giovedì 21 febbraio 2019

RECENSIONE – Gennaio di sangue di Alan Parks


Glasgow, gennaio 1973. In un inverno gelido e nevoso si svolgono i fatti che il narratore, forse lo stesso protagonista, ormai vecchio, ci racconta. I giorni del “Gennaio di sangue”. Partiamo dal dire che in questo romanzo non esistono persone innocenti, forse solo “Wattie” il novellino lo è ancora. Harry McCoy è un ispettore della sezione omicidi della polizia di Glasgow. Non è uno stinco di santo, beve tanto, saltuariamente si droga, va a puttane e ha frequentazioni nella malavita locale. I suoi superiori lo sopportano, più che rispettarlo. Ma lui, a differenza di altri, è anche un bravo poliziotto, riesce a risolvere i casi. All’alba del 1° gennaio del 1973 viene invitato ad un colloquio da un assassino. Non sa per quale motivo, lui neanche lo conosce. Non è stato lui ad arrestarlo. Si reca comunque nel carcere di Barlinnie. L’assassino gli racconta che una certa Lorna è in pericolo, l’indomani sarà uccisa. Non si conosce il cognome, si sa solo che lavora in un hotel di Glasgow. McCoy prende le rivelazioni dell’assassino come una sciocchezza, e preferisce pensare a sé stesso e ai suoi problemi, finché un rimorso di coscienza non lo costringe a fare un giro di telefonate per sincerarsi se questa Lorna esista o no. Lorna esiste e il giorno dopo deve arrivare a Glasgow dalla stazione dei pullman. McCoy “coadiuvato” dal novellino Watson detto “Wattie”, impostogli dal comandante Murray, cerca di fermare l’omicidio della ragazza, ma non ci riuscirà. Lorna Skirving morirà per mano di un ragazzino come lei, Tommy Malone, che strafatto, si ucciderà subito dopo. É da qui che inizia il “Gennaio di sangue”, e da queste persone McCoy dovrà iniziare le indagini. Scoprire il perché Tommy Malone ha ucciso Lorna Skirving e poi si è ucciso a sua volta. Ma il mistero che McCoy ha davanti non è così semplice come sembra. Dovrà cercare i suoi indizi in un mondo di derelitti. Gente che vende sé stessa per denaro, manovrata da altrettanti aguzzini, nascosti spesso in facciate di persone rispettabili. A far da sfondo alla storia una Glasgow fredda e nevosa. Una Glasgow degli anni ’70, dove l’eroina comincia a farla da padrona, mietendo vittime e arricchendo persone senza scrupoli. La corruzione va a braccetto con lo spaccio e la malavita, contagia tutti. Dagli amministratori, ai grandi capitalisti, ai tutori della legge. Tutti vogliono il loro guadagno. Buoni e cattivi si scambiano spesso le parti, a volte sono le due facce di una stessa medaglia. Ma McCoy è nel suo ambiente, come ho detto non è uno stinco di santo. Non ha un passato molto limpido e i suoi trascorsi fatti di alcool, violenza, case famiglia, botte e sangue ancora lo segna. Conosce il limite, la linea di demarcazione tra bene e male, ma vive sull’orlo di quella linea, disposto anche a scavalcarla pur di arrivare alla verità. Nonostante tutto però, ha un buon cuore ed è ancora capace di usarlo, ha ancora un’onestà di fondo. Mentre si legge la sua storia, si ha l’impressione che McCoy porti un peso enorme sulle spalle, perché il bene viene piegato dalla ricchezza e dai soldi, dalla concezione di un sistema dove il forte vince sempre e nessuno lo può toccare, e può rimanere impunito. Colpito duro, pestato più di una volta, ossa rotte, naso sanguinante, McCoy continuerà ad indagare sulla morte di Lorna scavando nell’ambiente della prostituzione e dovrà fare i conti con vecchie conoscenze che lo metteranno a dura prova, ma avrà modo di soddisfare il suo strano senso di giustizia. Devo dire che mi aspettavo di meglio. Romanzo che parte molto lentamente, ovattato quasi, come può essere l’ambiente innevato che circonda i protagonisti. Sembra ti lasci con lo sconforto e l’impotenza di chi vorrebbe la verità ma è soverchiato dal potere altrui. La storia non riesce a scrollarsi di dosso quel senso di inutilità che hanno i suoi personaggi, se non alla fine. Troppo abbattuti, troppo angosciati, troppo ubriachi (ma quante pinte si fanno in questo libro?), troppo drogati questi personaggi per dargli un minimo di credito. McCoy sembra troppo un superman per riuscire a stare in piedi sempre e comunque. Quindi un po’ troppo inverosimile. Ma la sufficienza la strappa, perché non è scritto male e l’idea di fondo è anche molto buona. Voto: 6


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