giovedì 18 luglio 2019

Recensione - Il seme del tamarindo di Evelyn Anthony (di Maria Lombardi)



La leggenda narra che il tamarindo al quale venne impiccato uno schiavo, condannato per aver rubato una pecora ma dichiaratosi innocente, generò un seme a forma di testa di uomo. Judith Farrow, una giovane vedova inglese, segretaria all’Onu, in vacanza alle Barbados per dimenticare il suo amante, sposato e in attesa di un figlio, crede fermamente nella leggenda; al contrario, Feodor Sverdlov, colonnello del Kgb, la liquida subito come superstizione. Quando il russo inizia a corteggiarla, Judith rimane restia a farsi coinvolgere ma, tornati a casa, i due continuano a vedersi, creando il panico nei governi dei loro Paesi di origine. La donna viene invitata a riferire tutti i suoi incontri con Feodor, che si sospetta voglia portarla dalla sua parte; il colonnello, da tempo disilluso dal comunismo e sospettato di diserzione dai membri del partito, lascia credere ai suoi superiore di lavorare per sottrarre Judith ai servizi segreti. Quando la donna viene informata da Feodor di essere in pericolo perché richiamato in patria con la scusa di dover salvare il suo matrimonio, convince i suoi superiori a proteggerlo e a organizzarne la fuga; il russo, in cambio, consegnerà i documenti che sveleranno l’identità di Blue, un personaggio che tradisce il suo Paese collaborando con Mosca. I due fingono una fuga d’amore alle Barbados, lì dove tutto era cominciato; qui sono presenti uomini dei servizi segreti inglesi e russi: i primi per proteggerlo, i secondi per ucciderlo. Nel villino che li ospita scoppia un incendio: Feodor rimane arso vivo e Judith è ustionata e ricoverata in una clinica privata. Qui riceve la visita di Loder, l’uomo che aveva organizzato la fuga, che le porta in regalo un seme di tamarindo e la informa che Feodor è salvo e l’aspetta, sebbene lei non sia tenuta a seguirlo. Avvincente.

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