martedì 5 maggio 2015

RECENSIONE – Maschio Bianco Etero di John Niven




Secondo romanzo di John Niven, dopo il fantastico “A volte ritorno”. Certo questo non eguaglia la divertentissima storia del ritorno di Gesù sulla terra, ma merita sicuramente di essere letto. Dissacrante quanto basta, irriverente quanto basta, sboccato molto di più, John Niven ci trascina in una storia che di per se non ha nulla di originale, ma che è raccontata con sagace maestria. Il protagonista, Kennedy Marr, è stato uno scrittore di successo, ora per mantenersi ai lussi ed ai vizi, scrive sceneggiature per film hollywoodiani di cassetta. E’ un tipaccio sotto tutti i punti di vista. E’ un alcolizzato, un maniaco del sesso, qualche volta si spara pure qualche droga, vive nel lusso al di sopra delle sue possibilità e rifugge il lavoro con il motto: “Tanto lo posso fare domani”. Ma un giorno la sua situazione degenera e il fisco americano non perdona e lo tallona per con un conto salatissimo di tasse arretrate, circa un milione di dollari. Hollywood, dove Kennedy si è trasferito tanti anni prima, non è più un posto così paradisiaco. L’unica cosa che può salvarlo è accettare un premio letterario che arriva niente di meno che dall’Inghilterra, ma questo comporterà il ritorno in quel paese, quasi una ex seconda casa per lui, irlandese di Dublino, ma soprattutto avrà l’ingrato compito di insegnare scrittura creativa in un’università di provincia, quella dove insegna la sua ex moglie. Da questo punto l’autore ci porta nella vita passata di Kennedy, facendocela conoscere attraverso dei flashback dello stesso protagonista, che ci vengono raccontati con tutta l’ironia che lo caratterizza. Parla con se stesso Kennedy, facendo mente locale su quello che è diventato, su quello che si è lasciato indietro: i suoi familiari, la ex moglie con la figlia, suo fratello più piccolo, Patrick, che a sua differenza è un uomo posato e tutto d’un pezzo, suo madre che si sta piano piano spegnendo con lui che rimanda più volte l’incontro per esorcizzare lo spettro della morte sempre più vicina: “Se io non la incontro lei non morirà, mi aspetterà”. Ma soprattutto sarà costretto ad affrontare la morte, avvenuta tanti anni prima, di sua sorella Geraldine, morta suicida. Tutto questo con lo sfondo di una squinternata troupe hollywoodiana e altri personaggi di contorno che rendono questo libro, sboccato e irriverente e godibile  ma che allo stesso tempo ci fa riflettere su quello che effettivamente si vuole dalla vita, e che bisogna metterci il coraggio nel trovare la propria strada … perché per vivere ci vuole molto coraggio. Stupenda la parte del conteggio delle ore perse in “pugnette”. Scritto molto bene, ma non ai livelli di “A volte ritorno”, ma le storie sono completamente diverse e di altro tono. Il personaggio di Kennedy è una macchietta che a tratti risulta irritante, ma è proprio questo lo scopo dell’autore, farci dapprima odiare il personaggio e piano, piano farci cambiare opinione e alla fine farcelo amare così com’è, con tutti i suoi difetti che sono molti più dei pregi. Voto: 7,5

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