giovedì 18 luglio 2013

RECENSIONE – Lui è tornato di Timur Vermes


L’idea di una ricomparsa di Hitler non è certo una novità, visto che il suo corpo non è mai stato ritrovato. E di miti (anche tragici come questo) che ricompaiono di qua o di là nel mondo se ne parla tutti giorni. Quante volte è stato avvistato Elvis Presley? Quanti dicono che il vero Paul McCartney è morto e che invece John Lennon è vivo? Insomma di questi miti ne è pieno il mondo.
Berlino, 2011. Risvegliatosi in un campo incolto in mezzo ad alti palazzi, con ancora indosso la sua uniforme, seppur sporca e dall’inconfondibile odore di benzina, immaginiamo la sua sorpresa. Ma l’uomo, anzi il Führer, non si perde d’animo. Cerca subito qualcuno che possa fargli capire cosa sia successo.
Passa in un attimo, per la sua “somiglianza” con l’altro, da essere un uomo nulla-tenente, affossato dalle diversità dell’era moderna, accerchiato da stravolgenti novità come la televisione, la raccolta differenziata, i computer, i telefonini allo sfruttare al massimo tutto questo. E tutto ciò che è comunicazione, non c’è dubbio che Hitler lo avrebbe saputo utilizzare perfettamente.
Il romanzo di Vermes è un ritratto molto preciso non di un Führer futuristico che sarebbe potuto vivere nel mondo d’oggi, trasportatovi da non so quale macchina del tempo. Ma di quello che in realtà è stato.
Siamo stati abituati a considerarlo un pazzo, un razzista, un folle omicida. Ma, seppur nella sua follia, aveva una sconcertante logica di pensiero.
Vermes ci presenta un Hitler che se la prende con tutti: partiti politici, la UE, Angela Merkel, definita una grassona molliccia mangiatrice di wüsterl. Con la finanza, i giornalisti, la democrazia (che considera un’utopia, forse più del comunismo). Se la prende con i liberali, con i socialdemocratici, perfino con le persone che raccolgono gli escrementi dei cani  (li vorrebbe sterminare), e mescola i ricordi del suo passato, i suoi collaboratori, le sue donne, con questa vita che qualcuno, (chissà chi) gli sta facendo vivere nel nostro presente.
La storia d’altro canto rese evidente come l’universo ideologico voluto dal Nazismo scricchiolasse sotto il peso della sua stessa logica follia. Il mito della superiorità ariana crollerà con lui. Quando Hitler capì di aver perso la guerra, ammise anche che il popolo tedesco non meritava di sopravvivere. Se questa non è fede incondizionata ai propri principi….
L’ironia che ci accompagna nella storia non è comicità, è una satira tagliente di quello che crediamo non essere più e in cui siamo invece ancora completamente immersi: il pantano razzista.
Il libro di Vermes ci mette di fronte ad una realtà storica e ideologica al di fuori del mito scolastico del folle antisemita.
Se leggerete questo libro, quindi, non soffermatevi all’Hitler che finisce su youtube, a quello che fa propaganda in tv. Quello non è che un espediente letterario per scovare l’Hitler che è in noi. Non basta chiudere i lager in Europa se poi si aprono fabbriche fatiscenti in Cina. Non basta la scusa della crisi per giustificare una gerarchia di accesso ai diritti fondamentali dell’uomo.
Di fronte a tutte le atrocità che il nostro sistema globale si inventa ogni giorno, è molto probabile, anzi non c’è nessun pericolo che Lui torni. Lui semplicemente non se n’è mai andato, solo che non sappiamo riconoscerlo.

Voto: 7,5


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