Molto prima dello sceneggiato
televisivo Dontown Abbey, uscì in Gran Bretagna, nel 1968, un libro di memorie
scritto da una cuoca, Margaret Langley Powell, dal titolo emblematico “Ai piani
bassi”. Era un ritratto impietoso di un mondo rigidamente diviso in classi
contrapposte. Da una parte gli aristocratici, ricchi e privilegiati e
dall’altra la servitù. “Ai piani bassi” ci permette di farci un’idea di quanto
accadeva dietro le quinte di una casa aristocratica, dove ogni giorno sembrava
si recitasse una commedia. Quella della classe dominante, in cui l’etichetta,
le tradizioni, il ferreo cerimoniale, congelava e mascherava un intrecciarsi di
vizi e tensioni sotterranee e quella delle classi meno abbienti, dove il lavoro
era l’unico motivo di decoro e vita. Vi erano delle ingiustizie nel sistema
sociale in cui a quel tempo si lavorava e dove alcuni, gli aristocratici, i
ricchi, avevano il permesso di non farlo, di vivere in case riscaldate,
eleganti, nutriti con pasti vari ed abbondanti. Dove invece gli altri, i
lavoratori, erano gravati dall’amaro compito di fungere da servi, sottopagati,
umiliati, senza alcun tempo libero da dedicare a se stessi. Emergono ancora più
nette le differenze grazie al fatto che l’autrice non enfatizza i toni
rendendoli drammatici o cattivi. Infatti, Margaret Powell, si limita a
descriverne il mondo dal suo punto di vista, dal basso, dalla cucina,
permettendo di avere una visuale personale e allo stesso tempo obiettiva. La
sua è un’analisi molto lucida, a tratti ironica o divertita, come quando ad
esempio riporta la stranezza che i suoi primi padroni la costringevano a
stirargli le stringhe delle scarpe, ma è anche dura e impietosa. Oltre al
valore oggettivo di documento storico, di affresco di un mondo, quello degli
anni Venti e Trenta e poi Quaranta del secolo scorso, testimone di cambiamenti,
“Ai piani bassi” è un libro ben scritto, con un linguaggio colorito e
spontaneo, dotato di verve e umorismo. L’immediatezza e la facilità con cui il
lettore si trova a condividere i pensieri e a patteggiare per l’intraprendente
testimone silenziosa di un mondo, che in fondo non disprezza, ma di cui non
ignora le debolezze e le disuguaglianze, elevate a rango di privilegi
acquisiti, è sicuramente la dote maggiore di questo libro, ricco di umanità.
Non è un manifesto politico contro le ingiustizie e le disparità, sebbene la
protagonista fantastichi al riguardo, ma è una voce autentica e personale, una
forza silenziosa che espone le sue riflessioni con limpida oggettività, e non è
priva di una potente carica critica e accusatoria. La giovane sguattera, che
prima di diventare cuoca e poi scrittrice di successo ha dovuto provare sulla
sua pelle le più dolorose contraddizioni e fatiche dell’ultimo scalino della
classe sociale, emerge da questo ritratto come una vittoriosa eroina, capace di
piegare la sorte, facendo emergere e trionfare i suoi meriti. Un bellissimo
ritratto femminile. Voto: 7,5/8
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