mercoledì 2 novembre 2016

RECENSIONE – La colpa degli altri di Gila Lustiger



Parigi, 2011. Dopo trent’anni dal suo avvenimento, viene trovato l’assassino di Emilie Thévenin, prostituta diciannovenne, abusata e torturata. Il caso viene chiuso grazie ad una prova DNA, che all’epoca dell’omicidio ancora non esisteva. Il colpevole è Giles Neuhart, un uomo che appare innocuo e tranquillo, metodico,  un tipo che passa inosservato,  un impiegato di banca come tanti. Ma le prove che lo accusano sono solo circostanziali e troppo generiche, manca un movente. E’ il solo Marc Rappoport a preoccuparsene. Marc è un giornalista di nera e la fretta dimostrata dalle forze dell’ordine di chiudere il caso immediatamente lo mettono in azione. Non crede che Neuhart sia l’assassino di Emilie, pensa che dietro ci sia sicuramente qualcosa di più grosso. Comincia quindi ad indagare per il suo giornale, con l’approvazione del suo capo e amico di vecchia data Pierre e con l’aiuto dello stagista Alex. Assiste, grazie alla sua amicizia con il commissario Stefanaggi, all’interrogatorio del presunto colpevole, ma non ne ricava nulla. L’unico modo che ha di poter scoprire qualcosa e iniziare a vagliare i luoghi frequentati dalle prostitute, dove di Emilie però non vi è nessuna traccia, nessun ricordo. Marc si spinge, quindi, fino a Charfeuil, paese di origine di Emilie, dove interrogando professori, amici, conoscenti e la madre malata, riesce a intrecciare una pista che potrebbe aver portato alla morte della ragazza, ma che non ha sicuramente niente a che fare con protettori, prostituzione e droga, come quelli della polizia ritengono. La pista, incredibile ma vero, porta fino ad un colosso chimico-farmaceutico della zona, la Nutricare. Marc solleva un polverone gigantesco, tra prostituzione, laboratori di ricerca e un mondo politico corrotto, non risparmiando nessuno, dipingendo un quadro di ingiustizia e sopraffazione, di intrighi politici ad altissimo livello. Mentre leggiamo il giallo che si dipana tra le pagine, riusciamo anche a scoprire la vita di Marc Rappoport, figlio di due insegnanti, di cui suo padre ebreo, e nipote di uno dei più grandi uomini finanziari di Francia. Il nonno, Monsieur Delorme, era un caustico uomo d’affari che ha insegnato al nipote aneddoti e comportamenti che lo hanno portato al cinismo odierno. Tutti i particolari della vita di Marc, vengono dosati ad arte dall’autore. Scopriamo un po’ per volta i componenti della sua famiglia e i vizi di suo nonno. Queste divagazioni non sono a caso, non sono un errore dell’autore, anzi, fanno da compendio alla storia, rivelandoci il carattere e la crescita di Marc, e del suo rifiuto per il mondo di suo nonno, il perché della sua difficoltà ad instaurare dei rapporti duraturi. Il romanzo quindi non è solo un giallo o un thriller, ma anche un libro di denuncia sociale, un opera narrativa semplice ed essenziale, senza nessun abbellimento letterario. Il lettore viene catturato mano a mano che la storia si dipana. La trama, ben congegnata, riesce ad unire i due piani narrativi in cui è suddiviso il romanzo. L’autrice si è ispirata ad un fatto realmente accaduto in Francia, il caso della Rhône-Poulenc, azienda farmaceutica francese, uno dei più grandi scandali accaduti oltralpe tra la fine degli anni ottanta e gli inizi degli anni novanta. Consigliato, da non perdere! Voto: 8,5

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