mercoledì 13 aprile 2022

RECENSIONE - Lo strano delitto delle sorelle Bedin. La prima indagine di Gaetano Ravidà di Chicca Maralfa


Gaetano Ravidà, luogotenente dell’Arma dei Carabinieri, è un “nuovo” investigatore nato dalla penna di Chicca Maralfa. Nuovo, perché questa è la sua prima indagine ma, nonostante tutto, è un investigatore navigato con una storia alle spalle.

Infatti, Gaetano detto Ninni, si è da poco trasferito ad Asiago, dopo aver lasciato la Puglia per fuggire dai dolorosi ricordi del suo matrimonio ormai finito.
Oltre ad aver lasciato la famiglia a Bari, ha lasciato un incarico di tutto rispetto, anche se ora si ritrova a essere il comandante della stazione dei Carabinieri di Asiago.
Certo tra Bari ed Asiago in fatto di delinquenza c’è una certa differenza, quindi Ravidà si ritrova un po’ con le mani in mano e non gli rimane che seguire quello che ha: un cold case di sette anni prima e uno scavo riguardante una delle più sanguinose battaglie della Grande Guerra avvenute nell’altopiano vicentino che potrebbe riguardarlo da vicino, in quanto suo nonno, che portava il suo stesso nome, fu soldato in quell’epoca, combattente proprio sull’altopiano, e non fece mai ritorno, nemmeno da morto, visto che il suo corpo non fu mai trovato.

Ninni Ravidà è un po’ alla ricerca di sé stesso, e forse trovare il corpo di suo nonno potrebbe far crepare quella corazza che, dopo il tradimento di sua moglie, si è fatto crescere addosso e che gli pesa sempre di più, minacciando di farlo morire sotto il suo stesso peso. Un po’ come le corazze che portavano i poveri soldati, mandati a morire contro gli austriaci, che pesavano tantissimo, e servirono solo a farli diventare rallentati nei movimenti e a morire prima.
Il vecchio caso delle sorelle Bedin è ormai stato chiuso dalla procura. Tracce non ne sono mai state trovate, testimoni idem, e anche le due persone indagate all’inizio del caso, i due vicini di casa, sembrano essere stati scagionati in quanto in possesso di valido alibi.
Però, la noia è tanta e Ravidà, con i suoi fidi Casarotto e Strazzabosco, comincia a seguire in segreto una indagine tutta sua, visto che in paese qualcuno sta tappezzando i muri con enigmatiche poesie che sembrano però sollecitare la riapertura del caso.

Tutto questo nel periodo più sacro per il comune di Asiago, visto che la Grande Rogazione, una processione sacra che si snoda per trentatré chilometri attraverso sentieri di montagna e che coinvolge tutta la popolazione il sabato prima dell’Ascensione, è vicina.
Ravidà è entusiasta all’idea di risolvere un caso a cui nessuno è riuscito a dare un colpevole e che sull’altopiano ha lasciato tracce indelebili come il ciclone Vaia. Ma mentre è alla ricerca del colpevole del vecchio delitto, il sospettato si suicida lasciando una comunicazione inattesa, e durante l’attesa Grande Rogazione, ne viene commesso un altro. Una donna, è stata brutalmente assassinata e due giovani ne hanno trovato il corpo in un bosco proprio sulla strada dei sentieri della processione.
Riuscirà Ravidà, con il suo acume, aiutato dai fidi Casarotto e Strazzabosco, dalla sua amica e medico legale pugliese Maria Antonietta Melerba, anche lei in trasferta sull’altopiano, a risolvere il vecchio cold case e il nuovo omicidio che sembra strettamente connesso al primo? L’indagine non è per niente facile. Molte persone sono coinvolte, episodi diversi che si ingarbugliano tra loro e i sospettati diventano vittime, i colpevoli diventano innocenti e i bugiardi dicono la verità.

Belli i personaggi che contornano le vicende del luogotenente Ravidà. I due fidi co-protagonisti nelle indagini che risultano simpatici e competenti, un valido aiuto per il protagonista della vicenda, che risulta dapprima molto scosso per i suoi “guai” sentimentali e familiari, e dopo un po’ più in vita per l’adrenalina data dalla scoperta della verità. Belli anche i personaggi comprimari, come la signora Lilli Pertile, una ottantenne in gambissima e la ‘campionessa’ Claude Spiller.
Brava la Maralfa a farci ricordare un bruttissimo pezzo della nostra storia, ma che va comunque ricordato, per la memoria delle persone, soprattutto dei giovani uomini che morirono, per la patria. Mandati al macello senza nessuna protezione o preparazione. Contadini fatti soldati, e mandati alla guerra senza più fare ritorno, nemmeno da morti.
Belli i panorami che ci racconta tanto da trametterceli come immagini ben visibili nelle nostre menti.
Indagine intrigata ma ben scritta, che all’inizio non sembra trovare mai una fine, una matassa talmente ingarbugliata che non se ne vede mai l’inizio o la fine, ma che piano piano verrà sciolta con un linguaggio garbato e ironico, proprio dalla bocca del nostro luogotenente Ravidà. Bell’inizio comandante… ci vediamo alla prossima!

Silvia Marcaurelio

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