Lo avevo tralasciato, quasi a non volerlo leggere, dopo l’uscita
dei film, anche se non hanno ancora terminato la storia cinematografica. Ma poi
l’ho visto occhieggiarmi dalla libreria e l’ho letto (tutti e tre i libri,
visto che avevo la versione flipback) tutto d’un fiato. Però le recensioni le dividerò per i tre libri,
visto che sarebbe troppo lungo farne una unica, e si potrebbe cadere nel mero
riassunto della storia. La trama penso che a grandi linee la conosciate un po’
tutti, ma comunque un riassunto non fa mai male, anche per chi ancora non lo ha
letto. Il romanzo è ambientato a Panem, una sorta di Stati Uniti
post-apocalittici in formato ridotto. Il potere è accentrato nella capitale, e
il resto del territorio è suddiviso in 12 Distretti, ognuno con caratteristiche
particolari. A seguito di una rivolta fallita, tutti i distretti sono costretti
ad inviare, ogni anno, un ragazzo e una ragazza a partecipare agli Hunger
Games, un reality show, in cui 24 ragazzi chiamati “tributi” si affrontano in
una particolare arena, finché non resta un unico sopravvissuto. Il racconto si
rifà al mito del Minotauro. Minosse, Re di Creta, pretendeva ogni anni 7
fanciulli e sette fanciulle dalla città sottomessa di Atene, per darli in pasto
al Minotauro. Gli Hunger Games si rifanno ai giochi circensi dei gladiatori. Katniss Everdeen, la nostra protagonista, ha
sedici anni e vive nel Distretto 12, uno dei più poveri, e si ritrova ad
offrirsi volontaria al posto della sua sorellina dodicenne, Prim, sorteggiata
come tributo. L’altro tributo che viene scelto, è Peeta Mallark, l’incarnazione
del bravo ragazzo. Katniss e Peeta vengono spediti nella capitale, viaggiando
tra lussi mai visti, ma con l’animo distrutto, si dovranno uccidere tra di
loro, ma soprattutto riusciranno a sopravvivere? In questo romanzo, che
dovrebbe essere un New Adult, vista l’età dei protagonisti, è la brutalità
della storia che sciocca il lettore, ma più che altro è la reazione che hanno i
personaggi di contorno ad un programma dove si vedono morire altre persone in
diretta. Gli Hunger Games, infatti, sono per gli abitanti di Capitol City un
gioco, una festa spettacolare, in cui autori e produttori fanno a gara per
creare rivalità tra i partecipanti e anche love story, come quella fasulla che
si ritroveranno incollata addosso i nostri eroi. Stimolano i partecipanti all’azione,
ad uccidere, e questo viene premiato con l’aiuto da parte di vari sponsor.
Quello che sconcerta è anche la passività di tutti i partecipanti al “macabro
rito”, perché è come se avessero un destino segnato e non si possa fare
altrimenti. Gli Hunger Games, sono nel loro DNA, e per questo accettati. Ogni
romanzo è figlio del proprio tempo, e il modo in cui Hunger Games pone l’accento
sulla strumentalizzazione della violenza e della sofferenza realizzata dalla
società per mero intrattenimento, è in un certo senso, un elemento innovativo.
Diciamo che il romanzo è suddiviso nella prima parte nella critica della
società in cui sono costretti a vivere i nostri protagonisti, e nelle altre due
parti, dove tutto è un concentrato di azione e suspense che si legge tutta d’un
fiato. Non manca, come già detto, la love story. Anche se all’inizio costruita
a tavolino, avrà i suoi sviluppi, perché è impossibile per la nostra eroina dal
cuore tenero, non accorgersi del ragazzo dagli occhi azzurri che è al suo
fianco. Non è una storia perfetta. Ma in generale è ben scritta e la trama è
ben congeniata. C’è un buon senso del ritmo e una buona gestione dei tempi
narrativi. I personaggi sono ben
caratterizzati, soprattutto quelli di Katniss, di Peeta e di Haymitch.
Katniss non è proprio un personaggio positivo, perché spesso è indisponente,
contraria ad ogni forma di regola, egoista e disposta comunque ad uccidere a
sangue freddo. Hunger Games è un buon romanzo d’avventura con un sottotesto non
banale e che guarda con occhio critico alla società contemporanea. E’
angosciante e spietato, ma anche dolce e quasi commovente. Voto: 7/8
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