lunedì 16 luglio 2018

RECENSIONE – Il morso della reclusa di Fred Vargas



Nuovo romanzo della serie del Commissario Adamsberg, lo “spalatore di nuvole”, come di solito viene chiamato. Jean-Baptiste rimasto in Islanda dal precedente episodio, non ha nessuna voglia di tornare a casa. Si trova benissimo in quell’isola piena di nebbia lavorando come pescatore, ma il dovere lo richiama a Parigi, nel commissariato del XIII Arrondissement. C’è da risolvere l’omicidio di una donna. Il caso è presto risolto, ma è lo stesso Adamsberg, frugando per caso nel computer dell’agente Voisnet l’animalista, a crearsene uno davvero spinoso. Sembrerebbe che nel sud della Francia ci sia un ragno, ragno violino o loxosceles rufescens o semplicemente reclusa, sia diventato particolarmente pericoloso, tanto da causare la morte di tre ottuagenari. Chi conosce bene Adamsberg, sa che ha il potere di guardare attraverso le nebbie, e a lui quelle tre morti sembrano molto sospette. Inizia così una sua indagine personale, perché le suddette morti sono considerate degli incidenti naturali. Non è con lui il comandante Danglard, che considera i ragionamenti di Adamsberg, appena tornato dall’Islanda, ancora più strampalati del solito.  “Non ci posso credere, non ci voglio credere. Torni fra noi, commissario. Ma in quali nebbie ha perso la vista, porca miseria?”Nemmeno la squadra è completamente con lui e appoggiano il comandante Danglard. Aiutato dai fidi Vyrenc, Retancourt e Froissy, il Commissario Adamsberg comincia a diradare le nebbie del caso. L’aggiunta dell’aiuto di Mathias, archeologo protagonista dei Tre Evangelisti, che sono stata contentissima di aver ritrovato, poterà l’indagine ad una svolta inaspettata. Tra ricordi sepolti nei meandri della memoria, arzille vecchiette studiose di ragni, piatti di garbure e bicchieri di madrian, ce la farà anche stavolta Jean-Baptiste Adamsberg a dissolvere la nebbia? E il comandante Danglard riuscirà a farlo desistere o anche lui si ricongiungerà alla “ciurma della nave di Magellano in rotta verso lo stretto”? Come al solito la Vargas non mi ha deluso, anche se il colpevole si scopre con facilità. Ma la bellezza del libro non sta tanto nel trovare il colpevole, ma negli intrecci creati dall’autrice per risolvere il caso, per trovare le prove della definitiva colpevolezza. I dialoghi, a volte sconclusionati, tra Adamsberg e i suoi collaboratori, strappano più di qualche sorriso. Gli incastri, gli intrecci e le semplici parole che la Vargas usa sono tutti elementi che convergono per la creazione di una storia che spinge il lettore a lasciarsi conquistare da ciò che Adamsberg e i suoi collaboratori ci vogliono raccontare. Voto: 7,5

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