Nuovo romanzo
della serie del Commissario Adamsberg, lo “spalatore di nuvole”, come di solito
viene chiamato. Jean-Baptiste rimasto in Islanda dal precedente episodio, non
ha nessuna voglia di tornare a casa. Si trova benissimo in quell’isola piena di
nebbia lavorando come pescatore, ma il dovere lo richiama a Parigi, nel
commissariato del XIII Arrondissement. C’è da risolvere l’omicidio di una
donna. Il caso è presto risolto, ma è lo stesso Adamsberg, frugando per caso
nel computer dell’agente Voisnet l’animalista, a crearsene uno davvero spinoso.
Sembrerebbe che nel sud della Francia ci sia un ragno, ragno violino o
loxosceles rufescens o semplicemente reclusa, sia diventato particolarmente
pericoloso, tanto da causare la morte di tre ottuagenari. Chi conosce bene
Adamsberg, sa che ha il potere di guardare attraverso le nebbie, e a lui quelle
tre morti sembrano molto sospette. Inizia così una sua indagine personale,
perché le suddette morti sono considerate degli incidenti naturali. Non è con
lui il comandante Danglard, che considera i ragionamenti di Adamsberg, appena
tornato dall’Islanda, ancora più strampalati del solito. “Non ci posso
credere, non ci voglio credere. Torni fra noi, commissario. Ma in quali nebbie
ha perso la vista, porca miseria?”. Nemmeno
la squadra è completamente con lui e appoggiano il comandante Danglard. Aiutato
dai fidi Vyrenc, Retancourt e Froissy, il Commissario Adamsberg comincia a
diradare le nebbie del caso. L’aggiunta dell’aiuto di Mathias, archeologo
protagonista dei Tre Evangelisti, che sono stata contentissima di aver
ritrovato, poterà l’indagine ad una svolta inaspettata. Tra ricordi sepolti nei
meandri della memoria, arzille vecchiette studiose di ragni, piatti di garbure
e bicchieri di madrian, ce la farà anche stavolta Jean-Baptiste Adamsberg a
dissolvere la nebbia? E il comandante Danglard riuscirà a farlo desistere o
anche lui si ricongiungerà alla “ciurma
della nave di Magellano in rotta verso lo stretto”? Come al solito la
Vargas non mi ha deluso, anche se il colpevole si scopre con facilità. Ma la
bellezza del libro non sta tanto nel trovare il colpevole, ma negli intrecci
creati dall’autrice per risolvere il caso, per trovare le prove della
definitiva colpevolezza. I dialoghi, a volte sconclusionati, tra Adamsberg e i
suoi collaboratori, strappano più di qualche sorriso. Gli incastri, gli
intrecci e le semplici parole che la Vargas usa sono tutti elementi che
convergono per la creazione di una storia che spinge il lettore a lasciarsi
conquistare da ciò che Adamsberg e i suoi collaboratori ci vogliono raccontare.
Voto: 7,5
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