Attenzione
Spoiler (delle prime 50 pagine)
L’autore de “Il
centenario che saltò dalla finestra e scomparve” torna con humor per narrare le
avventure improbabili di una bimba prodigio. Se c’è una dote di cui non difetta
lo scrittore svedese è la fantasia, né gli manca la predisposizione per lo
humor paradossale. Dotato di questo invidiabile bagaglio, ci accompagna in una
vicenda fantastica, che vede al suo centro Nombeko, una bambinetta sudafricana
nata nel 1961, in pieno apartheid. Allevata nella baraccopoli di Soweto, la
piccola sembra destinata ad una vita breve, come accade abitualmente ai neri
analfabeti e miseri come lei. Le morti avvengono inevitabilmente a causa di “tubercolosi, polmonite, diarrea, pillole,
alcool, o di una combinazione di tutte queste cose messe insieme”. Nombeko,
però, è un essere specialissimo: un genio naturale della matematica e più in
generale è attratta da ogni forma di conoscenza, che le consentirà di muoversi
con straordinaria agilità nelle situazioni più rocambolesche che andrà a vivere
nel proseguo del romanzo. Sin da bambina, Nombeko, riesce a farsi largo negli
uffici responsabili della gestione latrine di Soweto. Subito dopo imparerà a
leggere grazie all’incontro con Thabo, mellifluo imbroglione donnaiolo, che
confidando nelle sue capacità affabulatorie ha raggranellato un numero
spropositato di diamanti grezzi. Alla sua morte il bottino finisce nelle mani
di Nombeko e la ragazzina lascia la baraccopoli con un unico obiettivo: passare
il resto dei suoi giorni a leggere nella più grande biblioteca del paese. Ma un
incidente d’auto la mette casualmente in contatto con l’ingegnere incaricato
dal regime sudafricano di preparare la bomba atomica: in teoria, Nombeko è lì
per fare la domestica, in pratica diventa la massima consulente di un uomo
catapultato in un ruolo delicatissimo malgrado la sua manifesta incapacità.
Sono trascorse solo una cinquantina di pagine dall’inizio e il bello deve
ancora venire. Il caso e un’intelligenza superba stanno proiettando l’ex
bambina prodigio, ormai adolescente, e tra poco adulta, nel cuore delle più
importanti vicende del pianeta: il crollo del comunismo sovietico, la
modernizzazione cinese post-maoista, la fine dell’odiosa apartheid sudafricana.
Finché troveremo Nombeko dall’altra parte del mondo, nella gelida Svezia,
costretta a disfarsi del peggior ingombro che un essere normale possa augurarsi
di avere tra le mani: una bomba atomica inesplosa “avanzata” dai test nucleari
sudafricani negli anni andati. Chi ama la verosimiglianza forse troverà
eccessivo trascinare il lettore dalle iniziali latrine di Soweto fino al
viaggio finale in camion di Nombeko, in compagnia del Re svedese e del primo
ministro. Ma questo lo sapeva anche Jonas Jonasson. La possibilità che accada,
aveva scritto in avvio di romanzo, è statisticamente pari a “una su quarantacinque miliardi
seicentosessantasei milioni duecentododicimila ottocento dieci”. Guarda
caso, stavolta è andata proprio così. Sarà anche analfabeta, ma Nombeko mostra
subito d’essere predisposta per la matematica. Già a 5 anni, quando comincia a
trasportare barili di escrementi, li conta per ammazzare il tempo e passa a
risolvere calcoli più complicati: “Quindici
barili per tre viaggi, per sette scaricatori, più uno che se ne sta senza fare
niente perché è troppo ubriaco … fa … 315”. In un mondo in cui ormai anche
chi si è laureato fa fatica a risolvere la più semplice addizione o
sottrazione, la piccola Nombeko tiene sveglio il cervello proprio grazie
all’esercizio matematico, tanto da fondare su questo la sua fortuna. Voto: 7
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