venerdì 3 giugno 2022

RECENSIONE - La moglie di Dante di Marina Marrazza


Mentre di Dante e Beatrice si è scritto tanto, della moglie del sommo poeta si sa poco o quasi nulla. Marina Marrazza, per celebrare i 700 anni dalla morte di Dante e il centenario della nascita del padre, anche lui di nome Dante, dà vita e parola a questa donna oscurata dalla fama del marito e della donna da lui cantata. Gemma Donati, figlia di Ser Manetto e di Maria, intorno al 1285 sposa Dante, un uomo non ricco e potente, e gli dà quattro figli: Giovanni, Pietro, Jacopo e Antonia, detta Nina. Il matrimonio era stato concordato anni prima, con una dote di 200 fiorini piccoli, ma Gemma subisce il fascino del cugino Corso, condottiero e politico, tra i personaggi storici principali e più ammirati della Firenze medievale. Gemma, chiamata “testa di ruggine” da Corso, è passionale e concreta (è lei a prendere l’iniziativa con Dante), ha sentimenti forti e buon senso, amministra e regge la casa. Diventa la “vedova bianca” di Dante prima dei trent’anni, in una Firenze lacerata dalle lotte tra guelfi e ghibellini e tra le due fazioni guelfe, bianca e nera, che distruggeranno vite e patrimoni. Quando prevalgono i neri, Dante viene accusato di aver abusato del suo ufficio e di aver tradito la città e, di conseguenza, condannato al rogo; da questo momento sarà esule. Passeranno molti anni prima che la coppia possa riunirsi e Gemma deve portare avanti la famiglia da sola, con l’aiuto economico della sua famiglia di origine. Attraverso gli occhi di Gemma, scopriamo aspetti inediti del sommo poeta. Dante è testardo e un po’ presuntuoso: per ben due volte, gli viene offerta la possibilità di rientrare a Firenze ma non accetta di pagare delle ammende e di chiedere scusa pubblicamente, costringendo così alla sua stessa sorte i figli maschi al compimento del quattordicesimo anno di età. Oltre a Dante, abbiamo modo di conoscere meglio personaggi oggetto dei nostri studi come Guido Cavalcanti, Giotto, Brunetto Latini, e altri legati alla vita familiare di Gemma come lo spavaldo cugino Corso Donati, la fedele Gilla e la pia Piccarda. Il romanzo è avvincente e scorrevole, una giusta combinazione di storia, linguistica (l’autrice ringrazia chi l’ha aiutata a sciacquare “i panni nell’Arno del Trecento”), biografia, fiction, poesia, letteratura, tutto in uno stile impeccabile. Consigliatissimo!

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