Secondo romanzo di John Niven,
dopo il fantastico “A volte ritorno”. Certo questo non eguaglia la
divertentissima storia del ritorno di Gesù sulla terra, ma merita sicuramente
di essere letto. Dissacrante quanto basta, irriverente quanto basta, sboccato
molto di più, John Niven ci trascina in una storia che di per se non ha nulla
di originale, ma che è raccontata con sagace maestria. Il protagonista, Kennedy
Marr, è stato uno scrittore di successo, ora per mantenersi ai lussi ed ai
vizi, scrive sceneggiature per film hollywoodiani di cassetta. E’ un tipaccio
sotto tutti i punti di vista. E’ un alcolizzato, un maniaco del sesso, qualche
volta si spara pure qualche droga, vive nel lusso al di sopra delle sue possibilità
e rifugge il lavoro con il motto: “Tanto lo posso fare domani”. Ma un giorno la
sua situazione degenera e il fisco americano non perdona e lo tallona per con
un conto salatissimo di tasse arretrate, circa un milione di dollari.
Hollywood, dove Kennedy si è trasferito tanti anni prima, non è più un posto
così paradisiaco. L’unica cosa che può salvarlo è accettare un premio
letterario che arriva niente di meno che dall’Inghilterra, ma questo comporterà
il ritorno in quel paese, quasi una ex seconda casa per lui, irlandese di
Dublino, ma soprattutto avrà l’ingrato compito di insegnare scrittura creativa
in un’università di provincia, quella dove insegna la sua ex moglie. Da questo
punto l’autore ci porta nella vita passata di Kennedy, facendocela conoscere
attraverso dei flashback dello stesso protagonista, che ci vengono raccontati
con tutta l’ironia che lo caratterizza. Parla con se stesso Kennedy, facendo
mente locale su quello che è diventato, su quello che si è lasciato indietro: i
suoi familiari, la ex moglie con la figlia, suo fratello più piccolo, Patrick,
che a sua differenza è un uomo posato e tutto d’un pezzo, suo madre che si sta
piano piano spegnendo con lui che rimanda più volte l’incontro per esorcizzare
lo spettro della morte sempre più vicina: “Se io non la incontro lei non
morirà, mi aspetterà”. Ma soprattutto sarà costretto ad affrontare la morte,
avvenuta tanti anni prima, di sua sorella Geraldine, morta suicida. Tutto
questo con lo sfondo di una squinternata troupe hollywoodiana e altri
personaggi di contorno che rendono questo libro, sboccato e irriverente e
godibile ma che allo stesso tempo ci fa
riflettere su quello che effettivamente si vuole dalla vita, e che bisogna
metterci il coraggio nel trovare la propria strada … perché per vivere ci vuole
molto coraggio. Stupenda la parte del conteggio delle ore perse in “pugnette”.
Scritto molto bene, ma non ai livelli di “A volte ritorno”, ma le storie sono
completamente diverse e di altro tono. Il personaggio di Kennedy è una
macchietta che a tratti risulta irritante, ma è proprio questo lo scopo
dell’autore, farci dapprima odiare il personaggio e piano, piano farci cambiare
opinione e alla fine farcelo amare così com’è, con tutti i suoi difetti che
sono molti più dei pregi. Voto: 7,5
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