Questo romanzo è la storia di
Maria “Maja” Norberg. Non proprio la storia della sua vita, ma la storia di tre
settimane che potrebbero cambiarla per sempre. Maja è sotto processo per
strage. Tutti i suoi compagni di classe sono morti, anche un suo professore è
morto, lei è l’unica ad essere rimasta viva e non sa perché. La storia inizia
con il prologo che ci fa intuire quello che è successo, ma non completamente. Il
vero romanzo è il processo che ne conseguirà e che vedrà Maja come unica
imputata. Maja ha diciotto anni appena compiuti, è una brava studentessa, molto
popolare e proviene da una buona famiglia. Ma questa non può essere una prova
della sua innocenza. Chi è Maja veramente? Una vittima o una fredda sociopatica
bugiarda? Cosa è successo veramente in quella classe? A raccontarcelo è lei
stessa, in prima persona. Sentiamo quello che prova, quello che pensa delle
persone che l’analizzano. Dal procuratore che l’accusa, ai suoi genitori, al
suo stesso avvocato. Sa quello che pensano di lei le persone al di fuori del
contesto, giornalisti e media, persone normali, ma effettivamente cosa sanno?
Nulla. A mano a mano che procediamo con le varie udienze, conosciamo
effettivamente quello che è accaduto prima del massacro. Il ritmo è lento, ma è
voluto. La scrittura è scorrevole e appassionante. La vita di Maja dovrebbe
essere tutta rosa e fiori, visto il contesto idilliaco da dove viene. Ma non
tutto è come nei film, il mondo idilliaco al di fuori, al di dentro è pieno di
ipocrisia, molto più cruento di quello che si possa immaginare, in contrasto
con quello che ci viene raccontato della “felice” Svezia, quella “politically
correct” che vediamo dal di fuori. Tutto è più cupo e molto più crudele. Ma
questa è anche la storia dove gli adulti non sono presenti ed i ragazzi si
trovano spiazzati e soli. Maja incontra Sebastian, figlio di un ricco,
ricchissimo manager svedese. La loro storia, all’inizio, sembra proprio quella
degli innamorati di Peynet. I genitori di Maja sono contenti, il padre di
Sebastian pure. Ma a mano a mano che va avanti, la loro storia si rivela per
quella che è. Sebastian vive alla grande, da ragazzo ricco e sfrutta la sua
ricchezza per aprirsi tutte le porte, e questo fa felici anche gli amici di
Maja, Amanda e Labbe, Samir e Dennis. A
tutti “Sebbe” piace, perché spalanca porte che altrimenti sarebbero chiuse. A
tutti piace la notorietà che porta, essere sotto i riflettori, frequentare
posti fichissimi, fare quello che si vuole e quando si vuole. A lui tutto è
permesso: feste, alcol, droghe pesanti, tutto sbagliato, ma tutto per coprire e
accettare il menefreghismo di un padre che non crede e non ha mai creduto in
lui. Ma Sebastian oltre che a scendere verso l’inferno trascina con sé anche
Maja, che con il beneplacito di chi pensava di avere vicino, genitori e amici,
si ritrova da sola a combattere una battaglia più grande di lei: salvare
Sebastian. Sarà davvero possibile dimostrare che lei è innocente? Che con
l’attentato non c’entra nulla? Sarà possibile uscire dalle sabbie mobili che la
trattengono? Bello questo romanzo che tratta veramente argomenti scottanti. I
genitori che pensano solo all’apparenza, e la loro assenza. La superficialità
degli adulti che ruotano intorno ai ragazzi che, non solo non capiscono i
disagi, ma li amplificano. L’indifferenza e la freddezza della società svedese,
che aggrava i problemi dei giovani, dovuti ai ritmi che vengono imposti per
riuscire ad emergere. Tutti problemi che si pensano possano accadere solo alle
classi disagiate, ma che toccano tutti, senza esclusione. Voto: 7,5
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