martedì 3 gennaio 2023

RECENSIONE - CIAO CIAO COMMISSARIO di Giacomo Faenza


 «E allora lascia perdere, Pirrone, che te ne fotte?»

«Ho promesso alla mano di renderle giustizia.»

«A chi?!» strabuzzò gli occhi l’avvocato Cacace.

Pirrone svuotò il bicchiere di rosso tutto d’un fiato:

«Alla mano che faceva ciao ciao».

«Pirrone, tu sei tutto matto!»
È proprio da una mano che saluta il commissario Pirrone che nasce tutta la storia narrata in questo romanzo.
Pirrone è un letterato mancato. La vita non lo ha trattato benissimo, almeno fino a ora. Sua moglie è morta giovanissima lasciandolo da solo con una bimba piccola e quindi, il nostro, ha dovuto rimboccarsi le maniche e prendere ciò che gli veniva proposto: un posto da commissario.
Ormai sono passati venticinque anni. Anna, sua figlia è grande, e ha preso il suo posto. É una letterata in gamba e insegna in America da anni, continua a studiare per realizzare il suo sogno e un po’ anche quello del padre, insegnare ad Harvard.
Pirrone invece si barcamena, alla meno peggio, tra la vita del commissariato Roma Nord, e quella privata con la sua fidanzata Paola, attrice di spot, che non vede quasi mai.
In una giornata di torrida estate, Pirrone e i suoi fidi scudieri, ironicamente parlando, Lo Cascio ed Esposito, sono chiamati per un delitto. Un cadavere di una donna è stato ritrovato semi-sepolto a Monte Gelato.

Arrivati sul posto, il commissario nota la mano della morta che è come se lo salutasse, e gli chiedesse nel frattempo di farle giustizia, di trovare chi l’ha ammazzata.
Pirrone è un uomo particolare e nella sua mente rivivono i filosofi, i condottieri di cui parla la letteratura antica e qualche volta questi, gli appaiono e gli rivelano dettagli importanti per sbrogliare le situazioni più complicate, sebbene sia un segreto che lui custodisce gelosamente.
Da subito l’indagine sembra complicata, di indizi non ce ne sono, la morta non ha nome e nessuno la reclama. In più la nuova PM, la dottoressa Righi, sceglie solo di portare avanti casi facili, che la facciano vincere e le diano notorietà. E una donna morta senza nome non lo può fare di certo.
Pirrone e i suoi uomini si trovano di fronte a un sacco di muri e appena scoprono qualcosa che sembra portare alla soluzione del mistero, subito questo si infittisce di nuovo. Come se ci fosse qualcuno a muovere delle pedine e che sia sempre un passo avanti.

Il commissario è un uomo che crede fermamente nella vera giustizia e non in quella dei tecnicismi dei tribunali, dove spesso i colpevoli vengono assolti per dei cavilli. É innamorato della sua terra, appassionato di storia e letteratura antica, tanto da rivivere nelle opere dei grandi filosofi o parlare di strategie con i grandi condottieri.
Ma in questo romanzo la farà da padrone soprattutto il tradimento. Tutti i personaggi che Pirrone incontrerà sulla sua strada, che gli parleranno per dargli delle “dritte” per risolvere il caso gli parleranno di tradimento.
Importanti personaggi del passato lo metteranno sul chi vive, soprattutto sulle persone a lui vicine, che mai penserebbe lo potrebbero tradire.

La morale della storia è proprio questa, l’accettazione da parte di Pirrone che non tutti possono accettare le conseguenze delle loro azioni e che non tutti si fanno scrupoli a non rispettare la legge e a costruirsi un loro ideale di giustizia.
A parte i personaggi storici di cui parla questo romanzo, che non sto nemmeno a commentare, vista la loro grandezza, ci sono i protagonisti come il commissario Pirrone. Grande morale, grande personalità un po’ offuscata dagli eventi della vita, elevata cultura e quel piccolo particolare di essere un supereroe un po’ super partes (visto le citazioni latine di cui è intriso il romanzo, mi sono presa la briga di citarne una anche io). E poi il duo … I nuovi Totò e Peppino? Stanlio e Ollio? No, troppo intelligenti. Lo Cascio ed Esposito sono il prototipo dello Scemo+Scemo. I classici personaggi che pensano che a delinquere siano solo i migranti; che loro possono sporcare la città, basta che siano loro a farlo e non uno straniero; ignoranti che ignorano, e che usano la divisa per sentirsi forte col più debole. Insomma proprio due stro… E l’altro fine personaggio, che a dire la verità, ho forse amato più di Pirrone, è l’avvocato Cacace. Personaggio creato ad arte da Faenza, forse il più riuscito.

Quello che con Pirrone fa le battaglie a colpi di citazioni latine e greche, che lo introduce al simposio dei letterati, che lo tratta da amicone, ma mai alla pari. Avvocato di Cassazione, ricco e con i boss della malavita come clientela, che non si fa scrupolo a dire a Pirrone che la giustizia vera non esiste, la giustizia è solo quella dei tribunali che decidono chi è colpevole e chi no.
Il romanzo si legge bene, nonostante sia intriso di famose citazioni latine e greche, perlopiù tradotte nella riga che segue. L’idea nel contesto è molto buona, a tutti ci piacerebbe poter incontrare certi personaggi storici famosi, figuriamoci poi se ci potessero dare delle dritte.
E poi sullo sfondo Lei. Roma che osserva il tutto dall’alto con la noncuranza di una dea.

Silvia Marcaurelio

Nessun commento:

Posta un commento