martedì 26 novembre 2013

RECENSIONE - LE OSSA DEI PERDUTI DI KATHY REICHS

Siamo a Charlotte. La polizia, su segnalazione di un'insegnante di passaggio, ritrova il corpo di una ragazzina sul ciglio di una strada di periferia poco frequentata. Ad occuparsi delle indagini la Dottoressa Temperance Brennan e l'agente della omicidi Slidell. Non una coppia ben assortita. 
A prima vista sembrerebbe una prostituta sudamericana, immigrata clandestinamente, investita da un'auto pirata. 
Ma non per Temperance, lei non è convinta, e pensa soprattutto alla famiglia della ragazzina, che non ne sa niente e non può neanche piangerla. Non riesce a pensare con lucidità, è preoccupata per sua figlia Kathy, lontana in Afghanistan, che non da notizie da giorni.
Nella borsetta rosa a forma di gatto della ragazzina viene ritrovato un documento appartenente ad un uomo d'affari morto mesi prima nell'incendio del suo negozio.
Chi è questa ragazzina? Che ci faceva a quell'ora di notte su quella strada poco frequentata?
Tempe vuole a tutti i costi scoprire qualcosa per dare una giustizia, seppur post-mortem, a questa vittima, forse di un complotto più vasto di quello che si pensi.
Ma ad un certo punto sarà costretta da abbandonare il caso per recarsi proprio in Afghanistan, dove avrà modo di rivedere Kathy, ma soprattutto dovrà indagare sulla morte sospetta di due civili afghani causata da un militare americano.
In un intreccio ben riuscito Kathy Reichs ci regala un'altra storia verosimile, che affronta un argomento di grande attualità.
Un difetto che imputo a questa scrittrice, che ripete ad ogni libro, è l'uso di un gergo troppo tecnico utilizzato per le spiegazioni scientifiche. Ma non è un fattore importante per la storia in se.
Nonostante gli argomenti trattati il romanzo è ben scritto e molto scorrevole. Ben strutturato l'intreccio della trama del giallo.
Voto: 7/8

lunedì 25 novembre 2013

RECENSIONE – BRIDGET JONES. UN AMORE DI RAGAZZO DI HELEN FIELDING

L’avevamo lasciata a sposarsi con Mark, il sogno della sua vita. Il sogno di ogni Cenerentola moderna. Trovare l’uomo della sua vita, un po’ Mark Darcy un po’ Fitzwilliam Darcy. Ed eravamo felici che ce l’avesse fatta.
Questa recensione vorrei non farla, ma purtroppo devo, nonostante l’affetto che provo per la vecchia Bridget. Quella dei due libri precedenti. Quella che abbiamo conosciuta al buffet freddo a base di tacchino di Una, nel primo libro, quando c’era anche Mark…
Mark… la sua presenza/assenza aleggia su tutto il libro… e pesa moltissimo.
Cominciamo dunque ad analizzare il libro… Bridget è invecchiata, e fin qui è normale. Si è sposata con Mark, hanno avuto due figli, Billy e Mabel. Tutto bene finché lui non è morto. Helen Fielding ha fatto morire Mark dalle prime pagine del libro, ci ha tolto il sogno del lieto fine, venando il libro di una sorta di triste déjà vù.
E’ strano vedere Bridget di nuovo sola, a gestire la sua famiglia a brandelli e il suo corpo che ha superato abbondantemente gli anta.
Ma Bridget ce la fa benissimo. Nessuno di noi avrebbe voluto una eroina in preda ai fumi dell’alcool (quello non manca mai comunque!), agli psicofarmaci o perennemente in seduta dallo psicologo. Però ci aspettavamo sicuramente più casino, soprattutto organizzativo, visto che l’ordine Bridget non sapeva nemmeno cos’era.
Ora è una madre di famiglia, non è più una trent’enne confusa. Ha sempre i vestiti macchiati (anche se troppo poco), e invece delle inseparabili sigarette, mastica gomme Nicorette. Non ci sono più i mutandoni contenitivi, ma diete ipocaloriche in cliniche dell’obesità e vestiti di seta blu.
Le situazioni comiche, che negli altri libri ci hanno fatto ridere fino alle lacrime, ora si portano dietro un velo di impalpabile tristezza impossibile da cancellare. E’ come guardare una fotografia divertente che vi ritrae con un caro amico col quale, però, vi siete persi di vista, sorridete, sì, ma il crampetto allo stomaco lo avvertite lo stesso, e ignorarlo è pressoché impossibile.
Ci sono ancora i vecchi amici di Bridget, Tom e Jude, il vecchio Daniel (che è diventato la sua Baby Sitter preferita), sua madre e Una. Ci sono le tipiche situazioni tragicomiche fatte di cerette inguinali, frasi sconclusionate o comunque dette nei momenti meno opportuni. E poi c’è il suo toy boy, che nonostante tutto, riesce anche a farsi voler bene.
E Bridget? Sempre lei, sempre a dieta, sempre a scrivere ogni cosa che le passa per la mente, più che mai modernizzata, oltre al solito diario, proverà la gioia di Twitter e dei  follower perché si è messa al passo con i tempi.
C’è ancora la sua spontaneità che la contraddistingue, quella che la fa piombare in circostanze impensabili o che le fa dire cose che le donne, nessuna esclusa, pensano ma non hanno mai il coraggio di ammettere. Insomma è invecchiata, è vero, ma è sempre lei. E se da un lato ci viene un po’ di nostalgia a trovarla così, forse era anche giusto. Bridget è cresciuta!
Comunque dispiace dirlo, ma il libro non è un granché … Non si possono eguagliare i primi due … Io Bridget la continuerò a ricordare insieme a Mark Darcy mentre cucina una minestra blu...

Voto: 5

mercoledì 20 novembre 2013

RECENSIONE – IL RICHIAMO DEL CUCULO DI J.K. ROWLING

 Premessa: se non me lo avessero dato da recensire non lo avrei mai comprato, a meno che, con il solito passa parola dei lettori di tutto il mondo, si fosse venuto a sapere che il libro era un bellissimo libro anche se il suo scrittore si chiama Robert Gilbraith e non J. K. Rowling. Il perché la Rowling abbia voluto scriverlo sotto pseudonimo per me rimane oscuro.
Lei è la sola e unica mamma di Harry Potter, e di generazioni di lettori ormai cresciuti, ma sempre affezionati, come se il tempo non fosse mai passato. Questa donna che riuscirebbe a rendere avvincente anche un elenco del telefono; la sola che farebbe un best-seller anche della sua lista della spesa, come se fosse ad acquistare gli ingredienti di un accattivante mistero grande quanto il mondo.
Dopo la prova, ben riuscita de “Il seggio vacante”, in “Il richiamo del cuculo” fonde insieme, con la sua maestria senza uguali, la magia del racconto e l’arte dell’indagine. Torna con un intrigante pseudonimo maschile e con un giallo con la lettera maiuscola: struttura dalle linee che più classiche non si può, stile impeccabile, intreccio sinuoso, personaggi credibili ed incredibili al tempo stesso. Pieno di autentica bellezza, limpida grazia e fumoso charme anche nella tragedia, anche nella morte.
Non c’è sangue, non ci sono sudate corse a perdifiato o sparatorie da gangster, non ci sono figure che rinunciano facilmente al loro aplomb – nemmeno in caso di omicidio doloso.
Lula Landry, ventitré anni, vissuti da bellissimo angelo dalla pelle color cappuccino, finisce i suoi giorni sulla terra perdendo la sua polvere fatata e schiantandosi al suolo, senza più le sue ali di seta pregiata a mantenerla a una spanna dal suolo, lontana da fan asfissianti, paparazzi inopportuni, parenti serpenti e viscidi opportunisti.
Cade dal cielo e, leggera come una piuma, non fa rumore: un tappeto di neve attutisce il rumore, ma non l’impatto. Muore sul colpo, con addosso il suo vestito nuovo. I flash, per l’ultima volta, le illuminano il viso: Lula non sorride.
Con una magia l’autrice ci conduce alla scena successiva, ricordando a tutti che, anche se nascosta sotto falso nome, lei è ovunque. “Il richiamo del cuculo” ha, infatti, un fascino tutto femminile; un ritmo che sembra una danza. Ci sono sfilze di particolari a cui gli uomini non farebbero mai caso, e tutti prendono magicamente vita sotto i nostri occhi. Una ricchezza di particolari, come i salotti lussuosi, gli antichi palazzi, le strade buie, il gossip che uccide. L’autrice porta sul banco degli imputati il mondo intero, oscuro per quanto sfavillante e mette alla berlina un sistema che ispirerà insieme fascino e repulsione.
Riempie di una sottile tristezza, anche se non ha una sua voce, il grande personaggio assente, Lula Landry, riportato in vita dai racconti e dai rumors più disparati, e sembra condurre lei le indagini camminando, sui suoi invisibili tacchi alti, accanto agli altri straordinari protagonisti: per vedere le lacrime macchiate di rimmel del suo sregolato e fragile fidanzato – un riuscito incrocio tra Kurt Cobain e Jim Morrison; per sentire ancora l’adorazione nelle parole di un fratello adottivo in cerca di giustizia e di un simpatico amico stilista; per cercare le sue radici perdute.
Tutti sono colpevoli, tutti sono innocenti. Le tante, ma impercettibili sfumature tra innocenza e colpa sono difficili da cogliere, mai come in questo caso. Si potrebbe riassumere la trama, che si dipana in cinquecento pagine di libro in pochissime righe, senza neanche troppo sforzo, ma sarebbe un errore mortale ritenere questo romanzo un giallo come tanti. Eppure, saltando le sontuose descrizioni e i dialoghi, vi perdereste tutto il resto. Un resto frastagliato, dinamico, palpitante, irriverente e mordace. Favoloso. L’esperienza più bella in assoluto è stata conoscere Cormoran Strike: la sgraziata, ingombrante, incredibile e impresentabile nemesi della Signora in giallo, di Sherlock Holmes e Poirot.
Non ha le caratteristiche dei classici detective americani, bellocci,  tutti stirati e pettinati a puntino. Anzi… Lui è come un bozzetto di Picasso. Non ha le pareti piene di foto con cadaveri sanguinanti, il suo piccolo studio profuma disgustosamente di deodorante al lime. Ci sono un sacco a pelo, un bollitore, un set di tazzine spaiate, uno zaino, che vomita vecchie cravatte, camicie sporche e posacenere traboccanti di cicche di sigaretta. Ha la sua personalità, è la sua casa improvvisata. Con il suo brutto nome e il suo brutto aspetto, Strike è uno dei personaggi più belli e completi incontrati. Ogni Sherlock ha il suo Watson, poi; e Strike ha Robin: adorabile, gentile, trasognata e piena di risorse un po’ una Mary Poppins degli investigatori. Con un brillante all’anulare, coraggio da vendere e un lavoro precario come segretaria, che la spaventa e la esalta in egual misura. Questa strana coppia ci regala costantemente sorrisi, dal momento del loro imbarazzante primo incontro fino al toccante e delicato congedo: complici, professionali, rispettosi. Quasi amici, quasi.
“Il richiamo del cuculo” ha scorrevolezza e leggiadria, lo svolgimento perfetto di un giallo in piena regola, personaggi che impari a chiamare per nome come fossero tuoi amici, o nemici, di sempre. E’ grande e funzionale in tutto, senza mezze misure. La prova “inchiodante” è contenuta alla fine, come accade per ogni mistero che si rispetti. Te lo suggerisce il sorriso vagamente ebete che ti è spuntato in faccia nel frattempo e vorresti egoisticamente che questo ambiguo e imperdibile viaggio per Londra ricominciasse da capo. Aspetto un altro caso. Aspetto un’altra avventura di Cormoran Strike.
Consigliatissimo.

Voto: 9

venerdì 15 novembre 2013

RECENSIONE – L’UOMO DELLA SABBIA DI LARS KEPLER

Mikael Reider,  figlio di un importante scrittore svedese,  svanito nel nulla dodici anni prima insieme alla sorellina, riappare nei sobborghi di Stoccolma in una notte nevosa.
È in evidente stato confusionale, molto provato e denutrito, affetto da legionella e con un braccio sanguinante.
Racconta di essere stato tenuto prigioniero dall'uomo della sabbia, quello che, secondo un’antica leggenda, passa ogni sera nelle camere dei bambini tintinnando le dita di porcellana per controllare che tutti si addormentino dopo avergli  sparso sabbia sugli occhi. Ma Mikael dice anche qualcos'altro: sua sorella Felicia, è ancora viva, ed è tenuta prigioniera dallo stesso uomo della sabbia e lui deve tornare per proteggerla.
Il commissario Joona Linna è convinto che il giovane sia stato rapito da Jurek Walter, un serial killer da lui catturato esattamente dieci anni prima, all'epoca della scomparsa di Mikael.
Rinchiuso da dodici anni in isolamento nell'ospedale psichiatrico di massima sicurezza Lowenstromska (istituto simile ad un carcere), Jurek Walter è stato condannato al trattamento sanitario obbligatorio. Due omicidi gravano sulle sue spalle, ma almeno diciannove persone si teme siano scomparse per causa sua.
Una personalità destabilizzante quella di Jurek Walter, tanto che l'equipe dell'ospedale è invitata a non scambiare nemmeno una parola con il paziente, per via della sua capacità di influenzare gli interlocutori.
A stretto contatto con Jurek ci sarà Anders Ronn, nuovo responsabile del reparto dell'ospedale psichiatrico, personaggio abbastanza meschino, libidinoso e frustrato, che sottovaluterà molto Jurek.
Joona ha sempre sospettato che Jurek avesse un complice, visti i fatti successi in seguito alla sua cattura, ma non ha mai avuto modo di provarlo. In questo volume riusciremo a capire il motivo della finta scomparsa della moglie Summa e della figlia Lumi, dopo averne rivelato qualche particolare nel precedente volume “La testimone del fuoco”.
Dove è stato Mikael in questi anni? Ne aveva dodici anni quando è scomparso e ne sono passati altri dieci. E sua sorella? Riusciranno a trovarla e a riportarla alla vita normale prima che muoia di stenti o di legionella?
Per scoprirlo è necessario conquistarsi la fiducia dello stesso Jurek, sospettato di aver rapito ed ucciso altre persone. Il tempo stringe e bisogna anche ricostruire la vera identità del killer scavando nel suo passato.
Oltre al commissario Joona Linna, ritroviamo coinvolta in prima persona, Saga Bauer, bellissimo personaggio femminile un po’ complesso. Psicologicamente forte e fragile al tempo stesso, Saga viene infiltrata nel manicomio criminale dove Jurek è rinchiuso per cercare di capire dove possa essere Felicia Reider. Dovrà con le sue doti riuscire a coinvolgere Jurek e a farsi aiutare direttamente da lui. Ma riuscirà a coprire il suo passato doloroso e il suo incerto presente ad un tipo machiavellico come Jurek Walter?
Quarta avventura per il commissario di origine finlandese uscito fuori dalle pagine de “L’ipnotista”. Cinquecento pagine a ritmo serrato dove non mancano i colpi di scena. L'uomo della sabbia va dunque immaginato come un romanzo orbitale, in cui molti personaggi ruotano intorno al cattivo della situazione. Prede e cacciatori dovranno contrastare lo strapotere e il fascino di Jurek Walter, un serial killer davvero ben costruito da Lars Kepler.
Sono gli stessi autori a dettare il ritmo della lettura. Capitoli brevi, brevissimi che si divorano, leggendoli, e chiusure ad effetto per accrescerne la suspense con frasi altrettanto brevi. Grazie a questa strategia il lettore si ritrova catturato nella spirale di mistero e di pericolo.
Il lettore, come i personaggi, resta avvinto in un cerchio di vendetta e di sangue. E’ un romanzo avvincente, trascinante, agghiacciante e terribile, che fa leva sulla nostra paura più recondita, quella di perdere chi amiamo. Una delle qualità che apprezzo in maniera particolare di questo duo di scrittori svedesi è la capacità di non dipendere dal protagonista principale. Joona Linna sebbene risulti sempre uno dei pilastri dei loro thriller, in questo racconto, come accade ne “L'ipnotista”, non occupa tutte le pagine del romanzo, nonostante ci sia anche un approfondimento relativo al suo passato.
Ottime inoltre le atmosfere gelide e oscure che rendono L'uomo della sabbia, un thriller all'altezza dei precedenti romanzi dello stesso autore.
Voto: 8

lunedì 11 novembre 2013

RECENSIONE – UNA PARTICOLARE SPECIE DI ATTRAZIONE di SAVANNA FOX

Vi ricordate il libro “Una particolare specie di tentazione”? Anche se non era un libro dalla grande attrattiva spero che vi ricordiate almeno la mia recensione. Beh … siamo al secondo capitolo della serie “Una particolare specie di attrazione”. Ritornano le quattro amiche del club del libro e come l’altra volta una emerge e le altre fanno da sfondo alla storia. Più originale del primo, ma come sempre si può parlare di cose già viste e lette. Una scrittura semplice e a tratti ben fatta.
Come già detto nella scorsa recensione la protagonista di questo romanzo è Kim, cinese di Hong Kong, che dovrà entro un paio di mesi tornare a casa dai suoi genitori (che palle!) e prendere in mano la loro azienda, cosa che lei non avrebbe nessuna intenzione di fare, o quanto meno presentargli un piano aziendale di un progetto tutto suo da realizzare.
Nel mezzo di tutto questo c’è il club del libro. Stavolta il libro da leggere è di nuovo un libro erotico (le ragazze ci hanno preso gusto) e a scegliere è di nuovo Marielle. Il libro parlerà di aitanti cowboy, con un titolo molto, molto esplicito “Cavalcala cowboy”.
Per entrare nel merito del libro Marielle propone una gita fuori porta per andare a vedere un rodeo ed entrare nell’atmosfera. Con un po’ di ritrosia anche Kim, cittadina a tutti gli effetti accetta di partecipare.
Alla fine del rodeo Kim, Marielle, Lily e Georgia faranno la conoscenza dei due grandi campioni del rodeo in un pub. E li la serata si svolgerà tra balli, canzoni country e birre a volontà (la nostra Kim non regge l’alcool ricordiamocelo!).
E da qui inizia la vera storia. Kim che aveva visto Ty durante le sue performance lo vede dal vivo e scopre che non è niente male. Lasciata sola dalle sue amiche, leggermente alticcia, alla fine avrà anche lei la sua nottata di sesso alla grande, tranne poi pentirsene, e tanto la mattina dopo. Infatti lei e Ty non hanno assolutamente niente in comune. Lui è un cowboy fatto e finito, campione di rodei, possiede un ranch e adora la vita di campagna. Lei è una studentessa d’arte, cittadina fino al midollo, a cui piace la città e adora tutte le sue comodità e dovrà tornare per forza ad Hong Kong. (Questa tiritera ci verrà ripetuta ad ogni pagina di libro).
E’ una classica storia tra opposti ed entrambi i protagonisti hanno un buon potenziale ma la parte femminile risulta purtroppo pedante e decisamente immatura. L’attrazione tra i due inizia sopra le righe e solo poi si sviluppa descrivendo i retroscena e le storie individuali, un amore intenso con un finale romantico ma un po’ affrettato. La passione, è senza dubbio la protagonista della storia, più di Kim che per quanto abbia dei lati originali, artistici e con tanto potenziale non coinvolge, perché sembra una bambina petulante e le manca solo di battere i piedi per terra. (Questa storia della famiglia, di non deluderla, del fatto che deve tornare a tutti i costi ad Hong Kong e sposare un cinese, che deve fare per forza quello che le dicono i genitori, alla lunga può anche sembrare inverosimile! Anzi lo è! Tant’è che la trattano da cretina anche le sue amiche!)
Un romanzo veloce e una lettura leggera ma la mia impressione è che l’autrice abbia voluto inserire passione, sentimento, personaggi complessi e qualche bella lezione di vita ma in modo un po’ sbilanciato dando risalto prevalentemente alla parte erotica e descrivendo in modo superficiale altri elementi che avrebbero reso il libro ben più valido. Con un mix di dolcezza e sensualità la storia prosegue in modo semplice, una perfetta lettura di evasione con l’innegabile aggiunta del fascino dei cowboy e del mondo dei rodei, un’ambientazione decisamente diversa che dona un carattere in più alla trama e con qualche spunto di riflessione molto valido sulle scelte e sulla famiglia.

Voto: 6-------- (due meno in più dell’altra volta!).

venerdì 8 novembre 2013

RECENSIONE – IL DIARIO DI MR. DARCY DI AMANDA GRANGE

E’ l’anno del bicentenario di “Orgoglio e Pregiudizio”, quindi ci saranno sicuramente molti scrittori e scrittrici che si cimenteranno nel farci rivivere in qualche modo le gesta di Elizabeth e Darcy, di Jane e Bingley, di Mrs. Bennet e delle sue figlie, di Longbourne, Netherfield e Pemberley. Molti scritti sono riusciti, altri meno.
Questo romanzo di Amanda Grange lo possiamo annettere tra quelli riusciti.
Ci ritroviamo di nuovo ai tempi della reggenza, con i nostri eroi. La storia, questa volta, è raccontata dal punto di vista di Mr. Darcy, sotto forma di un diario, che mi è sembrata un’idea azzeccata visto il personaggio metodico e sempre sotto controllo che è il nostro eroe.
Per chi ama la Austen e avrebbe voluto sapere cosa effettivamente pensava Mr. Darcy mentre era lontano da Elizabeth, come se ne fosse innamorato, cosa pensava dei suoi sentimenti, cos’era a turbarlo fino nel profondo, questo è il romanzo giusto.
Come tutti ben sappiamo Mr. Darcy ci è stato disegnato dalla Austen come un essere caparbio, testardo, cocciuto ed orgoglioso, tranne poi consegnarcelo sotto una luce diversa, cambiato in meglio da Elizabeth e dal suo amore per lei. E così ci appare anche in questo romanzo. La stessa cocciutaggine, la stessa testardaggine … Bellissimo il momento della richiesta di matrimonio e del rifiuto di Elizabeth. Lui non riesce a capacitarsi cosa c’era di sbagliato in quello che ha detto e fatto, ma i suoi amici e parenti, Bingley e il colonnello Fitzwilliam gli faranno notare i suoi errori, le sue mancanze e scopre di non essere poi quel gentiluomo che credeva.
In questo romanzo, a differenza di quello della Austen, siamo molto più a contatto con la vita che avrebbe vissuto qualsiasi gentiluomo dell’epoca, facoltoso come Mr. Darcy. Di tutti i balli a cui era quasi costretto a partecipare, di tutte le gentildonne che gli venivano proposte come probabili mogli, molte somiglianti a Caroline Bingley. Notiamo anche molto di più il ruolo voluto in quel tempo dalla donna. La donna non doveva essere intelligente, ma raffinata. Doveva saper ricamare, cantare, suonare, disegnare, qualche parola di francese, avere una bella scrittura e forse leggere qualche libro, ma l’intelligenza era una cosa superflua. Ed ecco perché Elizabeth, seppur nella sua poca raffinatezza, risulta diversa agli occhi di Darcy. Elizabeth mostra di essere intelligente e di saperlo contrastare nei discorsi, quando un’altra dama (nel romanzo ne avremo un assaggio!) avrebbe risposto a malapena e a monosillabi.
Viene particolareggiato il personaggio di Caroline Bingley. Il suo pensiero più recondito viene messo a nudo. La speranza che la sua famiglia si unisca a quella dei Darcy con un doppio matrimonio, quello suo con Darcy e quello di suo fratello con Georgiana. Tocchiamo con mano la sua gelosia e la sua spocchiosità.
Mi sarebbe piaciuto che il personaggio di Anne, trattato solo alla fine, fosse più sviluppato. L’autrice ci porta a pensare ad una storia con il colonnello Fitzwilliam e con un’uscita di scena della zia Catherine piena di stizza.
Lo scritto è scorrevole e di facile lettura. La scrittrice ha saputo ricreare la storia attraverso gli occhi di Darcy con una minuziosa ricerca delle date per stilare al meglio il diario.
Bello anche il tormento di Darcy, che non si capacita come possa essersi innamorato di Elizabeth, una persona così inferiore a lui, il suo combattere questo sentimento quasi con ferocia. Ma è una guerra contro se stesso che ingaggia, perdendola. Bellissima la frase: “Oggi non ho pensato quasi per niente ad Elizabeth. Soltanto una dozzina di volte”.
Mi è piaciuta l’accortezza nei dettagli e lo spirito aggressivo e temerario nel raccontare la storia da un punto di vista diverso.
Voto: 7,5


mercoledì 6 novembre 2013

RECENSIONE - IL FERRO DA STIRO DI GIANNI SIMONI

Inizio con il dire che questo libro mi ha lasciata un po’ perplessa. Il motivo è semplice: nelle prime 130 pagine di indagini non se ne parla. Troviamo Il commissario Miceli alle prese con l’impatto emotivo causato dall'avvicinarsi della pensione, che scopre che a succedergli sarà Grazia Bruni. Quest’ultima suscita la gelosia delle mogli di Petri e dello stesso Miceli che complottano per renderle la vita più semplice. Così fra scaramucce familiari, notti passate sul divano e tentativi di riconciliazione, scopriamo un Petri inedito e molto disinibito. Nello stesso tempo, il commissario Miceli accusa un fastidio alla prostata che lo costringe a peregrinare fra ospedali e farmacie, accompagnato dell’ex magistrato a cui prende paura e si converte di nuovo all'uso della pipa e all'acqua naturale. Ormai in odor di pensione, il commissario Miceli, che, sarebbe felice di chiudere la carriera in tutta calma e serenità, l’ultima cosa che si aspetta a due settimane dal meritato riposo è che proprio il suo più caro amico, Petri, gli piombi in ufficio con una rogna.
Ma Petri, al contrario di Miceli, non perde occasione per inseguire il colpevole di turno, e questa volta il pretesto gli giunge davvero per caso: un ferro da stiro preso in prestito presso un elettricista, in sostituzione di quello guasto di Anna, sul quale spiccano alcune piccole macchioline rosse. Ruggine o sangue? Un indizio assai labile, forse anche trascurabile, ma i due non aspettano tempo e attraverso una rapida analisi della Scientifica, non è difficile avere la risposta: con quel ferro da stiro è stato colpito qualcuno, forse ucciso. Da qui prende l’avvio una complicata indagine per ricostruire a ritroso la strana storia di quel ferro da stiro e, soprattutto, dei suoi proprietari. E’ un caso di omicidio? Riusciranno i due a chiarire tutti gli aspetti di una vicenda intricata e dolorosa, prima che Miceli debba passare il testimone?
I dialoghi e le atmosfere cui l’autore ci ha abituato li ritroviamo anche in questo romanzo. Miceli e Petri formano la solita coppia ben affiatata, ognuno preso dalle proprie preoccupazioni, ma entrambi disposti ad andare fino in fondo per scoprire la verità. L’ex giudice non perde ancora una volta occasione per dare sfogo al suo anticlericalismo, almeno nell'occasione specifica fondato. Inoltre i suoi battibecchi con la domestica Assunta, schierata dalla parte della moglie Anna, sono delle gemme di pura comicità.
Le lettura si dimostra quindi piacevole come sempre, ma resta quella parte iniziale di cui, francamente, mi è sfuggito il senso.

Voto: 7,5

domenica 3 novembre 2013

RECENSIONE - UNA SERA A PARIGI di NICOLAS BARREAU

La romantica Parigi fa da sottofondo alla storia dei due protagonisti. Alain, che nel romanzo è la voce narrante della storia, proprietario di un piccolo cinema d'essai, dove non si vendono i popcorn e vengono riproposti vecchi film d'autore e dove, soprattutto il mercoledì la fanno da padrone i film d'amore. E lei, che all'inizio la conosciamo come la ragazza col cappotto rosso, che si siede sempre alla fila 17, e frequenta sempre il secondo spettacolo del mercoledì.
Finalmente una sera, dopo le insistenze del suo amico Robert, un astrofisico sciupa-femmine, Alain si decide ad avvicinarla e ad invitarla a bere qualcosa. Lei timidamente accetta. Passano una bellissima serata, si raccontano tante cose e finiscono a baciarsi sotto casa di lei, sotto un albero di castagne. Sono di già innamorati. Lei però deve assentarsi per una settimana, deve andare a trovare sua zia in Britannia, ma gli da appuntamento per il mercoledì successivo al cinema. Gli lascia una lettera dove gli dice tutto ciò. Lettera che Alain conserverà con molta cura e che leggerà almeno un centinaio di volte. Lui almeno, è già innamorato.
Tutto sembra girare per il verso giusto, perché la sera dopo Alain ha la fortuna di incontrare il famoso regista americano Allan Wood e la famosa attrice francese, trasferitasi in America, Solene Avril. Gli fanno una proposta a cui non può dire di no. Utilizzare il suo cinema per delle riprese di un film "Ricordando Parigi", dietro lauto compenso e con una pubblicità gratuita che gli consentirà di riempire il cinema, dapprima di curiosi e poi di veri cultori del genere.
Se la mattina precedente si era svegliato felicissimo dopo la serata con Melanie e soprattutto dopo aver ricevuto la sua lettera,  con la consapevolezza che le riprese del film avrebbero portato qualcosa di buono, il nostro eroe, una settimana dopo è uno straccio d'uomo.
Melanie è scomparsa non si è presentata all'appuntamento fissato. Non ha più notizie di lei e non sa nemmeno come rintracciarla. Non ha un telefono, un indizio, nemmeno il suo cognome.
Comincia così una sorta di caccia al tesoro per Parigi, descritta magistralmente da Nicolas Barreau, tant'è che sembra di essere lì presenti e girare per le sue strade insieme ad Alain.
Si fanno strada una serie di supposizioni, mentre Alain si strugge per la mancanza di notizie.
Alain è un bel personaggio. Non è il classico uomo piacente e tutto muscoli. Soprattutto è un insicuro, un imbranato, ma molto dolce. Si prepara i discorsi ma inevitabilmente li dimentica, è un imperfetto, ma fa di tutto per dare il massimo.
Melanie mi è sembrata un po' vuota. Troppo sensibile, un po' retrò. Barreau nonostante tutto sa darle un tocco di credibilità.
Alla fine si scoprirà che Melanie non si è presentata al famoso appuntamento con Alain per qualcosa che gravita attorno alle riprese del film. Ma tutto si sistemerà con il solito tocco magico offertoci da Barreau.
E' un libro molto aulico, leggero e dolce. E' forse una storia improbabile, ma non impossibile e i personaggi potrebbero essere veri.
Inoltre ho apprezzato i toni di questo romanzo. Un grande amore, ma senza accenni a passioni travolgenti. Solo sentimenti.
Voto: 8

RECENSIONE - CENTO SFACCETTATURE DI MR. DIAMONDS. SMAGLIANTE vol. 2 di EMMA GREEN

Il bellissimo Gabriel Diamonds ha trascinato la giovane e graziosa Amandine nel suo mondo voluttuoso, fatto di lusso e di piacere. Ma anche di dubbi, d'impazienza e di paura di perdere l'altro.
Perché non bisogna mai dare nulla per scontato con l'enigmatico Mr. Diamonds.
Fino a dove sarà pronta a spingersi Amandine?
Il rischio è quello di perdere Gabriel o di perdere se stessa?
Visto e rivisto...
Voto: 3

RECENSIONE - CENTO SFACCETTATURE DI MR. DIAMONDS. LUMINOSO vol. 1 di EMMA GREEN

Amandine è una giovane giornalista che lavora per una rivista di enologia. Per sua fortuna o sfortuna il suo capo la manda ad intervistare una "Primula Rossa" del settore, Mr. Gabriel Diamonds. Famoso enologo che possiede una bellissima proprietà ad Angouleme, dove sta per dare una festa per pubblicizzare i suoi vini. Solo pochi eletti sono scelti per questa specie di festa e Amandine è una di loro, solo perché il suo capo non può andare. 
Durante il viaggio in treno cerca notizie sul personaggio in modo da buttare giù qualche domanda, ma appena vede la sua foto Amandine pensa che sia proprio un bell'uomo, ma molto, molto discreto, visto che nessun sito di gossip parla di lui. 
Complice il dondolio del treno Amandine si addormenta e sogna un Mr. Diamonds in versione cavaliere. 
Appena arriva nella proprietà viene notata subito da Mr. Diamonds, che non perde tempo e la guida alla scoperta di un mondo fatto di lusso, di piaceri e soprattutto di rapporti carnali e voluttuosi e insaziabili. 
Per Amandine si aprono le porte del desiderio. Resta da vedere dove la condurranno.
Voto: 4

RECENSIONE - CONTRATTO DI PASSIONE di JENNIFER PROBST (Vol. 3)

Serie dei "Contratti" parte 3ª.
Questa volta la storia è incentrata sul rapporto tra Maximus Gray e Carolina Conte, la piccola di casa.
Alla fine del secondo romanzo, l'avevamo lasciata con il Libro di Magia di Alexa e il suoi incantesimo pronto. Stavolta non è una lista di tutte le cose che vorrebbe che un uomo avesse, che Carolina presenterà a Madre Terra, ma non darà altra scelta, scriverà il nome dell'uomo che ama da sempre, quello di Max.
Da allora sono passati tre anni. Carolina è una donna fatta, va  verso i trent'anni (ne ha 26!), ma viene ancora trattata come un'idiota!
Io non riesco a capire questa autrice come faccia a descrivere Bergamo come fosse un paese del sud del 1800!
Così retrogradi, dove una a 26 anni non può scegliere da sola quello che cavolo fare nella vita, perché il paese sparla, mi sembra un tantino esagerato!
Va bene il "Libro di Magia", ma perché l'autrice non si informa un attimo su com'è Bergamo nel 2013?
La storia: Carolina è cotta da sempre di Maximus, detto Max (anche questo essere italiani e poi avere i nomi e cognomi americani o anglosassoni non l'ho capita!), ma lui l'ha sempre trattata come la sorellina minore, con rispetto e come un esserino da difendere, perché anche se non fa parte della famiglia Conte legalmente, lui si sente uno di loro. Soprattutto con Michael che per lui è un fratello, e quello che Michael dice è Vangelo. Quindi, quando quest'ultimo gli impone di svezzare Carolina e di farla diventare una grande manager, storce un po' il naso per il ruolo di balia, ma poi accetta; un po' perché deve, un po' perché pensa che ne potrebbe trarne un vantaggio, prima o poi.
Quando Carolina arriva, Max scopre che le cose potrebbero andare differentemente da come le aveva programmate. Carolina non è più la bambolina sottomessa che ricordava a Bergamo, ma una donna decisa a prendere in mano la sua vita.
Tra un battibecco e l'altro i due opposti si attraggono.
Carolina sfida Max e Max cerca di rintuzzare come può, spesso nascondendosi nel "volere" di Michael.
Carolina vuole di più e non stenta a chiedere a Max quello che vuole. Lui rifiuta più e più volte. Dice a se stesso che non è l'uomo giusto per lei, ma il vero problema è che lui non sa tenersi un rapporto perché pensa di essere come suo padre. Un uomo che ha avuto una relazione con sua madre e che l'ha abbandonata appena dopo la sua nascita disobbligandosi con del denaro, non pensando di rovinare la vita di quella donna, guardata male da tutto il paese. (Mah!)
Causa viaggio di lavoro a Las Vegas i nostri eroi vengono a un compromesso, una sola notte di gran sesso e poi amici come prima.
Ma... C'è sempre un ma. Ci si mette contro la sorte nella persona della Gran Matrona Conte, che chissà come, riesce ad entrare nella camera d'albergo della figlia e ci scopre Max in mutande e sua figlia nuda nel letto.
E qui siamo all'inverosimile... al matrimonio riparatore... Cavolo... una a 26 anni non può farsi una trombata che arriva la mamma con l'indice puntato?
Beh che dire... Maximus combattuto ma con la paura che la sua mammina lo venga a sapere e si dispiaccia tanto del suo comportamento che ricalca quello paterno, accetta e Carolina??? Beh è una brava figliola e fa quello che la mamma le dice... quindi si sposa! D'altronde è a Las Vegas!!!
Ma al ritorno Carolina non è contenta, d'altronde Max l'ha sposata solo perché costretto e non perché  è innamorato di lei.
Tra un tira e molla di qua, una colomba ferita di là, lei che lascia lui, lascia il lavoro e riprende a dipingere, tra qualche seduta di sesso spinto, le cose tra i due si rinsalderanno, i dubbi si chiariranno e tutti vivranno felici e contenti!
A proposito... ci sono altre due sorelle Conte da sistemare, Giulia e Valeria. Quindi altri due volumi.
La prossima sarà Giulia, perché se ne parla già alla fine di questo volume e l'uomo, anche se in secondo piano, potremmo averlo già incontrato in questo terzo capitolo della saga.
Voto: 3