L’autrice di questo romanzo di
mestiere, quello vero, fa la pianista, ma ogni tanto si diletta a scrivere
libri, o al centro, da lei creato, per la salvaguarda del lupo a Salem.. che
non è la stessa Salem del processo alle streghe. Il romanzo vorrebbe essere un
po’ autobiografia, un po’ manifesto ecologista e un po’ un inno alla musica
come congiunzione di mondi paralleli. Ma, secondo me, è un po’ un pastrocchio.
La storia, al suo inizio, vede la
Grimaud in tournée in Germania, ad Amburgo per la precisione.
E’ alle prese con le faticose prove per suonare il Concerto n. 2 di Johannes
Brahms, che come dice lei stessa: “Brahms l’aveva composta perché travalicasse
le capacità di una donna, e a volte avevo l’impressione di una lotta spietata
tra me e il pianoforte, mentre l’opera stessa sembrava scontrarsi con forze
cosmiche, cupe, infestate da frulli d’ali su un oceano del quale inspiravo, in
quel preciso istante, il profumo opprimente, salato e un po’ grasso.” Affaticata
e con la mente in subbuglio, si ritrova a camminare in una strada sconosciuta,
con nessuno in circolazione, quando viene attratta da una vetrina di un
antiquario. Entrando scopre che alla cassa c’è una deliziosa bambina intenta a
fare i compiti che non la degna nemmeno di uno sguardo. Guardando tra le varie
cianfrusaglie scopre uno specchio. Il vero specchio di Lewis Carroll, lo
scrittore di Alice nel paese delle meraviglie e Attraverso lo specchio. E
proprio mentre guarda nello specchio, il riflesso che le rimanda è quello di un
paesaggio nevoso, di foreste e abeti neri e di grandi laghi ghiacciati. Questa
visione dura una frazione di secondo, ma la Grimaud ripensa immediatamente ai suoi amati
lupi. Al suo centro per la loro salvaguardia che ha creato a Salem. Sconvolta e
impaurita indietreggia e inciampa in un libro manoscritto antico, da cui
fuoriescono degli spartiti musicali. Incredibilmente compra entrambi, specchio
e manoscritto, senza nessun motivo apparente. Da qui parte una storia sdoppiata
in due. Il manoscritto che ha comprato è una sorta di diario scritto da un
certo Karl Würth, pseudonimo usato spesso dal suo amato Brahms, e da incisioni
del pittore tedesco Max Klinger. La
Grimaud incuriosita inizia una specie di indagine che la
porta ad indagare sull’amicizia tra Brahms e Schumann, nel tentativo di
appurare se una particolare esperienza esoterica, descritta in quella sorta di
diario di viaggio, corrisponda o meno a verità. Una trama troppo
pressappochista, che la scrittrice ci presenta con grande sensibilità, ma che
non basta a rendere il romanzo fluido. Il titolo poi inganna e molto. Più di
qualche lettore, sarà stato sicuramente attirato, come me, dalla storia del
famoso processo alle streghe, che sì, nel racconto se ne fa menzione, ma effettivamente
con la storia in se non ha niente a che vedere, se non per la magia che fa
scomparire il negozio dell’antiquario. Insomma, il punto di partenza è autobiografico,
è l’esperienza di una musicista appassionata (anche se da informazioni prese
qua e là, nell’ambiente musicale è chiamata “la pianista”, con le virgolette.
E’ ritenuta una buona musicista, ma niente di più, con un ego abbastanza
smisurato!), sensibile ai problemi dell’inquinamento e delle stragi di animali
selvaggi. Tutte belle cose, se non fosse che la storia è legata da fili
sottilissimi e a volte anche in modo molto forzato. Troppe cose nel calderone
(oopps!!): musica, pittura, letteratura, storia, ecologia, animalismo,
simbologia, esoterismo, ecc., ecc.,. Un menù troppo ambizioso per un libriccino
così breve e soprattutto la
Grimaud non è stata all’altezza della situazione. Del libro
rimane soltanto la passione dell’autrice per la musica romantica e
l’appassionata comunicazione che ne da, del legame della stessa con la natura e
la sincera abnegazione che dedica alle sue battaglie ecologiste, che niente
hanno però a che vedere con l’aspetto letterario. Voto: 4,5
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