mercoledì 26 febbraio 2014

RECENSIONE - FLIRT DI LAURELL K. HAMILTON

In questo mini romanzo ritroviamo Anita Blake alle prese con il suo lavoro di risvegliante alla Animator Inc. Due casi che si rifiuta, nonostante i compensi altissimi offerti, di portare a termine per questioni morali. Un uomo che vuole riportare in vita sua moglie in forma di zombie perché non sa sopportarne la perdita, tenerla con se, senza pensare alle conseguenze del suo disfacimento e quindi di una seconda perdita. Una donna che vuole resuscitare il marito in forma di zombie per potergli dare sofferenza con un'ascia affilata e punirlo per il suo tradimento. Come detto Anita rifiuterà entrambi i casi, ma così facendo metterà in moto una catena di eventi.Verrà rapita da due leoni mannari, Nicky e Jacob, ingaggiati per farle portare a termine uno dei due compiti rifiutati, minacciando di morte Micah, Nathaniel e Jason, sotto il mirino di tre cecchini pronti a sparare. Questo caos metterà Anita di fronte ad una scelta difficile: perdere almeno uno dei suoi amanti e fuggire a gambe levate finché è in tempo o portare a termine il compito senza fare storie, ma contro la sua morale? Anita scoprirà che per lei contano molto di più i suoi amanti che la sua morale e che pur di vederli vivi è disposta a qualsiasi cosa, anche a soggiogare un suo nemico con l'ardeur. Insomma tutto qui. 150 pagine di un'Anita un po' strana. Con Jean-Claude che viene nominato solo due volte e che si ritrova con un nuovo amante. Un po' troppo poco anche per 9 euro e 90 del prezzo del libro. Flirt è praticamente la scusa per inserire il nuovo personaggio di Nicky nelle storie che seguiranno.
Voto: 6 (e sono buona!)

lunedì 24 febbraio 2014

RECENSIONE – BAMBINO 44 DI TOM ROB SMITH

Nell'Unione Sovietica del 1953, Leo è un ufficiale dell'MGB la polizia segreta sovietica, ma soprattutto è un servo del sistema, quel sistema che addestra i suoi adepti alla crudeltà e coltiva le paure del popolo. La vita di ogni cittadino è sotto il costante mirino di una Polizia di Stato, che per il “bene comune” si fa portavoce di una legge che punisce e basta. Sei sospettato? Considerati già morto. Così deve essere. Così è. Leo è stato addestrato per rendere il suo cuore crudele e non c'è altra legge al di fuori di quella di Stalin a cui si deve prestare cieca e sottomessa obbedienza. Quando il figlio di un suo collega viene trovato morto spetta a lui insabbiare il caso, convincendo il padre della vittima che si è trattato di un incidente e non di un omicidio, gli omicidi in Unione Sovietica non esistono. Il piccolo Arkadij è stato travolto da un treno mentre giocava nei pressi della ferrovia, fine della storia, nonostante ci sia una testimone, nonostante ci siano delle tracce e cose non dette e taciute, sotto minaccia. Ma le cose sono andate diversamente. Ci vorrà del tempo, prima che lo stesso Leo, si renda conto che in Unione Sovietica la parola "giustizia", è solo una facciata. Per la Polizia di Stato è molto più facile affibbiare la colpa a qualche emarginato della società, o a qualcuno di momentaneamente scomodo, l'importante è chiudere il caso e uscirne vittoriosi. Invece è proprio perché, in uno Stato liberticida, il crimine non esiste, non deve esistere, che un serial killer può uccidere indisturbato. Leo abituato a non dormire per giorni pur di catturare un sospettato, ad assumere anfetamine pur di non cedere ai normali cali fisiologici tipici dell'essere umano, deciderà di cambiare nel momento in cui il dito dei suoi superiori verrà puntato contro sua moglie. Denunciarla e quindi condannarla, o difenderla e mettere a repentaglio la sua vita e quella dei suoi genitori? Una vita contro tre, la scelta non dovrebbe essere difficile, eppure Leo non vuole più far parte di un sistema capace di mistificare anche un semplice gesto. La ribellione lo porterà all'esilio, al suo re-inquadramento nella Militia, e a scoprire tante cose di se e del suo matrimonio. Ma sa anche che sarà una cosa breve, che non durerà, perché chi lo ha coinvolto in questo scandalo, andrà avanti con il suo processo di punizione, e prima o poi Leo sa che lui e sua moglie Raisa verranno di nuovo sottoposti ad indagine, e messi a morte. L’unica cosa che gli rimane davvero, è quella di fare una giustizia vera catturando il killer, che ormai ha già barbaramente ucciso 45 bambini, tutti con lo stesso modus operandi. "Bambino 44" è veramente un bellissimo romanzo, con una buona dose di thriller, ma non solo. A un'attenta e raggelante ricostruzione storica si aggiunge l'evolversi di un personaggio che da "cattivo" diventerà "buono", co-protagonisti o anche solo comparse ben tratteggiati, una caccia all'uomo ricca di azione e poi un epilogo, quasi commovente, finalmente necessario per espiare definitivamente ogni colpa. La sola copertina è capace di catapultare il lettore nel freddo clima di terrore che lo accompagnerà per 440 pagine: una coltre di neve macchiata di sangue attraversata dai binari di un treno, due indelebili cicatrici lungo l'Unione Sovietica. Voto: 7,5

giovedì 20 febbraio 2014

RECENSIONE – IL TEMPO STREGATO DI ELINOR CHILDE

Il romanzo di Elinor Childe narra la storia di Lady Avice Guerney, rimasta orfana del padre, ricchissimo mercante a solo sei anni. Data in tutela al miglior amico dell’uomo, quest’ultimo non aspetta nemmeno che il suo amico si raffreddi nella sua tomba e dà in sposa la bambina a suo figlio Philip di quattordici anni. Logicamente la giovane età della coppia fa si che il matrimonio non possa essere consumato e che non ci possa essere in fondo, nemmeno una vera vita matrimoniale. Così i due vengono separati, Philip a Londra e Avice a Guerney, fintanto che i due non raggiungano un’età soddisfacente per il matrimonio. Ma gli anni passano, e di Philip a Guerney, nonostante svariati annunci del suo arrivo, lui non arriva mai e la cosa comincia a pesare ad Avice, che ha sue notizie solo attraverso le lettere che lui le scrive. Tutto per Avice è attesa, Philip non c’è mai trattenuto a Londra da chissà cosa. Il giorno del suo sedicesimo compleanno Avice, riceve dalla sua tutrice, “quasi madre” degli arazzi  che sembrano alludere alla sua vita, e la inducono ad interrogarsi sul proprio destino. Delusa e sconfortata dal mancato ritorno dello sposo tante volte annunciato, complice il decesso della sua “quasi madre” che teneva a freno le sue intemperanze, deciderà di andare a Londra ad indagare, a cercare la spiegazione di quell’assenza e di un fatto che l’ha incuriosita e affascinata: il tono delle ultime lettere, dapprima piuttosto scarne e fredde, si è fatto ad un tratto più appassionato e seducente. Avice è mossa dal sospetto di essere vittima di un inganno, e le si presenta l’occasione per uscire dal villaggio dove ha trascorso tutta la sua esistenza, vincere le sue paure  ed avventurarsi nella grande città, assecondando un desiderio di libertà tanto a lungo represso. Ma le strade della capitale non sono un luogo sicuro, soprattutto ora che in molti tramano contro Enrico VII Tudor, asceso al trono al termine della guerra delle Due Rose e considerato da tanti un usurpatore. A Londra Avice incontrerà Aylmer Harcourt, Lord Brando consigliere personale del Re, un personaggio dal fascino ambiguo e magnetico, ma grazie al quale riuscirà ad avere le notizie necessarie sulla sorte di Philip, e potrà fare chiarezza sugli intrighi e i segreti che hanno accompagnato tutta la sua vita. Romanzo storico, scritto abbastanza bene, nulla di eclatante, ma leggibile, scorrevole e storia che sembra plausibile. Per la ricchezza di dettagli descrittivi che fanno mirabilmente rivivere gli ambienti, le abitudini e gli stili di vita delle varie classi sociali dell’epoca fa comprendere che un’accurata indagine storica sia stata fatta. L’unico appunto, che non so se addebitare alla traduzione o alla scrittrice stessa è il numero delle volte in cui ci viene detto quanto grandi siano le mani di Lady Avice, quasi imbarazzante. Mi era venuta la voglia di contarle, ma appena ho superato la ventesima volta ho pensato fosse meglio lasciar stare. Voto: 7,5

giovedì 13 febbraio 2014

RECENSIONE – SINDROME DA CUORE IN SOSPESO DI ALESSIA GAZOLLA



Sindrome da cuore in sospeso è un breve prequel che vede una giovane Alice, ancora studentessa di medicina, alle prese con una decisione fondamentale per la sua carriera: si è resa conto, al quinto anno di università, di non essere tagliata per diventare medico, quindi si chiede cosa farà per non deludere i suoi genitori? Cosa vorrebbe realmente fare della sua vita? Questa gravosa situazione, si risolve con l'uccisione della badante russa di sua nonna e con la conoscenza dell'affascinante dottor Conforti, medico legale incaricato del caso. Alice vede uno spiraglio di luce nella medicina legale che coniuga la sua curiosità con la professione medica che non prevede il rapporto con i pazienti vivi e si butta in questa nuova impresa. Questa recensione sarà breve perché rischio di ripetere ciò che ho già detto per "L'allieva" e per "Un segreto non è per sempre". Alice è la solita ragazza imbranata che mi ha fatto fare un sacco di risate durante la lettura di queste poche pagine, il dottor Conforti è sempre saccente e superbo, ma la nonna della protagonista è uno spasso! Alice e la nonna infatti indagano nel loro modo tutto particolare, sulla morte della badante russa e tra un pettegolezzo, una partita a carte delle vicine e una messa riescono a far luce sul mistero e sul futuro di Alice. Il mio parere è molto positivo anche se mi è dispiaciuto che il libro fosse così breve, volevo saperne di più sul passato di Alice e sulla sua famiglia perché è uno dei miei personaggi preferiti di sempre! Non vedo l'ora di poter leggere il suo prossimo caso! Voto: 7,5 ( mezzo punto in meno solo per la brevità!)

RECENSIONE - THE HELP DI KATHRYN STOCKETT

Pubblicato nel 2009 è diventato immediatamente un best seller in tutto il mondo, The Help di Kathryn Stockett è considerato un classico moderno e possiede tutte le carte in regola per esserlo. Con classe, rispetto e un pizzico di umorismo la Stockett è riuscita a dipingere un variopinto affresco di un triste capitolo della storia Americana, quello della segregazione razziale, infondendo nel libro una serie di importanti messaggi che si imprimono a fuoco nel cuore del lettore. The Help è una storia di indifferenza, coraggio, orgoglio femminile e scomode verità che nessuno vorrebbe ascoltare, ma che una volta udite cambiano ogni cosa. Ambientato a Jackson, Mississippi, del 1960, in cui la segregazione razziale era legalmente regolamentata, The Help è narrato in prima persona e al presente storico da tre forti voci femminili. Tre protagoniste di tutto rispetto che commuovono e divertono con le proprie storie di vita che si intrecceranno fino a creare un nodo stretto e indissolubile che le legherà l’una a l’altra per sempre.  “Skeeter” Eugenia Phelan  torna a Jackson, Mississippi, dove il tempo sembra essersi fermato. I cambiamenti, i venti di libertà che aleggiano da altre parti, lì non si sentono. Puoi ancora essere accecato a forza di botte perché hai solo sbagliato ad andare in bagno, tu nero e sei andato in quello dei bianchi. O ucciso dal Ku Kux Klan davanti ai tuoi figli, sulla porta di casa, perché ti sei permesso di alzare la voce. E’ qui che torna Eugenia dopo la laurea. Eugenia sogna, a differenza delle sue amiche, di costruirsi una carriera, vuole fare la giornalista. Questo darà adito a scontri con sua madre, che la vorrebbe vedere accasata, con un marito e dei figli. Torna a casa pensando di riabbracciare Constantine, la sua tata di colore, che l’ha cresciuta come una madre, ma non la trova. “Se n’è andata da sua sorella”, le dice sua madre, ma Eugenia sa che non è vero. Torna a frequentare le sue amiche di sempre, Elizabeth e Hilly, “indaffarate” con le loro famiglie e i mille progetti della Lega Femminile. Tutte le sue amiche sono sposate, con figli. Questo era quello che desideravano, e hanno ottenuto. Una famiglia propria, un uomo che le mantenga, la possibilità di far parte dell’elite di Jackson, avere dei figli, che non è importante crescere di persona, perché tanto ci sono le domestiche “negre” a farlo. Ma Eugenia non ci sta. I discorsi che fanno le sue amiche, durante noiosissime partite di bridge, sul personale di colore, non le piacciono. Lei voleva veramente bene alla sua Constantine, e queste differenze, queste amenità sulle malattie dei neri, che le sue amiche e soprattutto Hilly, continuano a dichiarare, amenità che parlano di bagni separati, di stoviglie a parte, di bicchieri e forchette personalizzati la turbano. Troverà lavoro nel giornale di Jackson. Dovrà sostituire Miss Myrna nella sua rubrica di economia domestica, questo le permetterà di conoscere Aibileen, domestica della sua amica Elizabeth, e  di instaurare con lei un rapporto all’inizio di collaborazione e poi una forma di amicizia. Sarà proprio il racconto di Aibileen, sul sogno di suo figlio Treelore, morto tragicamente e nell’indifferenza generale,  di scrivere un libro sui neri d’America, a far venire ad Eugenia l’idea di farlo lei. Piano, piano la cosa prenderà piede e anche altre domestiche, incoraggiate dai soprusi delle padrone bianche. Soprattutto cambierà idea Minny, migliore amica di Abileen, conosciuta come la miglior cuoca ma anche come la donna più sfacciata e insolente di tutto il Mississippi. Racconteranno le loro storie, belle e brutte, di domestiche nere che vivono in casa di famiglie bianche, crescendone i figli, amandoli, servendo pasti, pulendo case non loro, il tutto con regole ben delineate, con dei paletti che non si possono superare. Sarà dura per tutte e tre Aibileen, Minny e Skeeter. Rischieranno molto per far uscire il libro, chi la vita, chi l’isolamento sociale, ma lo faranno per un futuro migliore e soprattutto perché il vento della libertà inizia a soffiare. Kathryn Stockett interpreta al meglio la situazione del periodo storico addentrandosi con maestria nelle vicende delle famiglie di Jackson, facendoci conoscere uno spaccato della vita nello stato del Mississippi, con tutte le leggi razziali allora in vigore. Dirà alla fine del suo capolavoro che: “E’ troppo poco (quello che ha fatto) ed è comunque troppo tardi!”. Voto: 8,5

giovedì 6 febbraio 2014

RECENSIONE – L’ANALFABETA CHE SAPEVA CONTARE DI JONAS JONASSON


Attenzione Spoiler (delle prime 50 pagine)

L’autore de “Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve” torna con humor per narrare le avventure improbabili di una bimba prodigio. Se c’è una dote di cui non difetta lo scrittore svedese è la fantasia, né gli manca la predisposizione per lo humor paradossale. Dotato di questo invidiabile bagaglio, ci accompagna in una vicenda fantastica, che vede al suo centro Nombeko, una bambinetta sudafricana nata nel 1961, in pieno apartheid. Allevata nella baraccopoli di Soweto, la piccola sembra destinata ad una vita breve, come accade abitualmente ai neri analfabeti e miseri come lei. Le morti avvengono inevitabilmente a causa di “tubercolosi, polmonite, diarrea, pillole, alcool, o di una combinazione di tutte queste cose messe insieme”. Nombeko, però, è un essere specialissimo: un genio naturale della matematica e più in generale è attratta da ogni forma di conoscenza, che le consentirà di muoversi con straordinaria agilità nelle situazioni più rocambolesche che andrà a vivere nel proseguo del romanzo. Sin da bambina, Nombeko, riesce a farsi largo negli uffici responsabili della gestione latrine di Soweto. Subito dopo imparerà a leggere grazie all’incontro con Thabo, mellifluo imbroglione donnaiolo, che confidando nelle sue capacità affabulatorie ha raggranellato un numero spropositato di diamanti grezzi. Alla sua morte il bottino finisce nelle mani di Nombeko e la ragazzina lascia la baraccopoli con un unico obiettivo: passare il resto dei suoi giorni a leggere nella più grande biblioteca del paese. Ma un incidente d’auto la mette casualmente in contatto con l’ingegnere incaricato dal regime sudafricano di preparare la bomba atomica: in teoria, Nombeko è lì per fare la domestica, in pratica diventa la massima consulente di un uomo catapultato in un ruolo delicatissimo malgrado la sua manifesta incapacità. Sono trascorse solo una cinquantina di pagine dall’inizio e il bello deve ancora venire. Il caso e un’intelligenza superba stanno proiettando l’ex bambina prodigio, ormai adolescente, e tra poco adulta, nel cuore delle più importanti vicende del pianeta: il crollo del comunismo sovietico, la modernizzazione cinese post-maoista, la fine dell’odiosa apartheid sudafricana. Finché troveremo Nombeko dall’altra parte del mondo, nella gelida Svezia, costretta a disfarsi del peggior ingombro che un essere normale possa augurarsi di avere tra le mani: una bomba atomica inesplosa “avanzata” dai test nucleari sudafricani negli anni andati. Chi ama la verosimiglianza forse troverà eccessivo trascinare il lettore dalle iniziali latrine di Soweto fino al viaggio finale in camion di Nombeko, in compagnia del Re svedese e del primo ministro. Ma questo lo sapeva anche Jonas Jonasson. La possibilità che accada, aveva scritto in avvio di romanzo, è statisticamente pari a “una su quarantacinque miliardi seicentosessantasei milioni duecentododicimila ottocento dieci”. Guarda caso, stavolta è andata proprio così. Sarà anche analfabeta, ma Nombeko mostra subito d’essere predisposta per la matematica. Già a 5 anni, quando comincia a trasportare barili di escrementi, li conta per ammazzare il tempo e passa a risolvere calcoli più complicati: “Quindici barili per tre viaggi, per sette scaricatori, più uno che se ne sta senza fare niente perché è troppo ubriaco … fa … 315”. In un mondo in cui ormai anche chi si è laureato fa fatica a risolvere la più semplice addizione o sottrazione, la piccola Nombeko tiene sveglio il cervello proprio grazie all’esercizio matematico, tanto da fondare su questo la sua fortuna. Voto: 7

sabato 1 febbraio 2014

RECENSIONE - LE OSSA DELLA PRINCIPESSA DI ALESSIA GAZZOLA

"Le ossa della principessa" è il quarto romanzo dell'autrice con protagonista Alice Allevi, praticante medico legale imbranatissima, ma con la capacità di risolvere i delitti in cui inciampa. La ritroviamo al lavoro all'Istituto di medicina legale, intristita per la scomparsa di Ambra Negri Dalla Valle, l'Ape Regina, nonostante non avesse un buon rapporto con lei. Anzi. Era la sua più acerrima nemica, sua rivale in amore, braccio destro dell'odiata Wally. E questo è il guaio. Tante volte Alice aveva sperato in silenzio che Ambra scomparisse dalla sua vita, ma lei era l'immortale Ambra, e i suoi erano solo pensieri e parole. Senza le chiacchiere di Ambra, senza la sua voce da orticaria, regna il più assoluto silenzio all'istituto e Alice non ha più muse che la inspirino nella coniazione di inespressi e nuovi insulti, o scuse per isolarsi, anche sul lavoro, con le sue cuffiette ad ascoltare i Coldplay. Senza Ambra, senza la sua mano laccata di fresco, sempre alzata e senza le sue risposte sempre pronte, Alice si sente sola ed indifesa, sempre nel mirino della Wally, che perde puntualmente la pazienza e fa perdere ad Alice il tempo per comprasi un paio di stivali in saldo. L'istituto è il regno. Il professor Malcomess è il Re (ci ha ripensato, non andrà in pensione per ora, e per questo la Wally è ancora più infuriata), Claudio Conforti è il principe ereditario e Arthur è un Lancillotto in visita ufficiale. Naturalmente la Wally è la brutta e cattiva matrigna. Alice dovrebbe essere la principessa, ma i suoi continui disastri le hanno valso il ruolo del giullare di corte. In quel moderno regno irrompono le ossa ritrovate di una principessa senza nome. Ossa dimenticate e sepolte con un vecchio rituale, di cui restano solo brandelli di un maglione rosso ed una moneta nelle tasche, per pagare Caronte il traghettatore dei morti, ed una squallida corona di plastica. Quel cadavere un tempo era una ragazza, Viviana Montosi, con ricordi in comune con l'enigmatica Ambra Negri Della Valle, e con una vita sentimentale vicinissima a quella di Alice: stessi amori sbagliati, stesse indecisioni, stessi cuori lacerati e sospesi. Una ragazza che faceva l'archeologa in oriente, in Palestina, nei sabbiosi campi di Gerico. Questo nuovo caso, ancora in collaborazione con il mitico ispettore Calligaris, fa vivere ad Alice un'altra vita, diversa dalla sua, ma non troppo. Leggendo le e-mail e le agende di Viviana, piene di indizi criptici, la protagonista lascerà che le parole della vittima e i suoi occhi d'innamorata ormai chiusi, la guidino verso la verità, in un funzionale intreccio a più voci che si snoda tra dune, scavi archeologici e grandi ed infelici amori. Dove colpi di scena, di testa e di cuore la fan da padroni assoluti. Il risultato di tutto ciò sono una mattina ed un pomeriggio e poco più trascorsi meravigliosamente in compagnia di questo libro. Un resoconto ora avventuroso, ora esilarante, ora insolitamente mesto. Alice è cresciuta, è cambiata, più adulta, ma con lo spirito amichevole di sempre. La vita nel frattempo le ha portato un po' di saggezza e consapevolezze agrodolci, baci dati per colpa del suo cuore ad un ranocchio immaturo per diventare il suo principe personale. Misteri nuovi. Scoprire se i più sfuggenti siano quelli sulle scene del crimine o quelli raggomitolati nel suo petto, richiederebbe la più approfondita delle indagini. La Allevi stempera il giallo con una dolcezza che non fa danni. E' magica, inaspettata, buffa e leggiadra come un elefante in una cristalleria. L'ho adorata incondizionatamente ancora una volta. Per i frammenti delle canzoni, per nonna Amalia e le sue intuizioni, per Cordelia e la sua "Vuotite" acuta, per la ben ritrovata Yukino e le sue traduzioni dell'italiano, per lo sfrontato Claudio che la ama e la odia allo stesso tempo, per Arthur che la fa impazzire. E ho adorato proprio lei, Alessia Gazzola, che confondo alle volte con il suo personaggio.
Voto: 8,5