sabato 4 ottobre 2014

RECENSIONE – I detective selvaggi di Roberto Bolaño

"I detective selvaggi” apre la sua prima parte (Messicani perduti in Messico – 1975), con una sorta di lungo prologo sotto forma di diario, della durata di un paio di mesi, tenuto dal giovane poeta diciassettenne Juan Garcia Madero, a partire dal suo ingresso nel movimento poetico “realvisceralista” capeggiato dai quasi mai in scena, ma molto citati, Ulises Lima e Alberto Belano, nella Città del Messico degli anni Settanta. Un romanzo picaresco di sbronze, discussioni letterarie e sesso. Poi mentre il lettore è concentrato sulla figura di Madero che fugge su una decapottabile alla volta del deserto del Sonora, questo scompare dalla scena e la prospettiva del romanzo cambia radicalmente. La seconda parte (I detective selvaggi – 1976/1996), la più estesa, raccoglie le testimonianze di vari personaggi, alcuni dei quali già incontrati nel diario di Madero, che ruotano intorno alla coppia di amici Arturo Belano e Ulises Lima, leader indiscussi del realvisceralismo e alla loro fissazione per Cesárea Tinajero, una misteriosa poetessa messicana d’avanguardia vissuta negli anni venti. Con i racconti vengono ricostruiti vent’anni di vita dei due protagonisti, dagli anni Settanta agli anni Novanta. Bolaño lo fa attraverso una prospettazione indiretta caleidoscopica, con corposi salti temporali, attraverso i racconti di chi li ha conosciuti nel loro peregrinare per il mondo. Nel procedere della narrazione, questi racconti-interviste, diventano autonomi, tanto che gli intervistati raccontano quasi più di loro stessi che dei protagonisti, che ci appaiono sempre più persi: alle volte ci appaiono come spregevoli truffatori, altre come dei cavalieri senza macchia e senza paura, altre ancora come degli spacciatori di droga. Sempre più lontani l’uno dall’altro, entrambi lontani dai sogni e dalle speranze del mondo dei loro vent’anni. Nella terza parte viene ripreso il diario di Madero, che racconta il viaggio verso il deserto del Sonora, di nuovo negli anni Settanta, dove tutto era iniziato. Insieme a Madero ci sono Lima, Belano e Lupe, una puttana. Scappano tutti e quattro da qualcosa, ma allo stesso tempo lo inseguono, anche se per ognuno di loro è un qualcosa diverso, tutto incarnato nel ritrovamento dell’improbabile poetessa Cesárea Tinajero, autrice di un’unica semi-sconosciuta poesia. Non vi racconterò se la troveranno o meno, di certo troveranno la poesia, e noi con loro, in un finale che più aperto non si può. Voto: 7,5

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