lunedì 7 aprile 2014

RECENSIONE - DOPO DI KOETHI ZAN

Negli Stati Uniti è uscito con il titolo The Never List nel 2013, nonostante avesse avuto luce molto prima dei fatti di Cleveland, la scoperta e liberazione di tre donne sequestrate e tenute in schiavitù per dieci anni. Ci riporta indietro nel tempo “Dopo” di Koethi Zan. Ci riporta alle storie raccapriccianti di Natascha kampusch e di Elisabeth Fritzl. “Dopo” mette in scena un caso simile. Tre ragazze sono scampate alle torture di un uomo che le ha tenute segregate per più di tre anni in una cantina di una casa isolata nell’Oregon. L’uomo, Jack Derber, è un professore universitario di psicologia e dedica la sua vita a sperimentare su esseri umani la resistenza al dolore estremo. La vera protagonista del libro è Sarah-Caroline, una persona maniaca del controllo che insieme alla sua amica Jennifer avevano stabilito, con calcoli statistici, il modo per star fuori dai pericoli della vita. Il titolo originale, The Never List , la lista delle cose da non fare mai, si riferisce alle precauzioni ossessive che Sarah e l’amica Jennifer avevano compilato durante gli anni di scuola: mai salire in macchina con uno sconosciuto, non accettare inviti in luoghi isolati eccetera. Purtroppo, queste regole non riuscirono a evitare loro, dopo una festa con i compagni di università, di cadere nella trappola di un finto tassista che le rapisce e le porta nella casa-prigione. Jennifer è la prima a sparire, pochi giorni dopo la sua prigionia e Sarah crede sia morta, anzi ne ha quasi la certezza, nonostante il cadavere dell’amica non sia mai stato trovato. Dopo mesi e anni di prigionia, Sarah sfrutta una debolezza nella metodica di Derber e riesce a fuggire e a far liberare le altre due ragazze prigioniere, Christine e Tracy. A dieci anni di distanza si apre un dilemma per tutte e tre, Derber si è convertito a una setta cristiana ed ha una buona condotta in carcere e si è sposato. Tutto si può rivedere, il suo avvocato ha infatti chiesto la libertà condizionata. Infatti, non è mai stato accusato di omicidio, visto che il corpo di Jennifer non è mai stato ritrovato. A ciascuna di loro, dalla prigione, Jack Derber invia delle lettere e la polizia, periodicamente, gliele consegna. Lettere enigmatiche, minatorie, il cui messaggio è uno solo: siete riuscite a scappare una volta, ma io vi sto dietro e non vi lascerò più. Ma per Sarah dicono qualcos’altro, ma soprattutto lei pensa che possano aiutarla a chiudere il cerchio, ritrovare il cadavere di Jennifer e mettersi tutto quello che le è successo alle spalle. Quindi per Sarah la prima cosa da fare è ricercare le altre compagne di quegli anni di orrore. Con l’andamento di un thriller, compreso un finale a sorpresa (le ultime dieci pagine sono chiuse: sta al lettore decidere se vuol conoscere la conclusione, o magari, prima, immaginarsi una possibile soluzione e poi andare a verificare), “Dopo” è il romanzo d’esordio di una avvocatessa di New York, lettrice di grandi classici come Tolstoj e Jane Austen, Henry James e Nabokov, cita per il genere poliziesco psicologico tre autori: Thomas Harris (Il silenzio degli innocenti), Ruth Rendell e Henning Mankell. Ma il tributo di ammirazione più grande è per Shirley Jackson, autrice di racconti del terrore molto amata da Stephen King. Nel romanzo, poi, elenca i titoli della biblioteca dello psicologo sadico: Foucault, Nietzsche, Octave Mirbeau (Il giardino dei supplizi), Georges Bataille e naturalmente Sade. Curiosamente tutti autori europei, quasi a suggerire che il Male proviene sempre dal Vecchio Continente, che è stata l’Europa a contagiare il Nuovo Mondo. Per l’edizione italiana si è scelto il titolo “Dopo”, forse più giusto perché il cuore del romanzo è proprio la descrizione di come, a molti anni di distanza, la mente delle ragazze ha saputo e potuto reagire a quell’esperienza da incubo. Tutte e tre, naturalmente, hanno cambiato nome, ma non sempre questo è servito a chiudere davvero con quanto hanno subito. Se Christine ha cancellato tutto (sposata con un banchiere, due figlie, vive la vita di una signora dei quartieri alti e nessuno intorno a lei sa niente del suo passato), Tracy, invece, ha scelto di dedicarsi alla lotta contro la violenza sulle donne: dirige una rivista femminista, è una militante impegnata. La più fragile è Sarah, la più insicura, che continua a difendersi dal mondo esterno, non riesce neppure ad avere un minimo contatto fisico con le persone, ha lasciato la casa dei suoi per New York dove lavora, da casa, con il computer. In parte Koethi Zan si adegua alle leggi del thriller: l’indagine che può diventare molto pericolosa; la moglie dello psicologo che è scomparsa; una setta cristiana che ha strani legami con un club sadomaso di cui fa pure parte - «per scopi di ricerca scientifica» - la ex assistente di Jack Derber. E, inevitabilmente, le tre ragazze finiranno per ritornare nella casa dove furono tenute prigioniere. E qui... Ma ciò che rende interessante il romanzo sono i lampi di memoria, i flash improvvisi che assalgono Sarah, brandelli di quello che ha vissuto nella cantina del suo carceriere: quali pensieri la abitavano, come passava il tempo interminabile della sua prigionia, oltre quale soglia di paura e dolore si è potuta spingere. Qui la finzione romanzesca sembra sospesa, la voce che racconta sembra appartenere a una delle vere vittime, ed è in grado di farci apparire davanti, seppure per brevi momenti, cosa realmente deve provare una persona resa schiava da un maniaco, quali abissi si spalancano nella coscienza in un tempo di cui si è perso il controllo. L’unica pecca di questo libro: il finale scontato… Dalla terza pagina si capisce chi è il personaggio misterioso che aiuta Jack Derber nel continuare a minacciare le ragazze… Nonostante l’autrice, con “la trovata” delle pagine chiuse e la possibilità data al lettore di trovare lui una soluzione, abbia voluto creare una particolarità il finale non decolla, anzi sminuisce il resto del libro. Voto: 7

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