venerdì 12 febbraio 2021

RECENSIONE - L'ultima scena di S. J. Watson

Alex Young è una trentenne un po’ particolare. Vive a Londra ed è una regista di documentari molto particolari, perché raccontano la vita vera, quella che si vive sulla strada, quella degli emarginati, degli ultimi. Uno di questi molti anni prima ha vinto un premio, ma ora Alex è di nuovo al verde, il suo fidanzato l’ha mollata (ma non è che ci tenesse così tanto) e ha una nuova idea nella testa, girare un documentario sulla vita normale di una piccola comunità di pescatori del Nord dell’Inghilterra. Parlare della crisi economica che ha ridotto questi paesini a delle località fantasma. Ma la scelta del suo produttore non è del tutto casuale: “Ho ricevuto una cartolina … nella foto si vede un porticciolo. Il posto si chiama Blackwood Bay. E il testo dice: ‘Perché non qui?’
L’idea di Alex per il nuovo documentario è far interagire le persone che abitano a Blackwood Bay con video girati da loro stessi, auto-interviste, dando vita a una produzione originale, il tutto coordinato da lei stessa tramite un blog aperto sul web.
La località sembra essere il posto ideale, soprattutto per il produttore, visto che dietro ha anche una storia da raccontare. Due ragazze, nei dieci anni precedenti, sono sparite nel nulla, di loro non si è saputo più nulla.
Alex non è così convinta che Blackwood Bay sia la scelta giusta, soprattutto perché ha uno strano sintomo di repulsione, una sorta di nervosismo che le attanaglia lo stomaco. Sente di avere un legame con quel luogo, ma non ricorda il perché, vista la sua grave amnesia, dovuta ad un tragico incidente accadutole anni prima, di cui non ricorda, logicamente, nulla.

L’accoglienza al villaggio non è delle migliori; le persone sono diffidenti e parlano poco. Soprattutto non si sbottonano sulla storia delle due ragazze. Temono, infatti, che il documentario possa mettere in cattiva luce il paese e raccontare solo gli eventi drammatici.
Ma la sensazione di Alex è che tutti sappiano effettivamente cosa sia successo a Daisy e Zoe, ma preferiscano mettere tutto a tacere, perché tutti hanno qualcosa da nascondere.
Di Daisy si racconta che si sia suicidata buttandosi dalla scogliera chiamata Le Rocce, di Zoe che sia scappata, ma nessuno parla di Sadie, perché non viene considerata parte della comunità.
Il passato di Alex torna a tormentarla con dei flashback, e capisce di avere molto a che fare con Blackwood Bay e soprattutto con le ragazze scomparse. Soprattutto Alex dovrà fare i conti anche con quello che sta avvenendo nel presente ad alcune ragazzine del luogo, che le fa ricordare tanto e metterà in pericolo la sua stessa vita.
Dello stesso autore avevo letto il precedente “Non ti addormentare” che mi era piaciuto parecchio, anche quello un thriller psicologico legato alla memoria e alla capacità della mente umana. L’autore è bravissimo a intrecciare, con dei flashback, il passato e il presente della protagonista e legare le storie che scorreranno per quasi tutto il libro in due rette parallele per poi convergere in un’unica linea finale. Molto bello il personaggio di Alex, che regge da sola sulle spalle, tutta la trama del libro. È lei la protagonista in tutto e per tutto; lei e la sua mente con cui dialoga costantemente. Infatti il libro è costituito oltre che dai dialoghi con i vari personaggi, per la maggior parte, dai pensieri interiori della stessa protagonista che la porteranno dall’essere una persona impaurita, alla coscienza della vera sé stessa.
L’ultima scena è una lettura che definirei intrigante e imprevedibile, piena di sorprese, tutte da godere, fino all’ultima scena. Consigliato per gli amanti del genere thriller psicologico.

(https://contornidinoir.it/2021/02/s-j-watson-lultima-scena-2/?fbclid=IwAR3T7KMLAfmDluufejx9qhU8-JEZYObSTI8IaMiRU43nqMdFJcBuPU_eFs8 )