giovedì 11 aprile 2019

Recensione - La Maledizione dell’acciaio di Oreste Ciccariello (di Maria Lombardi)



L’acciaio è quello dell’Italsider, un mostro che porta malattia e morte, deturpa il panorama e un quartiere che ancora attende una bonifica più che dovuta; la maledizione è l’asbestosi, che colpisce chi è entrato in contatto con l’amianto. Massimo Mancini prova a “risarcire” il padre, morto per questa terribile malattia, prima rinunciando a una promettente carriera calcistica e iscrivendosi alla facoltà di Medicina, poi entrando a far parte della commissione di bonifica dell’Italsider. È proprio qui che scopre segreti e complotti inimmaginabili e il romanzo, da realista, si trasforma in fantastico. Al termine di una gara di moto con Davide, l’ex amico di infanzia, Massimo si scopre più forte grazie all’acciaio avvelenato che gli è entrato in corpo e potrà così vincere una battaglia di una guerra infinita. Non mancano i colpi di scena, le rivelazioni, le sorprese un po’ anticipate e intuite dal lettore. Come opera prima, La maledizione dell’acciaio è accettabile sia per la tematica affrontata, sia per la storia raccontata, anche se troppo netta è la distinzione tra buoni e cattivi. Tuttavia, la figura di Massimo che, a metà dell’opera, si trasforma suo malgrado in supereroe, dotato di poteri eccezionali, ricorda tanto il protagonista e le vicende del film Lo chiamavano Jeeg Robot.

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