martedì 26 maggio 2015

RECENSIONE – Il settimo bambino di Erik Valeur




Sbandierato a destra e manca come il nuovo Stieg Larsson di Danimarca, penso che debba ripensarci un attimo prima di fare il giallista. Ma sono soprattutto i signori che gli hanno dato premi a man bassa, dopo questo libro, a doversi fare un esame di coscienza. E’ l’11 settembre del 2001 e il mondo è sconvolto dall’attentato alle Torri Gemelle, quindi il suicidio (omicidio?) di una donna, senza nessun documento, passa sicuramente in secondo piano. Nessuno le da la dovuta importanza, tranne forse il commissario dell’epoca, che oltre ad una morte a dir poco strana, trova intorno alla donna degli strani oggetti, come se fosse stata sottoposta ad una messa votiva. Tutto intorno al corpo vengono trovati un libro, un piccolo cappio, un canarino morto, un ramo di tiglio e la foto del brefotrofio di Kongslund. Ma nessuno ne saprà mai nulla. Anni dopo, siamo nel 2008, a svariate persone arrivano delle lettere anonime. Tutte uguali. Tutte in una busta azzurra, tutte con gli indirizzi scritti tramite lettere ritagliate da una rivista, tutte contengono un paio di scarpine da neonato fatte all’uncinetto e due fotografie, la prima rappresenta sette bambini con un cappello natalizio sotto l’albero di natale nel 1961 e l’altra è la fotografia del brefotrofio di Kongslund e per ultimo un modulo di adozione con appuntato il nome di John Bjergstrand. I destinatari di questa lettera anonima sono i cinque maschietti ritratti nella foto e il sesto è il giornalista di nera Knud Tasing, uomo in crisi con il periodico in crisi e vicino al fallimento. Knud si chiede chi è che cerca di attirare l’attenzione sul brefotrofio facendosi latore di queste lettere anonime e soprattutto chi  è questo John Bjergstrand? Cominciano a circolare delle voci insistenti relative a storie di figli illegittimi di personaggi illustri ripuliti delle loro radici, e dati in adozione clandestinamente ad altre persone. Insomma in un susseguirsi di piani presenti e futuri il libro snoda la sua verità, tra lettere, racconti e anche salti in diverse dimensioni temporali. Con la protagonista Marie, coadiuvata nella sua pazzia, tra fantasmi veri e reconditi. Non posso dire che questo libro sia scritto male, ma è noioso, anzi noiosissimo. Più andavo avanti, più non vedevo l’ora di finirlo. Nonostante la noia, una storia da raccontare questo libro ce l’ha, nascosta in troppi nomi, troppi capitoli, troppe descrizioni, che nulla hanno a che vedere col racconto. Troppi personaggi, troppi nomi, troppi toponimi alcuni anche molto simili, tanto che per districarsi bisognerebbe crearsi uno specchietto per non perdere il filo, se non lo si fa per noia. Il romanzo è confusionario, troppo lungo e spesso ripetitivo, i continui salti temporali, diventano meno agevoli da capire, e non sono di aiuto al lettore. Il romanzo si velocizza leggermente verso gli ultimi capitoli, ma è troppo tardi, qualcuno potrebbe già essere morto di noia. Troppa carne al fuoco in questo romanzo. L’autore fa denuncia politica e sociale, parla di malattie fisiche e mentali, omicidi, abuso di potere e tanto altro ancora, non riuscendo però a concatenarli tra loro e a mantenere vivo l’interesse del lettore. Voto: 4

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