lunedì 7 maggio 2018

RECENSIONE - I Beati Paoli di Luigi Natoli


Questo romanzo viene pubblicato a cavallo tra il 1909 e il 1910. Sfondo del racconto è la bellissima Sicilia del diciottesimo secolo tra regni spagnoli e sabaudi, dove la nobiltà la faceva da padrone e il popolino era ignorante e schiavo. Ma come in tutte le storie che si rispettino, c’è sempre qualche persona “illuminata”, che nonostante il suo ceto elevato, considera ingiustizie tutte le cattiverie e i soprusi che il popolo vessato deve subire in silenzio, pena il carcere o la morte. C’è qualcuno che lavora nell’ombra e rende giustizia. Persone che non si conoscono tra di loro, perché agiscono sempre a volto coperto. Istituiscono processi, condannano ed eseguono sentenze, secondo la loro giustizia, quella dei Beati Paoli. La storia si apre nel gennaio del 1698, durante i festeggiamenti per la fine della guerra tra Spagna e Francia. Don Raimondo Albamonte, secondogenito di nobile stirpe, destinato all’avvocatura di Stato, non ha mai amato il Duca Emanuele, suo fratello, nonostante questi non gli abbia mai precluso nulla. Viene a sapere che suo fratello è morto in un’ultima battaglia, ma il suo disappunto è grande. Non è lui  che erediterà il titolo e i possedimenti degli Albamonte. Sua cognata Aloisia è incinta e a meno che non sia una femmina, il titolo andrà ad un lattante a cui dovrà baciare la mano. Appena sua cognata partorisce, un maschio che verrà chiamato come il padre Emanuele, Don Raimondo, con tutti mezzi illeciti, cercherà di uccidere la donna e il figlio, per arrogare a se il potere e tutto quello che ne deriverà in termine di soldi e possedimenti. Ritroviamo, nella seconda parte del libro, Don Raimondo ormai divenuto da tempo Duca della Motta, impegnato in altri festeggiamenti, quelli per l’incoronazione di Vittorio Amedeo di Savoia come Re di Sicilia. Impegnato a cercare di entrare nelle grazie del nuovo re, ma anche spaventato da oscure minacce che gli vengono recapitate nel suo ufficio o addirittura nel suo palazzo. Qualcuno conosce il suo segreto, le sue malefatte, la sua usurpazione del titolo. Entrano a questo punto in scena i personaggi che definire comprimari è difficile, per quanta parte hanno nella storia, alcuni dei quali sono realmente esistiti. Donna Gabriella, moglie del Duca della Motta è una bellissima donna e nonostante sia sposata ad un nobile importante è contornata da un “codazzo” di uomini che vorrebbero entrare nelle sue grazie, ma che lei, nonostante faccia un po’ la civetta, non ha mai considerato, anche se il suo è sicuramente solo un matrimonio di facciata. Il Duca, suo marito, è molto più vecchio di lei, è già stato sposato e ha una figlia adolescente. Dal nulla o quasi, spunta un ragazzo molto bello, Blasco da Castiglione, che in un modo un po’ somigliante a D’Artagnan entra in contatto con la nobiltà di Palermo e con la stessa contessa. Un frate sa che Blasco nasconde una parentela eccelsa e lo presenterà a quello che dovrebbe essere suo zio, il Duca Raimondo della Motta. Che Donna Gabriella noti la differenza di beltà tra Blasco e suo marito non c’è nemmeno da dirlo, ma che Blasco non approfitti della situazione, in quanto animo candidissimo, nemmeno la duchessa lo avrebbe previsto. Don Raimondo, non è uno stupido, e ha notato la forte somiglianza di Blasco con suo fratello Emanuele, e pensa di tenerlo legato a se in qualche modo. Ma Blasco, preferirà andare via dalla casa per non compromettere Donna Gabriella, e si trasferirà da un nobile che si è rivelato un vero amico, il nobile signore Coriolano della Floresta. Una sorte diversa avrà un altro personaggio, Emanuele, nipote di don Girolamo Ammirata, di cui sapremo subito essere il figlio scomparso e non morto di Donna Aloisia e Don Emanuele, quindi il vero erede del ducato della Motta. Peripezie, avventure, duelli e tribunali segreti, condanne, sentenze e uomini incappucciati. Travestimenti, tradimenti e giuramenti di sangue. Un po’ tra Il conte di Montecristo, I tre moschettieri e Robin Hood, cui sicuramente il Natoli ha dato più di un’occhiata e da cui ha attinto più di qualcosa.
“- Signore, - esclamò, - non avete forse alcun interesse per la vostra gola? Volete giocarla? Sono a vostra disposizione …
-       Voi dovete una spiegazione anche a me …
-       Non ve la negherò. Quando vorrete … - rispose Blasco.
-       Oggi alle quattro …
-       Vi domando perdono; alle quattro sono impegnato con un altro cavaliere della guardia reale sulla spianata dei Cappuccini. Vi prego di favorire là per le quattro e mezzo.
Se ne andò, lasciando i due nuovi avversari che si guardavano sorpresi, e pensando:
-       Adesso ne ho tre sulle braccia: andiamo a cercare questo testimonio benedetto.”
Molto belle le descrizioni della Palermo seicentesca di cui tutt’ora si possono ammirare tutti i palazzi che vengono nominati nella storia. Bello l’intreccio storico ai personaggi fittizi, ma di qui a dire che questo romanzo sia il vademecum della mafia odierna ce ne passa. Voto: 7

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