Ci sono dei romanzi che ci
prendono dalla prima pagina, catturando da subito la nostra attenzione. Romanzi
che ci fanno dimenticare tutto quello che ci circonda. Che ci riportano
indietro nel tempo, alle nostre letture adolescenziali, quando venivamo
completamente assorbiti dalle storie, che ci portavano in mondi fantastici e
avventurosi. E così è questo romanzo, Roderick Duddle. Già il titolo ci riporta
indietro nel tempo, con la mente sicuramente a Dickens, col suo Oliver Twist …
certo ho scomodato un grande … Ma Michele Mari, l’autore di questo romanzo, è
questo che vuole, farci tornare, a distanza di anni, indietro nel tempo, alle
nostre letture giovanili. La trama, in effetti non ha nulla di nuovo, anzi ricalca
quasi alla perfezione quell’Oliver Twist a cui, in parte, si ispira. Roderick è
un orfano, nato e cresciuto in un bordello, ma a sua insaputa è l’erede di una
grande famiglia nobile dell’Inghilterra dell’ottocento. Perfino la storia del
medaglione, che dovrebbe permettere il suo riconoscimento, è tratto dal romanzo
dickensiano. Intorno a lui e alla sua eredità gravitano innumerevoli
personaggi: suore, prostitute, furfanti, assassini, marinai, tutti attratti
irresistibilmente dalla presunta eredità, facendo di Roderick il centro di una
fitta trama di intrighi che si dipana per oltre quattrocento pagine. Pagine che
scorrono via leggere. Mari si diverte a scrivere un romanzo che se ne infischia
dei gusti del lettore o dei temi predominati della narrativa moderna. Ci regala
così un romanzo come ho già detto dickensiano, di cui disegna con cura anche
una toponomastica immaginaria, che racchiude l’intero mondo di Roderick. Altri
omaggi verranno fatti nel romanzo, non solo a Dickens. Ci sono riferimenti a
L’isola del tesoro di Stevenson, a Moby Dick di Melville, e a Gordon Pym di
Poe. Questi quelli più macroscopici. Ma non mancano anche suggestioni legate ai
personaggi. Come non collegare il personaggio di Lennie a Uomini e topi di
McCarthy, o Suor Allison e la Badessa al marchese De Sade o alla Monaca di
Monza di Manzoni? Anche un piccolo riferimento a Salgari, con il personaggio
del marinaio Ram-Singa. Sono tanti i personaggi di questa storia, ma tre su
tutti prendono il sopravvento e rimangono impressi nella memoria. Primi fa
tutti il Probo. Personaggio ambiguo a cui la semantica del nome ci riporta alla
virtù, alla probità, mentre egli non è altro che uno spietato e preciso
sicario, affetto da una deformazione fisica, il naso a proboscide, da qui il
diminutivo Probo. Il dettaglio della voce bassissima, che lo contraddistingue,
giova a renderlo ancora più inquietate. L’altro personaggio è Suor Allison, che
come il Probo si porta dietro il marchio della diversità. Suor Allison, da
personaggio marginale, diviene strada facendo uno dei protagonisti. Vera e
propria maliarda, manipolatrice di destini. Lei è la dimostrazione di come un
personaggio possa iniziare a vivere di vita propria imponendosi all’autore.
Completa la terna dei tre personaggi indimenticabili, quello di Jones. Lui è
una sorta di cattivo ma simpatico, che pur non lesinando trame, inganni e
omicidi, suscita nel lettore, uno sguardo quasi indulgente e divertito. Le sue
perversioni, ce lo rendono fin troppo vicino all’essere umano. E’ Jones ad
incarnare il vero doppio della storia, molto più della coppia di bambini
identici Roderick-Michael. Il romanzo ricalca tutti gli schemi del romanzo d’avventura
ottocentesco, un libro quindi, che non racconta niente di originale, ma che sa
tenere il lettore incollato alle sue pagine, senza nessun momento di noia. La
risposta è da ricercarsi nella maestria con cui Mari maneggia i materiali della
tradizione letteraria e nella passione, nel trasporto con cui li ha letti e
assimilati, rendendoli parte integrante della sua persona. Voto: 8
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