mercoledì 15 dicembre 2021

RECENSIONE - Il commissario Maugeri e il pianista russo di Fulvio Capezzuoli

 

Settimo volume della saga del Commissario Maugeri.
Come in tutte le altre puntate, l’azione di svolge nel primo dopoguerra, esattamente nel 1949 in una caldissima estate milanese.
Un pianista russo, Ivan Golubev, mentre sta tornando in albergo dopo la sua esibizione alla Festa dell’Unità a Milano non proprio di successo, si imbatte nel cadavere di un uomo. Viene arrestato per l’omicidio di quest’ultimo, ma rimesso in libertà un paio di giorni dopo, per l’intervento del Consolato Sovietico di Milano.
Il commissario Maugeri viene mandato a liberare il pianista dalle grinfie del suo omonimo Aiello, dai suoi superiori. Appena lo conosce lo sente salutare perfettamente in italiano, quindi accompagnandolo in albergo in automobile, apprende dal pianista, che lui non è propriamente un pianista, ma uno studioso d’arte e che soprattutto è preparato sull’arte medievale del Quattordicesimo e Quindicesimo secolo.

Il clima da guerra fredda tra gli stati non permette fraintendimenti o scuse, e Maugeri è chiamato a svolgere un compito, che oltre ad essere diplomatico, deve comunque rispettare allo stesso tempo le indagini, perché il pianista è comunque un sospettato.
Il delitto in cui si trova coinvolto Golubev, è solo il primo dei tanti problemi che Maugeri si troverà ad affrontare: un esperto d’arte responsabile di una galleria, viene trovato morto e il pianista appena scagionato, sembra essere coinvolto.
Maugeri insieme ai suoi fidi Valenti e Palumbo, si ritrova coinvolto in strani traffici di opere d’arte e cimeli appartenuti alle ricche famiglie ebree sterminate dai nazisti che lo porterà a ricordare la guerra finita da pochi anni.
Riuscirà Maugeri a chiudere l’indagine prima di partire per le agognate ferie, o la povera moglie Giovanna, sarà costretta a viverle da separati, mentre il marito aspetta notizie davanti ad un telefono nella hall dell’albergo?

Mi è piaciuto molto questo piccolo gioiellino di Capezzuoli, si legge benissimo anche se non si è letto i precedenti episodi. Scritto molto bene, di facile lettura, con una trama gialla congegnata alla perfezione. Un romanzo che appassiona e con un ritmo cadenzato, che trasporta il lettore in un’atmosfera coinvolgente in cui il periodo storico del dopoguerra diventa non solo sfondo, ma protagonista assoluto.
La soluzione del giallo non è proprio a portata di mano, anzi, il lettore è invogliato a proseguire nella lettura proprio perché l’assassino non è poi così facile da individuare, né per Maugeri, né per chi legge.
Belli i personaggi di contorno, Palumbo e Valenti, collaboratori che svolgono un ruolo importante nella storia, anche se non sono caratterizzati fisicamente, bello il periodo storico preso in considerazione, quando ancora non c’erano cellulari e internet e le indagini andavano di pari passo con quello che si aveva a disposizione. Gli eventi raccontati con metodo e precisione rendono scorrevole la lettura e a Maugeri ci si affeziona.
Lo consiglio vivamente agli amanti del giallo classico, quelli dove l’indagine è il fondamento principale della storia.

Silvia Marcaurelio

giovedì 2 dicembre 2021

RECENSIONE - L'ordine delle cose di Linda Tugnoli



Secondo volume della serie dedicata al giardiniere detective, Guido Boggio-Martinet, nato dalla finissima penna di Linda Tugnoli.
Anni ottanta, 1984 per la precisione.
Guido è un giardiniere attento, a cui piace fare le cose per bene, a cui non piacciono i fiori chiassosi, e soprattutto i fiori comprati. Non hanno più profumo, non hanno più anima.
E lui di profumo se ne intende visto che pochi anni prima era un “naso” profumiere niente meno che a Parigi, la città dei profumi.
È tornato nella Valle Cervo, la valle che lo ha visto crescere e anche andare via in una delle metropoli più grandi del mondo. Tornato a casa dopo una disgrazia, che anche in questo secondo volume non riusciremo del tutto a capire, Guido ha impostato una routine giornaliera: la sua modesta cascina, i suoi cani capoccioni, i botta e risposta col Carlin, il vicino di casa, il caffè dalla Rita, due chiacchiere con Giovannino, il nipote autistico della barista, e il suo lavoro da giardiniere tre volte alla settimana alla villa, dove incontra anche il suo unico amico, il vecchio Osvaldo, che la mattina gli fa trovare il caffè caldo, ma solo se arriva in orario.
Ma una mattina in orario non ci arriva, perché al bar incontra niente di meno che il Commissario siciliano, quello che nel primo volume aveva tentato di accusarlo dell’omicidio di una donna. Questa volta il commissario è alla ricerca di un parere di un esperto per un omicidio di cui non riesce a venire a capo.

La morta è un’altra donna, Franca Costa, ritrovata in un parco a Biella, uccisa facendola cadere da un terrazzino, in un’aiuola sottostante.
Guido non ha proprio voglia di dare retta al commissario, che non gli sta proprio simpaticissimo, soprattutto quando lo scruta, e sembra leggergli dentro tutte le paure che si porta dietro da quando è morta Claire.
La deceduta però aveva nella tasca del vestito una bustina con dei semi, ed è per questo che il commissario sollecita il suo parere di esperto.
Guido di primo acchito non riconosce i semi che questi le mostra, ma la cosa comincia ad incuriosirlo, soprattutto quando scopre che la morta era una vecchia abitante della Valle, trasferitasi da bambina in città. L’uomo è sempre inseguito dalle ossessioni e quando si fissa su una cosa da portare a termine non ci sono dubbi che lui alla fine deve arrivare.
Le indagini del commissario proseguono anche con l’aiuto dello stesso Guido, tra giardini botanici e visite in città. Ma Guido delle volte ha delle intuizioni, che ha paura di tirare fuori, perché, come sempre sembrano metterlo in mezzo a situazioni in cui non vorrebbe essere.
Tra l’altro i semi che la donna aveva in tasca si rivelano essere un bel rompicapo, visto che sono tutti di piante infestanti che nessuno si sognerebbe mai di piantare in un giardino o in un parco. Ma chi era veramente Franca Costa, la donna dei semi?
Sembrava avere una vita veramente perfetta. Una casa, un lavoro, un marito. Un marito d’oro a quanto dice sua madre. Tutto perfetto, tutto ordinato, ma è poi così vero?

“L’ordine delle cose” è un giallo perfetto. Una storia nella storia, nella storia. Perché mentre leggi scopri la storia della Valle Cervo con i suoi usi e costumi, la storia di Guido che piano piano si dipana, la storia del commissario di cui finalmente conosceremo il nome, la storia di Giovannino e della sua passione per la musica, le storie partorite dalla mente di Guido, per la mancanza di Marta, la storia dell’Osvaldo e dei suoi rimbrotti, e la storia di Franca Costa, della sua vita e della sua morte.
La storia di un passato a noi vicino che ci sembra anche molto lontano. Un passato senza cellulari, senza tv satellitare, senza internet, con la mitica 127 di Guido col finestrino tenuto su col cacciavite, con le case senza riscaldamenti e senza corrente elettrica. Un passato di profumi che noi non sentiamo più: quelli dei boschi e dei fiori. Il dialetto della Valle, di cui ogni tanto leggiamo qualche frase. Tutte cose che abbiamo perso nel tempo, ma che la Tugnoli è brava a raccontarci e a farcele ricordare con piacere e nostalgia.
Non posso che dirle “brava!”, perché il secondo appuntamento non è mai facile!
Consigliato.

Silvia Marcaurelio