Questa volta Moore ci porta in
cielo … metafora del volo di un aereo e del nostro protagonista, uno sfigato
pilota di aerei, nonché del suo ater-ego in modalità fantasma. Tucker Case, è “uno
sfigato allo stadio terminale, messo a forza nel corpo di un gran figo”. Il suo
lavoro è quello di pilotare l’aereo della Mary Jean Comestic Corporation. Ma
Tucker non è molto intelligente e spesso a ragionare per lui è il suo pene.
Spesso e volentieri è ubriaco e la sua “intelligenza” scende ad un livello
minimo. Una sera come tante, annoiato e ubriaco seduto in un bar, conosce una
bellissima ragazza. Questa lo sfida a fare sesso in volo e lui, annebbiato dall’alcool
accetta. Mentre fanno sesso, qualcosa non funziona e Tucker precipita
rovinosamente distruggendo il Gulfstream rosa della sua datrice di lavoro e
mezzo aeroporto. Ricoverato in ospedale, con il suo pene ridotto in brutto
stato, ricorda che qualcuno era al suo fianco, mentre l’aereo stava uscendo di
pista … un uomo vestito da aviatore … Mentre è sul suo letto di dolore, Tucker
riceve la proposta di un certo Dottor Curtis e da sua moglie, che gestiscono
una missione umanitaria sull’isola di Alualu, un avamposto sperduto in Micronesia.
Dovrà pilotare per loro un nuovo Learjet e potrà guadagnare moltissimi soldi.
Visto che Mary Jane gli ha detto di scomparire per un po’, Tuck accetta la
proposta, spinto a farlo anche dal suo unico amico Jake. Ma di cosa si occupano
veramente i due medici su quell’isola abitata da una tribù di ex cannibali?
Perché questa strana tribù venera un aviatore della Seconda Guerra Mondiale,
tale Vincent Bennedetti? E chi è la misteriosa Sacerdotessa dell’amore, che
ogni tanto sceglie un membro della tribù e se lo porta via? Mentre è sull’isola,
Tuck cerca di trovare una risposta alle sue domande. A fargli da contorno ci
sono un navigatore filippino vestito da donna, che si porta dietro un
pipistrello della frutta di nome Roberto, con tanto di occhiali da sole e
variegati personaggi come il capo tribù Malink, il cannibale Sarapul e la
mispel Sepi. Ma a cosa servono tutti i viaggi segreti che Tuck e la moglie del
dottore fanno dall’isola fino in Giappone e ritorno, senza che lui riesca a
toccar terra nemmeno una volta? E cosa nascondono visto il numero elevato di guardie
armate che circondano il villaggio dove abitano? Perché c’è addirittura un
campo minato a separare il villaggio della tribù e le abitazioni della missione? Starà a Tucker scoprire tutte le risposte alle
sue domande, aiutato dal fantasma di Vincent e soprattutto, da una dose di
coraggio, che non avrebbe mai pensato di possedere. Questo libro è curioso e
divertente, anche se parla di un argomento abbastanza serio. Non si ride
sguaiatamente, si sorride. L’ironia dell’autore è sottile e si basa sulle
bizzarre situazioni che arrivano al limite del grottesco e dell’assurdo. Moore
è uno scrittore che ama giocare con i paradossi e a cui piace portare agli
estremi la propria scrittura. Ma non è un comico. Delle volte la storia prende
delle direzioni anche serie e può portarti a riflettere, quando meno te lo
aspetti. Moore sa scrivere e bene anche se questo, essendo uno dei suoi primi
libri, riproposto quest’anno, non è certamente all’altezza del famoso “Il
Vangelo secondo Biff” o di “Fool”, con protagonista il matto Taschino del Re Lear. Ma
Tucker Case e il Pipistrello Roberto, sono dei gran personaggi, che ritroveremo
(anzi li abbiamo già incontrati, almeno chi è un assiduo lettore di Moore) in “Tutta
colpa dell’angelo”, già pubblicato in Italia con la Sperling & Kupfer, ma
che la casa editrice Elliot sta riproponendo con il titolo diverso (Uno stupido
angelo. Storia commovente di un Natale di terrore), e con un capitolo inedito. Voto:
7
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