giovedì 7 agosto 2014

RECENSIONE – Dimmi che ti dispiace di Dawn French

Ho trovato una Silvia stronza! Ebbene sì! La protagonista del nuovo romanzo di Dawn French, “Dimmi che ti dispiace” si chiama Silvia, ed è una stronza patentata. Ma puoi dire questo ad una donna che è distesa in un letto di ospedale, in coma, dopo che ha avuto un incidente ed è caduta dal balcone? Beh sì, si può! O almeno lo rende possibile l’autrice che fa parlare i suoi personaggi al ritmo delle visite al capezzale dell’ammalata. E la bellezza di questo libro è che l’autrice li fa essere talmente schietti nelle loro chiacchierate/monologhi da renderli veri. Parlano con Silvia, Ed. L’ex marito, che dopo essere stato abbandonato è caduto in depressione e ha tentato il suicidio, tranne poi capire che forse il suo rapporto con Silvia non era poi così importante per lui, tranne per quello che di buono ne ha tirato fuori, come i suoi due figli Cassie e James. Lui gliele canta e gliele suona, le racconta di come adesso ha ripreso a vivere finalmente, di come si gode la sua nipotina, e nonostante tutto l’affetto dei suoi figli. Le dice che se ci fosse lui in quelle condizioni, sicuramente non sarebbe solo, avrebbe almeno i suoi figli intorno. Ma lei è lì. Muta, ferma, grigia che non risponde. Le parla la sorella maggiore Jo che è una macchietta. Non ama molto Silvia, ma vorrebbe essere lei in qualche modo ad avere l’onere e l’onore di farla risvegliare, tanto da arrivare a far delle cose pazzesche, che, nella tragedia, riescono a strapparci un sorriso. Ci parla Cat. Il medico di Silvia. Più che il medico, la sua attuale compagna. Quella che l’ha allontanata definitivamente dalla sua famiglia, per la sua insicurezza e la necessità di avere Silvia tutta per sé. E’ talmente insicura da essersi poggiata completamente su di lei. Cat non è brava a mettere ordine nel suo caos mentale; non lo è mai stata. Poi la sua vita è diventata di per sé incredibilmente incasinata e ha dovuto trovare la forza di restare calma e coprire tutto. Se ce l’ha fatta è stato grazie all’aiuto di Silvia, ma adesso si sente alla deriva, senza la sua ancora, ed è come se stesse per venire risucchiata da un vortice. Ci parla Winnie, l’infermiera che si prende cura di tutti i piccoli bisogni dell’ammalata, che nel mentre l’accudisce le racconta la sua vita di tutti i giorni, quella di una persona onesta, che è fuggita da un padre manesco ed ubriacone, e da un marito altrettanto manesco ed ubriacone. Che frequenta la Chiesa, che canta divinamente e canta tutto il suo amore per Dio, che è l’unico uomo a meritarlo, oltre a suo figlio Luke. Parla con Silvia la figlia Cassie. Non ha certo belle parole per la madre, ma solo muti silenzi. E pensieri, tanti pensieri non belli sicuramente. Sua madre l’ha cacciata di casa che aveva 16 anni ed era incinta per giunta. Sua madre non c’era quando è nata sua figlia Willow, anzi non l’ha mai vista. Ma questa madre, nonostante sia stata inadeguata, le manca in ogni momento della sua vita e vorrebbe fortemente averla avuta. Le prime visite le passa al di fuori della stanza, guardando sua madre attraverso il vetro della porta. Quando trova il coraggio di entrare, si ostina a guardarla in muto silenzio che diventa quasi assordante. Poi c’è l’altra macchietta Tia. La domestica indonesiana, che le legge a suo modo, infarcendole di parolacce di cui non capisce il significato, tutte le notizie di gossip delle riviste che compra in quantitativi inusitati. Salvo poi sgridarla per non aver voluto conoscere la nipote di cui fa la baby sitter. O spiegare alla sua padrona che ogni tanto le ruba qualcosa da casa, che continua a pulire a fondo, per pagarsi lo stipendio. Ascolteremo tutte le vite dei protagonisti, tutti gli sgarbi perpetrati nei loro confronti da Silvia. Tutti, ma proprio tutti hanno delle lamentele da fare. Delle confessioni che non avrebbero mai fatto affrontando una Silvia viva e vegeta. Ma Silvia, lì, distesa su quel letto, pallida e smunta, l’ombra del donnone dai capelli rossi che era stato, non incute più nessun timore, ma nemmeno tenerezza, forse solo un po’ di pietà, ma tanta tanta rabbia. E il titolo del libro non è rivolto alle persone che la vanno stancamente a trovare, no! “Dimmi che ti dispiace” è rivolto a Silvia. E’ lei che dovrebbe svegliarsi e dire: “Mi dispiace!” Il romanzo nella sua semplicità si veste anche un po’ di giallo, non tutti sanno cosa è successo a Silvia. Lo verremo a sapere leggendo i vari monologhi dei suoi visitatori. Un libro veramente ben fatto. A volte tenero proprio come Ed, a volte duro come la figlia Cassie, a volte tremendamente comico come la sorella Jo o la domestica Tia, o onesto e aperto come l’infermiera Winnie, o tremendamente insicuro o violento con Cat. Certo alla fine un po’ di cose si capovolgeranno e Silvia risulterà essere un po’ meno stronza di quello che ci siamo immaginate, ma solo un po’. Dawn French con i suoi testi sembra parlare diritta diritta al cuore delle persone! Veramente un bel libro che consiglio caldamente! Voto: 8

martedì 5 agosto 2014

RECENSIONE – Due vite in gioco di Nora Roberts
La storia è un intreccio ben congegnato nella quale si dipanano misteri, si seminano indizi e si vive sul filo del rasoio fino all’ultima riga. Si scoprono protagonisti intriganti e avvincenti come Phoebe MacNamara, tenente della Polizia di Savannah e Duncan Swift, affascinante e ricchissimo proprietario e imprenditore locale. Phoebe è una donna piena di complicazioni, che come un giocoliere si ingegna in tutti i modi per far girare la sua vita senza far crollare tutti i birilli da cui è composta. Madre single e poliziotta, migliore fra tutti i negoziatori in caso di sequestro di ostaggi, è stata segnata da un passato tragico, che ben impresso nella sua mente ha segnato le sue scelte. Tutto nella sua vita è un equilibrio precario. Dal suo lavoro che la obbliga a spingersi al limite, per salvare delle vite in pericolo e soprattutto la sua famiglia con la figlia piccola di cui occuparsi, una madre agorafobica che non esce di casa da dieci anni, un fratello segnato dal un doloroso evento avvenuto anni prima. Troppe cose che reclamano attenzione nella sua vita, e Phoebe non è convinta che a tutto questo si possa aggiungere un uomo come Duncan Swift. Phoebe lo conosce mentre è in servizio. Un impiegato di Duncan si vuole suicidare e lei lo salva. Lui rimane subito colpito dalla “rossa” intraprendente, immediatamente folgorato da quella incredibile combinazione di sensibilità e coraggio, tanto che vuole a tutti i costi portare nella propria vita questo concentrato così non convenzionale di sexy femminilità e ferrea determinazione. Phoebe invece sente scricchiolare le sue certezze quando vede quell’uomo con quel sorriso disarmante. Seguendo i picchi di una tensione emotiva incalzante, in cui agli incontri sempre più focosi tra i due, si alternano inaspettati i colpi di scena della trama thriller, Phoebe scoprirà che nessuna delle sue abilità di mediatrice sarà sufficiente ad allontanare Duncan da lei, e che dovrà trovare il coraggio di farlo entrare nella sua vita. Giallo ben congeniato, con un cattivo visibile, e uno invisibile da ricercare nei vecchi casi della vita di Phoebe. Tutto ben fatto e ben scritto. Libro che ti incolla fino alla fine. Bravissima Nora Roberts anche in questa versione giallo/romance. Voto: 7,5

RECENSIONE – Guai nella prateria di Andrew Grey.


Secondo episodio della saga dedicata alla prateria. L’autore ci riporta nei ranch del Wyoming con i suoi paesaggi incontaminati. Ritroviamo i vecchi personaggi di Dakota e Wally che ormai fanno coppia fissa e per giunta si sentono anche molto realizzati. Il legame tra i due è sempre più forte e la sicurezza dei loro sentimenti permette ai due di seguire i propri sogni. La ventata di novità viene portata da Philip che perso il suo lavoro a causa della recessione, va dai due amici in cerca di qualcosa che gli schiarisca le idee. Ma più che schiarirsi le idee se le confonde con la vista di Haven, vicino di casa di Dakota, ma figlio dello storico nemico di suo padre Jefferson. Tra i due scocca la scintilla, ma non potrebbero essere più diversi. Philip è un “cittadino” convinto, e Haven è un cowboy fatto e finito, gay ma represso da un padre ignobile. Dopo svariate avventure e disavventure tra i due sembra andare tutto bene, la morte improvvisa del padre di Haven farà però sorgere qualche problema mettendoli di fronte a scelte radicali e a rivelare i loro sentimenti. E i cambiamenti non riguarderanno solo loro, ma anche la vecchia coppia Dakota e Wally che finalmente potranno realizzare altri loro desideri. Durante la lettura ci rendiamo conto che la malattia del padre di Kota sta progredendo, ma il vecchio Jefferson è ancora un punto fermo all’interno della sua famiglia. Come sempre, ci accompagnano paesaggi spettacolari che fanno da contorno ai momenti più romantici del libro: un bel cielo stellato ha sempre il suo effetto! Per i cultori del genere. Voto: 6-

RECENSIONE – OMICIDIO A LUCI ROSSE di Allison Brennan

La perplessità che mi ha lasciato questo libro è una sola. In alcune parti sembra non essere il primo della serie, ma un seguito di qualcosa… Magari non per questioni centrali, ma si ha come la sensazione di alcuni riferimenti a personaggi ed eventi a loro collegati di cui non sappiamo nulla. Come il fratello in coma della collega di Will. Come è finito in coma e perché? Non lo sapremo mai. I due protagonisti non hanno nulla di originale, ma questo libro è il tipico esempio di come non si debba per forza ricercare l’originalità a tutti i costi per avere una buona lettura. La vicenda parte con un prologo, sette anni prima, dove ci spiega in poche parole quello che è il cardine della storia. Un uomo viene accusato di aver ucciso tre prostitute, ma solo alla terza viene formalmente accusato e arrestato perché per le altre o le prove erano compromesse o non c’erano. Tra i suoi accusatori c’è Robin, che durante tutto il processo ha avuto una relazione con il poliziotto a capo delle indagini Will. Dopo sette anni la storia riprende, i due Robin e Will, per questioni che sapremo solo in seguito non sono più insieme. Lei è riuscita a farsi strada. Da ballerina di lap-dance è diventata proprietaria del locale dove ballava, rendendolo un locale di lusso molto chic e ha iniziato a dipingere paesaggi particolari pieni di colore, che la stanno rendendo famosa. In un giorno qualsiasi a San Quintino, dove il serial killer delle prostitute (così chiamato ma l’autrice ci ribadirà spesso che una che balla e fa la lap dance non deve per forza essere una prostituta) è detenuto, c’è una forte scossa di terremoto. Il killer riesce a fuggire e vuole la sua vendetta. Uccidere tutti quelli che erano legati alla sua accusa, ma soprattutto ce l’ha con Robin per cui ha sviluppato una vera e propria ossessione. Quindi tutto si riapre, la storia ricomincia. Will torna a capo delle indagini, Robin torna sotto scorta, piena di paura. Il legame tra i due si rafforza di nuovo, nonostante si capirà il motivo per cui si erano separati. Molto belle alcune scene tra i due, ricche di romanticismo, ben fatte. Molto ben fatta la trama gialla. In realtà sono due trame gialle… quella principale e una secondaria connesse in qualche modo, ma parallele per altri versi e la cosa mi è piaciuta moltissimo: hai sia un cattivo le cui mosse seguire, sia un’altra parte misteriosa della vicenda da risolvere. Il cattivo invisibile sarà un caso a se … è molto difficile da indovinare, il problema è nelle poche motivazioni per un comportamento così drastico. Col cattivo visibile la Brennan ha cercato di mettere sempre in evidenza la sua ossessione/follia, dandogli delle grandi abilità ma facendo venir fuori, un uomo che non si riesce veramente a capire quello che desiderava davvero fino alla fine, dove il personaggio viene definito meglio anche nei suoi progetti. Qualcosa in più poteva essere fatto per la caratterizzazione dei comprimari. Bene la parte di azione presente nel libro. Voto: 7,5

RECENSIONE – Sensuali tentazioni sull’Orient Express di Fabiola D’Amico

Anais è una scrittrice di libri erotici. Anzi, ne ha scritto solo uno, ma di grande successo. Ed ora è alla prese con la malattia di tutti gli scrittori. Quella dellapagina bianca. Non riesce più a scrivere nulla, ha perso la sua musa ispiratrice e ha l’editore che la sta pressando. Ma le idee non vengono, forse perché lei non ha mai avuto una storia come quella raccontata nel suo best seller? Forse. Anche se le sue amiche di sempre, la sua coinquilina Christine e Hanna l’altra amica d’infanzia la sostengono, lei sai che dovrebbe fare qualcosa per cambiare la sua situazione. Cambiare aria, fare qualcosa di sconvolgente, anche per dimenticare la storia non proprio edificante avuta con il suo ex. Già il suo ex. Spacciatosi per un grande broker aveva rubato i soldi dei suoi familiari e di svariati amici, prendendola in giro per tutto il tempo. Non era altro che un truffatore a livello internazionale. Da quella storia infame era comunque nato il suo successo e i tanti soldi che continuavano a pioverle addosso da quando lo aveva pubblicato. Per questo Anais si decide a fare una pazzia. Contatta un’agenzia di gigolò. Ne sceglierà uno da portare con sé sull’Orient-Express, tutto a sue spese. Ma lui dovrà farle vivere un sogno, un sogno che potrà riportare su carta e dare in pasto al suo affamato editore. Nonostante le sue amiche la sconsiglino a fare un passo del genere la aiutano ad organizzare il tutto. Anais, guarda caso, sceglierà proprio l’unico che non è un vero gigolò, ma un sostituto. Un bel moro spagnolo, Santiago Montoya Ramirez, ricco come creso, ma in litigio con papà, ha bisogno di soldi per pagarsi un corso al Royal Theatre di Londra. Perché non accettare questo viaggio, godersi la cosa e farsi anche pagare? Ma no, non può essere. E allora tra un vagone e una camera d’albergo, tra una città romantica e l’altra, tra un amplesso e l’altro, avremo anche il giallo ispirato alla Christie con un furto di gioielli, e il lieto fine, come sempre scopereccio. Voto: 5,5 (l’idea dell’Orient-Express non mi è dispiaciuta).

RECENSIONE – I Watson e Emma Watson di Jane Austen e Joan Aiken

Rileggo volentieri le poche vibranti pagine che costituiscono I Watson. Da come si presentano potevano essere l’imbastitura di un altro grande successo di Jane Austen, se completato. Avrebbe potuto dimostrare, ancora una volta, il suo genio narrativo, quello di una donna della cui vita privata si conosce ben poco, ma che da secoli si cerca di ricostruire, ravvisandone similitudini nei suoi romanzi. In questo tentativo, di dare un seguito al romanzo incompiuto, Joan Aiken, non sembra rivelarsi all’altezza del compito. La vicenda prende il via esattamente dal punto in cui la Austen si era interrotta. Il suo evolversi però si presenta un po’ forzato, con un susseguirsi di eventi insignificanti che non riescono a colpire l’attenzione del lettore. Il romanzo è lento e noioso, e la strada intrapresa dalla Aiken non sarebbe stata sicuramente quella della Austen. I personaggi, e in particolare la protagonista, Emma, subiscono una revisione totale da parte dell’autrice, che sceglie dei caratteri e dei modi di fare a dir poco inconsueti per l’epoca. Emma da giovane raffinata e cresciuta in un ambiente lontano da casa e dalla famiglia di origine, si trasforma in una persona troppo estroversa, sarcastica e disinibita per risultare credibile. Lo stesso vale per la sorella Elizabeth, la cui scelta iniziale della Austen viene portata all’estremo dalla Aiken tanto da renderla un personaggio scialbo e inconsistente. La Aiken introduce un nuovo personaggio, il capitano Freemantle, ma di questo personaggio è difficile dire qualcosa, in quanto nel corso della storia è poco evidenziato e poco visibile, quindi il rapporto con la protagonista è davvero debole e a tratti insensato. La signora Aiken non segue affatto quello che sarebbe dovuto essere l’evolversi del destino dei Watson concepito dalla stessa Austen. La scrittura della Aiken non è che una pallida imitazione di quella di Jane Austen, nonostante l’impegno profuso nel tentativo di ricrearne le atmosfere, le situazioni, gli scambi di battute, le gelosie, le meschinità. Lo stile si presenta eccessivo di descrizioni in contrasto con quello della Austen, elegante nella sua semplicità. Il ritmo narrativo, è disomogeneo: parte lentamente per finire con un’eccessiva velocità, il che non permette di apprezzare in pieno le vicende dei protagonisti. L’autrice non riesce a ricreare l’atmosfera e l’intero romanzo sembra quasi un riferimento continuo a personaggi appartenenti ad altri romanzi della Austen, da Northanger Abbet a Mansfield Park. In definitiva, questo tentativo si può ritenere interessante, ma manca la magia dei romanzi austeniani, e alla fine, nonostante le buone premesse, non ci soddisfa. Consigliato soltanto alle irriducibili fan della Austen, ma non ai puristi. Voto: 6

RECENSIONE - La seduzione dell'amore di Sara Tessa

Audrey è arrivata alla soglia dei trent’anni e fa un lavoro che odia. Lavora per una grande società nel recupero crediti, anche se nella sua vita avrebbe voluto fare tutt’altro. Ha una laurea in letteratura e il suo mito è Shakespeare. I suoi aforismi sono il pane quotidiano e li spiattella continuamente alla sua amica e padrona di casa. Sua madre è svedese, quindi lei è perfettamente bilingue e da qui parte la storia. Il suo capo, non certo un gran chiacchierone, pensa a lei per salvare le sorti dell’azienda sull’orlo del fallimento. Nella fredda Stoccolma, potrebbero considerare un affare investire in loro, ma Adam Bennett, questo il nome del perfido, vuole un interprete in grado di tradurre perfettamente il lavoro svolto dall’azienda, visto che l’affare vale non pochi milioni di sterline. Audrey che aveva deciso di licenziarsi e di trovare qualche cosa di diverso da fare, è quasi costretta ad accettare. Lo fa anche con un po’ di felicità, avrà l’occasione di rivedere molte delle sue amiche di università e di guadagnare qualche extra. Quindi partono per la fredda Stoccolma e Audrey si trova a dover sopportare i modi arroganti di un Adam inaccessibile e intransigente, nelle parole e nei fatti. Ma come in un sogno, dopo un’avventura a dir poco incredibile, i due si ritrovano a folleggiare, travolti dalla passione. Come in un sogno. Un sogno molto breve però. Adam è già fidanzato e appena tornerà a Londra lo aspetterà il matrimonio. Audrey per trattenerlo è disposta a tutto anche a sacrificarsi, finché però la cosa non ha più ragione d’essere. Lei è diventata solo lo svago di Adam che non ha coraggio a sufficienza a lasciare sua moglie. Complice la morte improvvisa di sua madre Audrey parte per Manchester lasciando Adam in ambasce. Ma come sempre queste storie non possono non avere un lieto fine… e quindi i due vissero felici, contenti e scoperecci…. Voto: 5

RECENSIONE – Virgin River. Destinazione Virgin River di Robyn Carr

Di ritorno a Virgin River. Stavolta i protagonisti sono più di uno. Infatti rivedremo Rick Sudder con la sua ragazza e Cheryl Chreighton, l’ubriacona del paese. Rick arruolatosi nei marines per seguire le orme dei suoi amici più cari, purtroppo viene ferito gravemente in Afghanistan. Perde l’uso di una gamba e con questa anche la voglia di vivere e soprattutto la voglia di stare insieme alla sua ragazza, nonostante questa faccia di tutto per non compatirlo. Ma lui la comincia ad ignorare e a fare cose strane, finché non verrà riportato sulla retta via dai suoi amici e dai suoi quasi genitori. L’altra storia in parallelo la vivremo insieme a Dan Brady. L’uomo che abbiamo già incontrato diverse volte. Il famoso spacciatore che fuggiva varie volte alla polizia, quello che si fermava più di qualche volta al pub di Virgin River, quello che aveva rapito Maggie puntandole una pistola addosso. Ma quella vita per lui è finita, vuole lasciarsela alle spalle e ritorna a Virgin River per restare e trovare un lavoro, che gli verrà fornito da Paul Haggerty che ha bisogno di manodopera. Dan trova la tranquillità e si stabilisce nella vecchia casa dei Chreighton, dove morti i suoi occupanti non abita più nessuno. Certo c’è da risistemarla, ma Dan è bravo con le mani. Contatta quindi la proprietaria, la ex ubriacona Cheryl. Cheryl dal canto suo, liberatasi del peso dei suoi genitori, è riuscita con l’aiuto di Maggie a entrare in un centro di recupero per alcolizzati, ormai è un po’ che non beve, ma è sotto stretto controllo. Non vuole più tornare a vivere in quella casa che l’ha vista in disarmo, in pieno declino, quindi l’affitta a Dan che pur di ottenere uno sconto sull’affitto, si è offerto di risistemarla. A Cheryl non importa di quella casa, affatto. Ma i soldi potrebbero servirle per farle affrontare meglio il futuro, quindi accetta. Tra i due nasce qualcosa, e con molta dolcezza, e con molta tenacia Dan riuscirà a farsi strada nel cuore di Cheryl. Per le amanti del genere. Voto: 6-

RECENSIONE – Virgin River. Sognare a Virgin River di Robyn Carr

Di ritorno a Virgin River. La protagonista stavolta viene da fuori. Ne abbiamo già sentito parlare diverse volte perché suo zio Walt, un generale in pensione, e padre di Tom e Vanessa vive lì. Shelby McItyre, dopo la morte di sua madre sta cercando di riappropriarsi della propria vita, passata al suo fianco. Ma ora è giunto il momento di pensare un po’ a se stessa, di voltare pagina, così decide di trasferirsi per un po’ a Virgin River, dai suoi altri affetti familiari suo zio Walt e i suoi cugini Vanessa e Tom per poi andarsene un po’ a zonzo per il mondo e forse riprendere a studiare. Ma lì, nel paese dell’amore, incontra l’affascinante Luke Riordan, elicotterista, anche lui esiliatosi volontariamente a Virgin River causa pene d’amore. Tra i due scoppia immancabilmente una forte attrazione. Però lui, a fronte delle pene d’amore appena passate, non ha per niente voglia di una storia definitiva, di un legame duraturo, mentre Shelby all’inizio sembra stare al gioco, finché non s’innamora dei Luke. Amore con la A maiuscola. Tra una corsa a cavallo, un salvataggio di un burrone, un amico un po’ speciale, e dei cottage da ricostruire, nasce e cresce la storia tra i due, sempre contornata dai vecchi personaggi di Virgin River, che mano a mano stanno ripopolando la piccolissima cittadina di uomini e bambini. Per le amanti del genere. Voto: 6-

RECENSIONE – Virgin River. Ritrovarsi a Virgin River di Robyn Carr

Ci ritroviamo a Virgin River. Stavolta i protagonisti sono due personaggi che abbiamo già conosciuto nei precedenti volumi. Si tratta di Paul e Vanessa. Vanessa è da poco rimasta vedova. Sua marito Matt è morto in battaglia e Paul, segretamente innamorato di lei, le è stato accanto finché non ha partorito il figlio di Matt. Ma Paul, si è allontanato da lei, è ritornato a casa sua, un po’ per gli affari, e un po’, a lei sembra per allontanarsi da loro. Paul soffre la situazione, non vuole tradire il suo amico morto. Gli sembra strano essere innamorato di sua moglie e per questo ha un’uscita infelice. Una notte di sesso con una sua vecchia amica. Quando le cose tra lui e Vanessa sembrano andare per il verso giusto, la fatalità di quella notte si mette contro di lui. La ragazza è incinta. Per fortuna a Virgin River, ci sono i veri amici che aiuteranno Paul e Vanessa a ritrovarsi e a ricominciare. Per le amanti del genere. Voto: 6-

RECENSIONE – Virgin River. Le stagioni di Virgin River di Robyn Carr

La protagonista di questo episodio breve della serie è Marcie Sullivan. Marcie ha da poco perso suo marito dopo che quest’ultimo ha vissuto due anni di calvario in coma dopo essere stato ferito in Afghanistan. Marci ha bisogno di incontrare il migliore amico di suo marito. Un amico che per un po’ le è stato molto vicino, ma che poi non ha più visto. Ha bisogno di un confidente, di qualcuno che possa capirla e starle accanto, soprattutto ora che si sta avvicinando il Natale. Ma di Ian non si ha nessuna notizia, solo che si è trasformato in un eremita. Dopo varie peripezie Marcie riesce a rintracciarlo nei pressi di Virgin River, in un bosco isolato e non è che reagisca molto bene nel vederla alla sua porta. Ian è aggressivo e non ha certo buone maniere, ma Marcie non si scoraggia e una notte si apposta in macchina, fuori dalla sua porta, nonostante si preannunci la tempesta di neve del secolo. Sarà proprio la tempesta ad unirli perché Marcie si ammalerà e avrà bisogno di tutte le cure possibili per rimettersi in sesto. E sarà proprio la tempesta a far sciogliere il ghiaccio intorno al cuore di Ian, che non può certo rifiutare il suo aiuto ad una donna indifesa. Riusciranno insieme a trovare l’armonia perduta, nonostante i rispettivi imbarazzi per essere l’ex moglie e l’ex migliore amico. I soliti personaggi di Virgin River, saranno presenti, anche se in modo molto, ma molto minore degli altri romanzi del filone. Sembra un libro un po’ a se stante. Per le innamorate del genere. Voto: 6-

lunedì 4 agosto 2014

RECENSIONE - La meraviglia delle piccole cose di Dawn French


Ci troviamo in un piccolo sobborgo inglese, dove tutti si conoscono e l'itinerario casa-lavoro-casa si potrebbe fare guidando ad occhi chiusi. Qui vive la famiglia Battles di cui scopriremo la vita raccontata da tre dei quattro membri. La storia è un diario a sei mani, in cui si danno il cambio Mo (la madre), Dora (la figlia) e Oscar/Peter (il figlio). Raccontano vari episodi della loro vita, magari anche gli stessi visti in maniera praticamente opposta, con il padre che interviene una sola volta, quella del bisogno vero, perché comunque è lì a vigilare. Dora è la primogenita diciassettenne, quasi diciottenne, alle prese con tutte le crisi adolescenziali. Sono brutta, faccio schifo, tutti mi odiano, i miei non mi capiscono, i professori non capiscono niente, cosa ci faccio con queste materie, farò il provino ad XFactor e diventerò famosa, e meno male che c'è facebook. Peter/Oscar è il secondogenito, ha sedici anni ed è un vero dandy. Ha una mania per Oscar Wilde e la probabilità, anche se nel romanzo non è specificato che sia gay e per questo vittima di atti di bullismo da parte dei suoi coetanei. Ma lui è comunque una persona molto forte e nella sua stranezza, a differenza di Dora, ha una sua logica e un suo equilibrio. E poi c'è Mo, la loro madre cinquantenne, psicologa infantile, ma che dei suoi figli non riesce a capire proprio nulla. Anche lei alle prese con la crisi dei cinquant'anni, il primo passo verso l'invecchiamento, dove è facile non sentirsi apprezzata per quello che si è. A tenere unita la famiglia il padre, che fa da sfondo alla storia, ma che in realtà è il vero pilastro della famiglia, pronto a tutto pur di proteggerla. E la nonna materna, considerata un po' stravagante, ma che ha per tutti una buona parola e la torta preferita. Insomma, la descrizione di una qualsiasi famiglia normale e imperfetta, con i problemi quotidiani, con le sue crisi, le sue incomprensioni, le sue stranezze delle quali non si può non sorridere e magari farci tornare indietro nel tempo. Molto bello! Proprio una piccola meraviglia. Mi è molto piaciuta la leggerezza con cui vengono trattati alcuni argomenti. Mi è piaciuto anche il trionfo finale dei buoni sentimenti. Perché in fondo, a tutti può capitare di passare un periodo di crisi, ma l'importante è restare uniti per affrontarlo e superarlo. Voto: 8-