve… il problema? Vuole l’anima gemella. E non la cerca
solo per se stessa, no; ne ha fatto un lavoro. Insieme alle sue amiche del
college Kennedy ed Airlyn ha aperto la Kinnection, un’agenzia matrimoniale. Ma
la dolce kate ha un dono… riesce tramite il tocco delle sue mani a capire chi è
veramente una coppia, due anime gemelle, dono questo che non è che la faccia
proprio impazzire, ma che è come oro nel suo lavoro. Ok… ora abbiamo anche la
stregoneria! Allora, riprendiamo… Jane Montgomery è una giovane donna che ha
subito diverse delusioni amorose e una di queste l’ha portata sull’orlo del
suicidio, decide che è arrivato il momento di sganciarsi dal premuroso fratello
Slade, e di vivere la sua vita fino in fondo, provando anche a cercare la sua
anima gemella attraverso la Kinnection. Slade è mooolto premuroso, talmente
tanto che da in escandescenza … Lui è un avvocato divorzista, figuriamoci se
crede nell’amore eterno che vogliono spacciare a sua sorella… certamente sono
delle truffatrici belle e buone e per scoprirlo si iscrive anche lui in cerca
della presunta anima gemella scommettendo con la titolare che non riuscirà a
trovarla. Tra i due, logicamente, scocca subito la scintilla e il tocco di Kate
le indica che lui è l’uomo che cerca, quello per tutta la vita, non fosse che
il suddetto di amore eterno non ne vuole sentire proprio parlare… secondo lui è
solo questione di ossitocina. Lui è da stereotipo, bello, sexy, determinato, ma
anche cinico e disincantato pronto a provare le sue ragioni ma
irresistibilmente attratto da kate. Tra una litigata e l’altra, tra un
appuntamento e l’altro, tra una bistecca con la gorgonzola e una parmigiana di
pollo (bleah!), tra una seduta di sesso e l’altra, l’unica cosa sensata che ho
trovato di questo libro è il cane, Robert, che esiste per davvero e che è
proprio simpatico. Trovo i personaggi insulsi e la storia fin troppo scontata,
peccato perché questa signora non scrive nemmeno così male… Voto: 4
martedì 13 gennaio 2015
RECENSIONE – Le belve di Don Winslow
Su questo romanzo ho letto
diversi pareri. Chi lo ritiene bellissimo, chi invece non ha accettato il
cambiamento dello stile narrativo di Winslow. Io ho trovato Le belve,
certamente diverso dai precedenti romanzi dell’autore, ma comunque un libro
veloce, con capitoli brevissimi che scorrono senza sosta, e soprattutto, senza
noia. Winslow, in questa nuova avventura, utilizza un linguaggio molto
giovanile, ricco di parolacce e molto dettagliato, soprattutto nelle scene di sesso.
Per chi non amasse il genere, non è sicuramente il libro adatto. Molto spesso
l’autore si rivolge direttamente ai lettori, con frasi comiche e taglienti che
rendono la lettura anche simpatica. Lo stile narrativo nel complesso mi ha
convinto, risultando molto cinematografico (in effetti Oliver Stone ne ha
tratto un film uscito nel 2012). Iniziamo subito a conoscere i personaggi
principali: Ben, Chon e O. (che sta per Ophelia). Di contro attraverso
flashback e azioni al presente anche i personaggi che gli fanno da contorno: il
messicano Lado, la Reina Elena, il poliziotto corrotto Dennis. Ben è un ragazzo
geniale. E’ un economista figlio di due psicoanalisti figli dei fiori. E’ una
macchina da soldi ed è l’inventore della migliore “maria” in commercio nella
California a due passi dal Messico. E’ anche un buddista convinto e soprattutto
fautore di molte opere di beneficenza nei paesi del terzo mondo, dove non manda
soltanto denaro, ma provvede ad andare di persona a costruire con le proprie
mani le opere di bene. Chon non è un asiatico, come sembrerebbe dal nome, ma un
tipo che ama dissertare sull’etimologia delle parole e crearne di nuove, tra
cui anche il suo nome. Ex militare dei Seal, è stato in Afghanistan ed ha provato
sul suo corpo la guerra. E’ uno che lascia parlare i fatti e non le parole, e
si integra perfettamente con Ben. O. è il diminutivo di Ophelia. Lo ha ridotto
semplicemente alla sua lettera iniziale perché lo sente più grande dell’affetto
ricevuto da piccola, ma anche per la fine che ha fatto l’Ophelia nell’Amleto di
Shakespeare. Lei non ha nessuna intenzione di finire annegata. E’ innamorata di
entrambi i suoi uomini. La storia di per se è molto semplice. Tutto sarebbe facile e bello se il Cartello
del narcotraffico messicano non si fosse messo in testa di ridurre la ditta B
& C a dei semplici fornitori, sottraendogli oltre al prodotto anche la
clientela. Per convincerli che l’affare va fatto gli spediscono un video dove
vengono mostrate sette decapitazioni. A
Ben e Chon restano due alternative: incassare i dividendi e ritirarsi di buon
ordine o accettare la sfida in campo aperto e prepararsi alla battaglia senza
esclusione di colpi. Ma in gioco non ci sarà solo la loro impresa commerciale,
ma la loro stessa vita e quella di Ophelia. La storia è dunque, come già detto,
semplice. L’azione pura arriverà solo nelle scene finali. La parte iniziale
sarà dedicata con dovizia di particolari alla caratterizzazioni dei
protagonisti resi benissimo dalla penna dell’autore. Meticolosa la descrizione dei
cartelli del narcotraffico, sinonimo di una forte conoscenza dell’argomento. Un
romanzo particolare, rapido, coinvolgente. L’autore riesce, con l’uso di
capitoli brevi e brevissimi, a mantenere accesa l’adrenalina. Un noir
coinvolgente, da leggere fino all’ultimo respiro lasciandosi travolgere dalla
scrittura veloce e sincopata di Winslow. Voto: 7/8.
giovedì 8 gennaio 2015
RECENSIONE – Una ragazza d’oro di Elin Hilderbrand
Meredith Martin Delinn aveva una vita perfetta, fino a quando
suo marito non è stato arrestato per una truffa finanziaria da milioni di
dollari. Anche lei e suo figlio Leo sono indagati. Non ha più una posizione
sociale, è senza amici, non può vedere i figli, non ha più una casa. Meredith è
rimasta sola e probabilmente l’unica persona che può toglierla dall’impasse è
una sua vecchia amica, Constance Flute. Connie era la sua migliore amica dai
tempi della scuola. Vivevano praticamente in simbiosi, ma non si sentono da
anni dopo un furioso litigio a causa dei loro due mariti Freddy e Wolf.
Nonostante le divergenze, Connie risponde alla richiesta d’aiuto della sua
amica e la porta con se nella casa di Nantucket. Sull’isola si nasconde coperta
da una parrucca e da occhiali bruttissimi. Ma pensa di meritarlo, d’altronde
per colpa di suo marito molta gente è finita sul lastrico, qualcuno le fa
presente che c’è della gente che è morta. Nonostante qualcuno ha saputo dove è
nascosta, ed a svariate minacce ricevute, Meridith, con l’aiuto di Connie, di
Dan, il nuovo amore dell’amica, e di Toby il fratello di Connie, nonché suo
fidanzatino al liceo, capisce di non essere da sola. Anche Connie riesce a trovare,
nella convivenza con Meredith, quella pace che non aveva più trovato dalla
morte di suo marito Wolf. Certo, la lontananza della figlia Aishlyn si fa
ancora sentire, però Meredith, Toby e soprattutto Dan le sono di aiuto.
Nonostante gli interrogativi che li assillano, tutti i protagonisti riusciranno
a trovare il tempo di sistemare le loro divergenze personali e a capire che i
cuori possono anche essere spezzati, ma sono ancora in grado di battere e di
ricominciare. Meredith dovrà accettare diverse cose nella sua vita, soprattutto
quella di non aver capito chi era veramente suo marito e Connie dovrà far pace
con se stessa e allontanare il vino dalla sua esistenza e sostituirlo con la
presenza al suo fianco di Dan, senza nessuna paura. Toby dovrà trovare una sua
stabilità e concedere a Meredith quello che, le ha fino ad ora negato. Tra
tante domande, una sola certezza: prima che l’estate sia finita, le vite di
ciascun personaggio saranno radicalmente cambiate. Voto al libro: 7 – Voto: 1
al titolista italiano … Come cavolo ti è venuto in mente di tradurre il titolo
originale Silver Girl in Una ragazza d’oro? Anche perché il titolo originale
aveva attinenza con il romanzo … ma il titolo italiano che c’entra?
lunedì 5 gennaio 2015
RECENSIONE - SHIBUMI di Trevanian
“Shibumi” è un romanzo di Trevanian alias Rodney William Whitaker. Fu
pubblicato per la prima volta nel 1979, e riproposto nel 2011 per l’uscita del suo
seguito, “Satori” scritto da Don Winslow, che ripropose come protagonista Nikolaj
Hel, con il permesso degli eredi di Trevanian. Tutto il libro, le situazioni e
il comportamento del protagonista seguono lo schema (capitolo per capitolo) con
il nome giapponese del gioco del go: inizio del gioco, Fuseki; Tentativo di
uscire da una situazione difficile, Sabaki; fase di stallo, Seki; sacrificio di
una pedina, Uttegae; attacco senza quartiere, Shicho; le gru ritornano al nido,
Tsuru No Sugomori mossa per catturare il nemico attirandolo in trappola. Chi è Nikolaj Hel? Nikolaj è uno dei più
pagati e astuti killer del mondo. E’ in grado di uccidere silenziosamente, a
mani nude o con piccoli e innocui oggetti di uso quotidiano, il modo è chiamato
“nudo uccidere”. Gli basta una cannuccia dell’aranciata. E’ un eccezionale
speleologo e un fortissimo giocatore di Go. Figlio di una contessa russa decaduta,
Aleksandra Ivanovna, Nikolaj nasce e cresce a Shangai. A casa si parlano
normalmente quattro lingue: “D’amore e d’altre futilità in francese, di
tragedie e disastri in russo, gli affari si facevano in tedesco e ai domestici
si davano ordini in inglese. Poiché i figli dei domestici erano i suoi soli
compagni di giochi, anche il cinese fu una delle lingue madre per Nikolaj, che
prese l’abitudine di pensare in quella lingua perché il suo più grande timore
infantile era che sua madre potesse leggergli nel pensiero e Aleksandra Ivanovna
il cinese non lo sapeva.” Dopo la morte della madre viene adottato da un nobile
guerriero giapponese, il generale Kawashima che lo manda a studiare in Giappone
presso la casa del maestro Otake, dove oltre ad imparare il gioco del Go avrà
le sue prime esperienze mistiche e comprenderà che l’uomo deve raggiungere la
bellezza sotto apparenze comuni, devi divenire Shibumi. Shibumi significa
comprendere più che conoscere e raggiungere la semplicità attraverso l’esperienza
e la sapienza. Nikolaj è un orientale a tutti gli effetti, nonostante il suo
aspetto dica tutt’altro. Si oppone ai valori occidentali come il denaro e il
successo dilaganti dopo la fine della guerra. Per salvare dal disonore il suo
padre adottivo lo ucciderà e passerà per questo tre anni in una cella di
isolamento dove l’unica compagnia saranno dei libri in basco, e l’unico modo
per non soccombere quello di impararlo a parlare. E’ un libro di difficile
catalogazione. Potrebbe essere una spy story, ma è anche un libro filosofico
sulla dottrina orientale, molto critico nei confronti degli occidentali. C’è la CIA , una fantomatica Casa
Madre (un organismo più potente della CIA stessa, che rappresenta gli interessi
dei paesi produttori di petrolio), terroristi da ogni parte, da Settembre Nero,
ai Cinque di Monaco, all’IRA fino ai terroristi baschi. Il romanzo spazia in
continenti ed epoche diverse. Nikolaj Hel si troverà costretto a rivedere il
suo pensionamento, lasciando il suo castello nei paesi baschi per riprendere il
suo vecchio mestiere di killer perché lui è un uomo d’onore e i vecchi amici
vanno aiutati e le promesse mantenute. Voto: 7,5
Iscriviti a:
Post (Atom)