giovedì 6 febbraio 2014

RECENSIONE – L’ANALFABETA CHE SAPEVA CONTARE DI JONAS JONASSON


Attenzione Spoiler (delle prime 50 pagine)

L’autore de “Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve” torna con humor per narrare le avventure improbabili di una bimba prodigio. Se c’è una dote di cui non difetta lo scrittore svedese è la fantasia, né gli manca la predisposizione per lo humor paradossale. Dotato di questo invidiabile bagaglio, ci accompagna in una vicenda fantastica, che vede al suo centro Nombeko, una bambinetta sudafricana nata nel 1961, in pieno apartheid. Allevata nella baraccopoli di Soweto, la piccola sembra destinata ad una vita breve, come accade abitualmente ai neri analfabeti e miseri come lei. Le morti avvengono inevitabilmente a causa di “tubercolosi, polmonite, diarrea, pillole, alcool, o di una combinazione di tutte queste cose messe insieme”. Nombeko, però, è un essere specialissimo: un genio naturale della matematica e più in generale è attratta da ogni forma di conoscenza, che le consentirà di muoversi con straordinaria agilità nelle situazioni più rocambolesche che andrà a vivere nel proseguo del romanzo. Sin da bambina, Nombeko, riesce a farsi largo negli uffici responsabili della gestione latrine di Soweto. Subito dopo imparerà a leggere grazie all’incontro con Thabo, mellifluo imbroglione donnaiolo, che confidando nelle sue capacità affabulatorie ha raggranellato un numero spropositato di diamanti grezzi. Alla sua morte il bottino finisce nelle mani di Nombeko e la ragazzina lascia la baraccopoli con un unico obiettivo: passare il resto dei suoi giorni a leggere nella più grande biblioteca del paese. Ma un incidente d’auto la mette casualmente in contatto con l’ingegnere incaricato dal regime sudafricano di preparare la bomba atomica: in teoria, Nombeko è lì per fare la domestica, in pratica diventa la massima consulente di un uomo catapultato in un ruolo delicatissimo malgrado la sua manifesta incapacità. Sono trascorse solo una cinquantina di pagine dall’inizio e il bello deve ancora venire. Il caso e un’intelligenza superba stanno proiettando l’ex bambina prodigio, ormai adolescente, e tra poco adulta, nel cuore delle più importanti vicende del pianeta: il crollo del comunismo sovietico, la modernizzazione cinese post-maoista, la fine dell’odiosa apartheid sudafricana. Finché troveremo Nombeko dall’altra parte del mondo, nella gelida Svezia, costretta a disfarsi del peggior ingombro che un essere normale possa augurarsi di avere tra le mani: una bomba atomica inesplosa “avanzata” dai test nucleari sudafricani negli anni andati. Chi ama la verosimiglianza forse troverà eccessivo trascinare il lettore dalle iniziali latrine di Soweto fino al viaggio finale in camion di Nombeko, in compagnia del Re svedese e del primo ministro. Ma questo lo sapeva anche Jonas Jonasson. La possibilità che accada, aveva scritto in avvio di romanzo, è statisticamente pari a “una su quarantacinque miliardi seicentosessantasei milioni duecentododicimila ottocento dieci”. Guarda caso, stavolta è andata proprio così. Sarà anche analfabeta, ma Nombeko mostra subito d’essere predisposta per la matematica. Già a 5 anni, quando comincia a trasportare barili di escrementi, li conta per ammazzare il tempo e passa a risolvere calcoli più complicati: “Quindici barili per tre viaggi, per sette scaricatori, più uno che se ne sta senza fare niente perché è troppo ubriaco … fa … 315”. In un mondo in cui ormai anche chi si è laureato fa fatica a risolvere la più semplice addizione o sottrazione, la piccola Nombeko tiene sveglio il cervello proprio grazie all’esercizio matematico, tanto da fondare su questo la sua fortuna. Voto: 7

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